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Autore: drunkwithwords    29/04/2013    1 recensioni
Gli Anni di Piombo e il cambio di governo vissuti dai fratelli Luciano e Flavio Vargas.
[2p! North Italy, 2p! South Italy]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 2p!Hetalia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premesse: questa storia è ambientata dopo la caduta del Fascismo ('43), nel periodo di Storia italiana che va sotto il nome di Anni di Piombo. Indicativamente comprende gli anni '70 e i primi anni '80. E sì, il cambio di tempi verbali è voluto, spero non sia troppo fastidioso.

Luciano non ricorda nulla prima di Re Vittorio Emanuele, nulla prima di Mussolini. Erano la sua casa, la sua vita, ed egli aveva servito entrambi egregiamente.

Adesso che sono caduti, insieme con i rispettivi poteri, e la Repubblica s'è fatta, Luciano non sapeva perchè fosse ancora vivo. Sarebbe stato molto più onorevole morire con loro, essere appeso ed esposto per quello che ha fatto, piuttosto di...

piuttosto di questo.

Il suo mondo -più o meno il centro storico di Roma- ai suoi occhi era ingiallito, così le persone che incontrava, che lo guardavano senza alcun'emozione, così i palazzi e le strade della sua amata città capitolina. Luciano cercava -non lo si può negare- il Fascismo, cercava il suo Duce nelle piccole cose, nella gente di Roma; nè il Presidente, nè tantomeno la popolazione volevano aver nulla a che fare con lui, però. Così, nel giro di pochi anni, i suoi occhi erano diventati di un grigio perlato simile a quello del cielo terso, bianche erano le sue mani e tutto il resto, sicchè si rese conto di star vivendo in un mondo in scale di grigio.

Un giorno, dopo esser uscito dall'ufficio, si sedette su un muretto di delimitazione all'interno del centro storico, e poggiò al suo fianco la valigetta e un pacco, avvolto nel cellophane. Iniziò la sua piadina appena comprata, alzando gli occhi quasi distrattamente alla piazza di marmo che si stagliava tutt'intorno e davanti a lui. L'edificio imponente che la coronava, quasi un arco di trionfo moderno, era probabilmente l'unica cosa a non aver cambiato colore dai tempi del Fascismo. Quella piazza era indiscutibilmente capace di confortarlo.

Dopo qualche minuto, si ricordò del pacco che aveva ricevuto quel giorno in ufficio. Mise la piadina avvolta sopra la valigia e con cautela -ricordando quanto ci avesse speso- aprì il pacco. Osservò il grosso telefono cellulare con aria assorta, poi gli venne un'idea. Lo accese, seguendo le istruzioni. Alzò l'antenna e compose attentamente un numero che poteva ben dire di conoscere a memoria; il telefono iniziò ad emettere vari suoni. Appoggiatolo all'orecchio in attesa, tornò a guardare la piazza, la gente che informe gli passava davanti.

Improvvisamente, gli scricchiolii e i ticchetii del telefono si fermarono, e al loro posto una voce assonnata, lontanissima, raggiunse l'orecchio dell'italiano.

"Chi è, a quest'ora?" Quando Luciano rispose, potè sentire il ghiaccio percorrere tutta la linea, arrivargli all'orecchio. Forse non era proprio il miglior rapporto che due fratelli potessero avere, il loro, ma al momento parlare con una voce nota, seppur odiata, non poteva che rassicurarlo; così si affrettò ad aggiungere che "non voglio che parlare. Succede di rado, ma...mi devi aiutare, Flavio. Non ti farò più...male." portò una mano alla fronte. Sentì le solite parole, piene di sferzante sarcasmo, dalle quali passava il messaggio che sì, poteva andare a casa del fratello. Annuì e in qualche modo si arrangiò a spegnere quel marchingegno, poi si alzò, prendendo la valigetta; la piadina mezza mangiucchiata cadde a terra.

In tram, osservò le persone passargli davanti velocemente, lasciarsele dietro, le strade, gli edifici...alzò gli occhi al cielo grigio - e di che colore, altrimenti? - e sospirò. Forse poteva capire perchè fosse andata a finire così, parlando con il fratello, no? Abbassò lo sguardo...chi cercava di prendere in giro? Il fratello era completamente estraneo alla politica. Era un vizioso, egocentrico bastardo, ecco tutto. E, putroppo, Luciano aveva solo lui.

Le pubblicità, la propaganda che stava assorbendo la periferia della sua Roma, lentamente stava cambiando.

Cambiando in un modo che Luciano non ricordava da tanti, tanti anni.

Le cose iniziavano ad colore. I cartelloni, i vestiti e le persone della periferia, quelle che non ha mai incontrato. Colorate, come solo dei giovani negli anni Settanta possono essere.

E Luciano, che all'apparenza non poteva avere più di vent'anni -vent'anni da un sacco di tempo, però- si rendeva conto di quanto fosse vecchio.

Sceso dal tram, era l'unico uomo grigio in un mondo di colori. In un mondo nuovo. Fece un isolato a piedi, gli occhi grigi ancora più avidi di colori degli occhi di un bambino.

Luciano si trovava davanti alla casa del fratello, quando si rese conto di chi Flavio fosse in realtà. Avesse avuto ancora le armi addosso, le avrebbe poggiate in atteggiamento di remissione davanti alla sua porta.

Flavio era un vizioso, egocentrico bastardo. Dalla sua Caduta, era stato Flavio a governare l'Italia.

Luciano se ne tornò a casa, ricco di nuovi e crudeli colori.

   
 
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