Buon compleanno, kiki2604!! J
Baby, it’s cold outside
Quando John Lennon si presentò a casa di Paul McCartney, come sempre,
per lavorare, nessuno dei due avrebbe mai pensato che una tempesta di neve si
stava per abbattere su Londra.
E ora, guardando fuori dalla finestra, Paul poteva vedere l’impetuosa
forza della natura, il vento che sferzava con violenza gli alberi e la neve che
stava cominciando a coprire tutto il paesaggio circostante, compresa l’auto di
John. Sopra, sotto, tutto intorno si stavano accumulando candidi fiocchi di
neve e di questo passo avrebbero ben presto bloccato l’auto proprio lì, dove
John l’aveva parcheggiata quel pomeriggio.
Paul rabbrividì immaginando che freddo gelido potesse esserci fuori.
Ma, all’interno, c’era un dolce tepore a confortarlo. Un calore che aveva
avvolto anche John, al suo arrivo, e riscaldato il suo corpo congelato, dopo
aver guidato al freddo.
Il fuoco nel camino scoppiettava allegramente e Paul lo alimentò con
qualche altro piccolo pezzo di legno. Poi si voltò a guardare l’uomo addormentato,
sdraiato sul divano e sospirò. L’intenzione era quella di sistemare la loro ultima
bambina. Paul l’avrebbe suonata al pianoforte, mentre John avrebbe controllato
sul loro quadernetto le parole e gli accordi per eventuali modifiche
dell’ultimo minuto.
Ma quella era solo l’intenzione.
Quando Paul si era alzato in piedi e aveva visto John dormire
profondamente sul suo divano, aveva sorriso, consapevole del fatto che in
qualche modo se lo aspettava. Bastava un camino acceso e un comodo divano per
far crollare John Lennon tra le braccia di Morfeo.
Sicuramente quella era l’ultima volta che avrebbero lavorato con John
sul divano.
Paul gli si avvicinò nuovamente, inginocchiandosi e appoggiando le
braccia sul divano per guardare John dormire. Sorrise fra sé, mentre sfilava
gli occhiali dal suo viso. Non c’era niente che desiderasse di più di quel
momento, di John e Paul intrappolati in quella casa, isolati dal resto del
mondo. Come avrebbe dovuto essere sin dall’inizio.
Se avesse potuto, se non fosse stato illegale ovviamente, Paul
l’avrebbe rapito, John, l’avrebbe rinchiuso nella camera più bella e tenuto per
sempre con sé. O meglio ancora, se avesse potuto, avrebbe comprato una casa
tutta per loro, nella campagna scozzese, dove nessuno avrebbe potuto
disturbarli. E avrebbero allevato pecore e magari qualche asinello. E sarebbero
stati solo loro, sì, solo loro fino alla fine dei loro giorni.
Ma questo era impossibile. Perché ogni volta che lavoravano insieme,
alla fine John andava via. Non per sempre, certo, ma era comunque terribile
vederlo mentre lasciava la sua casa. Gli lasciava un vuoto incredibile in un
punto, in profondità, dentro di lui. E d’improvviso quella casa confortevole e
accogliente sembrava fredda e troppo grande per lui.
Perciò davvero Paul non poteva essere più grato a chiunque avesse
mandato quella tormenta di neve. Perché sicuramente John non se ne sarebbe
andato via questa volta. Sarebbe rimasto con lui, sì, con Paul. Solo per una
volta, solo per una notte.
Quando John cominciò a muoversi nel sonno e poi aprì gli occhi, Paul
gli sorrise.
“Beh, ciao.”
John sbatté le palpebre un paio di volte, prima di svegliarsi
completamente e mettere a fuoco, per quanto fosse concesso ai suoi occhi, la
stanza e tutto intorno a lui.
“Mi sono addormentato?”
“Sì, tanto per cambiare.”
“Va bene. Scusa, principessa. Non lo farò più.” disse e gli rivolse un
sorriso che implorava il suo perdono.
Ma Paul non si lasciò abbindolare: “Come no, anche questo mi sembra
familiare.”
“Caspita, Paul! Non sei mai contento. – sospirò John, mettendosi a
sedere – E poi non è colpa mia. È questo dannato divano. È così caldo e comodo
che potrei dormirci tutta la notte.”
Paul si fece da parte e stava per dirgli che poteva, in effetti,
dormire lì tutta la notte, quando John si alzò subito in piedi.
“Ma adesso è tardi e devo tornare a casa. Visto che qui abbiamo
finito…”
Paul rimase come congelato, per un istante, lì, seduto per terra
accanto al divano, mentre le parole di John venivano lentamente e dolorosamente
elaborate dal suo cervello.
No, no, no, non poteva andarsene così. Se John se ne fosse andato,
allora avrebbe portato con sé quel dolce tepore che li aveva avvolti nel
salotto di casa sua e Paul sarebbe rimasto a combattere da solo contro il gelo
che ben presto si sarebbe impossessato di lui.
Il rumore dei passi di John che si dirigeva verso il corridoio lo fece
scattare in piedi. E più veloce che poté, superò John e si parò davanti.
“Aspetta!”
John lo guardò sbigottito e anche piuttosto divertito.
“Cosa?”
“Non… non puoi andartene.”
“Perché?”
Paul si spostò solo un po’, per avvicinarsi alla finestra e scostare la
tenda: “Che ne dici di questo?”
John rimase a bocca aperta e lo raggiunse alla finestra. Il suo sguardo
sorpreso esaminò meticolosamente il paesaggio innevato che continuava a
imbiancarsi sempre di più.
“Ma che cazzo?”
“Esatto!”
“E ora come dovrei tornare a casa?” domandò John, probabilmente non
aspettandosi una vera risposta da parte di Paul.
Ma Paul voleva dargli una risposta.
“Non andare.” gli disse in un sussurro, cercando, senza riuscirci, di
non far tremare la sua voce.
John si voltò a guardarlo e il suo sguardo non sembrava sorpreso, però
lo fissava con un’intensità che fece vacillare Paul. Era sempre così difficile
cercare di non arrossire quando John lo guardava così e questa volta Paul
cedette e arrossì, continuando a fissarlo negli occhi.
“Resta qui per stanotte. Non puoi uscire con questa tormenta.”
“Ma Cyn… si preoccuperà.”
John protestò debolmente e Paul ridacchiò.
“Oh, ma sai, c’è un telefono in questa casa. Potresti chiamarla per
dire che resti qui a dormire.”
John sorrise: “Ah sì?”
“Certo. Potresti dirle: ehi, Cyn, hai visto
che tempo? Sai, forse è meglio che resti qui per stanotte. Potrebbe essere
pericoloso uscire con tutta questa neve.”
“Pericoloso, certo.” concordò John.
“Sì. E poi potresti dirle: vedessi com’è conciata la macchina! È tutta
ricoperta di neve e anche se riuscissi a liberarla e partire, potrebbe
accadermi qualcosa durante il viaggio. – esclamò Paul e con un movimento
insicuro, quasi tremante, prese le mani di John tra le sue, stringendole
delicatamente - Con questo freddo le mie dita potrebbero congelarsi e potrei
perdere il controllo della macchina e sbandare alla prima curva e…”
“Ho capito, ho capito. – tagliò corto John – Hai reso perfettamente e
tragicamente l’idea.”
Paul sorrise lievemente, soprattutto perché John non aveva ritirato le
mani dalla sua presa. Anzi, aveva ricambiato appena la stretta.
“Non bisogna mai sottovalutare il freddo e le sue conseguenze.”
John sospirò e guardò fuori dalla finestra: “Effettivamente sembra che
faccia molto freddo fuori.”
“Sì, così pare. Qui dentro, invece, si sta bene. No?”
“Mm… abbastanza.” rispose John, poco convinto.
Paul sbatté le palpebre, sorpreso: “Abbastanza? Hai freddo?”
“Non particolarmente, ma comunque… devi convincermi in qualche modo a
restare al calduccio con il mio migliore amico, piuttosto che affrontare una
tormenta di neve per tornare da mia moglie. Non credi?”
“Oh, sì, mi sembra giusto. – affermò lui, con un sorriso divertito
sulle labbra e le guance ancora calde e rosse - Beh… vediamo, potrei offrirti
una tazza di tè e tanti biscottin-“
“No, grazie.” lo interruppe John.
Paul ci rifletté un po’ su e poi i suoi occhi si illuminarono per una
rivelazione improvvisa: “Allora che ne dici di… una cioccolata calda?”
“Cioccolata?” ripeté John, guardandolo pensieroso.
E Paul cercò di trarre vantaggio dal dubbio che aveva piantato
nell’amico.
“Sì, cioccolata. Densa. Calda. Fumante. Con tanti, candidi marshmellow da inzuppare…”
“Mm… sembra interessante.”
“Oh, altroché e sai che so fare una cioccolata straordinaria, io?”
“Davvero? Ma, in effetti, anche la cioccolata di mia moglie è
straordinaria. Insomma, se parto adesso che non è ancora tutto bloccato dalla neve,
non appena arrivo a casa potrei chiederle di prepararmela.”
“No!” protestò Paul e fu una protesta sincera, istintiva, brusca, che
fece bruciare ancor di più le sue guance e le mani intrecciate con quelle di
John.
“Perché no?”
John non sembrava affatto confuso, lo fissava così tranquillo e il suo tono era così pacato che davvero
Paul non poteva fare a meno di chiedersi come potesse essere tanto… freddo,
mentre lui era tutto un fremito e fuoco vivo scorreva nelle sue vene.
“Perché non voglio che tu vada via, come le altre volte.”
John gli sorrise dolcemente: “Ma io non voglio andarmene.”
“Allora dimmi che resterai.”
Non gli importava davvero molto di essere arrivato a quel punto, al
punto di implorare John per restare con lui quella sera. E certamente non
gliene importò per niente quando John fece scivolare le mani sulla sua vita e
lo attirò a sé, facendo toccare le loro fronti.
“Bene, allora. Se c’è la cioccolata calda, mi tocca proprio restare.”
Il cuore di Paul sussultò appena e lui lo abbracciò, stringendolo con
forza per non farlo scappare, nel caso in cui avesse deciso di cambiare idea.
Non poteva davvero credere che John avesse accettato: la sorpresa e la
gioia non facevano altro che alimentare il fuoco che divampava in lui e Paul
non si accorse di muoversi solo un po’ in avanti né di sfiorare le labbra di
John con le sue.
E quando se ne rese conto, il suo cuore batté più forte e lui divenne
teso perché non sapeva quale potesse essere la reazione di John.
L’avrebbe allontanato bruscamente? L’avrebbe preso in giro? Sarebbe
scappato da casa sua?
Ma John semplicemente sorrise e lo baciò di nuovo. E Paul si abbandonò
un po’, fra le sue braccia, assaporando quelle labbra calde che lo fecero però
rabbrividire piacevolmente di freddo.
“Lo sai…- iniziò a dire quando John si allontanò – Posso offrirti
qualcosa di molto più caldo e interessante della cioccolata.”
“Ovvero?”
Paul non poté proprio nascondere il sorriso malizioso che nacque
spontaneamente sulle sue labbra.
“Me.”
***
Si svegliò con un terribile brivido di freddo che gli percorse la
schiena e con le labbra calde di John che gli baciavano il viso.
“Brr, che freddo.” disse Paul e cercò di accoccolarsi contro il petto dell’uomo.
John rise e poi lo strinse a sé.
“Questo perché sei un tale elefante quando ti muovi nel sonno. Hai fatto
scoprire entrambi.”
Paul ridacchiò e, mentre John cercava di coprirlo con la coperta, ripensò
alla sera precedente, al suo aver pregato John di restare con lui e poi averlo
stretto e amato proprio lì, davanti al camino, e infine aver bevuto una dolce
tazza di cioccolata calda con piccoli marshmellow
prima di dormire accanto a lui. Il ricordo era così vivo e così caldo che lo
fece sorridere e stringersi solo un altro po’ a John.
“Hai dormito bene?” gli chiese Paul.
“Oh, vuoi dire in quei pochi istanti che avevo a disposizione quando
non ero impegnato a recuperare la coperta che tu scalciavi con estrema grazia?”
ribatté John con quel suo caratteristico tono beffardo, che non mancava mai di
divertire Paul.
“Mm… sì!”
“Allora sì, ho dormito bene, grazie tante.”
Paul sorrise, ma subito quel sorriso svanì e guardò John preoccupato.
“E per quanto riguarda il resto?” domandò incerto.
“Il resto?”
“Sì, insomma… cosa succederà adesso tra di noi? Saremo ancora amici,
oppure-”
Ma John lo mise a tacere con un dito sulle labbra: “E’ necessario
pensarci adesso? Voglio dire… adesso adesso?”
Paul lo osservò perplesso, ma John aveva quello sguardo di quando era
molto sicuro di sé, di quando sapeva esattamente cosa doveva fare. E lui si
fidava sempre di quello sguardo e di John.
“No, credo di no…”
“Perché, sai, piccolo…- iniziò a dire John ed emise due colpi di tosse
un po’ forzati -… credo di aver preso un po’ di freddo stanotte.”
Paul scoppiò a ridere, mentre John lo faceva sdraiare sul tappeto.
“Oh, mi dispiace molto.”
“Inoltre, sembra che fuori faccia ancora molto freddo, perciò mi
chiedevo se per caso potresti rifare quello che hai fatto ieri sera?” domandò
lui, baciandolo dolcemente sul collo.
Paul chiuse gli occhi, rabbrividendo alla sensazione di labbra delicate
come la pioggia estiva, che gli accarezzavano la pelle.
“Ti riferisci alla cioccolata calda, vero?”
“Mm… sì, mi riferisco proprio a quello.”
Le labbra di John, sempre più appassionate e calde, si spostarono
dietro l’orecchio di Paul e poi lui lo baciò sulla guancia, sulle palpebre, sul
naso e Paul rise, circondando John con le braccia e con le gambe.
“Mi hai convinto. Penso di poterlo rifare!” gli disse e un istante dopo
John gli baciò appassionatamente le labbra.
Il brivido di pochi istanti prima era ormai un lontano ricordo e tutto
quello che Paul sentiva era solo il calore che si propagava in lui, da ogni
singolo punto in cui la sua pelle incontrava quella di John. E a giudicare da
quanto questa sembrasse calda e piacevole contro la sua, sembrava che neanche
John sentisse più così freddo.
“Sai una cosa, però?” gli domandò John, scostandosi da lui quel tanto
che bastava per guardarlo negli occhi.
Paul scosse il capo.
“Tu sei molto meglio della
cioccolata calda.”
Se avete la carie,
potete anche mandarmi il conto del dentista. Me ne assumo la totale
responsabilità. Ma avevo voglia di scrivere qualcosa di fluff, con tutto questo
freddo e visto che anche a kiki piace il fluff, quale
modo migliore di festeggiare il suo compleanno se non con John e Paul che tubano
peggio di due piccioncini nella stagione degli amori? J
Anyway, la storia è nata sia per il freddo che sento io, sia per una foto che
ho visto con John sul divano e Paul dietro di lui al pianoforte. ^_^ E il
titolo è preso da una famosissima canzone natalizia!
Spero che, carie a
parte, sia piaciuta e vi abbia riscaldato un po’ in queste giornate uggiose e
freddine. -_-
Ancora auguri a kiki!
A presto.
kia85