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Autore: Shersh    27/04/2013    0 recensioni
"Nessuno parlò per un paio di minuti, ci fissavamo soltanto.
Mi era mancato avere il suo sguardo addosso, quello che riusciva a sciogliermi ogni volta che si puntava su di me.
Mi era mancato lui, mancava ad ogni particella del mio corpo. Ma non avrei ceduto."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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There's a place out there for us.

 

 

 

A Cherie, che sopporta i miei

 sbalzi d'umore continui e per

questo le dedico la one shot.

A Jessica, che è l'amica

migliore che una

persona possa chiedere.

 

 

 



 

«Hai intenzione di partire davvero?» Jake aggrottò le sopracciglia.

«Si tratta solo di pochi giorni, ho bisogno di stare da sola.»
«Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?»
Scossi la testa. «Se sto qui un altro giorno impazzisco. Cerca di capirmi Jake, questo... questo dolore mi sta divorando l'anima.»
«Almeno posso sapere dove andrai?»
«No, è meglio così, credimi.»
«E lui lo sa? Glielo hai detto?» mi inchiodò con lo sguardo facendomi quasi sentire in colpa.
«Se gli interesso davvero, saprà dove trovarmi.»
«Lui ci tiene a te, Lydia.»
«Strano modo di dimostrarlo.» feci una smorfia.
«Lui è fatto così, non è abituato ad esternare i propri sentimenti davanti al mondo intero.»
«Non mi interessa, lui ha fatto le sue scelte e io le mie.» risposi decisa.
«Solo.. non fare nulla di stupido, Ly.»
«Non ti libererai di me, Evans.» risi.
«Mi mancherai mostriciattolo.» Jake fece un passo in avanti e mi abbracciò.
«Anche tu, tanto.» lo strinsi. «E ora basta essere melensi, non vorrei che mi venisse il diabete. Ci si vede.» sciolsi l'abbraccio e mi diressi verso la macchina, lasciando Jake da solo.
Jake era il migliore amico, c'era sempre stato, anche se non ero stata la persona migliore di questo mondo e di questo gliene ero grata. Ci eravamo conosciuti cinque anni prima e fin da subito avevamo instaurato un bellissimo rapporto di amicizia. Non si poteva essere tristi in sua presenta, riusciva sempre a strapparti un sorriso. Lui era il migliore di tutti, non avrei potuto chiedere di meglio.
 
* * *
 
Ma come mi era saltato in mente di salire su un aereo? Avevo sempre avuto paura delle altezze e in più la testa mi stava per scoppiare e le orecchie fischiavano forte. Maledii me stessa e il mio lato impulsivo per avermi portata fin qua su. Respirai a fondo mentre le mie mani erano incollati ai braccioli e la schiena incollata al sedile. Non mi sarei più lasciata sopraffare dal mio lato impulsivo, poco ma sicuro.
Era passata mezzora da quando eravamo partiti e avrei dovuto passare un'altra ora di agonia, quindi decisi di dormire se almeno ci fossi riuscita.
 
* * *
 
Una volta arrivata a Lione avevo noleggiato una macchina per andare a Eguisheim, il paese di mia nonna.
Era abitato da circa milleseicento persone, ed era caratterizzata dalle case in vecchio stile e adornate di fiori colorati.
La casa non era cambiata per nulla, aveva anche lo stesso odore di quando c'era la nonna. Posai la valigia a terra e esplorai le stanze, anche se le conoscevo più che bene.
La casa aveva due piani. Nel primo c'erano la cucina e la sala, mentre al piano di sopra due stanze e un bagno. Non era grande, ma riuscivo lo stesso a sentirmi a casa.
Sopra la mensola del camino che era in sala, c'erano diverse foto. Al centro c'era la foto del giorno del matrimonio dei miei nonni. La nonna era stata proprio un'incosciente ad aver sposato un uomo pazzo come nonno. Sorrisi a quel pensiero. A fianco c'erano varie foto della mamma da piccola. Fu un colpo dritto allo stomaco. Mi morsi il labbro mentre gli occhi iniziavano a pizzicare.
La mamma era morta quando avevo sedici anni, per colpa di un tumore al cervello. Me l'aveva porta via nel giro di pochi mesi, e i medici non avevano potuto fare nulla perché era troppo tardi.
Avrei voluto passare un po' più di tempo con lei per ripeterle ancora un'infinità di volte quanto le volessi bene. Lei era sempre stata l'esemplare di mamma perfetta, nonostante papà se ne fosse andato via quando avevo nove anni. Non si era fatto vivo nemmeno al suo funerale, era sparito nel nulla. Ma si può chiamare papà chi non è mai stato veramente presente? No e se un giorno si sarebbe presentato, non l'avrei perdonato.
Senza la mamma la mia vita era diventata uno schifo, non facevo altro che deprimermi a letto e non mangiare.
Ma quando credevo che la mia vita non avesse più senso era arrivato Jamie a salvarmi.
La prima volta che lo vidi ero in un locale abbastanza strano, Jake mi aveva portata lì con la forza dicendomi che non potevo continuare così, e appena incrociai il suo sguardo mi sentii di nuovo viva, come non lo ero da tempo. Era così bello che mi faceva male il cuore ogni volta che lo guardavo. Era un sentimento esagerato il mio e mi presi addirittura per pazza; non lo conoscevo nemmeno eppure sentivo qualcosa di forte che mi legava a lui.
Mi passai una mano sul viso e chiusi gli occhi, cercando di fermare le lacrime che minacciavano di scendere.
Presi un asciugamano dall'armadietto del bagno e aprii l'acqua della doccia.
'non voglio più essere il tuo segreto' erano le ultime parole che gli avevo detto. Non gli avevo neanche lasciato il tempo di replicare.
Stavamo insieme da un anno e mezzo ma nessuno sapeva che noi due eravamo un coppia.
Dover fingere di essere solo amici davanti al mondo intero era difficile e anche fastidioso, perché le ragazze si attaccavano a lui come dei polpi e io non potevo fare nulla se non stare a guardare.
Non ero mai stata una ragazza paziente ma con lui avevo retto fin troppo, forse.
Lo amavo, certo, e forse ero stata una stupida a lasciarlo piuttosto che parlarne con lui, ma purtroppo ero una ragazza impulsiva e non ragionavo.
 
* * *
 
Uscii dalla doccia e mi avvolsi l'asciugamano.
Mi avvicinai allo specchio e toccai il volto. Delle leggere occhiaie erano evidenti e il pallore della mia pelle era accentuato.
Faceva abbastanza caldo quindi mi misi solo la biancheria intima e una maglietta di Jamie che mi arrivava fino a metà coscia. In realtà non sapevo perché ce l'avevo ancora. La annusai, aveva ancora il suo odore. Rabbrividii.
Stavo per coricarmi nel letto quando sentii il campanello suonare. Sbuffai e mi diressi con estrema lentezza verso la porta mentre quel rumore fastidioso continuava imperterrito.
Aprii la porta pronta a sbraitare, ma restai zitta.
I suoi occhi azzurri mi fissavano, mentre la pioggia cadeva incessante sul suo corpo.
Nessuno parlò per un paio di minuti, ci fissavamo soltanto.
Mi era mancato avere il suo sguardo addosso, quello che riusciva a sciogliermi ogni volta che si puntava su di me.
Mi era mancato lui, mancava ad ogni particella del mio corpo. Ma non avrei ceduto.
«Va via.» lo guardai gelida e chiusi la porta, che però lui bloccò col piede.
«No, ti devo parlare.»
«Buffo, perché io non ne ho alcuna voglia.» feci una risata finta.
Orgoglio. Schifosissimo orgoglio.
«Non fare la bambina Lydia.» mi guardò con tutta la serietà di questo mondo.
Mi trattenni dal rispondergli, perché avrei solo peggiorato la situazione, e mi feci da parte per farlo entrare.
Era vestito come sempre. Jeans neri stretti, una maglietta bianca scollata e una giacca. I capelli bagnati e scompigliati gli davano un'aria trasandata ma dolce allo stesso tempo.
Evitai di mordermi il labbro consapevole del fatto che se mi avesse vista avrebbe capito che stavo facendo pensieri poco casti su di lui. Dovevo sembrare il più fredda possibile.
«Fa freddo fuori.» si sfregò le mani sulle braccia tremando.
«Va a farti una doccia altrimenti ti ammalerai. Intanto io preparo il fuoco.» Presi della legna e la posizionai al centro del camino per poi accendere il fuoco.
«Promettimi che dopo parleremo.» incrociò le braccia.
«James va a farti la doccia.» scandii le parole e lo guardai minacciosa.
Gli dava fastidio essere chiamato James; per tutti era Jamie, solo Jamie. Ma con me era tutto diverso, qualsiasi nome gli dessi, a lui andava bene.
«Non tentare di provocarmi che tanto non ci riesci.» sospirò.
Lasciai perdere anche questa volta, sapendo che non avrei saputo controbattere.
«Spogliati, così metto i vestiti ad asciugare.»
Senza dire nulla si tolse la giacca e fece la stessa cosa con la maglietta, seguita dai pantaloni.
Aveva un fisico perfetto, non aveva nessuna imperfezione. Era slanciato e magro ma con i muscoli nei punti giusti.
Mi girai verso il fuoco scoppiettante quando vidi che aveva infilato i pollici dentro i boxer, pronto a toglierli.
«Non è niente che tu non abbia già visto.» rise divertito.
«I vestiti puoi metterli sulla sedia.» restai girata verso il fuoco e mi morsi il labbro.
Lo sentii sospirare mentre si affrettava a salire le scale.
Tremando presi vestiti e li misi davanti al fuoco.
Posai una mano sul cuore che batteva all'impazzata; mi faceva ancora quell'effetto, cosa alquanto normale d'altronde. Un'amore del genere non può svanire in un mese.
Presi una foto della mamma e la strinsi tra le mani.
«Tu che avresti fatto?» sussurrai alla foto, come se potesse sentirmi o rispondermi. Cosa avresti fatto tu, mamma? Come avrei voluto averti ancora al mio fianco. Eri andata via troppo presto, lasciandomi sola. Accarezzai la foto mentre una lacrima mi rigava il viso.
«Lei ti voleva molto bene.» la voce roca di Jamie risuonò nella stanza in un sussurro.
Mi limitai ad annuire.
«Lei sarà sempre con te, qui.» appoggiò una mano sul cuore.
Asciugai velocemente la lacrima e tornai seria.
Addosso aveva avvolto solo un asciugamano in vita e i capelli erano sempre bagnati.
Mi trattenni subito dall'impulso di saltargli addosso.
«I vestiti dovrebbero essere asciutti.»
«Stai cercando di mandarmi via?» disse tra il serio e il divertito.
«No, anche se lo vorrei.» strinsi i lembi della maglietta.
Non lo volevo, eccome se non lo volevo. In quel momento avrei voluto stringerlo e dirgli di non andarsene mai, di restare sempre con me, ma non potevo.
«Se mi devi parlare fai in fretta, ho sonno.»
Prese i vestiti e si vestì lentamente. «Mi dispiace Lydia.»
Lo guardai in attesa che continuasse a parlare, perché non poteva solo dirmi che gli dispiaceva.
«Non pesavo che fosse così importante per te farlo sapere a tutti. Credevo che stare insieme a me ti bastasse. Sai, sono un tipo riservato quando si parla di relazioni e con te ci volevo andare piano. Ci tenevo che fosse tutto perfetto e mai avrei voluto esporti al mondo intero troppo presto. Tu eri così fragile.»
«Che mi bastasse?» mi tesi in avanti e strinsi i pugni. «Grazie mille del pensiero Jamie, ma diamine! Come pensi che mi sentissi a vedere tutte quelle ragazze che ci provavano spudoratamente e non poter fare nulla? Non potevo nemmeno stringerti la mano o semplicemente abbracciarti davanti a qualcuno.»
«Ma loro non mi interessano, non sono niente.»
«Lo so, ma fa lo stesso male.» ormai avevo gli occhi colmi di lacrime che non avrei potuto fermare.
«Scusami, se solo avessi saputo che questo dolore ti corrodeva dentro, avrei evitato di fare tutto questo casino.» fece una pausa e mi abbracciò. «Voglio che il mondo ci veda, voglio che sappia che sei la mia ragazza, la donna che mi rende l'uomo più felice del mondo.»
Stavo per rispondere ma continuò a parlare.
«Ho sempre avuto questa strana ossessione di trovare l'anima gemella. Ci sono state parecchie ragazze nella mia vita e credevo di amare alla follia ognuna di queste, ma in realtà non era così perché non amavo ogni loro singola cosa, al contrario di te, che amo pure il tuo peggior difetto. Quando ti ho incontrata ho subito capito che saresti stata quella giusta, qualcosa di molto forte mi legava e mi lega a te e per questo non posso permettermi di perderti.» mi baciò la fronte. «Quello che sto cercando di dirti è che ti amo, Lydia.»
Scoppiai a piangere e lo strinsi forte. Non mi sarei mai aspettata parole del genere da parte sua, non che non ne fosse capace ma non era solito a certe dichiarazioni.
«Spero che sia un pianto di felicità.» sorrise contro la mia fronte e mi prese in braccio così che avvolgessi le gambe attorno ai suoi fianchi.
«Ti amo anch'io, Jamie.» tirai sul col naso e abbozzai un sorriso.
«Quindi mi perdoni?»
«Si.» Gli passai una mano tra i capelli.
Avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. Forse quello era il bacio più dolce e casto che ci eravamo mai scambiati.
Le sue labbra erano sempre le stesse carnose e di una morbidezza assurda, che faceva si che le amassi così tanto.
«Sei mia.» sussurrò contro le mie labbra.
«Tua.» risposi non capendo quasi più niente.
Accarezzò con la lingua il mio labbro inferiore tentando di dischiuderle e lo feci, permettendogli di avere libero accesso alla mia bocca. La sua lingua scivolò dentro, invitando la mia a fare lo stesso, giocandoci, dando il via ad una strana danza.
Quel bacio perse tutta la castità nel giro di pochi secondi.
Gli misi una mano dietro al collo per avvicinarlo di più mentre lui tentava di salire le scale, facendo attenzione a non cadere.
Non gli si poteva dire nulla di come baciava, forse era la cosa che gli riusciva bene dopo il sesso.
«Ora è meglio che tu dorma, ci penseremo domani a recuperare il tempo perso sotto le lenzuola.» rise divertito e mi fece stendere sul letto mettendosi accanto a me.
«Buonanotte, amore mio.» mi strinse facendo aderire la mia schiena al suo petto.
«Buonanotte, biondona
  
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