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Autore: Loki    17/11/2007    0 recensioni
POSSIBILI SPOILERS SU RISVOLTI DEGLI ULTIMI LIBRI Questa fanfiction ripercorre alcuni momenti tra Grindelwald e Dumbledore, volendo mettere a confronto la figura del mago malvagio con quella di Lord Voldemort. Assistiamo ad uno dei momenti-chiave del giovane Dumbledore con la relazione tra Grindelwald e Aberforth. Come gia' detto, possibili spoiler.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER DA DEATHLY HALLOWS E FINE SERIE. LEGGETE A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO.

Something like a prefazio' this way comes 2 - la vendetta.

Nota sulla babbanosita' dell'opera:
il nome "Muggles" che leggete in questa fanfiction e' l'equivalente di "Babbano" nella traduzione italiana. Avendo letto i libri in inglese e non italiano, ho preferito preservare la sensazione che mi dà il nome in originale (ma dove ho già sentito questa prefazione? Mmmmh...).

Nota sull'one-shottosita' dell'opera:
Questa fanfiction fa parte di una serie di one-shot riguardanti il personaggio di Voldemort/Riddle, mettendo a confronto altri personaggi con Lord Voldemort stesso. Questa one-shot e' incentrata su Gellert Grindwelwaldl e' mirata a dare un confronto introspettivo tra i due maghi malvagi più grandi del secolo, mettendoli a paragone su particolari aspetti.


Della stessa serie one-shot su Lord Voldemort, Sussulto, incentrata sulla figura di Tom Riddle/Voldemort.


Maledizione

Incedeva lentamente a piccoli passi, intorno alla figura smarrita del giovane ragazzo; come un avvoltoio intento a scrutare la preda, Grindelwald esaminava con occhio attento ogni espressione, ogni minimo dettaglio, ogni incertezza.
"Ricorda. Per il bene piu' grande, Albus!"
Il ragazzo fissò a lungo nel vuoto, seduto sulla logora sedia di legno.
"Mio fratello non e' d'accordo con te, Gellert."
Il furore e la rabbia s'impossessarono dell'uomo ambizioso.
"Tuo fratello non capisce! Nessuno... nessuno riesce a capire quel che stiamo tentando di fare!"
In preda all'agitazione, Gellert Grindwelwald sferrò un pugno sul tavolo.
Albus lo fissò senza batter ciglio. Il silenzio s'impossessò della stanza.
"Sei pazzo, Gellert."
L'ira svani' dalla faccia dell'uomo.
"Cosa, Albus?" lo fisso' con espressione sorpresa, mista ad un'eterea sensazione di disgusto. "Cosa hai detto?"
Albus Dumbledore si alzò dalla sedia. Lentamente si avvicinò, scrutando Grindelwald dai suoi occhi freddi.
"Cos'hai detto, Albus? Dimmi cos'hai detto! Hai forse detto che sono un pazzo? Hai forse detto che i Muggles devono prevalicarci? Che devono diventare i padroni del mondo... loro, che non sanno neanche cos'è il mondo!"
La mano di Albus tremò, ma la sua voce e il suo sguardo erano sicuri e decisi. "Non ho detto niente del genere, Gellert. Ti immagini cose che-"
"Mi immagino un mondo migliore, Albus! Un mondo dove possiamo stagliarci al di sopra di tutto, un mondo dove la magia, la vera magia, possa far felici le persone di questo pianeta."
La voce di Grindwelwald divenne più soffice e pacata. Si avvicino' a Dumbledore, gli mise un braccio intorno al collo.
Lentamente, pacatamente, delicatamente, sussurrò all'orecchio del ragazzo.
"Un mondo, Albus... immaginati un mondo nuovo! Tu ed io... staremo in alto... e sotto di noi... tutti gli altri, tutti coloro che non meritano di respirare su questo mondo. Potremo proteggere la giustizia... La ruota continua a girare, Albus... i nostri piani sono già a buon punto: ben presto potremo assicurare la pace al mondo."
"E sterminare tutti i Muggles dell'Europa Centrale? Credi davvero che non sappia i tuoi veri piani? ...Amico mio?"
Con gli occhi sbarrati, come perso in un mondo lontano, Grindwelwald spostò la testa verso Albus.
La sua voce era diventata un sussurro flebile e acuto.
"Non intendo fare niente del genere, Albus. I Muggles che vivono in Europa non c'entrano. Faremo sparire solo quelli che vivono in-"
Albus Dumbledore si liberò dell'abbraccio di Grindwelwald. "Il tuo piano per la conquista non andrà a buon fine, Gellert.
Non vale più la pena seguirti. Tu non sei un conquistatore, possiedi solo flebili manie di grandezza. L'intelligenza ti è calata, forse? Credevi che non mi sarei accorto dei tuoi piani, nonostante tu abbia messo incantesimi su incantesimi a proteggere le tue carte e i diari?"
Grindwelwald si portò una mano sul mento, quasi indifferente di fronte a queste accuse.
"E allora, Albus? Ti fa più male che io ti abbia mentito sulla mia volontà di far scatenare una guerra enorme tra Muggles per farli sterminare tra loro, o che ti abbia mentito del tutto?"
La mano di Dumbledore tremò, più di prima. Si portò la mano sulla bocca. "I tuoi occhi sono quelli di un pazzo, Gellert."
"I miei occhi vedono più in là di chiunque altro. Così come i tuoi."
"Ero cieco. Ti ho seguito. Ero completamente cieco."
"Hai seguito il tuo istinto, Albus. E il tuo istinto ti ha portato da me."
"Il mio istinto si è sbagliato. I miei sentimenti si sono sbagliati. Tu non hai paura della morte, Gellert?"
"Ovviamente no." rispose, sorridendo "non penso alla mia morte. Sono troppo impegnato a pensare a quella degli altri."
"Allora non potrai essere un vero conquistatore. Chi ha paura della morte è colui che riesce a vincerla.
Chi teme il freddo, cercherà il calore. Chi ha paura, sacrificherà la sua anima, e otterrà il vero potere.
Tu sei sciocco, stolto, ignorante. Sei pazzo, Gellert, e più vado avanti, più me ne accorgo."
"Pazzo! Pazzo! Ah, io sarei pazzo! E tu, che non capisci chi sono i tuoi veri amici?
Albus, è vero. Ti ho mentito.Non cerchero' scuse. Ma tu... puoi abbandonarmi?"
Queste parole pesarono come un macigno sulle spalle del giovane Dumbledore.
"Io..."
"Tu? Tu, che hai appena detto follie... che mi hai dato del pazzo, sei la persona più vicina a me, colui che più capisce il mio animo. Tu hai bisogno di me."
Il legno scricchiolò. Passi pesanti risuonarono nella stanza.
"E' vero, Albus. Tu non puoi più vivere, senza di lui."
Grindwelwald lo osservò, poi sorrise.
"Aberforth. Mi fa piacere rivederti. Eri qui?"
La bacchetta di Aberforth era puntata dritta su Albus.
"Cosa ti è successo, Albus? Non t'importa più della tua famiglia? Non t'importa più di tua sorella?"
Albus lo osservò, smarrito, senza alzare la sua bacchetta, o fare nient'altro.
"Certo che m'importa, ma... io..."
Grindwelwald si mise tra Aberforth e Albus.
"Non è carino puntare tuo fratello con la bacchetta. Specialmente quando discutevamo del futuro di tua sorella."
"Il futuro di mia sorella?" ripetè, incredulo, Aberforth. "Quando mai avete discusso del futuro di Ariana?
Quando mai Ariana ha avuto un futuro? Quando mai Albus era qui, a casa, a vederla vomitare l'anima?
Quando mai-"
"..Aberforth" disse Albus. Ma il fratello non si fermò, anzi, la sua voce risuonò potente nella stanza.
"quando mai eri qui, ad aiutarci? Quando mai NON ERI CON LUI? INCARCEROUS!"
Un raggio partì dalla punta della bacchetta di Aberforth, ma, con velocità e precisione, Grindwelwald estrasse la bacchetta.
"Ridicolo, Aberforth. Ancora non riesci a fare di meglio? Ancora con questi giochetti? Ancora a dire il nome delle magie, invece di pensarlo?"
"Non sono un genio come mio fratello, o come... te, Grindwelwald..."
Con lo sguardo attento, Aberforth seguiva ogni movimento e ogni muscolo del viso di Grindwelwald.
"Gellert, scansati. Ci penso io a lui." Albus scansò il giovane mago, mentre Aberforth si infuriò ancora di più.
"Resta indietro, Albus. Non sporcarti le mani. Ci sono io qui. Fidati di me."
Ma ad Albus non piacque questa frase. Estrasse la bacchetta e, con velocità impressionante, la puntò verso Gellert, urlando: "LOCOMOTOR MORTIS!"
Le gambe di Grindwelwald si attorcigliarono tra loro; l'uomo cadde a terra.
"Albus!" urlò Grindwelwald. Ma Dumbledore lo scrutò con aria furiosa.
"Ne parleremo dopo, Gellert. Parleremo dopo di tutte le bugie che mi hai detto, di quel che volevi fare, dei tuoi piani per una guerra, di come sei pazzo. Ora" rivolse lo sguardo verso suo fratello "sistemerò le cose con lui."
"Albus, sei diventato pazzo come lui. Siamo fratelli. Assicura al Ministro Grindwelwald e poi, torna a casa. Tutto sarà perdonato."
"Forse sono pazzo, sì" sussurrò Albus "ma non quanto lui.
Aberforth. Il tuo odio nei miei confronti non si potrà fermare solo in questo modo. Continueresti ad odiarmi, sempre e comunque."
"No! Non è vero, Albus! Fidati di me... assicuralo alla giustizia, e poi..."
"Fidarmi! Devo fidarmi di ognuno di voi! Devo fidarmi, sempre e solo fidarmi; fidarmi che nessuno tradirà mai le aspettative, che nessuno pianifichi cose alle mie spalle, fidarmi che tutto vada bene!"
Grindwelwald nel mentre si era liberato. Con la bacchetta pronta, scrutava i tre.
In cerchio, gli uomini si osservavano a vicenda. Aberforth parlò.
"Se non lo fai tu, lo farò io, Albus. Prima di pietrificherò, poi, anche se dovesse significare rimanere ucciso, lo assicurerò alla giustizia."
"Ah! Assicurarmi la giustizia? Io sarò la giustizia, tra non molto! Albus, lascia fare a me. Penserò io a questo incapace.
Ti impedirò di sferrare un colpo, anche solo uno. Ritirati!"
Albus continuava a sudare. Niente aveva più un senso. Ognuno di loro aveva tradito la sua fiducia, ognuno di loro in realtà non provava il benchè minimo sprazzo di fiducia nei suoi confronti. Grindwelwald gli aveva mentito sui suoi piani, non teneva veramente a lui... Aberforth si ostinava a non dargli fiducia, a crederlo un pazzo... che cosa doveva fare?
Dumbledore alzò la bacchetta. "Grindwelwald. Tu sei il primo."
"Allora hai deciso di rimanere dalla parte di questo inetto..."
"Rimango dalla MIA parte, Gellert. Dopo averti sistemato, sistemerò la questione in famiglia con Aberforth."
"Sei sicuro di quello che stai facendo? Dopo tutto quello che abbiamo pensato e fatto, dopo gli Hallows, dopo i nostri sogni di dominio?"
Albus fissò il terreno con aria stanca, dopodichè alzò la testa. Fieramente guardò negli occhi Grindwelwald.
"Qualunque... qualunque cosa succeda, ora, io non avrò rimpianti. Per il resto della mia vita."
Albus alzò la bacchetta. La puntò verso Grindwelwald.
Non sapeva quale magia usare. Non sapeva cosa fare. Semplicemente odiava, nella confusione.
Il suo cuore era un misto di sensazioni oscure, negative; il suo spirito ne era consumato e inebriato.
Voleva solo smettere, smettere tutto, voleva vederlo scomparire, insieme ai suoi sentimenti.
"Avada Kevadra..." sussurrò. Una luce verde illuminò la stanza. E poi un'altra luce, e poi un'altra ancora.
"Non avrò rimpianti!", urlò.
"No!" urlò Ariana. "Fratelli!"
In quello stesso momento, Ariana entrò nella stanza. Corse in mezzo per tentare di fermarli, ma era troppo tardi.
Tutto ciò che vide, prima di morire, furono tre figure indistinte; Ognuno di loro poteva essere uno dei suoi fratelli.
Tuttavia, tra loro, riconobbe quelli tinti del color cielo di Aberforth e di Albus.
Questo fu il suo ultimo ricordo.

~ ~ ~

"Una storia toccante..." sussurrò Lord Voldemort. La sua voce sibilante riecheggiò nelle vaste aule di pietra della prigione di Nurmengard. "Ma questo non risponde alla mia domanda, vecchio mago: dov'è la Elder Wand? Chi la possiede, ora?"
Grindwelwald lo osservò con disprezzo. "Non ce l'ho avuta. Mai avuta. Il nome mi giunge nuovo. Potrebbe essere dappertutto, chissà...?"
La faccia di Voldemort si contrasse dalla furia. Molte miglia più in là, la ferita di un ragazzo continuava a far male.
"Non mi dirai niente allora, eh? Non hai paura di morire, vecchio?"
Grindwelwald sorrise. "Ovviamente no. Però, o mio Signore... a vederti così, mi sembra che sia tu ad averne una paura folle."
L'uomo abbassò gli occhi verso il terreno. "Tu sei nato per essere immortale e conquistatore. Non come me. Esattamente come qualcuno mi disse, anni e anni fa."
Spostò la testa dall'altra parte, perso in ricordi lontani. "Albus..." sussurrò. "Avremmo potuto fare grandi cose..."
Lord Voldemort si infuriò ancora di più a sentire quel nome maledetto, quel nome odiato, quell'ossessione che covava fin nel profondo.
"AVADA KEDAVRA!", urlò.
Le pareti di Nurmengard tremarono. Grindwelwald era morto.
"Paura della morte" urlò Lord Voldemort. "IO, PAURA DELLA MORTE! IO SONO IMMORTALE, SONO IL SIGNORE DELLA VITA!"
Alzò la mano al cielo. "MI SENTI, DUMBLEDORE? IO SONO LORD VOLDEMORT. NON TEMO LA MORTE! NON LA TEMERO' MAI!"
Uscì dalla cella della prigione, simbolo di un potere e di malvagità che si era perso nel corso degli anni.
Ora era lui, solo lui, il padrone eterno di tutto e di tutti. Nessuno dietro di lui, nessuno davanti a lui.

  
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