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Autore: Ardespuffy    15/11/2007    3 recensioni
Confessione e delusione.
Quando s'incontrano vi è un'unica strada.
La più dolorosa.
Per chi non ha mai smesso di credere all'amicizia.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Mu, Taurus Aldebaran, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un'idea di qualche tempo fa, finalmente portata a termine. E se Mu rivelasse al suo migliore amico di avere una storia con l'impassibile Shaka?

Più malinconica di quanto avessi ideato in prima istanza.

Grazie a chiunque deciderà di leggere ^^. Risponderò ad eventuali recensioni nell'altra mia fanfic, "Flowers". Un saluto a tutti!





“Si può sapere cosa ti piace di lui

Possession

“Si può sapere cosa ti piace di lui??

E’ stizzito, Aldebaran. Non ci vuole un occhio esperto per rendersene conto.

Quello che molti non coglierebbero, però, è il motivo accuratamente celato dietro la rabbia.

Fiamma della gelosia. Brucia e consuma.

Gliel’avevano detto, oh se gliel’avevano detto!

Le voci dentro di lui, naturalmente. Nessuno all’infuori di quelle piccole impertinenti avrebbe mai avuto l’ardore di parlargli in quel modo.

Ciò che davvero lo manda in bestia, poi, è quel... sorriso. Quell’atteggiamento rilassato.

Quella serenità?

“Non saprei dirlo, sul serio… è così e basta.

Mu è confuso.

Credeva che qualcuno sarebbe stato contento per lui. Credeva che il suo più grande amico lo sarebbe stato.

Mica un qualcuno qualunque.

Eppure c’è qualcosa che non va. D’accordo, lo vede anche lui che è una cosa bizzarra. Un po’ sopra le righe, per così dire.

Ma in fondo i segni c’erano, ed era ormai certo che qualcuno li avesse colti.

E mica un qualcuno qualunque.

“Che dovrebbe significare ‘così e basta’?? Deve esserci per forza una ragione! Questo, o non ti piace poi così tanto!”

Le vocine nella sua testa stanno trionfando. Ma certo che è così! Doveva esserci una spiegazione concreta. Il suo amico è solo confuso. Rinsavirà in un attimo. Può farlo ragionare. E’ suo preciso dovere. Dovere civico. Dovere di Cavaliere.

… Non può davvero piacergli… quello.

Uno che non ti guarda mai in faccia mentre parli!

“Non essere stupido. Certe cose accadono senza una motivazione precisa, lo sai. Del resto, puoi forse trovarmi il motivo per cui siamo diventati amici, noi due?”

Mu sorride con calore, in parte lieto di aver segnato un punto, e in parte maggiore rincuorato dal rinnovarsi di un certo legame. Gli piace essere amico di Aldebaran. E’ una delle poche persone al mondo di cui si fida. Non rinuncerebbe mai al loro rapporto.

Tranne in un caso.

Un unico caso.

Spera solo di non trovarsi mai di fronte ad una scelta.

“… questo non c’entra nulla.”

Il Toro è ferito.

Perché vorrebbe parlare, e non può farlo.

Una bestia costretta a mordersi la lingua prova dolore.

Qualcosa dentro squarcia e freme per esplodere, per gridare che, sì, naturalmente c’è una causa scatenante dietro quella amicizia a cui tiene più che alla sua vita.

Mu è stato l’unico. L’unico a non ridere di lui, a non guardarlo con disprezzo. A non occhieggiare la sua stazza sovrumana con curiosità morbosa, o peggio ancora, con disgusto. Li sente ancora sulla pelle gli occhi di Milo, irriverenti, quelli attoniti di Aphrodite o quelli sdegnosi di Shura.

Vorrebbe poter sentire anche i suoi, ma naturalmente è impossibile.

Maledetto biondino.

“Ammetterai che ho ragione. E in ogni caso, mi spieghi come mai sei così spiazzato? Pensavo te ne fossi reso conto, ormai…”

Mu s’interrompe. Di botto.

Stavolta l’ha visto.

Quel guizzo negli occhi del compagno. Il lampo di un’emozione che conosce troppo bene, e da troppo tempo.

Dolore.

Sta sbagliando tutto, lo sente. Lo sa.

Ma non può farci nulla. Non fin quando resta all’oscuro del perché, del motivo di quest’astio che gli stringe il cuore.

“Devi avermi sopravvalutato. Non sono così acuto.”

Non crede alle sue stesse parole, ma, sopra ogni altra cosa, è il tono in cui vengono dette che lo sconcerta. Fatica a fidarsi della propria voce.

C’era un’amarezza che non ha mai, mai mostrato prima.

Che ha giurato di non mostrare mai.

Il Cavaliere del Toro si è inginocchiato in una notte spezzata, una notte senza stelle, e ha invocato in lacrime il nome di Athena.

Consacrando la propria anima ad un bene maggiore.

Per vincere bisogna essere forti. E i forti non tremano.

Mai.

“… stai tremando.”

Non può fare a meno di notarlo. Ad un occhio poco attento, quel lieve scuotersi dell’armatura aurea può passare inosservato.

Ma il suo non è un occhio poco attento.

Mu non è uno sciocco, eppure non capisce. Gli riesce ora difficile comprendere la persona che, più di tutte, ha custodito i suoi pensieri e conosciuto la parte più remota del suo cuore.

Vede la sua angoscia, ma non può far niente per alleviarla. Si sente impotente. Per la prima volta da… ma gli è mai capitato di sentirsi impotente??

“Non dire idiozie e smettila di cambiare argomento. Non mi hai ancora risposto!”

Aldebaran inarca la schiena contro una colonna, alla ricerca spasmodica di un sostegno fisico, in mancanza di uno spirituale. La promessa alla sua somma Divinità viene prima di tutto.

E di tutti.

Prima di Mu?

Il pensiero lo innervosisce, e distoglie lo sguardo.

“Non c’è molto da rispondere. Penso che mi piaccia… nel suo insieme.”

Non riesce a spiegarsi più chiaramente.

Non in questo frangente, almeno. Non col suo migliore amico che trema e china il capo al suo cospetto.

Improvvisamente rimpiange Kiki, il suo interminabile fiume di domande melliflue e imbarazzanti. Non che avesse pianificato di informare la piccola peste, naturalmente; solo che quando il caro fratellino li aveva sorpresi insieme nella casa di Virgo era diventata indispensabile qualche piccola… spiegazione.

“Vuoi dire che ti piace il suo mutismo?? Le sue meditazioni trascendentali alla ricerca di chissà-quale-nirvana?? La sua faccia da schiaffi quando blatera di essere il nuovo Buddha?! Francamente scusami, amico, ma proprio non capisco!”

Si sta surriscaldando. Sente qualcosa di sospettosamente simile al Settimo Senso crescergli nel petto, solo che è più pesante. Più doloroso.

Mu e quello, per tutti gli dèi!

Il suo Mu con quella specie di santone!!!

Aldebaran ha una gran voglia di spaccare qualcosa.

“Non mi va di discutere con te.”

L’Ariete sospira. E’ vero, non ne ha la minima voglia. Tanto meno l’intenzione.

Ma è pronto anche a lottare, se sarà necessario.

Per lui, è pronto anche a lottare.

I lineamenti gentili di un viso che ha imparato a conoscere gli balenano in mente, e qualcosa di caldo sembra sciogliersi come cera dentro di lui.

Per venir poi soppiantato da un viso che conosce altrettanto bene, ma che gli ispira sentimenti un po’ meno… caritatevoli.

Un ghigno irritante sulla faccia di quel saputello di Kiki.

“E’ proprio come pensavo! Non hai neppure il fegato di difendertelo, il tuo dolce tesoro…”

Le vocine stanno gridando, ormai. Aldebaran lo sente, lo sa che stanno prendendo il sopravvento; ma perché mai dovrebbe importargli?

Se ne accorge tutto d’un botto, ed è terrificante.

Se Mu viene a mancare, non gl’importa più di nulla.

“Mi dici che cos’hai?”

Una richiesta semplice quanto diretta. Una domanda da amico.

Perché c’è un interesse sincero in quegli occhi verdi.

“Niente.”

Un’unica a parola a segnare un epitaffio che entrambi i Saints avvertono.

C’è più falsità in quelle due sillabe che in decadi d’amicizia. E fa male, maledizione. Fa male al Toro dal cuore ferito, in lotta contro i suoi stessi istinti per amore di Athena e, gli dèi lo perdonino, della sua dignità.

Ma fa male anche all’Ariete, confuso, turbato, deluso. Già, deluso.

Dopotutto voleva solo un po’ di comprensione. Voleva solo condividere qualcosa di importante con una persona importante.

Questo distacco brucia, brucia il muto tormento che legge negli occhi castani del compagno di una vita.

Brucia la frustrazione dell’ignoranza.

Nonostante tutto il suo potere, non si è mai sentito più indifeso.

Aldebaran…”

Un breve scatto e il gigante volta le spalle. Non vuole più specchiarsi nel riflesso di un volto che non gli appartiene. La voce tenue che lo rincorre è di per sé troppo dura da sopportare.

Stringe lentamente i pugni, con la forza che userebbe contro un avversario.

Solo quando sente il plasma vermiglio scorrergli lungo le dita si decide a mettere la parola fine all’ennesima pantomima grottesca.

“Sei venuto per parlare. Hai parlato. Ora puoi andartene.”

La barriera che cala ad interporsi è più spessa di mille Crystal Walls.

Ironia del destino, direbbe Shaka.

Shaka che è all’origine di tutto, ignaro pomo di discordia in una frattura senza tempo.

Mu lascia che i pensieri corrano a lui, al cavaliere di Virgo, in cerca del sostegno di cui ha bisogno per prendere la decisione più giusta.

Mai come in quest’istante lo desidera al suo fianco, e mai come in quest’istante sarebbe meno opportuno.

Osserva il sangue sgorgare dai pugni chiusi del Toro. Una lieve stretta al cuore.

Non ha intenzione di arrendersi. Non è per natura un rinunciatario, né lo è mai stato. Come dice Kiki, è più il tipo (lo scemo, a dir il vero) che si fa ammazzare per quello in cui crede.

Bene, lui crede in Aldebaran.

Ha bisogno di credere in lui.

Schiude le labbra per parlare. Non sa cosa dirà, ma è più che mai deciso a non lasciar cadere la questione.

E’ proprio in quel frangente che una voce, forse quella del destino, giunge alle sue spalle, bloccandolo sul nascere.

Mu?”

Sono in due a sussultare, in preda alle emozioni dissimili e tuttavia affini che il suono di quella voce provoca in entrambi.

E’ l’Ariete a voltarsi per primo, conscio di ciò che lo aspetta, eppure turbato.

Perché - men che meno adesso - non sa come gestire la situazione.

Shaka? Cosa fai qui?”

Le sue stesse orecchie lo hanno trovato troppo duro.

Quelle di Aldebaran, troppo indulgente.

Punti di vista.

La figura del Cavaliere bardato d’oro si staglia longilinea ma imponente sulla soglia del secondo Tempio. Pochi istanti e tutto, dalle colonne marmoree alle espressioni degli anfitrioni, viene elaborato dall’infallibile scanner di due palpebre serrate.

L’uomo degli dèi, il sommo eletto dagli otto sensi, vede con occhi più potenti di quelli umani.

L’odore del sangue, delle lacrime, l’ardere dei cosmos, e Shaka ha già compreso.

Sa che c’è solo una cosa da dire, ed è l’unico a poterlo fare.

“Andiamo a casa.”

Marchi di fuoco sulla pelle.

Lo sente, il Toro, il valore di quelle parole. Quella presa di possesso senza spiragli, un modo silente per urlare al mondo un’amara verità.

Lui mi appartiene.

La realizzazione è più dura che mai, più viva, più tragicamente reale. Avverte qualcosa risalire lungo la spina dorsale, stringergli la gola in una morsa d’odio epidermico; la bile fonde le lacrime, mentre un unico desiderio si fa strada, folle, prepotente, in lotta contro la gabbia di costrizione che gli ha avvinto il cuore.

Voglia di gridare.

No, di gettare. Gettare fuori tutto ciò che ha dentro.

Percepisce con netta chiarezza che quella è la parola più adatta. L’isterica ironia del suo stesso stato lo farebbe sorridere; ma anche il più lieve moto delle labbra ridurrebbe in pezzi la compostezza della sua maschera.

Non accadrà.

Shaka…”

Non permetterà che accada.

“Io…”

Lo farà per lui.

“Non penso che…”

Per Mu.

“Sia il momento…”

Nell’istante in cui il Toro si volta, il tempo riprende il suo scorrere normale.

Shaka sa.

Sa che è la cosa più giusta.

Lo sa anche Aldebaran.

Un’unica strada.

“Non preoccuparti, Mu. Tranquillo, vai pure. Noi due potremo continuare la chiacchierata domani, ok?”

C’è sorpresa, negli occhi di Aries. E qualcosa di infinitesimale, come un lampo di luce, che svanisce prima di potersi rivelare.

Non vuole vedere.

Aldebaran…”

Forza un sorriso: “Sul serio, amico. Tanto ti avrei cacciato via ugualmente! Il sole è già basso. Ci si vede domani, dopo una bella notte di riposo. Su, cosa aspetti, che ti sbatta fuori a calci??

Quanto può far male l’ironia.

Se Mu sapesse, se potesse anche solo sospettare ciò che è stato predisposto, di sicuro apprezzerebbe maggiormente lo sforzo dell’amico. Di sicuro lo capirebbe.

Ma non vede che l’apparenza, e l’apparenza esclude ogni residua scia del dolore che ha regnato supremo in quegli occhi scuri.

Esita un’ultima volta, prima di posare lo sguardo sull’impassibile figura di Virgo.

Per un attimo, solo un attimo, il vuoto negli orbi schiusi del biondo lo gela dentro.

Lo sente, lo sa con assoluta certezza che i due Cavalieri stanno nascondendogli qualcosa.

E sa con altrettanta sicurezza che non è il momento di indagare, e forse un momento simile non arriverà mai.

Contro tutti i suoi principi, contro tutto ciò in cui crede, il Grande Mu si arrende.

E dopo un ultimo saluto al vicino di Casa lascia le stanze insieme all’ombra silente del suo amante. Senza notare l’occhiata finale che i due rivali sembrano rivolgersi.

Arrivederci, Cavaliere.

Aldebaran se ne andò il mattino dopo.

Tutto ciò che Aries trovò al Secondo Tempio fu una breve nota, scritta in gran fretta e abbandonata negligentemente al suolo.

Arrivederci, amico mio.

So bene che sarai tu a ritrovare questo foglio, e so bene che resterai deluso.

Non mi aspetto comprensione.

Sappi solo che tornerò, appena la volontà di Athena mi indirizzerà di nuovo qui.

Dì tu agli altri della mia partenza, te ne prego, e rassicura il Gran Sacerdote: Toro sarà sempre al suo servizio, nel momento del bisogno.

Sii felice e non crucciarti per me. Non ho mai meritato un’oncia del tuo interesse nei miei riguardi, e tuttavia ti sono grato. Per essere stato il migliore amico che si potesse desiderare.

Possano le nostre strade ricongiungersi nel nome dei sacri Astri, Aries no Mu, fratello mio.

Tuo per sempre.

  
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