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Autore: G_wen    29/04/2013    0 recensioni
Tratto dalla storia:
"- Perchè non hai paura? Perchè non vai via? - domandò con un tono gelido.
Lui rimase immobile e in silenzio.- E perchè tu hai paura? - rispose.
Sgranò gli occhi sorpresa, ma allo stesso tempo infastidita. Strinse i denti per trattenere la sete, quella maledetta voglia di sangue.
- Io non ho paura! - urlò.
- Sento il tuo cuore battere violentemente da quì. Vuoi dirmi che non è paura? -"
[...]
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 

 
 
 
 
 
Era tardi. Forse mezza notte, anche più. La donna uscì di casa silenziosamente, non potendo però evitare lo scricchiolare della porta.
Aveva due enormi valigie in mano, all'apparenza molto pesanti. Indossava un giaccone lungo quasi fino alle ginocchia, intorno al collo una grossa sciarpa per coprire il viso.
I capelli volavano appena, soffiava un leggero vento che delicatamente le sfiorava le guancie arrossate.
Con fatica si recò all'auto che l'attendeva sul ciglio della strada di fronte a casa sua.
Sicuramente si stava chiedendo se fosse davvero pronta. Se quello che stava facendo fosse davvero la cosa giusta da fare.
D'un tratto, un'altra sagoma apparve sull'uscio, la porta aperta. Era un ragazzo, che molto lentamente si diresse verso la donna, fermandosi sui gradini della verandina di casa.
- Allora hai deciso. - disse serio, rimandendo nell'ombra.
La donna poggiò delicatamente le valigie sul terreno e fece segno all'autista che l'attendeva, di caricarle in auto.
Poi lo osservò per un po'; forse non sapeva cosa dire. O voleva semplicemente guardarlo, per ricordarlo così com'era, il suo ragazzo.
Si avvicinò a lui e gli prese una mano.
- Sei cresciuto molto, lo sai? Papà sarebbe fiero di quello che stai diventando. - e terminò con un accenno di sorriso, felice ma anche triste, perchè consapevole di dover abbandonare chi più amava.
Lui le levò lo sguardo di dosso e mollò la presa della mano. Si era voltato per non mostrare la lacrima che in quell'istante aveva percorso il suo viso.
- Non essere triste per me, Cal. Io starò bene e sono sicura che anche tu riuscirai ad andare avanti da solo. Sei grande ormai, ragazzo! - e pronunciò le ultime parole con una leggera ironia, ma non riuscì a strappare neanche un sorriso al suo ragazzo .
- Io non sono sicuro di potercela fare. Questo è un periodo difficile, per tutti e due. Dovresti starmi vicino, invece te ne vai. -
Mai si sarebbe aspettata di sentire uscire dalla bocca del proprio figlio quelle parole. Aveva sempre appoggiato silenziosamente ogni sua decisione. Ora la guardava con sdegno e disapprovazione, ma in fondo, in quello sguardo, c'era anche un po' di tristezza.
- Non ho altra scelta. - disse la donna, con una leggera smorfia in viso. Aveva la pelle ancora molto giovane ma si poteva intravvedere già qualche ruga attorno agli occhi e alla bocca. Segni che la facevano sembrare ancora più una donna stanca e triste.
- Lo so. - affermò poi, tutto d'un fiato, il ragazzo. E strinse forte la madre tra le braccia. - Ti auguro di essere felice laggiù. Non dimenticarti di scrivermi. Anzi...non dimenticarti di me. -
La donna lo strinse ancora più forte: - Non potrei mai. -
Il ragazzo la lasciò andare. Lei lo guardò per ancora qualche secondo, poi si voltò e entrò nell'auto che velocemente la portò via, da chissà quale altra parte del mondo.
Lui sapeva che non l'avrebbe più rivista, ma in fondo era quello che insieme avevano pianificato. Una fuga dal mondo, da quel mondo che la faceva sembrare una pazza agli occhi di tutta la cittadina. Da quando il padre era morto e nessuno era riuscito a trovare ne il corpo ne il colpevole, la madre si era decisa ad indagare. Solo dopo svariate ricerche era riuscita a raggiungere una probabile conclusione; una conclusione che però non era assolutamente possibile per nessuno. Fu proprio Cal il primo a dirle di smetterla con le sue fantasie, che anche se il dolore per la morte del marito era troppo forte, doveva cercare di andare avanti e lasciar stare tutto. Alla fine lei stessa si era abbandonata all'idea che in fondo suo figlio avesse ragione, stava esagerando. Era addirittura arrivata a sospettare l'esistenza dei vampiri.
Tutti gli abitanti di quel paese seppero delle ricerche che aveva fatto, così ogni volta che andava a fare compere o in giro per la piazza, la gente la scrutava con sguardi accusatori e le mamme allontanavano i propri figli. Non c'era una persona che non credeva avesse problemi mentali e psicologici.
Per questo aveva deciso di andare via, dove nessuno la conosceva. Perchè stava diventando pazza davvero, in mezzo a quella gente che la credeva tale.
 
Cal rientrò subito dentro casa, non appena vide sparire l'auto di sua madre, nel fondo della strada.
Era stanco, ma non aveva assolutamente voglia di dormire.
Lei si fida di me. Lei crede che io ce la possa fare. Non mi conosce affatto. continuava a pensare.
Si diresse in camera sua e senza neanche pensare un attimo, aprì il secondo cassetto del comodino accanto al letto. Scostò velocmentè gli oggetti che vi erano all'interno fino a trovare una bustina contenente ciò che gli serviva.
Era da un po' che la teneva nascosta. Più o meno da quando il padre era scomparso. La madre il primo periodo non usciva neanche dalla sua stanza, così aveva imparato a cavarsela da solo a casa; ma non era facile. Niente era facile. Lei si imbottiva di farmaci antideprssivi e psicofarmaci, questi ultimi le li aveva prescritti il medico quando aveva iniziato a sospettare dell'esistenza di esseri soprannaturali. Insomma...anche se avesse voluto, non si sarebbe potuta occupare certo del figlio, in quelle condizioni.
Cal aveva acquistato la prima dose di droga dal suo migliore amico, Jonah. Credeva, anzi, sapeva che non ce l'avrebbe fatta a reggere la situazione.
Pur avendola acquistata non l'aveva mai utilizzata. Tenerla nascosta nel cassetto lo faceva sentire comunque più forte, perchè sapeva che se sarebbe crollato, se la sarebbe potuta cavare ugualmente. E ora stava crollando.
Non appena la tirò fuori dal cassetto, la poggiò sulla scrivania, l'aprì e ne getto appena su di un foglio.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di ignettarsela con una siringa, o di inspirarla col naso. Ne mise a sufficenza insieme al tabacco, nella sigaretta. Così sarebbe stato più facile e si sarebbe sentito meno un drogato.
Prese la sigaretta pronta e uscì di casa.
Si sedette sul dondolo nella veranda, al fresco. C'era meno vento di prima, ma quel poco che riusciva a sfiorarti era davvero freddo. Il dondolo era ricoperto da foglie secche e fiori secchi, caduti sicuramente la scorsa primavera dall'albero lì accanto. Era da tanto che nessuno si sedeva lì.
Portò la mano, che stringeva fra le dita la sigaretta, vicino alle labbra. Con l'altra l'accese e così iniziò ad aspirare.
Era qualcosa di forte, ne un sapore ne un odore, era qualcos'altro. Inizialmente tossì, ma poi si sentì meglio.
Jonah sapeva già che ne avrebbe fatto uso, così gli aveva dato solo una piccolissima quantità della più innoqua.
A Cal bastò per levare via quel peso che da mesi si portava tra le braccia, quasi nello stomaco. Un peso insopportabile che non gli rendeva facile la vita.
Chiuse gli occhi e gettò a terra la sigaretta consumata solamente per metà.
Pensò a suo padre. Non sarebbe stato certo fiero di quel che aveva appena fatto.
Pensò a quel giorno, al giorno in cui era sparito. Cal sapeva che sarebbe tornato quel giorno dal viaggio d'affari. Lo stava aspettando proprio lì, seduto sul dondolo della vernada, ma non appena aveva visto la sua sagoma in fondo alla strada, avvicinarsi, era entrato dentro casa. Non voleva farsi vedere fuori, voleva salutarlo per bene non appena avesse aperto la porta. Ma non l'ha mai fatto. Non è mai tornato a casa. E se solo lui fosse rimasto lì fuori, ad aspettarlo, forse l'avrebbe potuto salvare, o almeno saprebbe chi o che cosa l'ha portato via.
Non credeva alle ipotesi della madre sull'esistenza dei vampiri, ma sapeva che chiunque avesse ucciso e portato via suo padre, non era uno qualunque perchè nessun'agente era mai riuscito a trovare una traccia o una prova che portasse al colpevole. Niente, se non delle piccole goccie di sangue appartenenti a suo padre.
 
Chi è stato papà? Chi ti ha portato via?
Domandò osservando il cielo, che sembrò tutto d'un tratto riempirsi di stelle.
  
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