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Autore: thecafewriter    27/04/2013    1 recensioni
Gli Spazi Vuoti.
Chen fa del suo meglio per non farsi riconoscere quando incontra una ragazza chiacchierona in lavanderia. Ma quando iniziano a parlare di musica…
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chen, Chen, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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T/N: Eccoci qui con una nuova traduzione. Questa volta il protagonista è Chen che va in lavanderia e incontra una ragazza. E’ molto carina, è una delle prime fic che ho letto di thecafewriter e mi è sembrato giusto tradurla (anche perché io adoro Chen!). Ci sono alcune parole in coreano di cui nemmeno io sapevo il significato (del tipo banmal) per cui se cliccate sulla parola vi ritroverete in fondo alla pagina con il significato. Naturalmente ho messo un tasto “torna su” così potete riprendere la lettura dal punto in cui vi eravate fermati ^_^ Ho pensato fosse più pratico così che non con gli asterischi numerati e basta.
Questa fic è divisa in due parti. Ho quasi finito di tradurre la seconda parte e la posterò appena la mia carissima beta si degnerà di correggerla.
Come al solito, potete trovare questo capitolo su AFF oppure su Tumblr. Buona lettura!

The Empty Spaces

Prima parte.

Il suono incessante che faceva il cestello della lavatrice girando, ronzando e gettando acqua sui vestiti pesanti, riempiva la lavanderia a gettoni deserta, e continuò così finché quel rumore casuale cominciò ad avere lo stesso ritmo del battito del suo cuore. Chen iniziò a rallentare il respiro finché anche quello si portò alla stessa velocità. Fuori, un torrente di rumori e baccano riempiva ogni angolo della strada, e dove il rumore andava, caos e disordine spesso seguivano.

Era passato molto tempo da quando gli EXO avevano fatto il loro debutto, e Chen non aveva avuto un singolo momento di pace da allora. Non che gli importasse troppo; aveva sognato di diventare famoso per tutta la vita, e si stava godendo ogni istante. L’unica cosa che gli mancava era la possibilità di andare in giro per la città senza doversi preoccupare di concedere autografi o foto ogni dieci passi che faceva sul marciapiede. In più di un’occasione, il furgoncino della compagnia era stato perseguitato e seguito da fan folli su taxi dirottati. Anche se era grato per la loro ammirazione e il loro supporto, alcune sasaeng* lo spaventavano completamente, e desiderava che, così come amavano gli EXO, potessero amarsi abbastanza per tornare a scuola.

Ma dentro la lavanderia a gettoni, il suono continuo e affidabile delle lavatrici gli offriva un senso di sicurezza e attutiva la frenesia e il trambusto del mondo esterno. Un termosifone scaldava la stanza e il suono dei suoi piedi che battevano sul pavimento di linoleum era abbastanza per farlo quasi addormentare. Era un santuario momentaneo, quella lavanderia a gettoni. Chen si sedette su una panchina con indosso il cappuccio della felpa, si infilò pigramente le mani in tasca e aspettò semplicemente il ding rivelatore che avrebbe segnalato la fine del suo compito. Mancavano ancora forse venti minuti.

Quel giorno, gli EXO-M erano arrivati a Seoul da Nanjing, e insieme ai regali che Tao aveva portato per i K, il resto del gruppo aveva portato i panni sporchi. I sei ragazzi erano tornati nel loro dormitorio in Corea solo per scoprire che la loro lavatrice era rotta, e si erano prontamente guardati a vicenda. Molti dei loro coordinatori, che si occupavano di ciò che gli idol indossavano, non si aspettavano che i ragazzi tornassero così presto ed erano tutti in pausa pranzo o a fare qualche altra cosa. Piuttosto che vedere tutti andare in crisi per la biancheria sporca, Chen si era offerto volontario per occuparsene lui.

La lavanderia a gettoni più vicina era raggiungibile a piedi dal dormitorio, e fortunatamente nessuno l’aveva riconosciuto per strada. Dopo tutto, stava indossando una felpa col cappuccio e una mascherina, e quello era considerato un abbigliamento normale, nel suo paese. Si era mescolato alla folla. Era anche passato inosservato mentre camminava accanto a un gruppo di sei o sette ragazze delle superiori in uniforme blu scuro, tutte ridacchianti e spettegolanti. Chen stava davvero iniziando a sentirsi invisibile, e mentre la maggior parte delle persone diventano insicure nell’anonimato, la sua eccessiva fama gli aveva insegnato a fare tesoro di questi rari momenti che gli altri quasi davano per scontato.

Quello stabilimento non era particolarmente popolare tra la gente locale, perciò Chen era l’unica persona lì. Piegò la testa all’indietro verso il muro che era più vicino alla panca e aveva appena chiuso gli occhi quando fu richiamato nel mondo reale da un improvviso getto d’aria fredda e il tintinnio di una campanella.

Babo*,” disse una ragazza tra sé e sé chinandosi a raccogliere una maglietta che era caduta dal suo cesto del bucato. La prima cosa che Chen notò fu che il viso di questa ragazza aveva una luce giovane; aveva sicuramente l’età del pubblico a cui mirava il suo gruppo. Agendo d’impulso, afferrò l’orlo del cappuccio e lo tirò impercettibilmente per coprire di più il suo volto.

“Oh,” disse lei, chiudendo la porta alle sue spalle e addentrandosi nel locale. “Annyeonghaseyo*,” disse con un inchino, e Chen piegò la testa in una sorta di inchino e sussurrò un saluto in risposta, cercando di non suonare come sé stesso. Si tirò il cappuccio una seconda volta. Poteva sentire i suoi occhi su di lui mentre si avvicinava a uno dei tavoli e ci metteva sopra il cesto.

Aveva un paio di Converse molto usate, di colore nero. Era l’unica cosa che riusciva a distinguere dei lei senza doversi togliere completamente il cappuccio o sollevare lo sguardo. Chen pregò silenziosamente che, chiunque fosse questa ragazza, uno di loro finisse prima dell’altro così da non dover spendere troppo tempo insieme a lei. Aveva messo per sbaglio la sua mascherina nella lavatrice insieme agli altri vestiti, e senza non poteva nascondere completamente la sua faccia. Per strada, avrebbe potuto nascondersi dietro gli sconosciuti e schivare le fan. Ma essendo soli nella lavanderia, questa ragazza aveva più possibilità di vederlo.

Senza alzare lo sguardo, Chen poteva sentirla spostarsi da una parte all’altra della lavanderia, infilare un po’ di vestiti in una lavatrice, separare bianchi dai colorati, e frugare nelle tasche in cerca di monete. Aveva anche l’abitudine di canticchiare e fischiettare tra sé e sé, Le Quattro Stagioni di Vivaldi, riconobbe. Essendo un po’ un fanatico della musica, iniziò a chiedersi come suonasse la voce della ragazza cantando.

Proprio in quel momento, fu interrotto dai suoi pensieri sentendo il suono dei suoi passi farsi più forte e con timore, realizzò che si stava avvicinando. Chen si raddrizzò sulla panca mentre lei si faceva più vicina, e pensò che di certo (stupido) stesse per chiedergli un autografo, ma fu piacevolmente sorpreso di vederla tenere in mano una banconota da 50,000 won al posto di carta e penna.

“Hai cambio?” chiese.

“Uh,” farfugliò, cercando qualche moneta in tasca. “Aspetta.” Riuscì finalmente a pescare il portafoglio e le cambiò la banconota di grosso taglio. Chen le diede i soldi e notò il modo in cui lo stava guardando. Sembrava che i suoi occhi fossero in cerca di qualcosa sul suo viso. Stava decisamente iniziando a pensare che sembrasse familiare. Lui si schiarì la gola e guardò velocemente da un’altra parte.

“Grazie,” mormorò lei girandosi per tornare verso le lavatrici. Girò la testa verso di lui giusto quel tanto che bastava a tenerlo nella propria visuale periferica. “Ci siamo mai incontrati?” chiese. Chen scivolò sulla panca a disagio e si schiarì la voce, deciso a far sembrare la sua voce diversa.

“Non credo,” rispose. Era vero; lui non aveva mai incontrato prima questa ragazza. Non l’aveva mai vista in vita sua. Anche se sapeva com’erano alcune fan, non era sicuro di poter dire lo stesso di questa ragazza.

“Davvero?” disse, infilando l’ultimo capo del suo bucato in una lavatrice e lasciandoci cadere dentro alcune monete per farla partire. “Sei sicuro?” Chen sprofondò ancora più in basso sulla panchina.

“Ne sono piuttosto sicuro,” le assicurò. “A me non sembri familiare, sono sicuro che ti avrei riconosciuta subito.”

“Hmm,” disse lei, girando intorno alle lavatrici e andando a sedersi sulla panchina davanti a Chen. Se solo non fosse stato così stupido da mettere la mascherina nella lavatrice! Con quella sarebbe stato molto più a suo agio. Essendo così vicina, Chen riusciva a notare altre cose di lei, come il modo in cui teneva legati in una coda alta in cima alla testa i capelli più lunghi del normale. Era sicuro che i suoi occhi occupassero un buon 40% della sua faccia, e indossava una felpa rossa con l’acronimo di un’università che non riconosceva. Seduta, non sembrava essere molto più grande di lui. Probabilmente avevano la stessa età.

“Immagino che tu abbia una di quelle facce, allora,” disse incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena alla panca.

“Huh?”

“Sai,” disse. “Quel tipo di faccia che viene riconosciuto facilmente dalle altre persone? Tipo, anche se non le hai mai incontrate… beh riesci a somigliare a molte persone a quanto pare, diciamo così.”

“Oh,” disse. La ragazza sorrise ed espirò dal naso.

“Continuo a non capire perché dovresti sembrarmi familiare, comunque,” disse. “Non somigli a nessuno che conosco. Sto parlando troppo? Ogni tanto, quando c’è troppo silenzio in questi posti, sento come il bisogno di parlare e riempirlo con qualche tipo di suono, sai? Anche quando sono sola con uno sconosciuto… ma immagino sia strano, dovrei smetterla?”

Chen aprì la bocca per parlare ma poi la richiuse. Beh, cosa avrebbe dovuto dire a questa chiacchierona? Non era mai stato quello loquace del gruppo, e qualche volta le cose che diceva uscivano strane e imbarazzanti e troncavano ogni possibilità di conversazione. Lei, d’altro canto, non sembrava farsi alcuno scrupolo a parlare con un completo sconosciuto.

“Sei un po’ timido, vero?” chiese, mostrando uno sguardo triste per la prima volta da quando la conversazione era iniziata. Chen sorrise tra sé e sé, trovando divertente questa parte di lei. Era una persona divertente con cui stare, senza peli sulla lingua e modi sfacciati.

“Un po’,” rispose timidamente. “Solo in situazioni come questa. Non sembra che tu ti faccia problemi, ma a me potrebbe servire un po’ prima di parlare di più.”

La ragazza lo guardò e sorrise, e Chen si chiese se si dovesse sistemare di nuovo il cappuccio.

“Va bene,” rispose la ragazza. “La timidezza non è sempre una brutta cosa. Certe persone avrebbero bisogno di essere più timide, infatti. Come me, suppongo. Direi che mi piacciono le persone timide. Sembra che sappiano ascoltare. Come te, per esempio.”

Chen annuì e la ringraziò per quello che pensava fosse un complimento, anche se dal tono della sua voce non poteva esserne proprio sicuro. Da un lato l’aveva chiamato un buon ascoltatore, dall’altra sembrava che stesse implicando che lui fosse taciturno e poco socievole. La prima sembrava un’interpretazione preferibile.

“Sei qui da molto?” gli chiese improvvisamente, piegandosi in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia.

“No,” rispose Chen, sentendosi più a suo agio nella conversazione ad ogni parola che usciva dalla bocca della ragazza. “Sono arrivato giusto un paio di minuti fa.”

“Sembri un ragazzo giovane,” disse, muovendo la testa un po’ più vicina al pavimento cercando di vedere meglio la sua faccia. Chen avvicinò di più il mento al collo, non volendo essere scoperto. Stava iniziando a piacergli la sua compagnia; se avesse scoperto chi fosse veramente, avrebbe potuto rovinare tutto.

“Dove vai a scuola?” chiese. Chen tossì e si schiarì la voce.

“Umm,” disse. “Veramente, non vado a scuola.”

“Ah, quindi ti sei già laureato? Allora sei un oppa*. Io sto iniziando ora l’università. Però non ci sono molte possibilità che cambi modo di comportarmi (di rivolgermi a te con un linguaggio più formale XD) ora che so che sei un sunbae*. Scusa… So che non è molto gentile. Ma sembriamo già buoni amici, no? Possiamo parlare in modo informale? Se non vuoi puoi dirmelo, non mi offendo.”

Chen rise tra sé e sé. Questa ragazza era davvero qualcosa, col quel modo di parlare con prontezza di spirito e grande cordialità. Si chiese da dove spuntasse la sua audace abitudine di usare il banmal*. Non aveva avuto la sensazione di non essere rispettato da lei; piuttosto, aveva trovato il suo modo di aprirsi abbastanza affascinante. Era una personalità che non aveva mai incontrato prima.

“Non sono laureato,” disse timidamente. “In realtà, non mi sono ancora iscritto. Molti dei miei piani per un’educazione più avanzata sono stati rinviati.”

“Ahh,” disse. “Perché hai deciso di rimandare?”

Chen alzò le spalle e si ritrovò a non sapere cosa risponderle. La verità? Ma quello avrebbe significato rivelare la sua identità. E la stava già tenendo segreta così bene. Chen si schiarì la gola, sperando che rispondendo in fretta gli sarebbe uscito qualcosa di credibile.

“Io…” iniziò. “Io ho deciso di… dedicarmi ad altre cose prima.”

“E’ una scelta intelligente!” rispose bruscamente, sedendosi dritta di nuovo e corrugando le sopracciglia in modo adorabile, come per rinforzare l’intelligenza della sua decisione. “Veramente, anche io volevo rimandare, ma sai, i genitori riescono a pensare solo all’università. Così ho finito per iscrivermi. Ma penso che tu abbia fatto una buona scelta. In questo modo puoi prenderti un po’ di tempo per capire cosa vuoi veramente.”

La ragazza si piegò di nuovo in avanti, mise i gomiti sulle ginocchia e poggiò la testa sulle mani. Sembrava persa nei suoi pensieri, e quello era il momento più silenzioso che Chen avesse sentito da quando era entrata nel locale. Chen si schiarì la voce, sentendosi obbligato a riempire quel vuoto silenzioso con qualche rumore. Agendo velocemente, pensò a qualcos’altro di cui parlare.

“Allora,” disse. “Cosa studi all’università?”

La ragazza era ovviamente soddisfatta del fatto che lui avesse preso l’iniziativa di trovare un nuovo argomento di conversazione. Fece un grande sorriso e si sedette di nuovo dritta.

“Musica,” disse, e Chen sorrise trionfante tra sé e sé.

“Quindi sei una studentessa di musica?” disse. La ragazza annuì con vigore. “Cosa studi di musica? Sai cantare?”

“Veramente compongo,” disse, sedendosi più verso il bordo della panchina, evidentemente eccitata di poter parlare della materia che stava studiando. “Suono il pianoforte e un po’ la chitarra, ma è soprattutto per aiutarmi a creare le melodie. Ultimamente mi sento un po’ in colpa, però; non ho composto niente di nuovo recentemente anche se devo consegnare un portfolio tra un paio di settimane. Sono piuttosto disorganizzata in questo periodo--“

Continuò a parlare del portfolio e del comporre musica, e Chen si appoggiò allo schienale e la guardò e la ascoltò. Era un po’ troppo chiacchierona, pensò. Il suo carattere solare non corrispondeva affatto all’immagine che aveva in mente di una piccola compositrice riservata e riflessiva, seduta al pianoforte che provava diverse melodie con un’espressione contemplativa sul viso. Dal modo in cui parlava così prontamente, avrebbe giurato che fosse una cantante di qualche tipo.

Ma poi ancora, il suo stesso carattere non coincideva esattamente con la sfrontatezza e la forza della sua carriera; si supponeva che gli idol fossero socievoli e con una personalità estroversa. Chen, però, era sempre stato più riluttante e modesto degli altri idol della sua agenzia. Non si poteva sapere nemmeno se gli avrebbero mai fatto fare dei variety. Ma tutto quello non importava; finché stava sul palco, il timido e silenzioso Chen spariva ed era rimpiazzato dal cantante forte e sicuro che poteva sciogliere anche i cuori più duri con la sua voce.

“Mi sa che sto parlando troppo, di nuovo,” disse la ragazza con un risolino e Chen sentì il suo cuore saltare un battito. Essendosi perso nei suoi pensieri, Chen ammise a sé stesso che non aveva ascoltato molto di quello che stava dicendo. E se improvvisamente gli avesse fatto una domanda?

Ma dal suo tono, poteva dire che stava dicendo qualcosa di sincero. Sembrava una persona schietta; i suoi occhi erano molto grandi e spalancati, e non esitava a guardarlo direttamente negli occhi ogni volta che lui si tirava il cappuccio un po’ più su per sbaglio. Chen si sentiva a proprio agio a parlare con lei, ma il fatto che non gli staccasse mai gli occhi di dosso era un po’ spaventoso.

“Quindi ti piace scrivere canzoni?” chiese Chen, giusto per avere qualcosa da dire. Subito dopo però, mentalmente si diede uno schiaffo.

“Certo,” rispose.

“Perché?” Chen si diede un altro schiaffo mentale. Domanda stupida! Ma piuttosto che considerarlo un errore, la ragazza prontamente colse la domanda.

“Mmm,” iniziò, e sollevò lo sguardo al soffitto. Per un po’, Chen pensò che sarebbe rimasta in quella posizione e non avrebbe detto niente. La fissò finché si mise a parlare, e avendo sollevato un po’ troppo la testa per guardarla gli si era sollevato di nuovo il cappuccio. Quando lo guardò in volto, questa volta con una risposta, incrociarono gli sguardi per un secondo prima che Chen abbassasse di nuovo la testa.

“Perché mi piace riempire gli spazi vuoti,” rispose. Chen la guardò corrugando le sopracciglia, facendo del suo meglio per non rivelare troppo la sua faccia.

“Come?” chiese.

“Perché mi piace riempire gli spazi vuoti,” ripeté. “Come un foglio di carta bianco, per esempio. Se sei un pittore dipingi su una tela vuota. Nel mio caso un pentagramma vuoto, che per me è una delle cose più terrificanti al mondo. Un foglio bianco, cosa diamine dovrei farci, no? Ma una volta che inizi e lo riempi con le note musicali e le canzoni iniziano a formarsi sotto i tuoi occhi e le parole prendono forma e non è più vuoto, diventa una cosa molto bella. Possiamo anche complicare di più il concetto parlando di… uno spazio vuoto nella tua mente, come se le idee e l’ispirazione che stanno morendo potessero essere tirate fuori e una volta che ci riesci viene qualcosa di bello… Mmm… è una sensazione gratificante. E’ come se… se finalmente trovassi qualcosa che stavi cercando da molto tempo, ed è tua, ed è lì grazie a te. Una sensazione del genere, insomma. E’ un po’ difficile da spiegare. In più è un modo migliore per dire ciò che vuoi dire ma che probabilmente non riusciresti a dire in alcun modo. Immagino che la musica sia solo un modo per semplificare le cose, per ridurle ai minimi termini, per farle tornare alle origini.”

Chen prese a cuore le sue parole; gli suonavano familiari perché una volta aveva pensato la stessa cosa sul canto, e a un livello più basso continuava a pensare la musica in quel modo. Quando aveva iniziato a cantare, era stato davvero solo perché per lui cantare era un bel passatempo, qualcosa che lo divertiva e che voleva fare per il resto della sua vita.

Ma una volta entrate nel quadro fama e fortuna, la passione si dovette sistemare in un posto più basso della sua lista delle priorità. Dopo essere entrato alla SM, aveva iniziato a struggersi per la fama così disperatamente che aveva iniziato a dimenticare cosa diamine ci stesse facendo lì.

Improvvisamente, capì perché la spiegazione di quella ragazza sul perché le piaceva scrivere musica fosse così appropriata per lei. Diceva che le piaceva riempire gli spazi vuoti, e viveva proprio secondo quel motto. Chen si sarebbe seduto nel silenzio della lavanderia a gettoni per quella mezz’ora, solo e zitto, se lei non fosse entrata.

Il suo atteggiamento solare e la sua natura rilassata avevano sollevato l’atmosfera del posto, e la sua voce aveva riempito il silenzio. Con quei grandi occhi calorosi e il viso sorridente, non c’era niente di vuoto in lei. Era piena; piena di vita, entusiasmo, gentilezza, energia, orgoglio, e passione.

Chen si chiese se le somigliasse.

“Però mi piacerebbe saper cantare,” disse lei improvvisamente, battendosi le mani sulle ginocchia come se fosse delusa per la sua carenza di talento in quel campo. Chen sorrise divertito.

“Sinceramente, è così frustrante,” disse. “Avere tutte quelle canzoni, scritte su carta, melodie, parole, ma non saperle cantare! Beh, voglio dire, potrei, ma non nel modo in cui potrei rendere loro giustizia. E Su Jeon, la mia amica che studia canto, ha questa cosa che per qualche motivo non vuole cantare le mie canzoni. Pazienza, tanto la sua voce non va bene (per le mie canzoni).”

“Perché no?”

“Non lo so! E’ quello il fatto. Mmm, beh, abbiamo parlato abbastanza di me e dell’università, parliamo di te? Hai detto che non vai a scuola, ma cosa fai invece?”

Chen fece un sorriso a trentadue denti. “Musica.”

La ragazza sembrò soddisfatta dalla sua risposta e sorrise cordialmente, facendo saltare un altro battito al suo cuore. Si schiarì di nuovo la voce e iniziò a preoccuparsi che questo fingere di tossire gli potesse rovinare la laringe.

“Anche tu fai musica?”

“Sì, umm… Io… canto.”

“Canti?! Dove? In un locale o un ristorante? O per strada? O canti demo e guide per altre persone?” chiese eccitata. “Yah! Stai cercando di sbattermelo in faccia ora perché tu sai cantare e io no? Davvero? Dopo che mi sono aperta così con te!?”

“Certo che no!”

“Tsk. Vabbè. Suppongo che sia proprio destino che siamo finiti qui insieme, allora, huh?” disse. Chen rise.

“Penso di sì.”

“Continuo a pensare quello che avevo pensato prima,” disse, piegando la testa da una parte all’altra provando diverse angolazioni. “Mi sei davvero familiare. Vieni in questa lavanderia spesso? Magari ti ho incontrato qui ma non mi ricordo.”

Chen si morse il labbro. Le finestre dello stabilimento erano ancora aperte, e ora c’erano probabilmente studenti che tornavano a casa dai corsi serali a scuola o ci andavano per studiare ancora di più. Chiunque avrebbe potuto guardare dentro e vederlo e causare un pandemonio. Ma si sentì colpevole per aver cercato di nascondersi anche dopo che questa ragazza che aveva appena conosciuto era stata capace di provocargli sentimenti nostalgici. Sembrava abbastanza affidabile ora, no? Chen sospirò.

“Conosci gli EXO?” chiese.

“Il nuovo gruppo che ha fatto debuttare la SM? Mmm, sì, li conosco. Ho visto alcune delle loro esibizioni in TV e Su Jeon è una loro grande fan.”

“Sai che sono separati in due sottogruppi, vero?”

“M e K, sì. Perché? Stai cercando di dirmi che sei tipo un membro del gruppo o simili?” sorrise alla propria battuta e Chen trattenne il respiro quando finalmente si tolse le mani dalle tasche e si tirò indietro il cappuccio.

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sasaeng (사생) sono quelle fan assillanti, che seguono gli idol ovunque vadano. Possiamo definirle come delle stalker. Torna su

sasaeng (바보) stupido. In questo caso: “Che stupida”. Torna su

annyeonghaseyo (안녕하세요) Buongiorno. Torna su

oppa (오빠) letteralmente: fratello più grande. In questo caso semplicemente un ragazzo più grande. Torna su

sunbae (선배) Qualcuno più avanti negli studi. Torna su

banmal (반말) Linguaggio informale, dove non si usano suffissi. Torna su

  
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