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Autore: Small Wolf    26/04/2013    4 recensioni
Keira prese a correre ma la figura oscura dietro agli alberi, ai margini del sentiero, non smetteva di seguirla.
Un sasso bloccò di colpo il suo vagare disperato, facendole sbucciare i gomiti sulla terra battuta. Si rialzò subito in piedi e, senza pensarci troppo, sfoderò un kunai dalla custodia che le era legata attorno alla vita sottile e se la portò di fronte. Sperò che il nemico, vedendo la lama luccicare ai deboli raggi lunari, si spaventasse e la lasciasse andare ma ben presto capì che non avrebbe potuto far conto sull'uso di quell'arma. Infatti, senza far il minimo rumore, la nera figura avanzò fra i cespuglietti scuri del bosco fino a comparire alla luce argentea. Era uno strano essere dai contorni poco definiti e i tratti vagamente umani e opacizzati.
Keira indietreggiò in fretta ma le ginocchia non la ressero a lungo, facendola cadere nuovamente.
-C-cosa s-sei? C-che vuoi d-da me?-balbettò terrorizzata.
-io sono... il tuo passato maledetto...-le rispose una voce roca e profonda che le gelò il sangue nelle vene.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Il bosco le era sempre piaciuto moltissimo, specialmente di notte. Trovarsi lì quando la luna illuminava, con i suoi raggi argentei, le fronde delle querce secolari e i pini alti e profumati le sembrava semplicemente stupendo. Era magnifico osservare il cielo stellato distesa nell'erba alta e incolta che caratterizzava le radure o udire il canto misterioso delle civette sui pini, le preghiere lontane dei lupi, lo scrosciare veloce dell'acqua sulle rocce del fiume.
Tutte quei suoni, odori e vedute le davano la sensazione di essere libera e in pace col mondo. Lì, nella foresta, si sentiva come fra le braccia di una grande madre severa e giusta com'era la natura. Tutto era naturale e concesso nel mondo selvaggio così distante da quello dell'uomo, ricco di schemi e concezioni, pregiudizi di ogni tipo e su ogni cosa.
E quella sera la cosa migliore che avrebbe potuto fare era proprio quella di ritrovare la pace che, inspiegabilmente, non aveva mai trovato negli occhi di chi le stava accanto in primis in quelli verdi di sua madre. 
La grande Sakura Haruno, conosciuta in tutto il paese del fuoco come il ninja medico più bravo dopo l'ex hokage Tsunade, colei che aveva salvato numerose vite durante la quarta grande guerra ninja in realtà, agli occhi di Keira, della sua stessa figlia, non era altro che una ragazzina ancora immatura e forse fin troppo ancorata al passato. Quel passato che le aveva rivelato il pomeriggio precedente con le lacrime negli occhi smeraldini e le mani tremanti strette attorno a un fazzoletto, davanti alla tomba di un uomo di cui aveva intravisto alcune foto in casa.
Sakura l'aveva portata al crepuscolo davanti alla lapide di un certo Sasuke Uchiha e le aveva detto che era suo padre. Così, con un'insolita leggerezza come se aver rivelato alla propria ragazzina quindicenne di essere figlia di un pericoloso nukekin disprezzato su tutte le terre ninja fosse stato poco traumatizzante. Keira non ci aveva creduto subito ma alla fine, davanti al mutismo della madre, aveva dovuto accettare la cruda verità. Era l'ultima discendente di un clan maledetto sterminato da un consanguineo molti anni prima che lei venisse al mondo. Lo stesso uomo che su padre aveva ucciso e per il quale, dopo una strana verità segreta, aveva attaccato il suo stesso villaggio divenendo un pericoloso traditore che alla fine Konoha aveva catturato e giustiziato pensando d'aver posto una fine alla soria sanguinolenta della famiglia Uchiha. 
E invece, sorte volle, che il fuoco disonorevole del clan non si spegnesse del tutto, supportato per sempre da una bambina dai lunghi capelli rosa e gli occhi nero pece, concepita durante una notte peccaminosa, dentro una cella angusta dei sotterranei della città nel corpo minuto di una inesperta ragazzina dai capelli confetto e gli occhioni verdi, Sakura.
Sakura che aveva goduto del corpo di Sasuke dietro le sbarre di una cella la notte prima dell'esecuzione di lui, Sakura che non avrebbe voluto lasciarlo andar via come era successo a Naruto combattendo contro Madara, Sakura che voleva mantenere a tutti i costi un pò di lui con sè, anche se ciò significava venire marchiata come una stupida capricciosa.
Si, Sakura che aveva fatto tutto questo, alla fine era stata costretta a dirle che lei era l'anello di congiunzione non solo fra lei e il padre ma anche fra le pagine buie della storia della foglia. Fra presente e passato.
E lei, giustamente, non avendo retto alla notizia, era fuggita nel bosco al di fuori delle mura maledicendosi stupidamente per essere se stessa. 
Capiva di essere il marchio in carne edossa di un enorme peccato ma soprattutto di non poterci far nulla. Comprese in un attimo i motivi dell'indifferenza degli adulti del villaggio e di quell'ombra sempre presenti nelle grandi iridi ingenue e sempre meste di sua madre.
Fissava il cielo pensando a nulla intanto che avanzava distrattamente lungo il sentiero di terra battuta che conosceva a memoria quando un rumore sospetto la distraè dalla sua noia e incredulità. Si fermò con le mani in tesca e si guardò intorno senza però notare nulla di troppo strano e riprese a passeggiare. Un secondo rumore, più forte, la convinse a fermarsi e a scrutare con gli occhi nerissimi, quasi uguali a quelli di Sasuke, gli alberi in penombra. 
Analizzò ogni ombra finchè qualcosa non venne in rilievo dal buio mostrando una figura alta e poco distinta. 
Keira fece finta di nulla e riprese a camminare prima lentamente poi sempre più in fretta man mano che l'ombra avanzava fra i tronchi nella sua direzione, aumentando la velocità in modo proporzionale a quella di lei. 
In poco Keira prese a correre ma la figura oscura dietro agli alberi, ai margini del sentiero, non smetteva di seguirla. 
Arrivò fino a un laghetto ma un sasso bloccò di colpo il suo vagare disperato, facendole sbucciare i gomiti sulla terra battuta. Si rialzò subito in piedi e, senza pensarci troppo, sfoderò un kunai dalla custodia che le era legata attorno alla vita sottile e se lo portò di fronte. Sperò che il nemico, vedendo la lama luccicare ai deboli raggi lunari, si spaventasse e la lasciasse andare ma ben presto capì che non avrebbe potuto far conto sull'uso di quell'arma. Infatti, senza far il minimo rumore, la nera figura avanzò fra i cespuglietti scuri del bosco fino a comparire alla luce argentea. Era uno strano essere dai contorni poco definiti e i tratti vagamente umani e opacizzati. L'unica cosa che si notavano bene erano le numerose catene che lo avvoglevano.
Keira indietreggiò in fretta ma le ginocchia non la ressero a lungo, facendola cadere nuovamente. 
-C-cosa s-sei? C-che vuoi d-da me?-balbettò terrorizzata.
-io sono... il tuo passato maledetto...-le rispose una voce roca e profonda che le gelò il sangue nelle vene.
-C-come?! C-che vuoi?-ribattè-G-guarda che io sono un chunin-aggiunse con voce più ferma avendo trovato più convinzione nella sua affermazione.
La figura però le si avvicinò ulteriormente e quando la ragazza cercò di colpirla la trapassò con tutto il braccio. Il nemico ne approfittò per investirla con una specie di aura viola che le provocò un forte mal di testa e la fece barcollare e poi cadere in preda a uno strano capogiro.
-Ahh... che mi hai fatto?-ansimò mentre strisciava a faticva verso l'acqua ferma come uno specchio, per assaporarne il gusto neutro e farla scorrere nella gola secca. La risposta le arrivò non appena vide il suo riflesso alla luce della luna. Al posto del normale colorito nero le sue iridi si presentarono rosse con all'interno uno strano disegno circolare.
Si portò una mano alle labbra piene, troppo incredula e spaventata per parlare.
Si voltò lentamente verso la figura e la fissò con i suoi nuovi occhi muniti di sharingan. Ora l'immagine che le appariva era quella ben definita di un uomo sulla ventina, dai lunghi capelli neri raccolti in un codino basso e due profonde occhiaie che gli correvano sulle guance pallidissime e luminescenti di uno strano alone biancastro.
-C-chi sei?
Lui compose uno strano sigillo con le mani e poi le mostrò un palmo su cui era impresso il simbolo della antica e nobile casata a cui apparteneva. Keira comprese che quello che si trovava davanti era sicuramente un suo parente deceduto ma non per questo la paura si affievolì anzi, la consapevolezza di trovarsi assieme a qualcuno di materialmente inesistente le procurò un secondo brivido lungo la schiena.
Lo strano essere le andò acccanto e con delicatezza le prese le braccia chiare. Keira ebbe unfremito quando vide un alone azzurro apparirgli attorno alle dita. 
Lui avvicinò le sue falangi alle ferite della ragazza e in pochi secondi le chiuse i tagli e le screpolature sui gomiti, come se fosse stata un'arte medica, senza smettere di guardarla fissa negli occhi. Anche quelli del ragazzo avevano lo sharingan ma erano muniti di un disegno più articolato del suo.
L'essere poi, si allontanò da lei alcuni metri e scomparve.
-Aspetta!-gli urlò dietro mentre si alzava e arrivava ne lpunto in cui era scomparso. Le riapparve nuovamente per pochi secondi più in là per poi disperdersi ancora. E così finchè Keira non capì chiaramente che voleva essere seguito. La paura aveva lasciato spazio a una pericolsa curiosità e nonostante le fosse difficile mantenere il ritmo veloce del ragazzo non rimase mai indietro correndo sul terreno battuto. 
In un attimo si ritrovarono alle porte della Foglia dove lui scomparve definitivamente.
-Dove vado? Che faccio?-domandò al buio sentendosi una stupida a parlare da sola. Attese la risposta per alcuni secondi ma questa non arrivò. Stava per rassegnarsi quando l'intuito le diede il suggerimento di correre fino a quella zona della città  dove era proibito a tutti andare. 
Per non destare sospetti nei passanti, camminò lungo la strada che portava al quartiere degli Uchiha, un posto deserto che fin da piccola aveva osservato con compassione per la triste storia che i vecchi raccontavano riguardo quel luogo e per il quale aveva da sempre sentito una specie di attrazione magnetica che non si era mai spiegata. Almeno fino a quel pomeriggio.
Quando vi arrivò un vento gelido le scompigliò i flessuosi capelli rosati e smosse le bandierine stracciate del clan che facevano capolino da balconcini e archi. 
Si guardò attorno per verificare che nessuno la notasse e poi, svelta come un lampo, sgusciò all'interno del quartiere. Le case dei proprietari più importanti si estendevano ai bordi del lungo viale principale che treminava con la casa di quello che era stato l'ultimo capostipite, cioè suo nonno. 
Mentre passeggiava lungo la stada cementata le parve di sentire delle voci, voci tristi che si chiamavano a vicenda, lamentose. Subito la strada si riempì di figure di uomini, donne e bambini tutti incatenati come il suo accompagnatre di cui avevano le stesse caratteristiche cromatiche, i capelli neri e gli occhi rosso sangue. 
Rabbrividì di paura nel vedere una bambina dagli occhi rossi inseguire una foglia secca trasportata dal vento e fissarla tristemente consapevole di essere morta. 
A keira scese una lacrima sulla guancia mentre osservava tutte quelle figure che avanzavano a pochi centimetri da terra piangendo e disperandosi della loro situazione. Le venne quasi la voglia di tornare indietro e scappare via ma la figura conosciuta del ragazzo le fece subito cambiare idea. Quei magnetici occhi rossi la guardavano quasi imploranti e il simbolo sul mantello di una donna anziana di passaggio le rammentò che in fondo, quella la potevba considerare comela sua famiglia. Magari avrebbe potuto vivere con quella gente se le cose fossero andate in modo diverso.
Il ragazzo spalancò con un colpo di mano la porta scorrevole dell'ultima casa che cigolò provocandole un sussulto. 
Keira aspettò che lui entrasse prima di mettere piede sulla veranda. Le assi del pavimento scricchiolavano sotto il suo peso e le pareti sporche di macchie di sangue scuro e fossilizzato furono illuminate dall'accendersi di colpo di alcune candele sparse per tutta l'abitazione.
La condusse fino al piano inferiore della casa, verso le cantine. L'aria era odorosa di muffa e umida e il freddo che regnava fra le pareti era solo il riflesso del dolore che era rimasto impresso nei muri, nelle assi del pavimento e in ogni singolo mattone di quelle case.
Quando furono di sotto, al buio totale keira tastò il muro per trovare un interruttore. Accese la luce ma ciò che l'attese era solo una stanzetta spoglia e senza alcun mobilio. Un vicolo cieco e stupido.
-Che ci faccio qui? Cosa vuoi da me?-sussurrò all'essere luminoso che non smetteva di guardarla con quell'espressione eternamente triste. Lui girò lentamente il capo bruno e le inicò un mattone. 
Keira scrutò la pietra rossa finchè non decise di spingerla verso l'interno del muro che poco dopo iniziò a tremare con un rombo. 
Lei indietreggiò spaventata mentre la arete si ritirva indietro e scompariva sulla destra. Ad attenderla c'era solo l'inizio di una seconda gradinata polverosa che conduceva nell'oscurità.
-Vieni...-le disse con calma e indicando il nero con l'indice aggiunse-Laggiù...
Keira iniziò a tremare di vera paura ma l'espressione dannatamente mesta di lui costrinsero la sua coscenza ad agire come la testa non avrebbe voluto.
Appoggiò il piede sul primo gradino ed ecco una candela accenders al suo fianco poi un' altra e unaltra ancora man mano che scendeva. I suoi passin erano guidati da una leggera melodia di flauto traverso, dolce e triste al tempo stesso,malinconica che faceva venir da piangere ma che era impossibile non rimanere ad ascoltare. Si sentiva incantata come un serpente ma non pensò neanche di tornare di sopra.
Quando i gradinoi terminarono davanti ai suoi occhi si aprì una grande sala al centro della quale, seduro su una sedia, un secondo ragazzo coperto di catene contiuava a suonare lo strumento con maestria.
-Hei... dove sono? Puoi dirmelo? Perfavore... ho paura....-balbettò con le lacrime agli occhi provocate dal suono del flauto e dalla tensione delle tante cose che le erano accadute quella notte.
Lui smise di suonare, sialzò in piedi e si girò verso di lei mostrandole il viso di un diciassettenne bellissimo, lo stesso che era incastonato sulla lapide di suo padre e che in questo caso piangeva lacrime di sangue.
-Liberaci...-le mormorò con gli occhi fissi e le lacrime rosse che gli rigavano le guance nivee.
Keira scoppiò definitivamente in lacrime e balbettò un "papà" confuso poi con le gambe tremanti si diresse verso le sue braccia aperte che l'accolsero con dolcezza. 
Il freddo le entrò nelle ossa e il fiato gelido di Sasuke le si infilò fra i capelli che prese fra le dita grandi e si portò alle labbra. Lo sentì nominare sua madre in un sussurro e lasciò che s'illudesse per alcuni secondi di stare a stringere l'unica donna che avesse mai davvero amato e che lo avesse corrisposto con inconsueta e malata devozione. 
Poi, lentamente e come se gli fosse doloroso, si allontanò da lei e le circondò il collo con le mani,legandole dietro i capelli mossi, una collanina dal ciondolo taggato Uchiha.
-Suona-le disse con una tale gentilezza che non le parve un ordine. Lei prese il flauto fra le mani e incominciò a comporre le note che conosceva mentre le lacrime le sgorgavano dagli occhi e il respirò era difficileda mantenere regolare
Pian piano le catene opache che avvolgevano il ragazzo misterioso e suo padre si dissolsero. Loro la precedettero fino nella strada dove suonò per tutti la melodia che aveva sentito cosicchè ognua di quelle anime fosse libera dalle catene che la rilegavano in quel luogo. 
Mano a mano che suonava ogni figura saliva verso il cielo, sparendo in un fumo argentato come i raggi della luna che pian piano stavano lasciando il posto al sole rosso del mattino.
La bambina che prima aveva visto inseguire la foglia diede la mano al ragazzo moro che l'aveva condotta fin li e insieme a un uomo e una donna giovani e molto somiglianti a suo padre se ne andarono con un sortriso.
Rimase solo Saskue lì. Le si avvicinò e le stampò un bacio sulla fronte imperlata di sudore poi si avvicinò al suo orecchio e parlò a bassa voce.
-Chiedi scusa alla mamma da parte mia... Keira... v-vi amo...
E dette tali parole si dissolse fra le braccia di lei nel consueto fumo brillante. 
Keira si asciugò le lacrime e si girò verso i raggi caldi del sole, sorridendo alla grande palla di fuoco che sorgeva da est. 
-Addio papà...-mormorò e una folata di vento carica di foglie verdi le investì il viso, giocando con i suoi capelli. 
Ora ne era sicura: il clan Uchiha, un giorno, sarebbe rinato.

COMMENTO AUTRICE:
Okay, okay, vi prego non uccidetemi era solo un esperimento innocente XD
Davvero avevo in mente questa short da un pezzo e se non la scrivevo sare impazzita. Spero che non mi sia spinta troppo oltre con le mie fantasie e che la storiella vi sia piaciuta per quanto stramba possa sembrare... spero che commentiate per farmi capire se sono stata davvero così disastrosa come credo XXD
Grazie in anticipo per le recensione e un bacione anche a tutti quelli che hanno letto :) 
Vostra Small Wolf.


 
  
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