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Autore: Rosheen    28/04/2013    2 recensioni
Raccolta di flashfic sul personaggio di Kreacher volte a raccontare i momenti più intensi e significativi della sua vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kreacher
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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PENOMBRA

 
 
 
 
 
Un elfo domestico ha un unico imperativo morale: obbedire al proprio mago.
Loro sono i padroni di tutte le razze, i detentori supremi della magia e del potere: è a loro che tutti devono sottomettersi.
Anche gli elfi domestici possono usare la magia, ma non per questo devono dimenticarsi del loro codice, del loro unico scopo nella vita, ovvero servire il proprio padrone.
E Kreacher aveva vissuto seguendo questo dogma alla lettera.
Per anni aveva servito la famiglia Black passando di mano in mano, di padre in figlio, fino ad arrivare al suo attuale proprietario.
Harry Potter non era un Black, ma era il suo mago e lo aveva trattato con gentilezza. Dal giorno in cui il giovane assieme ai suoi amici aveva tentato di irrompere nel Ministero della Magia, Kreacher non aveva più avuto sue notizie. Sapeva che era ancora vivo, se fosse stato altrimenti lo avrebbe sentito, lo avrebbe percepito; solo non sapeva dove fosse.
Fino a quel momento.
Le voci corrono leste e questa era giunta rapidamente anche alle sue orecchie pelose: Harry Potter era tornato. Ora si trovava a Hogwarts ed era riuscito a liberarla dal giogo del preside, Severus Piton, e dei fratelli Mangiamorte, i Carrow.
Kreacher stava pulendo i piatti sporchi della cena quando arrivò anche un’altra notizia: Voldemort stava attaccando Hogwarts. Il fragore dei vetri che andavano in frantumi, lo sconquasso delle pietre che si spaccavano e cadevano a terra e le urla dei maghi intenti a combattere giungeva soffocato alle orecchie dei piccoli elfi domestici.
La maggior parte di loro stava tentando di ignorarli, continuando a svolgere le proprie mansioni, ma c’era anche chi, come Kreacher, si era soffermato ad ascoltarli.
Perché anche in loro, in tutti loro, era in corso una battaglia interiore: combattere o no?
I maghi non avevano ordinato loro di farlo, non avevano detto proprio niente. Il loro compito rimaneva quello di sempre: continuare a lavorare.
Ma per quanto la loro natura gli impedisse di reagire, non potevano continuare a ignorare la loro coscienza. Kreacher questo lo aveva capito bene, così come si era reso conto di cosa andava fatto. Doveva solo trovare il coraggio di farlo.
«I maghi stanno combattendo» sussurrò, rivolto più a se stesso che a qualcuno in particolare.
Di fianco a lui, Winky pigolò: «Noi dobbiamo stare qui. Non ci hanno detto di muoverci.»
Era vero. Ma il suo padrone era là fuori e forse stava rischiando la vita. Il medaglione di padron Regulus era freddo a contatto con la pelle. Kreacher lo prese in mano, rigirandoselo fra le dita. E poi ricordò: quella notte in cui il suo padrone era morto e il perché era morto. Ricordò la rabbia, l’odio che provava verso il mago responsabile della sua dipartita, sentimenti che aveva covato negli anni come un morbo. Ed era giunta l’ora di scatenarlo.
Non gli servì un istante di più per decidere.
L’elfo fece cadere a terra il piatto che stava asciugando, mandandolo in frantumi e balzò sul lungo tavolo di legno della cucina. Attorno a lui si stava radunando una piccola folla. «Di sopra è in corso una battaglia. Ci sono i nostri maghi che combattono contro il Signore Oscuro e noi stiamo qui a pulire i piatti! Dobbiamo andare da loro.»
Un brusio di protesta aleggiò fra i piccoli elfi. Una vocina più coraggiosa delle altre gridò: «Non possiamo andare, non ce lo hanno ordinato.»
«Se muoiono, non ci ordineranno più niente. Là fuori c’è il mio padrone, il giovane Harry Potter, che affronta Lord Voldemort. Egli ha già ucciso il mio buon padron Regulus, non gli lascerò fare lo stesso con padron Harry!» Il brusio aumentò, stavolta in una cacofonia di voci che avevano la parola “guerra” sulle labbra. C’era una mannaia vicino al suo piede: Kreacher la raccolse e la alzò sopra la testa. «Lottate! Lottate! Combattete per il mio padrone, difensore degli elfi domestici! Combattete il Signore Oscuro, nel nome del prode Regulus! Lottate!»
E quando anche altre voci si unirono alla sua e altre lame si levarono in aria, baluginando alle lingue dei fuochi che andavano spegnendosi nei camini, un sorriso si distese sulle labbra di Kreacher: finalmente lo aveva fatto. C’erano voluti molti anni e ancor più forza di volontà, ma alla fine era riuscito ad uscire nella luce.
Il verme che strisciava nell’oscurità era morto da tempo e aveva conquistato un piccolo angolo di penombra.
Un passo alla volta, si disse.
Un passo alla volta.

   
 
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