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Autore: MerahKegilaannya    28/04/2013    1 recensioni
- Come ti chiami? Non lo sa nessuno in quartiere, nè tua madre risponde quando glielo si chiede ... - 
   Prendo un block notes dalla mensola, una penna, 
e scrivo.
"Non risponde perchè non ha il mio permesso."
Genere: Erotico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ECOOOO

Vento d'Agosto


Le regole per sopravivere si imparano in fretta, qui da me:

- Non aprire mai due finestre contemporaneamente.- 

In questo paese le casa sono tutte bianche o comunque di colori molto chiari e tutte, nessuna esclusa, hanno vecchie e linde serrande verdi come solo dei  vecchi e lindi paesani le possono tenere.
La prima volta che vi ho messo piede i miei occhi hanno cercato disperatamente un appiglio di colore, alla sessantatreesima casa  dalle serrande verdi le dita hanno tracciato sul sedile le lettere giuste quasi per caso.
"Mi hanno esiliato nel paese dalle serrande verdi."
Il cane ha guaito dietro la rastrelliera, chissà perchè. 

- Assicurare bene i vasi al pavimento, sopratutto quelli fuori nel terrazzo.-

Casa mia.
L'intonaco dei muri esterni è bianco, le serrande sono verdi. 
Il figlio della vicina viene a presentarsi;
i capelli neri svolazzano appena intorno al viso, poche ciocche sfuggite per il vento alla treccia ... li deve avere veramente lunghi. 
E' carino. 
Lo squadro, seguo mia madre. 
Mi fissa un pò offeso.
Pazienza. 

- Chiudersi sempre la porta dietro quando si lascia una stanza. - 

A casa mia non c'è mai silenzio, nessuno tace, niente tace.
Le porte gemono, tremano, cozzano contro lo stipite, i vetri delle finestre si lamentano acuti, il vento che si infiltra sotto le porte invade le stanze e stridulo rimbomba contro i muri, se osi lasciare una sola porta aperta il vento alza la voce e tuonante ti respinge indietro. 

- Non lasciare la ciotola del cane fuori, si rischia di uccidere qualcuno.-


Tre del mattino, il vento ha sradicato la palma nana, almeno il vaso è rimasto integro. 
Luna sonnecchia su tappetto, ogni tanto alza il muso e guarda assonnata, poi continua a dormire sistemandosi la copertina con i denti.
Mamma è di nuovo fuori, almeno non la devo sentire urlare.
Ancora una tazza di the, ancora qualche pagina, ormai all'alba mancano solo poche ore.
La pioggia batte sul vetro, intonando un cacofonico arrangiamento della fine del mondo. 
Qualcuno batte alla porta, mai sentito un bussare così sgraziato. 
E' il ragazzo carino, fradicio di pioggia, con la ciotolo di Luna in mano. 
- Me la sono trovata nel balcone... è del tuo cane vero? - 
Annuisco. 
- Tranquilla, poteva andare peggio; poteva cadermi in testa ed ammazzarmi, pesa un quintale ! - 
E' fradicio, il coglione è uscito sotto il temporale in canottiera per riportarmi la ciotola, i capelli gli aderiscono al collo, creando un complicato intreccio di arabeschi neri. 
- Allora... io vado... -
Quando lo invito ad entrare con un lieve cenno del capo gli scappa un sorrisetto compiaciuto, i piedi nudi, lascia aloni indefiniti sul parquet, Luna lo squadra, ringhia, le do una pacca sul muso e si calma, struscia il naso umido sulle mie gambe e si riaccuccia guardinga, è gelosa o protettiva, o forse entrambe le cose.
- Allora sei proprio muta, eh?- 
Come se già non lo sapesse. 
- Come ti chiami? Non lo sa nessuno in quartiere, nè tua madre risponde quando glielo si chiede ... - 
   Prendo un block notes dalla mensola, una penna, 
e scrivo.
"Non risponde perchè non ha il mio permesso."

- Non leccarsi mai le labbra davanti ad una finestra aperta, si rischia di perderle per congelamento. - 


S
i è sciolto la treccia, si friziona i capelli con l'asciugamano che gli ho lanciato, si è levato la canottiera bagnata, mi fissa da sotto le ciocche spettinate. 
- Che problema c'è nel dire come ci si chiama? - 
" E' una cosa intima, lo saprai quando deciderò di dirtelo" 

- Come fa a diluviare così in Agosto? - 
Alzo le spalle, non vale la pena sprecare inchiostro per una risposta di circostanza. 
- Sto congelando, senti qua... - 
Le labbra poggiate sulla mia spalla sono effettivamente gelide, così come le dita che leggere sfiorano la stoffa chiara della camicia del pigiama.

- Tenere sempre le mani al caldo. - 


Che azzardo... 
O
rmai la bocca è lontana, ma le mani sono ancora lì, ad un millimetro dalla mia schiena, in una domanda silenziosa, l'eccitata attesa di una risposta muta.
Il respiro sul collo, bollente; la pioggia trucida le radici della palma  ed io immobile, soppeso. 
Non ricordi il suo nome, penso, è mai stato un problema conoscere il nome di qualcuno?, mi rispondo. 
E, mentre il mio cervello urla indeciso il mio corpo è già che lo asseconda, il suo petto contro la mia schiena, i suoi capelli sul mio collo.
Non serve, a questo punto, una conferma scritta. 

Luna si alza, và in salone, si siede davanti la porta, fa la guardia. 

Io amo il silenzio, amo il silenzio che mi avvolge di rado e lo cerco spasmodicamente mentre dorme quieto sotto il parquet, che a suo modo mugola, i vetri che urlano tutta la loro disperazione ed il vento che in un lento vortice rumoroso rimbalza da una parete all'altra, infiltrandosi nelle crepe e partorendo spifferi sghignazzanti.

Io amo il silenzio. 
Lui parla troppo. 

Mi sussurra roco ad un orecchio che io così lo uccido, che non posso aprire alla porta vestita così, le tentazioni sono tentazioni... 
Blatera, blatera. 
Mi chiama ragazzina impertinete.
Io gioco con i suoi capelli.
Lui parla troppo. 
Mi sillaba sulla pelle mille parole mentre lento accarezza tutto quello che le mani incontrano. 
Me lo dice , che gli piaccio, che è da due mesi che impazzisce al pensiero che li accanto, ci sono io, c'è la mia bocca siggillata, che la mia bocca lo eccita da morire. 
Cerca di alzarmi la camicia, lo blocco. 
Una domanda mugolata nel panico. 
- N... non vuoi ? - 

- Assicurarsi sempre bene il cappello in testa e abbottonare il cappotto fino al collo. -


La verità è che non mi piace la cucina, non c'è il giusto silenzio. 
Mi alzo, me ne vado, mi segue ravviandosi i capelli, bloccando malamente alcune ciocche umide dietro il lobo, 
nervoso, 
mi fa quasi tenerezza, quasi però. 

La mia stanza è silenziosa, cupa ma silenziosa, le tende nere sono tirare, il doppio infisso zittisce lo scrosciare della pioggia, neanche uno spiffero. 
Muto. 
Il silenzio lo imbarazza terribilmente. 
Il mio letto è sfatto, la coperta è caduta da un lato, le lenzuola sono aggrovigliate, il sentiero per raggiungermi è irto di capi abbandonati, quaderni, scarpe, nastri e lacci.
Una lieve pressione sulle spalle, cade sul mio letto, inerte. 
La camicia bianca del pigiama scivola sulle spalle, i pantaloncini blu sulle cosce. 
Mi guarda, già ... niente intimo , non lo amo particolarmente, gli salgo sulle gionocchia, impreca e mi ingabbia contro il materasso, i suoi capelli ricadono sul mio viso, sono lunghissimi. 
Le sue gambe incrociate alle mie. 
- Mi sembra di aver vist... - 
zitto!
silenzio!
Mi gira di schiena, segue la colonna vertebrale con il palmo della mano, poi con la lingua bollente, la lucida pallina di metallo gelido.
Segue le intricate linee del tatuaggio policromo.

shhh!
Forse fuori ha smesso di piovere, non so, non sono più così concentrata.

- Annodare bene la sciarpa al collo ed i nastri ai capelli. - 

E' sotto  di me,  esagitato, il piercing mi fa impazzire, contro la lingua, la pelle, dappertutto, ora è lui ad impazzire lentamente, perde il senso della ragione, cerca di aggrapparsi ai miei capelli , ma sono troppo corti, artiglia le lenzuola mentre respirando a fatica fissa la mia testa muoversi tra le sue gambe.
Sussurra, smozzicando frasi.



- Dannata ragazzina... -
Mi prega, mi implora, mi tira, intreccio le dita ai suoi capelli, geme e mi cade addosso. 
- Come diavolo ti chiami? -
Mi fa tenerezza. 
Mi penetra, così, manca il respiro, imprecherei, lo insulterei, o probabilmente urlerei il suo nome, se solo potessi, o se lo ricordassi. 
Pensieri disarticolati, 
mani,
caldo, 
bollente,
vado a fuoco.
La mia mente non è mai stata così poco silenziosa, i suoi capelli sulle mie mani, tra le mie dita tremanti, convulse, che tirano, afferrano, urlano per me.
Crisi.
Panico.
Vergogna... ? 
Nascondo il viso nell'incavo della spalla sottile, lo mordo.
Coglione.
Rallenta, prima una mano, poi l'altra, mi blocca i polsi contro il materasso, credo di tremare.
Caos.
Il respiro bollente, la bocca sul mio orecchio, 
ansima, 
piano, in silenzio, 
sussurra. 
- Io non ti sento. Abbi almeno il coraggio di guardarmi in faccia mentre ti faccio impazzire, eh ragazzina ? - 
Annuisco. 
Perchè diavolo annuisco? 
Caldo.
Caos. 
Le mie mani sulla sua schiena lo graffiano a sangue. 
Riesco a mala pena a tracciare le tre lettere tra le sue scapole. 
"E" una spinta, si morde il labbro. 
"C" le sue mani che mi spingono contro il cuscino, le dita impresse sulla mia carne.
"O" mi stringe convulsamente mentre viene, il volto stravolto contro il mio seno, geme piano il mio nome, sento il metallo gelido 
sulla pelle.
Panico . 
Crisi.
Silenzio. 

-Godersi la luce del sole, quelle rare volte che buca le nubi. - 
Ho sempre amato il silenzio, pulito e lineare. 
Facile.
Elementare. 
E' ancora affannato, con i capelli sconvolti, un groviglio di ciocche nere.
Ha pescato una sigaretta dal mio comodino e la fuma ,mentre il respiro gli si regolarizza. 
Cinque del mattino, la notte è quasi finita, fingo di dormire, è meno rischioso, ho ripescato un cuscino e mi sono coperta come ho potuto, certo, non per vergogna. 
Tremo, forse il freddo, forse il vento d'Agosto. 
Il filtro della sigarette e bene poco altro raggiunge gli altri suoi compagni, cadavederi nicotinici, rimasugli dei miei momenti di caos pomeridiano.
I suoi capelli ovunque, tenuti lontani dal viso dalle unghia mangiucchiate, poi le mani calde sui miei fianchi. 
- Eco, eh? - 
Le dita si spostano, tracciando un complicato disegno intormo al mio ombelico. 
- Lo so che non dormi, le belle addormentate non fanno le fusa.
E.C.O. 
Ti si addice, è strano quasi quanto te. - 
Apro gli occhi, lo fisso un po, mi copro un po meglio. 
- Ok,ok, me ne vado. - 
I pantaloni, la canottiera, già rivestito, i capelli tenuti alti da una cosa. 
- Ho la casa vuota tutto il pomeriggio.
Vedi di venire, Eco. - 
***
- Eco, cosa vuoi per pranzo?- 
"Riso" 
- mh...- 
"come si chiama il figlio della vicina?" 
- Tancredi, perchè?- 
" così.... ah, oggi pomeriggio vado in biblioteca" 
***
- Fare silenzio. -

Busso.
Mi apre, i capelli sciolti, i pantaloni blu adagiati mollemente sulle anche. 
- Hai ceduto, eh ragazzina?-
Mi ha già alzato il vestito, mi prende in braccio, la schiena contro la porta, le mie gambe attorno al suo bacino.

Parla troppo.
Meglio zittirlo. 






NDA
Buon gionnooooo. 
Ringrazio vhi ha letto e facci i miei complimenti a chi ha avuto il coraggio
di leggere questo sclero parecchio strano senza chiudere la pagina  
e mandare a fanculo me e la mia strana storia. 
Cosa vi devo dire?
Bhe, come avrete notato in questa shoot la parte grafica è parecchio importante,
l'uso dei colori diversi e l'uso smodato dei corsivi era
assolutamente necessario. 

Allora ... devo confessarvi che questo è un piccolo esperimento partorito dalla mia menticina malata. 
Di solito non mi cimento in storie del genere, 
di solito non mi cimento in Het rating rosso e basta... 
il mio mondo è lo yaoi, ma ogni tanto perfino le fujoshi più incallite fanno uno strappo;
l'ho buttata giù durante le lezioni, il solo fatto di scrivere in prima persona mi ha mandato un po in crisi,
anche perchè è una cosa che di solito abborro, 
ma a costo di sembrar ripetitiva... era necessario -.-"
Vi ringrazio dell'attenzione e beh, mi dispiace se ci sono errori atroci e mi farebbe tanto tanto piacere
se mi lasciasse una recensione
se vi è piaciuta almeno un pochino, se vi ha fatto schifo ... 
tutto, ma almeno datemi un segno °.°
 ok, ora la smetto di rompere.
CIAO.












~ INK

   
 
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