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Autore: _MoonShine_    26/04/2013    4 recensioni
One shot che ha partecipato al contest di Miku Primavere - "Spring Leaves" - Secondo classificato
Tornerai. Tornerai tu, tornerà la primavera. E sarà di nuovo la nostra primavera.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fine, Rein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Grammatica e sintassi: 10/10 La prima volta che leggo una one shot così lunga senza errori. Per me, ma credo che sia solo il mio stile, mancano delle virgole da qualche parte, però rileggendo la frase faceva senso ed era molto bella anche senza virgola. Veramente brava, Ross.
- IC e caratterizzazione dei personaggi: 10/10 Adoro il fatto che Fine, dopo avendoci tentato per tante volte si sia arresa e abbia iniziato a vedere il mondo con colori cupi, per sino la primavera che è la stagione più colorata e vitale. Anche Rein è stata caratterizzata molto bene, alla fine ha perdonato Fine e si sono abbracciate.
- Originalità: 4/5 Molto bella, non c'è che dire, però ti ho tolto un punto per due ragioni. Una: dovresti mettere anche malinconico nel genere perché per gran parte della storia Fine è triste e condivide le sue emozioni con il lettore e sicuramente non mi è sembrato un sentimento piacevole, la tristezza. Secondo: Due sorelle come Rein e Fine che litigano per Shade e Bright, non mi sembra proprio da loro però la storia è molto bella e ti ho tolto solo un punto.
- Attinenza al tema: 5/5 Punteggio pieno. La primavera è senz'altro una protagonista come Rein e Fine e adoro il fatto -come ho già detto- che all'inizio Fine veda la primavera spenta. Poi le descrizioni sono veramente belle.
- Gradimento personale: 5/5 Io un debole per le storie tristi, ma con un lieto fine e ho adorato la tua storia moltissimo. Anche se Rein, la mia gemella "preferita", non fosse la protagonista.
- Introduzione/trama: 5/5 La trama è molto corta, ma ti ho dato il punteggio pieno perché non è preso dalla storia, ma hai anche usato le tue parole per la trama.
- Estetica: 9/10 Volevo darti un punteggio pieno, ma dato che sono particolarmente pignola su queste cose ti ho tolto un punto comunque. Mi piacciono le domande che si presentano nella mente di Fine però dovevi mettere una riga si spazio sia prima che dopo la domanda. Poi magari usare un'altra font tipo Georgia, mi piace la semplicità, ma ad un limite. Comunque anche l'estetica non è male.



PUNTEGGIO TOTALE: 48/50
.
Eventuale punto bonus per la one shot più lunga del content.






Our spring
 

Vita. Era questa la parola che mi usciva sempre dalle labbra quando le ormai inesistenti chiome degli alberi si coloravano di fiori e inondavano l’aria con il loro profumo. Quando per la prima volta dopo mesi sentivo il cinguettio delle rondini la mattina presto e il sole brillare nel cielo illuminando le strade e scaldando i prati verdeggianti. Vita, questa per me era la primavera, quella stagione che si alternava ad altre tre ma che si distingueva da esse per i suoi colori, per l’atmosfera di allegria che portava con se.
Già, questa per me era la primavera. Non ho mai smesso di considerarla la stagione più bella, ma qualcosa dentro di me non riusciva più a vederla piena di vitalità. Quando il buio ti assale, ti attanaglia il cuore, allora non riesci più ad apprezzare i colori, la luce e la natura che si risveglia. E quel buio per me era molto più scuro del potere delle tenebre che avevamo sconfitto già due volte. Un buio che nessuno poteva colorare, un buio che era venuto da me quando lei mi aveva lasciata.

Che faresti se una parte di te ti odiasse?

Mi capitava spesso di porre questa domanda a qualcuno, forse più a me stessa, ma inutilmente. L’unica cosa che riuscivo a fare dopo quella domanda era guardare fuori dalla finestra della mia stanza lo scorrere del tempo, consapevole che Rein, nella camera accanto faceva lo stesso.
Era buffo, nessuno avrebbe mai detto che le due gemelle Fine e Rein sarebbero arrivate a questo punto. Ci consideravano tutti una cosa sola, un'unica persona, un’unica anima. Anche io lo pensavo.
Non ho mai creduto nel per sempre, ma l’unica cosa che pensavo sarebbe durata per l’eternità eravamo noi, due ragazze, due amiche, due sorelle. Ma niente è immortale, nemmeno il sentimento.

Davvero credevi nell’amore eterno?

Sì, credevo nell’amore eterno, quell’amore che solo una persona ti può dare, quell’amore che ti faceva sorridere appena sveglia, che ti faceva ridere, anzi, con cui ridevi, con cui vivevi. L’amore di una sorella, di un’amica, l’amore della tua anima gemella. Perché Rein era la mia anima gemella, lo era sempre stata, niente era mai stato capace di separarci, niente e nessuno. Ma ci erano riusciti due ragazzi, due maledetti ragazzi e i nostri sentimenti, sentimenti che avevano portato a distruggerne altrettanti.
Un fraintendimento, una frase sbagliata, una dichiarazione rifiutata, non lo so. Erano ormai mesi che non sapevo spiegarmi il perché di questa situazione, i momenti più vuoti che avessi mai immaginato. Le giornate non erano più come prima, Rein non era più come prima, noi non lo eravamo più. Pensare che la persona più importante della mia vita mi odiasse era come sentirsi morire dentro, era sentirsi morire dentro. E per cosa? Per un sentimento che non era nemmeno minimamente paragonabile a quello che ci aveva sempre unito.

Perché? Vuoi davvero che tutto finisca così?

Come facevo ormai tutti i giorni, mi staccai da quella maledetta e malinconica finestra con l’immagine di quel bellissimo paesaggio primaverile che ormai aveva perso significato. Cos’era la vita della primavera senza di lei?
Aprii la porta della mia stanza senza un obbiettivo preciso, avrei potuto andare nella camera accanto, abbracciarla senza nemmeno chiedere il permesso di entrare, ma sapevo che nemmeno stavolta avrei avuto il coraggio di farlo. I suoi occhi, il suo sguardo, ogni volta che mi guardava anche solo per un decimo di secondo mi faceva crollare tutte le fantasie di un possibile chiarimento, di un suo sorriso, quel sorriso che mi mancava.

Cosa daresti per rivedere le sue labbra che si incurvano per te?

Strinsi la maniglia e la abbassai, fissando il muro del corridoio che mi si presentava davanti superai la soglia e richiusi meccanicamente la porta dietro di me. Qualcosa sotto il mio piede destro scricchiolò, ma non un rumore secco, cigolante. Era più un suono ovattato di qualcosa di morbido che viene soppresso. Abbassai lo sguardo spostandomi e lasciando che da sotto il mio piede tornasse alla luce un fiore. Un piccolo fiore rosa, sembrava un fiore di ciliegio, con i suoi bellissimi petali completamente aperti e le venature più scure lungo il centro di ognuno dei suoi cinque petali. Cosa ci faceva un fiore davanti alla mia camera?
Mi abbassai e lo raccolsi delicatamente, ormai era già rovinato per averlo calpestato, un vero peccato che non lo avessi visto. Era strano, avevo già visto un fiore simile, ma ero sicura che a palazzo non ci fossero piante di ciliegio, Camelot aveva la predilezione per i fiori di campo e per quelli molto sfarzosi, ma niente fiori di ciliegio. A me e Rein invece erano sempre piaciuti.

Ti ricordi quando da piccole scappavamo nel nostro rifugio segreto Rein?

Io sì, me lo ricordo bene. Non l’ho mai dimenticato, non ho mai dimenticato niente di tutte le avventure che avevamo vissuto da piccole. Nemmeno quella, e come potevo? Era il nostro posto preferito, il luogo dove andavamo spesso per sfuggire dalle lezioni noiose di Camelot, il posto dove ad ogni primavera costruivamo qualcosa di nuovo, dove papà una volta aveva appeso due altalene al ramo di un grande albero di ciliegio. Quell’unico posto dove ci divertivamo a fare ghirlande con quei bellissimi boccioli rosa. L’unico posto del nostro regno dove crescevano e l’unico dove potevamo essere Fine e Rein, Rein e Fine. Solo noi, la primavera e la vita.
E quel fiore ricordava proprio quel posto. Un sorriso nostalgico si appropriò delle mie labbra a quei ricordi di bambine, alle ghirlande e alle collane di fiori che a Rein venivano sempre bene.

Potremmo tornarci un giorno sorellina?

Quel piccolo fiore un po’ rovinato andò ad infilarsi in una delle pagine di un vecchio libro che avevo in camera, Camelot diceva che facendo seccare i fiori si potevano conservare bene. Non so perché volli tenerlo, forse perché era stato capace di farmi ricordare momenti felici.
Riposi il libro nello scaffale e uscii dalla stanza definitivamente.
Il giorno seguente, feci lo stesso. Un altro fiore identico al primo era appoggiato a terra, davanti alla soglia della mia camera. Lo raccolsi con un deja vu nella mente e lo riposi nella pagina seguente a quella che conteneva il fiore del giorno prima. Perché mai un fiore identico a quello precedente era di nuovo davanti alla mia stanza?
Fu così per una settimana, puntualmente ritrovavo un fiore di ciliegio dietro la porta, e insieme ad ognuno di essi un ricordo diverso delle giornate passate con Rein in quel bellissimo posto da cui pensavo provenissero.

Quanti ricordi può portare un fiore?

Il settimo giorno raccolsi il settimo fiore. Non mi ero fatta molte domande sul perché ne trovassi uno ogni giorno nello stesso punto. Certo la curiosità c’era, ma ormai non mi importava niente di niente, erano mesi che facevo le cose meccanicamente, le mie giornate erano monotone, quei fiori avevano solo smosso un po’ i noiosi e caldi pomeriggi.
Come da copione presi il libro dallo scaffale, e aprendolo alla prima pagina libera dopo gli altri sei fiori, appoggiai quello della giornata sulla carta. Lo fissai per un lungo attimo, i suoi cinque petali erano perfetti, esattamente simmetrici e con sfumature delicate e chiare.
Esattamente sopra al petalo più alto, una frase scritta tra virgolette attirò la mia attenzione. Non so come mai, non avevo mai letto quel libro, non sapevo nemmeno di che tipo fosse, e sinceramente nemmeno sapevo cosa c’entrasse quella citazione con tutto il resto del testo, cosa che non lessi nemmeno, mi fermai solo a quelle parole. “Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri. William Shakespeare”. Dovetti rileggerla almeno tre volte prima che il mio sguardo riprendesse a concentrarsi sul mondo esterno e non su quelle lettere scritte in nero su carta giallastra.

Anche questi momenti brutti passeranno? Passeranno vero?

Forse continuare ogni giorno a farsi quella domanda era inutile, anzi era sì inutile. Una volta mamma mi disse una frase che non mi era mai uscita dalla testa, che mi ripetevo ogni volta che dovevo prendere una decisione importante. Non ci avevo mai più pensato da quando avevo litigato con Rein, mi ero chiusa in me stessa senza pensare che al suo sguardo.

“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”, giusto mamma?

Se volevo che qualcosa cambiasse dovevo essere io a far cambiare quel qualcosa. Non volevo più aver paura, aver paura del suo sguardo, del suo odio, era mia sorella, la mia migliore amica, lei era me.
Richiusi il libro ringraziando Shakespeare, lo avevo sempre trovato un tipo noioso.
Corsi con qualcosa di nuovo nel petto, come se il mio cuore si stesse alleggerendo e non sapevo il perché. Probabilmente stavo andando incontro alla morte, se non fosse andata come speravo?

Hai paura, Fine?

Sì, avevo paura, ho sempre avuto paura. Ma non ho mai voluto abbatterla, ho sempre preferito conviverci, la paura è parte di me. Ma adesso era arrivato il momento di affiancarmi a questo timore e di guardare finalmente negli occhi mia sorella.
Non so cosa mi portò a pensare che fosse stata proprio lei a mettere quei fiori di ciliegio ogni giorno davanti alla mia stanza, forse perché lei conosceva bene come me quel posto.
Mi diressi lì, da quant’era che non ci andavo? Che non ci andavamo insieme? Troppo tempo. Scorsi da lontano, da sopra una collina del regno la grande chioma di quel maestoso albero che amavamo tanto, quello dove papà aveva costruito due altalene. I rami erano già ricchi di fiori rosa e foglie fresche. Il profumo e l’atmosfera di pace non era mai cambiato, mi sembrò quasi di sentire le urla allegre di due bambine che in quei momenti passati in quel posto magico avevano dimenticato di essere due principesse piene di doveri verso Wonder, due ragazze senza poteri, senza missioni. Due sorelle.
I piedi si mossero sempre più veloci, su, su per il pendio della collina, tra l’erba in tratti alta e in tratti meno folta, tra i fiori di campo che formavano chiazze colorate in quell’acceso e immenso verde, in netto contrasto con il celeste brillante del cielo primaverile.
Le due altalene erano ancora lì, ora davanti a me, appese a quel robusto ramo rugoso. Si muovevano lentamente, spinte da quella leggera e profumata brezza proveniente da est. Su una di esse era poggiato un rametto di ciliegio con cinque o sei fiorellini attaccati.
Alzai la testa verso la chioma dell’albero, il sole filtrava tra i folti rami in fiore creando sul mio viso tanti piccoli riflessi di luce che mi fecero socchiudere gli occhi.

Quante volte ero stata così serena da piccola?

Qualcosa di inspiegabile mi fece battere il cuore. Probabilmente quel legame che avevamo non si era mai spezzato e mai sarebbe successo. Quel qualcosa di inspiegabile mi portò a voltarmi di scatto. La mia immagine era di fronte a me, mi specchiavo in una figura di fronte al mio corpo che con quei lineamenti perfetti e per nulla severi mi fissava, mentre i suoi capelli celesti si muovevano cullati dal vento. La frangetta danzava sugli occhi, lo stesso la mia.

Sei sempre stata il mio specchio. Si è davvero rotto adesso?

La vidi sistemarsi la gonna che svolazzava qua e là spiegazzando il pizzo sottostante. Alzò poi lo sguardo nuovamente su di me e fece un mezzo passo avanti. Guardò il rametto di fiori sull’altalena e poi di nuovo me.
-Rein- finalmente avevo trovato la voce per dire anche solo il suo nome, inutilmente lo sapevo, ma mi era mancato persino non poterla chiamare per nome. Avrei voluto dirle tante cose, avrei voluto piangere, ma non feci nulla, fino a che composi una frase nella mia testa, ma non feci in tempo a dirla.
Lessi dalle sue labbra quello che aveva appena detto, non lo sentii. Ero cosciente che non l’avesse sussurrato, ma che le sue parole avessero avuto un tono alto, sicuro e allo stesso tempo dolce, lo capii dal suo sguardo, uno sguardo che non mi rivolgeva più da mesi. Ma non sentii nulla, vidi le sue labbra rosee mimare una semplice frase, tre parole che si misero a tirare con forza le lacrime, lacrime che uscirono in contemporanea dai miei occhi e dai suoi.

Dimmelo all’infinito, ripetilo per sempre che mi vuoi bene.

I petali cadevano in una danza elegante e sbarazzina, si appoggiavano a terra, si infiltravano tra i fili d’erba. Persino i nostri capelli ne erano sommersi, ma non ci importava.
L’unica cosa che contava era quell’abbraccio, quell’abbraccio che ci unì subito dopo quelle parole, quelle parole che risuonarono come il canto di un usignolo nel vento profumato di ciliegio.
Ora tutti i colori erano tornati ad essere veri, quel buio era stato illuminato dal sole caldo e insistente.

Era primavera, era di nuovo primavera, la nostra.







 

Note autore

La primavera è sempre stata anche la mia stagione preferita. E’ il primo contest a cui partecipo e spero di aver seguito bene le indicazioni, mi scuso solamente con Rebecca di avergliela mandata all’ultimo ma sono stata presissima con il trasloco. Non so come mai mi sia venuta l’idea di Fine e Rein inizialmente divise, forse perché io ho litigato con la mia migliore amica e il mio pensiero era stato un po’ influenzato da quello, non lo so. Comunque spero di non aver scritto un totale orrore e di aver fatto capire quanto mi piacciano Fine e Rein unite, di come i colori riprendono a brillare quando sono insieme e di come anche una stagione colorata come la primavera possa sembrare spenta quando sono divise. 
Ross

  
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