Camminando per la strada Luca incontrava sempre l'uomo delle rose di carta. Girando l'angolo poteva vedere il vecchio rumeno ritto davanti alle sue creazioni, di guardia come un Cerbero senza canini. A volte Luca si fermava a guardare le rose, notava se l'uomo ne aveva venduta qualcuna e se l'aveva sostituita costruendone una di colore diverso. Poi scambiava un sorriso e un cenno del capo col vecchio e si allontanava per la sua via. L'uomo lo seguiva con lo sguardo finchč non girava un altro angolo, allora i suoi occhi tornavano alle rose. A due a due occupuvano un buco dell'inferriata che lo divideva dal giardino della palazzina affianco, mentre i mazzi erano appoggiati sul muretto. Di norma non le faceva toccare a nessuno; se qualcuno si avvicinava a una di esse scuoteva il dito e si spostava davanti alla prescelta, impedendo cosė allo sfortunato anche di vederla. Solo dopo aver intascato il contante, e averlo messo al sicuro nel taschino del suo maglione, prendeva la rosa e la consegnava al compratore dicendo le parole magiche, forse le uniche che conosceva in italiano -Non č pių affar mio.-
E cosė via passavano le stagioni, con l'inverno e la neve il vecchio metteva una cerata sul muro per proteggere i suoi adorati mazzi, con l'autunno la toglieva, permettendo a chiunque di ammirarle al naturale; ma quasi nessuno si fermava ormai.
Non avevano soldi da spendere, tempo da perde, voglia di capire l'italiano stentato di uno straniero.
Con l'inizio della primavera l'uomo scomparve del tutto, come se volesse lasciar spazio ai fiori veri accantonando quelli di carta.
Nessuno sapeva dove vivesse o dove fosse andato e soprattutto a nessuno interessava.
Neanche Luca si era accorto della sua assenza, girava l'angolo e basta, senza ricordarsi del vecchio.