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Autore: Sarugaki145    26/04/2013    7 recensioni
Gli addii devono essere urlati, agitati, rabbiosi, furiosi.
Con porte sbattute in faccia.
Con telefoni muti.
Con nessun augurio di compleanno.
Con nessun sms che ti chiede come stai.
Con nessuna foto in fondo ad un cassetto.
Con nessuna forma di contatto mentale e fisico.
Altrimenti si chiama “arrivederci”.
Ed è un'altra storia.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Sayonara.

 

Gli addii devono essere urlati, agitati, rabbiosi, furiosi.

Con porte sbattute in faccia.

Con telefoni muti.

Con nessun augurio di compleanno.

Con nessun sms che ti chiede come stai.

Con nessuna foto in fondo ad un cassetto.

Con nessuna forma di contatto mentale e fisico.

Altrimenti si chiama “arrivederci”.

Ed è un'altra storia.

 

 

 

 

Le bruciava ancora la gola mentre scivolava lentamente, con la schiena contro la porta d’ingresso, verso il pavimento.

Si accovacciò stringendo a se le ginocchia, mentre i primi singhiozzi iniziavano ad arrivare.

I lunghi capelli le nascondevano il viso, per non mostrare al mondo quello specchio di fragilità.

Avevano chiuso, quella volta definitivamente.

Non c’erano possibilità di tornare indietro, di riappacificarsi.

Duncan l’aveva tradita, l’ennesima volta, e questa sarebbe anche stata l’ultima.

Courtney sbatte` i pugni a terra sbucciandosi le nocche e facendo colare qualche goccia di sangue sul pavimento lindo.

Provava un misto tra rabbia e dolore.

Rabbia per la sua stupidita`.

Dolore per avere, per l’ennesima volta, il cuore spezzato.

Eppure in cuor suo sapeva che era stata la scelta giusta, che non poteva continuare ad andare avanti in quel modo, che lui non poteva illuderla ancora una volta che avrebbe raccolto per lei i cocci del suo cuore per lei.

Era giunta l’ora che lei si facesse forza ed andasse avanti da sola, totalmente.

E che corresse il rischio di essere veramente felice.

Si asciugò le lacrime con la manica della camicia bianca, macchiandola di mascara.

Dopo di che si rannicchiò ancora di più, sperando di poter essere assorbita da quella porta e sparire per sempre.

E soprattutto di auto convincersi che fosse giusto cosi`.

Proseguire.

Da sola.

 

 

 

 

 

 

L’aveva buttato fuori di casa, dopo che lui aveva ammesso il suo tradimento.

Non si era comportata nel modo giusto, doveva per lo meno riconoscere la sua sincerità e non riservargli una reazione da vera arpia.

Aveva urlato insulti che lui non si meritava, dipingendolo come il diavolo in persona, come un uomo che non fosse degno di essere definito tale.

Gli aveva tirato dietro tanti piatti e qualche bicchiere, finche` non l’aveva letteralmente sbattuto fuori di casa, lanciandoli contro qualsiasi suo oggetto personale, che andava dalle magliette allo shampoo.

Era sempre la solita arpia quella donna, con il solo desiderio di avere tutto sotto il suo controllo. Non era colpa sua se questo suo comportamento lo portasse a tradirla per poter affermare la sua indipendenza da lei.

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, sospirando.

Forse pero`, quella volta, aveva esagerato.

Aveva sempre giocato con il fatto che lei non potesse fare a meno di lui, approfittando di questa sua debolezza e usandola a suo vantaggio.

Era un bastardo, ma lei aveva accettato queste condizioni mettendosi con lui.

Ma forse quella donna aveva capito che non poteva andare avanti cosi`, che fosse giusto lasciarlo.

Sbuffò stanco appoggiandosi al muro sudicio della sua casa.

Era un cretino.

Lo sapeva benissimo anche lui.

 

 

 

 

 

Guardò distrattamente il calendario e vi lesse “Compleanno Duncan <3”.

Restò qualche secondo titubante con il cellulare in mano, indecisa se mandare un semplice messaggio con scritto “Tanti auguri” o lasciare stare.

Aveva eliminato il numero dalla sua rubrica, ma era ancora stampato perfettamente nella sua mente.

Compose il messaggio distrattamente:

“Tanti auguri Duncan.”

Lo rilesse e concluse che era troppo freddo.

Doveva aggiungere “Un bacio”?

O un “A presto.”?

Resto qualche secondo assorta nei suoi pensieri, tamburellando con due dita sul cellulare.

Guardò distrattamente l’ora e si accorse di essere in ritardo, ma aspettò ancora qualche minuto che la sua mente ripercorresse la loro storia, fino ad arrivare all’ultimo giorno.

L’aveva tradita, ferita, umiliata.

Perché doveva augurare qualcosa di buono a quel bastardo?

Cancellò il messaggio e buttò il palmare in borsa.

Sarebbe stato un giorno come tanti altri.

 

 

 

 

Stava cercando quel foglio da ore, mettendo sotto sopra l’intera casa.

Proprio non ricordava dove avesse lasciato quella lettera, quando rovesciò il contenuto di un cassetto sul suo letto.

E fu così che, con immensa calma, una fotografia svolazzò fino ad appoggiarsi sopra il mucchio di cianfrusaglie.

Duncan si bloccò con il cassetto a mezz’aria, osservando quei volti ritratti, felici.

Loro due erano sdraiati su un prato, lei con i capelli scompigliati e pieni di erba aveva raggiunto il colore dei suoi capelli e quindi ridevano come matti.

L’uomo prese in mano la foto e se la rigirò tra le mani per qualche momento.

Un’ondata di nostalgia lo avvolse, lasciandolo in trance.

Erano quasi sei mesi che lui e Courtney avevano rotto e non l’aveva più vista da quando lei gli aveva sbattuto quella porta in faccia.

Lui, da vero uomo duro quale voleva sembrare, se n’era fregato e aveva continuato a vivere la sua vita, passando da una donna all’altra con semplicità.

Eppure perché riguardando quella foto sentiva che aveva sprecato l’occasione della sua vita?

Chiuse gli occhi ed accartocciò la foto, buttandola poi nel cestino.

Non era il momento di piangere o di pensare al passato.

Riaprì gli occhi e rincominciò a frugare nella pila di oggetti appoggiati sul letto.

Si erano lasciati ed era giusto cosi`.

 

 

 

 

 

 

Stava camminando con Eric, il suo fidanzato, per Toronto, in un caldo pomeriggio d’estate quando accadde.

Alzò lo sguardo ed incontrò due occhi azzurri noti, mentre l’imboccatura dello stomaco le si chiudeva.

Deglutì ma mantenne la calma, stringendo ancora di più la mano del suo ragazzo e mostrando il suo migliore sorriso.

Non era sicura di essere stata notata, quindi la cosa migliore era ignorare le urla del suo cuore e andare avanti come se nulla fosse.

Doveva anche smettere di pensarlo, per il suo bene e della sua nuova relazione.

Guardò fiera davanti a se, evitando accuratamente lo sguardo di quel ragazzo.

-Hey Courtney! Come te la passi?-

Le voce di Duncan le accarezzò le orecchie, gelandole il sangue nelle vene.

Sapeva che se si fosse fermata per rispondere non sarebbe più potuta tornare indietro, che l’avrebbe intrappolata un’altra volta, l’ennesima, nella sua trappola.

Lei cos’avrebbe fatto?

Si sarebbe fermata a scambiare due parole?

O avrebbe fatto finta di non aver sentito?

Stava a lei decidere se far si che quel addio rimanesse tale o diventasse l’ennesimo arrivederci.

 

 

 

 

*Angolo della disgrazia*

Appena ho letto questa frase non ho potuto che pensare a Courtney e Duncan.

Perché a volte è semplice dire “addio”, il più è mantenere i propri propositi.

L’avrò riscritta almeno tre volte completamente diversa prima di pubblicarla, perché non rendeva mai a pieno quello che volevo, quindi cancellavo e rincominciavo.

E ora, mi posso dire parzialmente soddisfatta. (anche perché sarei stata una psicopatica a riscriverla la quarta volta..!)

Ultimamente sto scrivendo short su Duncan e Courtney senza dei veri e propri finali, perché alla fine non so neanch’io se sarebbe giusto per loro stare insieme o lasciarsi per sempre.

 

Significato del titolo:

Sayonara ha un doppio significato in Giappone, che oscilla tra un addio e un arrivederci, dipende dal contesto.

Quindi mi è sembrato azzeccato, visto che non si sa, neanche alla fine, come andrà a finire.

 

Detto cio`, sayonara! :P

 Saru

  
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