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Autore: Pandora86    28/04/2013    2 recensioni
Hanamichi e Kaede partono per i fatidici campionati nazionali sicuri dell'amore che provano l'uno verso l'altro. Ma che prove dovrà affrontare la loro neonata storia con l'avvento di nuovi scontri sportivi?
Continuazione de "Il tuo vero volto".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il decimo capitolo.
Oramai, la storia è agli sgoccioli!
Grazie per le bellissime recensioni del capitolo precedente.
Grazie a chi segue la storia inserendola tra le preferite e le seguite.
Grazie anche a chi legge solamente!
Ci vediamo a fine capitolo con le note.
Buona lettura!
 
 
 
 
Capitolo 10. Fotografia
 
 
Nella hall della pensione, aleggiava una strana atmosfera tra i giocatori dello Shohoku.

Il giorno prima, avevano battuto la squadra dei campioni.

Il giorno dopo, invece, avrebbero dovuto giocare contro l’Aiwa con un uomo in meno.

Il signor Anzai, quella mattina, li aveva chiamati a raccolta per comunicare loro le condizioni di Hanamichi.

Era stato accompagnato dalla madre di Mito che aveva sorriso incoraggiante a tutti loro, nonostante la situazione non fosse delle migliori.

Danni alla schiena. Riabilitazione. Riposo forzato.

Erano queste le parole che martellavano nella mente di ognuno di loro.

Ogni componente della squadra si domandava come avrebbe fatto senza Sakuragi.

Ogni componente della squadra si chiedeva come sarebbe andata la partita senza i prodigiosi
rimbalzi del numero dieci.

Ma, quello che aveva destato più curiosità era, ovviamente, l’assenza di un parente di Hanamichi.

Non c’erano ancora state domande ma Rukawa poteva leggere i dubbi che prendevano forma nelle teste degli altri, dalle espressioni dei loro volti.

Il signor Anzai era andato via da pochi minuti e Rukawa sapeva che, a breve, il silenzio che si era venuto a creare, sarebbe stato spazzato via.

E, infatti, a parlare, poco dopo, fu Kogure.

“A quanto pare, allora, si è fatto male sul serio” costatò mentre si toglieva gli occhiali per pulirli.

Rukawa alzò lo sguardo, guardandolo dubbioso.

Kogure si era sempre distinto per il suo ottimismo e il suo buon cuore, ma credere che l’incidente di
Sakuragi fosse una bazzecola, rasentava l’idiozia pura.

Certo che si è fatto male, idiota!Avrebbe voluto rispondergli ma preferì rimanere zitto.

Anche perché, che Hanamichi si fosse fatto male e che non avrebbe giocato con loro, sarebbe dovuto essere chiaro già dal giorno prima.

Probabilmente, Kogure sperava ancora che potesse giocare con loro.

“Questo era chiaro già da ieri, Kogure!” rispose il capitano, quasi come se gli avesse letto nella mente.

“Io me ne ero accorta!” intervenne Ayako. “Ma non sono riuscita a dissuaderlo. Però, non pensavo fosse così grave” concluse, con tono rammaricato.

Era evidente che si sentiva in colpa, Rukawa glielo leggeva in viso.

Del resto, Ayako si era accorta prima degli altri componenti che qualcosa non andava.

Ma Rukawa sapeva che non era colpa sua.

Perché lei aveva provato a dissuaderlo dal giocare, a differenza di lui che l’aveva spronato a entrare in campo.

Lei, invece della partita, si era preoccupata del futuro di Sakuragi come giocatore.

Un futuro che, ora, le appariva più incerto che mai, dato che i suoi peggiori sospetti si erano avverati.

Nel time out aveva provato a convincerlo, con scarsi risultati, parlando della vita di un giocatore.

Perché Ayako, come tutti, sapeva che Hanamichi era un principiante.

Come tutti, sapeva anche che però aveva un potenziale fuori dal comune.

Ma questo, sarebbe bastato a spronarlo nella riabilitazione per tornare a giocare?

In fondo, Sakuragi, si era attaccato a quello sport solo da pochi mesi.

Potevano, qui pochi mesi, averlo cambiato a tal punto, facendo sì che egli desiderasse, con tutte le sue forze, continuare la sua carriera di sportivo appena cominciata?

Erano queste le domande che Rukawa le leggeva in volto.

Era preoccupata, forse più di lui.

Perché lei, a differenza del numero undici, non aveva nessuna certezza che Sakuragi avrebbe continuato senza mollare.

Rukawa invece, sapeva che non sarebbe stato così perché ci avrebbe pensato lui a spronare Hanamichi.

Ci avrebbe pensato lui a farlo andare avanti e a ricordargli che era un campione.

Perché Rukawa non poteva vivere senza Sakuragi e il suo talento.

Se non avesse più potuto giocare, gli sarebbe rimasto accanto in ogni caso e amandolo allo stesso modo.

Ma, se c’era anche la più piccola possibilità che la sua carriera non fosse compromessa per sempre, allora ci avrebbe pensato lui a fargli stringere i denti per andare avanti fino a recuperare quello che aveva perso.

Tra i componenti della squadra era nuovamente sceso il silenzio ma il numero undici sapeva che non sarebbe durato a lungo.

“Come mai non ci sono i suoi genitori?” domandò, spezzando l’ennesimo silenzio, Miyagi.

Ecco! Come volevasi dimostrare, pensò Rukawa sapendo già che, presto o tardi,  si sarebbe arrivato anche a quello.

“In effetti, è strano!” gli diede man forte Mitsui.

“Che ci fa qui la mamma di Mito?” domandò ancora sorseggiando da una lattina.

“Vi ricordate ieri, quando è arrivata?” domandò Miyagi.

“Intendi quando Mito stava per dare di matto?” gli rispose Mitsui.

Del resto, lui più di tutti, aveva avuto occasione, nella rissa in palestra, di avere a che fare con la rabbia di Mito.

“Già!” confermò Miyagi. “Parlavano di qualcuno che non è venuto. Forse si riferivano a uno dei genitori!”.

“Ma perché Mito era tanto arrabbiato?” intervenne Kogure.

“Forse perché il padre e la madre, non sono voluti venire” continuò Miyagi.

“Perché mai?” domandò Ayako, anche lei incuriosita dalla faccenda.

Rukawa, a quel punto, si alzò di scatto.

“Ehi, che fai?” gli domandò Mitsui.

“Me ne vado!” rispose secco.

Mitsui lo guardò sconcertato.

Aveva sempre creduto che fra quei due ci fosse un legame particolare.

Ma allora, perché Rukawa sembrava il più indifferente di tutti?

Possibile che si fosse sbagliato e che alla super matricola, in realtà, non importasse niente di Hanamichi?

Tutte le provocazioni, tutti i cazzotti che si erano scambiati, Mitsui aveva sempre creduto che fosse parte del loro legame.

Rukawa, infatti, solo con Sakuragi sembrava reagire.

Solo con Sakuragi, veniva alle mani e rispondeva alle provocazioni.

Anzi, era lui stesso che, neanche raramente, lo provocava apposta.

Inoltre, ogni volta che il numero dieci era in difficoltà, Rukawa sapeva sempre trovare le parole per farlo reagire mascherandole, puntualmente, con una provocazione.

Mitsui, in base a questi comportamenti, aveva sempre creduto che a Rukawa importasse più di Hanamichi che degli altri componenti della squadra messi assieme.

Nella partita contro il Sannoh, avevano addirittura realizzato le azioni finali insieme, portando la squadra alla vittoria.

Mitsui aveva creduto di avere le visioni quando si erano dati il cinque davanti a tutta la squadra.

Ma allora, perché reagiva così?

Possibile che si fosse sbagliato?

“Non ti importa niente di Hanamichi? È di lui che stiamo parlando” domandò, non riuscendo a trattenere i suoi pensieri.

Rukawa si voltò, guardandolo freddo.

Mitsui, istintivamente, si ritrasse davanti alla freddezza di quello sguardo.

Rukawa sembrava volerlo trapassare con gli occhi.

La sua espressione era anche più seria del solito.

Era chiaro che si stesse trattenendo a fatica dal tirargli un pugno. Il tiratore, però, non capiva per quale motivo.

“Non mi sembra!” rispose, poco dopo Rukawa, riducendo al minimo il tono di voce.

“Non è delle sue condizioni, infatti, che state parlando!” scandì lentamente, rendendo più chiaro il concetto.

Il tono di voce era appena un sussurro tuttavia, le parole arrivarono più affilate di una lama.

Il rimprovero colpì tutti, nessuno escluso.

Mitsui, come il resto della squadra, rimase spiazzato.

Tutti si guardavano imbarazzati.

Ayako e Miyagi abbassarono il viso. Sulle guance di Ayako, a Rukawa parve di scorgere un lieve rossore dovuto all’imbarazzo.

Mitsui volse lo sguardo.

Tutti avevano capito cosa volesse dire Rukawa.

Aveva ragione! Non stavano per nulla parlando della salute di Hanamichi.

Fino ad allora, non avevano fatto altro che nominare la prossima partita e parlare della madre di Mito.

Ma, l’argomento ‘salute di Hanamichi’ non era ancora stato toccato.

Rukawa seppe che le sue parole avevano sortito il loro effetto.

Vide la consapevolezza di quello che aveva detto farsi strada nei loro occhi.

Li vide, uno dopo l’altro, abbassare il capo.

Solo Akagi rimase impassibile all’uscita di Rukawa.

In effetti, era l’unico che non era ancora intervenuto nella conversazione.

Fu allora che parlò.

“Rukawa ha ragione. Ci stiamo impicciando di fatti che non ci riguardano” disse sicuro, nel suo ruolo di capitano.

“Un nostro compagno di squadra si è fatto male. Tutto quello che possiamo fare è andare ad augurargli in bocca al lupo e prepararci alla prossima partita”.

Rukawa annuì con il capo.

Sapeva che Akagi avrebbe capito cosa intendeva.

Rukawa, aveva letto la preoccupazione nei suoi occhi quando il coach aveva dato loro la notizia.

Per questo era rimasto in silenzio fino a quel momento. I discorsi degli altri doveva averli sentiti con un orecchio solo.

La sua mente, Rukawa ci poteva giurare, era stata, fino a allora, impegnata a ripercorrere la partita.

Una partita che avevano vinto grazie ad Hanamichi.

Una partita che, probabilmente, avrebbero perso, se Hanamichi si fosse ritirato subito dopo l’infortunio senza poi ritornare in campo.

Era stato Akagi che l’aveva afferrato quando stava per cadere.

Era stato Akagi il primo a vedere la sua espressione sofferente.

Ed era sempre Akagi che, in qualità di capitano, si sentiva in colpa per non essere riuscito a fare a meno della presenza di Sakuragi sotto canestro.

Perché era stato Sakuragi a recuperare i rimbalzi fondamentali dopo essersi fatto male, anche se aveva la schiena a pezzi.

Era stato Sakuragi a recuperare la palla della penultima azione anche a costo di danneggiare la schiena ancora di più.

Rukawa poteva leggere tutto quello nel suo sguardo e molto di più.

Akagi era in debito con Sakuragi.

I campionati nazionali erano il suo sogno e Hanamichi aveva continuato a giocare anche per lui.

Per ricambiarlo di tutto quello che gli aveva insegnato.

Adesso, Akagi lo sapeva.

Come sapeva che, il debito che aveva Sakuragi verso lui per avergli insegnato a giocare e avergli dato un ruolo sotto canestro, oramai non esisteva più. Si era estinto in quella partita, con gli interessi.

Sakuragi lo aveva ampiamente ripagato.

Con questi pensieri, decise di dirigersi direttamente in camera sua.

Stavolta, nessuno lo fermò.

Del resto, non c’era più nulla da dire.

Tutti osservarono la sua figura allontanarsi non dicendo nulla.

Solo Ayako lo seguì con lo sguardo, trovando finalmente la conferma dei suoi sospetti.
 

***
 

Rukawa, nella sua stanza, si osservava la mano destra.

Dopo aver lasciato la squadra, aveva provato ad andare da Hanamichi ma aveva visto che, fuori la porta, il medico sportivo chiacchierava con la madre di Mito.

Non avendo ritenuto opportuno interromperli, aveva deciso di tornare nel pomeriggio.

La squadra non aveva più fatto domande e a lui stava bene così.

Era questo l’importante e credeva di essere riuscito nel suo intento.

Sapeva che, poco prima erano andati tutti a trovare Hanamichi che, a quanto aveva sentito, si era svegliato.

Rukawa non li aveva accompagnati ma sapeva che, dopo la conversazione della mattina, nessuno avrebbe fatto domande inopportune al numero dieci.

Certo, avrebbe voluto essere il primo sul quale Hanamichi avrebbe posato lo sguardo nel momento in cui avesse aperto gli occhi, ma non tutto era possibile.

Avrebbe voluto esserci lui a stringergli la mano mentre notava che le sue palpebre stavano per schiudersi.

Però, questa non era stata una cosa fattibile da realizzare, motivo per cui, Rukawa non se ne dava pena più di tanto.

Solo un leggero fastidio, ma nulla di più.

Del resto, Hanamichi veniva prima di tutto e se il vederlo svegliarsi avrebbe potuto generare altri pettegolezzi, allora era stato meglio così.

Non si era unito alla squadra perché sapeva che, se l’avesse visto sveglio, non avrebbe potuto fare a meno di baciarlo e stringerlo a sé, cosa alquanto inopportuna da fare davanti agli altri.

Perciò, visto che la situazione era abbastanza delicata di suo, aveva preferito farsi da parte e non suscitare altre domande.

A lui, tanto per cambiare, non importava granché.

Quello che per lui contava era che il do’hao stesse meglio o comunque fosse in condizione di essere trasferito in clinica.

Quello che per lui contava era che Hanamichi si fosse svegliato e che fosse abbastanza lucido, a detta degli altri.

Però, sapeva anche che per Hanamichi, le cose importanti non erano solo quelle, e Rukawa sapeva che rendere noto il loro rapporto era una decisione che andava presa in due.

Perciò, si era fatto da parte.

In fondo, l’aveva osservato per mesi credendo di non poterlo mai avere.

Poi, quando Mito gli aveva dato una speranza, si era rimboccato le maniche armandosi di una costanza invidiabile per avvicinarlo e avere un rapporto un po’ più civile con lui.

Quando poi i rapporti si erano fatti civili, aveva aspettato ancora sapendo che Hanamichi ci avrebbe impiegato un po’ a fare un passo verso di lui.

Poi, l’aveva avuto.

Ci era riuscito alla fine, anche se non aveva potuto godere appieno della sensazione di averlo, visto che i campionati nazionali erano piombati su di loro.

In sintesi, non gli era costato poi molto cederlo per qualche minuto alla squadra e aspettare il suo turno, dove sarebbero stati soli.

La sua pazienza diventava invidiabile se si trattava di Sakuragi.

Continuò a guardare la sua mano destra, la stessa mano con la quale aveva scambiato il cinque che aveva lasciato allibita tutta la squadra, dopo la loro ultima, mitica, azione.

Perché, dopo che Sakuragi aveva fatto quel passaggio incredibile per lui buttandosi, nuovamente, con la schiena a terra, c’era stata ancora un’ultima azione.

Per Rukawa non aveva importanza. Per lui la partita era finita con il tabellone che segnava:

Shohoku 77 – Sannoh 76.

Però, Rukawa non poteva comunque dimenticare che c’era stato un ultimo minuto di gioco dove il Sannoh, non rassegnandosi alla sconfitta, era passato in vantaggio.

Ma lui e Hanamichi non erano stati a guardare, creando l’azione che li aveva poi portati a scambiarsi un cinque davanti a tutta la squadra.

Ricordava perfettamente quei momenti.

Lui, che stava provando a tirare, aveva la strada bloccata dai due avversari.

“La mano sinistra serve solo per trattenere la palla”.

La voce di Sakuragi, alla sua destra, lo aveva raggiunto e lui non ci aveva pensato due volte nel passargli la palla.

Con quella frase, infatti, aveva fatto chiaramente capire le sue intenzioni e Rukawa si era fidato, affidandogli la vittoria.

Sapeva che non avrebbe sbagliato. Il volto stesso di Hanamichi gli diceva che era così.

I suoi occhi, in quella frazione di secondo, l’avevano guardato sicuri.

Rukawa aveva percepito chiaramente la decisione che quegli occhi trasmettevano.

La stessa decisione di chi sa che non sbaglierà.

La stessa decisione di chi è sicuro che porterà la squadra alla vittoria.

E, infatti, Sakuragi non aveva sbagliato.

Aveva tirato, portando lo Shohoku in vantaggio.

Il tabellone segnava:

Shohoku 78 – Sannoh 77.

Era stato allora che l’arbitro aveva fischiato.

Era stato allora che la partita era veramente finita.

Anche se, per Rukawa, era finita già da prima.

Lui e Hanamichi si erano guardati per interminabili attimi.

Impossibile dire cosa volessero esprimere i loro occhi in quel momento.

A Rukawa era sembrato di essere trasportato in un’altra dimensione, popolata solo dagli occhi di Hanamichi che lo guardavano fisso, senza riuscire a dire nulla.

Perché, in quel momento, nessuna parola sarebbe stata adatta.

Poi, entrambi erano scattati con la mano per scambiarsi un cinque.

Momenti e sensazioni incredibili. Rukawa non avrebbe saputo mai trovare le parole per descrivere quello che aveva vissuto e provato.

Il rumore di qualcuno che bussava lo distrasse dai suoi pensieri.

Fu sorpreso di trovarsi davanti Ayako.

La fece entrare, aspettando che la ragazza gli spiegasse il motivo per il quale era venuta.

“Stamattina sono state sviluppate” gli disse la manager, porgendogli due fotografie.

Rukawa le guardò.

Erano due copie della foto che un cronista aveva scattato loro, dopo aver battuto il Sannoh.

Tutti i titolari erano inginocchiati.

Akagi al centro; alla sua sinistra: Hanamichi e Mitsui, alla sua destra: Miyagi e lui.

Hanamichi aveva tenuto duro anche per la foto.

Si era inginocchiato, non volendo rinunciare a quella fotografia.

Aveva tenuto duro fino all’ultimo.

Solo verso gli spogliatoi aveva ceduto.

Rukawa ricordava chiaramente quei momenti.

Lasciò che la sua mente vagasse nei ricordi.
 
 
Si erano avviati verso gli spogliatoi in silenzio, tutti ancora troppo increduli per la vittoria.

Rukawa sentiva, dietro di sé, il numero dieci trascinarsi a fatica.

Poi, un tonfo.

Si era voltato di scatto, impallidendo.

Tutti erano rimasti pietrificati.

Sakuragi era caduto in ginocchio.

Solo Yohei, prevedendo che il suo amico non sarebbe arrivato negli spogliatoi, li aveva seguiti avvicinandolo immediatamente.

“Hana!” lo aveva chiamato forte, scuotendolo piano per le spalle.

“Yo” aveva sussurrato Hanamichi con voce flebile.

“Hana, dove ti fa male?” gli aveva domandato Mito.

“Le gambe, Yo” aveva sussurrato Hanamichi con una nota di disperazione nella voce.

“Non me le sento quasi più!” aveva concluso, prima di aggrapparsi forte alle braccia del suo amico.

“Un medico!” aveva urlato Yohei alla squadra che sembrava pietrificata.

“Andate a chiamare un medico!” aveva urlato nuovamente.

Akagi era subito scattato verso l’infermeria.

E, in quel momento, era cominciato l’inferno.
 

“Ti sei incantato?” la voce di Ayako lo riscosse dai suoi pensieri.

Rukawa si accorse di essere rimasto qualche minuto in silenzio, con lo sguardo fisso sulle foto.

“Perché due?” si ritrovò a chiederle.

“Ho pensato che una potessi darla tu a Hanamichi!” rispose pronta la ragazza con un sorriso.

Rukawa la fissò, guardandola male.

Poteva significare solo una cosa: Ayako aveva capito qualcosa di loro due.

Provò a parlare per mandarla al diavolo visto che, in quel momento, non c’era bisogno di altri pettegolezzi riguardo al numero dieci, ma lei lo interruppe con la mano.

“È solo una mia intuizione e non intendo farne parola con nessuno!” lo rassicurò.

“Tuttavia, credo che debba essere tu a dargliela. Oggi, nel pomeriggio era sveglio quando siamo passati a salutarlo e domani sarà trasferito in clinica. Ti consiglierei di approfittarne!” concluse, avviandosi alla porta.

“Credo che anche lui ti stia aspettando!” disse, prima di uscire definitivamente.

Rukawa sorrise, guardando la parta chiusa.

E così, Ayako aveva intuito la natura del loro rapporto.

Era sempre stata perspicace e la cosa non gli creava, più di tanto, problemi.

Era sempre stata una ragazza discreta. Un’amica per lui, l’unica con la quale avesse mai parlato volentieri.

L’unica che non era attirata dal suo bell’aspetto e il suo talento.

Guardò nuovamente la fotografia.

Ayako aveva ragione, ora toccava a lui andare dal numero dieci.

Hanamichi lo stava aspettando.
 


Continua…
 

Note:
 

Questo capitolo può essere collocato nel volume 31.

Come avrete notato, ho parlato anche dell’ultima azione della squadra, staccandola dal precedente capitolo.

Questo perché è quella stessa azione che fa nascere il mitico cinque, per cui ho ritenuto opportuno dedicarle un capitolo a parte dove si parlasse anche della foto.

Quello che avviene dopo la foto, è tutto di mia invenzione.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Attendo, come sempre, i vostri pareri!

A domenica prossima, con il nuovo aggiornamento.

Pandora86
  
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