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Autore: margulka93    27/04/2013    4 recensioni
Dicono che il principe azzurro arrivi su un cavallo bianco quando meno te lo aspetti. Io l'ho sempre immaginato pieno di muscoli, intelligente e bellissimo, che compare sullo sfondo di un tramonto in riva al mare, con gli ultimi raggi di sole rossicci che lo fanno apparire come un Dio sceso in terra. A parte la mancanza dello scenario romantico, lui potrebbe essere quello giusto. Ci sono soli pochi, minuscoli dettagli quasi insignificanti.
Il suddetto lui è un alieno sanguinario con sintomi premestruali e tendenze omicide. Il babbeo tende a cercare di uccidermi (e di uccidersi) un giorno sì e uno no.
È l'uomo perfetto, no?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lascia che mi occupi di te



Dicono che il principe azzurro arrivi su un cavallo bianco quando meno te lo aspetti. Io l'ho sempre immaginato pieno di muscoli, intelligente e bellissimo, che compare sullo sfondo di un tramonto in riva al mare, con gli ultimi raggi di sole rossicci che lo fanno apparire come un Dio sceso in terra. A parte la mancanza dello scenario romantico, lui potrebbe essere quello giusto. Ci sono soli pochi, minuscoli dettagli quasi insignificanti. Il suddetto lui è un alieno sanguinario con sintomi premestruali e tendenze omicide. Il babbeo tende a cercare di uccidermi (e di uccidersi) un giorno sì e uno no.

È l'uomo perfetto, no?

***

 

Correva a perdifiato per i corridoi della Capsule, neanche avesse Hannibal Lecter alle calcagna.
Bulma si chiuse la porta alle spalle, permettendo al buio che dominava camera sua di inghiottirla completamente. Ansimava troppo, così tentò di convincere i propri pomoni a darsi una regolata e a rimettersi al lavoro. Scivolò sulla moquette. Le sue trachee vennero tranciate di netto quando realizzò gli avvenimenti di poco prima.
«Ora vado di là e lo caccio a suon di pugni» si disse per nulla convinta. Alzò una mano – che non aveva smesso ancora di tremare – e si sfiorò la gola nel punto in cui Vegeta...
Mai aveva temuto così tanto di rimetterci la pelle, neanche quando era su Namek, o in giro per gli edifici del Fiocco Rosso al fianco di Goku. All'epoca era una ragazzina spensierata e senza paura, ma il viaggio su Namek non era mica tanto lontano, infondo erano passati solo sei mesi dall'arrivo del ragazzo dal futuro.
Accidenti a lui! Per una volta che non lo aveva punzecchiato...o quasi. Ripercorse mentalmente le proprie azioni, cercando invano la molla che aveva spinto Vegeta ad agire in quel modo.
 
 
Un'ora prima...
Vegeta si sedette, affamatissimo. Aveva appena terminato un allenamento dal quale era uscito incolume per miracolo. Avrebbe dovuto sentirsi fortunato, invece era di malumore, ma così tanto che si dimenticò perfino di lamentarsi della lentezza della donna ai fornelli. E ciò che più odiava il principe era attendere, dopo Kakaroth e il misterioso super Saiyan, chiaramente.
Bulma annunciò il tempo d'attesa – quattro minuti buoni – quasi con apprensione, aspettando una sfuriata che non arrivò. Studiò il viso di lui, evidentemente affaticato e umido di sudore. Ostentava un'espressione più feroce del solito, eppure non si era arrabbiato. Non aveva sbraitato ai quattro venti quanto i Saiyan fossero superiori e che le schiave dovevano obbedire, non aveva sbattuto le mani sul tavolo, rischiando per l'ennesima volta di distruggerlo, non le aveva nemmeno rivolto lo sguardo disgustato di sempre. Era taciturno e corrucciato, come se stesse architettando qualcosa. O forse il rompicapo del secolo gli stava mangiando il cervello.
«Scusa, è colpa mia. Mi sono ricordata tre secondi fa che i miei sono partiti, quindi ho dovuto mettere insieme qualche avanzo. Per non parlare del fatto che hanno lasciato il frigo mezzo vuoto...» continuò a blaterale lei, sperando di innervosirlo con le ciance che lui tanto odiava. Avere Vegeta in quello stato le dava una pessima sensazione. Aveva l'impressione di avere a che fare con una bomba innescata, la quale si rendeva più pericolosa ogni secondo che passava.
Inquietudini a parte, sentiva il bisogno di una sana lite per scaricare il nervosismo e lo stress accumulato in quei giorni di calma piatta. E poi Vegeta era l'unico a saperle tenere testa, non come quel leccapiedi di Yamcha, che tra parentesi aveva mollato da qualche settimana giudicandolo troppo immaturo. Si divertiva a punzecchiare il principe, era una piacevole ventata di cambiamento avere a che fare con un uomo vero. Il suo ex era un ragazzino, Goku neanche a parlarne e Crilin idem.
La scienziata rimase a fissare i muscoli super sviluppati di Vegeta, le gocce d'acqua scivolavano giù dai capelli bagnati e percorrevano gli addominali... Accidenti! Era avvampata di brutto, neanche fosse un'adolescente in preda ad una crisi ormonale. Vegeta poteva essere anche bello – ma bello davvero – però tutto il resto degli ottomila difetti come li correggeva? Scosse la testa, ancora rossa in faccia. Ma vestirsi ogni tanto, no?!
L'allegro suono proveniente dal forno elettrico attirò Bulma e pochi istanti dopo la cena fu servita.
Il principe iniziò a ingurgitare voracemente il cibo, senza far caso alla qualità di quest'ultimo, perché era troppo incazzato. Con quella donna, con il mondo intero, con se stesso.
Probabilmente era solo una delle tante giornate fiacche, che si succedevano con allarmante frequenza negli ultimi tempi.
Probabilmente aveva solo immaginato gli sbalzi del proprio cuore quando l'aveva presa in giro per il fidanzato mollusco che si ritrovava e lei aveva risposto con noncuranza di averlo mollato.
Probabilmente erano solo sbandamenti le fantasie su quella donna svergognata, che sventolava le proprie grazie a chiunque.
Probabilmente aveva scordato l'orgoglio in un cassetto, quella mattina.
Era rimasto solo tanto tempo, tutto qua. Troppo semplice affezionarsi alla prima persona (persona, non donna) che offriva cibo e affetto non richiesto su un piatto d'oro zecchino. Non era mica così ingenuo da cascarci. Perché lei era così gentile? Chi glielo aveva chiesto? Lui no di certo. Il principe non chiedeva. Ordinava, comandava, pretendeva e otteneva pure!
Quale essere – umano e non – faceva qualcosa senza pretendere nulla in cambio? Dove stava la fregatura?
«A che pensi?» chiese Bulma, all'improvviso, spezzando i fili ingarbugliati dei pensieri di Vegeta. Lo guardava con la testa inclinata mentre sgranocchiava una carota, assumendo un cipiglio infantile e dolce, tipico dei bambini eccessivamente curiosi.
"Smettila di fissarmi con quell'aria da innocentina, io sono il principe dei Saiyan" avrebbe voluto urlarle Vegeta. Forse doveva solo smetterla e infilarla viva nel forno, così i tormenti sarebbero finiti. Bastava anche una piccola sfera d'energia dritta nel cranio.
«A come farti fuori» sospirò lui, sinceramente. Un sorriso allegro abbellì il volto di Bulma.
«Preferisco lo stiramento del collo, come faceva mia nonna con le galline» ridacchiò la scienziata, allungando per bene la testa e sporgendo il busto sul tavolo.
Vegeta udì un pop, sentì gli ingranaggi del proprio cervello incepparsi e poi non capì più nulla. Forse l'istinto omicida per una preda fin troppo facile. Forse l'istinto Saiyan represso per tutto quel tempo. Forse l'istinto di toccarla era più forte... Vegeta balzò sul tavolo, le afferrò la gola ed entrambi precipitarono al suolo.
Bulma emise un gemito strozzato quando la schiena atterrò sul pavimento, ma non perse la sfumatura di divertimento in viso. Fu proprio quello a far perdere la testa a Vegeta. Cosa credeva la sciocca terrestre? Che non sarebbe stato in grado di ucciderla? Non aveva capito che era un principe e futuro super Saiyan e non un Kakaroth qualsiasi?
Strinse la presa attorno alla gola, osservando estasiato il sorriso di lei spegnersi e le braccia dimenarsi nel vuoto. Le dita di Bulma corsero a graffiare il dorso delle mani di Vegeta, mentre dai suoi occhioni iniziarono a sgorgare lacrime bollenti. Il principe mollò la presa, dileguandosi poi tra le rampe di scale.
Infondo aveva raggiunto l'obiettivo si spaventarla e non aveva senso farle del male.
Giusto?
Erano giorni che non la vedeva. Ebbe la strana impressione che lo stesse evitando. Strano?! Vegeta si diede automaticamente dello stupido. Per i terrestri non era normale uccidere, le violenze non erano all'ordine del giorno, come aveva potuto scordarlo? Merda.
Si stava abituando troppo alla pace della Terra e soprattutto alla presenza della donna dai capelli azzurri. Un appellativo un po' lungo, ma si rifiutava di chiamarla per nome perfino nei propri pensieri. Quando dai un nome alle cose, ti ci affezioni ed era già abbastanza tragico che sentisse la mancanza delle discussioni con lei.
Non la vedeva neanche durante i pasti. La donna lasciava i piatti stracolmi sul tavolo, ma senza il bigliettino di buon appetito che gli scriveva quando aveva troppo da fare nei laboratori e non poteva imporgli la propria fastidiosissima presenza. Inoltre l'aveva beccata a dormire sui computer. Forse l'aveva traumatizzata al punto di spingerla ad ammazzarsi di lavoro. Nah, quella donna non sarebbe morta, non senza il suo consenso. E poi come osava ignoralo?
Vegeta uscì dalla Gravity Room e si diresse in cucina, udendo un debole sferragliare di utensili. Si schiarì la gola per annunciare il proprio arrivo. Bulma sobbalzò e si lasciò sfuggire il mestolo di mano, il quale atterrò con un clangore metallico.
«Sei in anticipo» constatò lei, rivolgendogli uno sguardo fugace. Impiattò il pranzo alla velocità della luce e se la diede a gambe. Il principe però l'afferrò per i fianchi e la intrappolò nell'angolo della cucina. Non l'avrebbe scampata questa volta.
Bulma si ritrovò quasi schiacciata dal muscoloso petto del Saiyan e arrossì violentemente. Le sue guance avrebbero fuso la lava stessa. Non era mai stata così vicina a lui e quando si rese conto della distanza tra i loro bacini – meno di zero – balzò all'indietro, sedendosi sul balcone, incurante delle bucce di patate che si spiaccicavano sui pantaloni.
«Si può sapere che diavolo ti prende?» chiese Vegeta.
«Niente» si affrettò a dire Bulma, provando un'improvvisa attrazione per il frullatore accanto. Se avesse fissato lui, i loro volti sarebbero stati decisamente troppo vicini.
«Ma se non mi guardi neanche!» sbottò Vegeta, irritato non poco. Bulma piantò gli occhi nei suoi, mostrando un'espressione scocciata che sembrava dire "contento?!"
Vegeta non aprì bocca, impegnato a contare le sfumature nelle sue iridi. Erano di un azzurro stupefacente, screziato di un celeste più scuro attorno alle pupille. Il suo profumo dolce – troppo dolce per i suoi gusti – ebbe libero accesso alle sue narici, confondendogli ogni azione programmata. Allo stesso tempo non fu in grado di produrre pensieri di senso compiuto.
«Hai tentato di uccidermi» disse Bulma. Non era una domanda, ma Vegeta sentì il bisogno di giustificarsi.
«No» rispose, sincero. Non voleva strangolarla, solo terrorizzarla al punto da cancellarle l'aria spavalda che assumeva ad ogni sua minaccia. Bulma sbuffò, scettica mentre tentava di indietreggiare, nonostante l'armadietto premeva forte dietro la nuca.
«Cosa faresti se ti dicessi che ho sterminato migliaia di persone, conquistando pianeti, schiavizzando popoli...» la provocò Vegeta.
«Sapevo di convivere con un assassino, ma non credevo fossi così sadico. Posso avere un tuo autografo? Così finisco la collezione i migliori serial killer del ventunesimo secolo» lo interruppe Bulma, sarcastica.
«Tu non sai com'è il mondo là fuori» ringhiò lui, sempre più arrabbiato.
«Se è un giro di parole per trovare una scusa per farmi fuori lascia perdere e procedi pure» sospirò con aria fintamente drammatica. Bulma non era per nulla spaventata, ma aveva capito che quei discorsi dannatamente seri trasformavano Vegeta in una belva incontrollabile. Stava cercando, anche piuttosto pateticamente, di smorzare i toni, di distrarlo. Evidentemente Vegeta non capiva che scherzava perché borbottò a mezza voce: «Non riesco a farti del male», spiazzando la scienziata.
Vegeta s'immobilizzò, stupito dalle proprie parole. Dalla veridicità della frase appena pronunciata.
Infondo aveva raggiunto l'obiettivo si spaventarla e non aveva senso farle del male.
Giusto? No, maledizione no! NO! Semplicemente non era riuscito a ferirla. La consapevolezza di provare qualcosa per quell'essere lo schiaffeggiò con violenza, lasciandolo intontito.
«Adesso sì che mi sento al sicuro» rispose lei, alzando le mani al soffitto.
Vegeta represse a stento la voglia di strapparle a morsi il sorriso dalla sua faccia.
«Non hai mai avuto paura di me, neanche quando ti minacciavo di morte e ora ti sei spaventata per un innocuo giochetto?»
«Scusa tanto se ho avuto un'impressione sbagliata, non sei mica un guerriero sanguinario» ironizzò Bulma.
«Cosa cazzo ci trovi di tanto divertente? Dannata mocciosa».
Vegeta osservò il suo viso accartocciarsi in un'espressione mortificata che non lo addolcì per nulla. Salì furibondo le scale, masticando insulti all'intero genere umano fino a quando non seppellì la faccia nel proprio cuscino.
La odiava, la detestava con tutto se stesso. Aveva fatto uno sforzo disumano per essere amichevole al fine di capire che diavolo gli stava succedendo ed ecco cosa aveva ottenuto. Rideva, si prendeva gioco di lui, del suo passato. Ma gli stava bene. Benissimo. Così il crudele principe dei Saiyan imparava ad essere amichevole. Mai più avrebbe rivolto la parola alla razza inferiore.
Chiuse gli occhi per un attimo.
«Posso entrare?»
Vegeta spalancò le palpebre, notando all'istante due cose fuori posto: il sole era sparito, lasciando il posto ad una luna coperta da nuvole e una certa ragazzina sullo stipite. Bulma stava sfoderando la sua migliore faccia triste – più appropriata ad un funerale – mentre tra le mani reggeva una grande fetta di torta.
Affamato, Vegeta spazzolò il piatto e glielo porse, rivolgendole uno sguardo della serie: ora puoi vaporizzarti.
Bulma, invece posò il piatto sul comodino più vicino e prese posto accanto a lui, sul materasso.
«Mi dispiace» esordì.
«Non sai di cosa scusarti» la smascherò subito Vegeta.
«Vero,» concesse, «ma sono qui per rimediare. C'è qualcosa che non so di te?»
Vegeta rimase spiazzato, però non si azzardò a guardarla, altrimenti chissà cosa avrebbe fatto. Per sicurezza decise di sedersi sul margine opposto del letto, dandole le spalle. Come mai tutto questo interessamento al proprio passato?
Aprì la bocca numerose volte, ma le corde vocali si rifiutarono di funzionare a dovere. Si maledì per ciò che stava per fare.
Trascorsero minuti interi nel più completo silenzio, finché un cigolio di molle annunciò l'imminente ritiro di Bulma.
«Avevo tre anni quando iniziai gli allenamenti».
I piedi della scienziata si fusero con la moquette, intrappolandola. Non osò fiatare. Vegeta stava per aprirsi e confessare cose che probabilmente avrebbe dovuto portare con sè nella tomba. Osservò la sua schiena nuda contrarsi parecchio e la sua mano correre a grattarsi nervosamente la nuca.
«Mio padre mi rinchiuse in una stanza sul pianeta Bazick. Mesi dopo quando mia madre tentò di liberarmi venimmo beccati e il re la fece fuori davanti a me. Il suo affetto mi rendeva debole, diceva. A sette anni mi affidarono la prima missione, cioè conquistare un pianeta intero da solo. Fallii, ovviamente. Per punizione dovetti occuparmi dei superstiti con un pugnale e i polsi slogati.
«Alla morte di mio padre per mano di Freezer, sono stato suo schiavo per anni. Il mio pianeta, la mia stirpe, tutto perduto...»
Vegeta chiuse la bocca, incapace di aggiungere altro. Sentì l'impellente bisogno di sotterrarsi vivo nella bocca di un vulcano in piena attività. Fissò il riflesso di Bulma nello specchio di fronte: gli occhi erano spalancati dall'orrore, le nocche erano diventate bianche a furia di stringersi attorno al piatto sporco di panna. Era terrorizzata l'unica volta in cui Vegeta non ne aveva l'intenzione. Il colmo! Sarebbe scappata dai suoi amichetti nel giro di pochi secondi a spiattellare tutto e a farsi consolare, mentre lui sarebbe rimasto solo a crogiolarsi nei ricordi che aveva sigillato perfino a se stesso. Si era già pentito di aver confessato quelle cose.
Le dita ghiacciate di Bulma arrivarono a sorpresa e accarezzarono la cicatrice sulla tempia, provocatogli tempo addietro da Freezer. Ne aveva talmente tante sul corpo, che non rammentava più i motivi delle esemplari punizioni dell'odiosa lucertola.
Vegeta serrò le palpebre, godendosi il piacevole calore che sentiva soprattutto nel cuore. Era pura follia! Come poteva permettere a due iridi azzurre di scavargli dentro e abbattere in pochi istanti il solido muro d'orgoglio costruito dalla nascita, giorno dopo giorno?
Si sentiva talmente bene che avrebbe potuto permettere di fargli qualunque cosa, perfino abbracciarlo e trattarlo come un peluche dalle dimensioni astronomiche in mano ad una mocciosa di cinque anni. Era questo? L'amo... L'affetto? Quel sentimento che tanto schifava suo padre? Che lo faceva sentire assurdamente bene?
«Scusami» sussurrò lei, a voce bassissima.
«Non voglio essere compatito. Me ne sbatto di Freezer e del resto».
«Puoi negare quanto vuoi, ma non ci casco» mormorò Bulma, spostando la mano per accarezzargli i morbidi capelli. Si era avvicinata. Troppo.
Vegeta si affrettò a scostarsi dal suo tocco e la scrutò con aria critica.
«Sei una ragazza strana» sentenziò, dopo un'attenta lettura.
«In senso buono?»
Il principe scrollò le spalle.
«Non lo so. Sono sempre scappati tutti dalla paura, nessuno mi è mai corso dietro come fai tu» confessò. Si era già umiliato, tanto valeva farlo fino in fondo e completare l'opera.
«Dato le tue scarse abilità nelle relazioni sociali, ho pensato avessi bisogno di un corso accelerato» ridacchiò Bulma.
«Non ho bisogno di nessuno» rispose Vegeta, abbassando gli occhi e riprendendo il cipiglio duro.
«Perché nessuno si è mai occupato di te». Vegeta si accigliò.
«È compassione la tua?»
«Prima di stasera non sapevo nulla di te» gli ricordò la scienziata.
Il principe si ammutolì, maledicendo in ottomila lingue il tocco di lei, del quale già sentiva la mancanza. Sperò che suo padre non stesse guardando dagli inferi, o lo avrebbe preso a calci fino a ridurlo ad un grumo sanguinolento.
«Lascia che mi occupi di te».
Vegeta non rispose. O meglio aveva le labbra troppo occupate, premute com'erano su quelle di Bulma, per emettere alcun suono.

 

 

***

Dicono che le donne servano solo a darti una degna progenie e a soddisfarti ogni volta che vuoi. Non ho mai pensato di cambiare le mie abitudini, di restare su un insulso pianeta. Le donne Saiyan sono sottomesse completamente al compagno e obbediscono a qualsiasi richiesta. Puoi cacciarle quando vuoi, puoi averne quante ne vuoi e non devi renderle conto di niente. Eppure loro sono sempre disposte a darti il loro amore, ad aspettarti sveglie fino a tardi e a curare le tue ferite, nonostante tu le indichi come buone a nulla. Questo sostengono i grandi guerrieri che si vantano delle proprie concubine.

Non avrei mai creduto di trovarne una così diversa. È petulante, debole fisicamente, furba, ricattatrice e non si lascia sottomettere neanche se la frusti a sangue.

È la donna perfetta, no?

 

The End

 

 

 

 

Salve a tutti, bella gente. Ho appena terminato di scrivere la benedetta fine che cercavo da settimane.

Prima noticina: ho messo l'avvertimento OOC per pararmi il sederino. Voglio evitare attacchi del tipo non hai messo l'avvertimento!, infondo noi non sappiamo nulla dei tre anni dopo l'avviso di Trunks o di come Vegeta si comporti con Bulma. Sono permalosa (?) Sì! Voglio continuare a credere che Vegeta sia puccioso così come l'ho descritto U.U
EDIT: OOC rimossa. Come mi hanno gentilmente fatto notare Vegeta non è tanto puccioso come pensavo :D
Lo era decisamente di più in Perché dovrei perdonarti, quindi chiedo perdono :D

Eheheh :D

Seconda noticina: so che probabilmente non brilla di originalità, ma morivo dalla voglia di scriverla e di dare il mio contributo alla nascita di questa meravigliosa coppia.

 

Vi ringrazio per averla letta e vi auguro buonanotte. Sono le 00:40!

Con affetto,

Margulka

   
 
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