Serie TV > Veronica Mars
Segui la storia  |       
Autore: Sghisa    29/04/2013    3 recensioni
A qualche anno di distanza dalla fine del college, a Neptune si incrociano nuovamente i sentieri di vecchi amici. Un mistero sembra celarsi dietro alle loro ordinarie e serene vite. Un mistero che li riunirà.
Genere: Romantico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Documento senza titolo

Piccoli grandi passi

Erano state giornate molto dure per lei. Si era svegliata intontita in un letto di ospedale e non aveva la più pallida idea del perché si trovasse lì. Le lenzuola ruvide e l'odore di disinfettante. Quella era stata la sua prima sensazione, e quell'odore se lo era portato dietro per molti giorni, per settimane. Anche perché, nonostante l'avessero dimessa, non aveva lasciato l'ospedale di Neptune se non per fugaci visite a casa di suo padre, dove faceva una doccia veloce prima di tornare di corsa al reparto di terapia intensiva. Questo pellegrinaggio era durato giorni, ma lei non aveva mai mollato. A nulla erano valsi la stanchezza, i rimproveri del padre, i muscoli doloranti, le scuse delle infermiere, gli ordini dei medici. Anche lei era in fase di recupero: la quantità di GHB che Patterson le aveva somministrato in quella maledetta stanza d'hotel era massiccia, e le erano occorsi tre giorni prima che gli effetti passassero del tutto. Tre giorni in cui l'avevano bloccata a letto con la forza. Tre giorni di tormenti. Logan era a pochi passi da lì, ma lei non poteva andare da lui.
In tanti però erano andati da lei. Suo padre prima di tutti, ma anche Wallace con sua madre - Keith e Alicia si erano timidamente salutati nel corridoio - e poi Mac e Dick, che le avevano portato le poche notizie su Logan che erano riusciti a carpire a un'infermiera meno riservata delle altre.
"Come diceva sempre qualcuno, si devono baciare un po' di rospi…" aveva risposto vago Dick alla domanda di Veronica su come fosse riuscito a ottenere quelle informazioni segretissime. Segrete perché nessuno di loro era un parente del signor Echolls, e solo i parenti del signor Echolls sarebbero stati informati dal Dottor Evans, nessun'altra. Comunque Logan era stazionario. L'attività cerebrale c'era, ma non si era ancora svegliato dopo la lunga operazione. Sette ore in sala. La pallottola aveva perforato il fianco, attraversando l'intestino, risalendo verso lo sterno e scalfendo due dei tre strati dell'aorta. Logan respirava grazie a un macchinario e il suo corpo si nutriva attraverso una flebo. I medici l'avevano messo in coma farmacologico, aspettando che l'organismo si riprendesse. Non lo avevano ancora svegliato.
Nella stanza di Veronica si erano alternati molti amici, molti più di quelli che si ricordava. Eli e Parker, Jackie, Leo e Angela, ma anche Corny, il preside Clemmons, Trina tornata di fretta dalle Haway dove stava partecipando a un reality. E poi Duncan, colui che aveva salvato lei ma che soprattutto aveva slavato Logan. Come l'unico erede di casa Kane aveva varcato la porta, Veronica era scoppiata a piangere. Lui era rimasto interdetto per un breve momento sulla soglia, poi si era avvicinato al letto e le aveva sorriso.
"E' tutta colpa delle droghe, sappilo. Veronica Mars non piange mai!" e aveva continuato a singhiozzare sotto lo sguardo divertito del giovane rampollo.
Poi l'avevano dimessa, ma lei non aveva lasciato l'ospedale. Si era intrufolata nel reparto dove Logan occupava una stanza tutta per sé. Veronica era entrata, in silenzio, cercando di fare meno rumore possibile e non sapendo bene come comportarsi. Dietro una tendina Logan era sdraiato in un letto bianco, troppo bianco. E da quelle lenzuola immacolate sbucavano un sacco di fili e tubi. Alcuni entravano nel suo corpo, altri uscivano. Ma soprattutto, tutti facevano un gran rumore. Chi soffiava, chi bippava, chi gocciolava. E nel silenzio innaturale, quasi ovattato di quella stanza che puzzava di disinfettante e farmaci, per quanto delicati fossero tutti quei suoni si trasformavano in un baccano infernale. Come fa a non svegliarsi con tutto questo rumore? Come fa a non accorgersi di avere aghi, tubi, cerotti che gli martoriano la pelle, che penetrano nella sua carne? Logan, come fai a non provare fastidio, prurito, dolore? Poi gli guardò il volto e si rese conto che un tubo era infilato nella sua gola. Un macchinario pompava aria nei suoi polmoni, aria che serviva a Logan per sopravvivere, aria che Logan non riusciva a recuperare da solo. Senza esitare, senza riflettere, si avvicinò al letto e strinse la mano di Logan, lasciando libero il dito indice, da cui partiva un sondino per le pulsazioni cardiache. Al polso portava un braccialetto che indicava il suo codice di previdenza sociale, la data di ospedalizzazione, il reparto, il medico di riferimento. Non avrebbe permesso che Logan fosse ridotto a quel braccialetto. Lo decise in quel momento, e da allora non abbandonò quasi mai quella stanza, quella mano, quella persona.

 

---------------

 

Era diventata una routine, per sette lunghi giorni l'aveva ripetuta. Si svegliava la mattina prima che iniziasse il primo turno della giornata delle infermiere, si vestiva e si fondava in ospedale. Lì, aspettava che cominciassero a uscire le prime che staccavano dal turno di notte. Stanche e annoiate facevano poco caso alle porte, e spesso si dimenticavano di chiuderle. Tanto c'avrebbe pensato qualcuno poco dopo. E così, approfittando della distrazione delle infermiere sgattaiolava nel reparto di terapia intensiva. Senza preoccuparsene raggiungeva la stanza di Logan, che lasciava solo quando arrivavano i medici per le visite. Quello era per lei il momento di lavarsi, nutrirsi, parlare con qualcuno che le potesse rispondere. La visita durava solitamente 45 minuti. 45 minuti nei quali Veronica tornava un essere umano, prima di ripiombare nell'oscurità e nella disperazione di chi aspetta il risveglio di qualcuno.
Era diventata così una routine che quando Logan si svegliò lei inizialmente non se ne accorse. Scambiò quel leggero tremito per un suo movimento involontario. Ma quando la coscienza riprese pieno possesso del corpo di Logan Echolls, e il tremito si fece decisamente troppo forte per essere ignorato, Veronica sussultò e reagì all'istante. Quando vide gli occhi di Logan aperti e imploranti di liberarlo da quel supplizio, seppur in lacrime, Veronica reagì. Chiamò il dottore e vide la fine del tunnel, non sapendo che ci sarebbe voluto ancora un po' prima di emergere nella luce calda e non artificiale del sole.
Furono settimane impegnative per tutti loro. Per altri due giorni Logan fu costretto a tenere il respiratore artificiale, perché i polmoni avevano subito danni non indifferenti. Per comunicare segnava le lettere su un foglio di carta plastificata. Era penoso per Veronica vedere quell'uomo così forte improvvisamente debole e fragile. Ma al contempo era felice, immensamente felice, perché quell'uomo era vivo. Il respiratore venne presto sostituito da una maschera ad ossigeno, che permetteva a Logan di parlare e di nutrirsi. Quello che non passò fu il terrore nei suoi occhi. I farmaci antidolorifici, specialmente la morfina, hanno una piccola controindicazione: agiscono sul sistema nervoso, provocando nelle persone in coma sogni vividi. A volte questi sogni sono piacevoli e divertenti, ma sulla psiche martoriata di Logan Echolls che era sopravvissuto all'omicidio della fidanzata, al suicidio della madre, ad un padre violento, non ebbero certo l'effetto calmante e rilassante che ci si poteva aspettare. Le sue paure ataviche erano tornate a fargli compagnia, e erano così vivide da sembrare vere. Aveva visto suo padre, si era buttato dal Coronado Bridge con sua madre, aveva assistito impotente all'omicidio di Lilly, aveva visto morire Veronica. per fortuna almeno quest'ultima cosa non era vera, e Veronica era con lui ogni giorno ad affrontare il lungo e difficile periodo di riabilitazione.
Presto lasciò il reparto, e fu trasferito in una clinica privata dove l'avevano rimesso in sesto. Due settimane di riabilitazione per recuperare la muscolatura andata persa nei dieci giorni di coma. E poi era arrivato il momento di tornare a casa. Fu in quel momento che si rese conto che non voleva tornare a Los Angeles da solo, in quella casa piena di scale e senza affetto. Non era ancora autonomo e non lo sarebbe stato per un bel po'.

 

---------------

Era un pomeriggio di sole, e lui, Duncan e Dick stavano chiacchierando al sole, mentre Veronica e Mac erano andate con i bambini a prendere un gelato. Logan aveva fatto una lunga camminata, ed aveva ancora il fittone. Dick gli porse una bottiglia d'acqua. "Allora domani ti dimettono, eh, amico? Dobbiamo proprio festeggiare, che ne dici?"
"Prima che ne dici se mi riprendo? Non penso di essere pronto per una festa vera e propria. Una rampa di scale è per me come scalare l'Everest…"
"Dove andrai?" gli domandò Duncan, cogliendolo alla sprovvista.
"Non so… magari prendo una stanza al Grande… insomma, io e te DK abbiamo molto di cui parlare. Dieci anni da recuperare… e poi c'è Veronica. Non ho ancora capito cosa vuole fare. E non ho capito se il suo futuro mi coinvolga oppure no…"
"Perché non vieni a stare da me? Io ho preso in affitto un villino in riva al mare. Io e Lilly saremmo contenti di avere ospiti. E in dieci minuti di macchina Veronica potrebbe essere da te… che ne dici?"
La proposta arrivò così inaspettata che Logan parlò senza riflettere.
"Perché no?"
E così fu che Logan si trasferì a casa di Duncan Kane.

 

---------------

Le giornate per Veronica trascorrevano serene. Logan si stava riprendendo in fretta, ma comunque lei si era presa una lunga pausa dal lavoro e passava le sue giornate a casa Kane con Logan, Lilly e Duncan. Come era strano… sembrava quasi che i fab-four fossero tornati. Si respirava un'aria diversa, di serenità, di spensieratezza. Spesso capitavano lì Dick e Mac con i bambini, e anche Wallace e Jackie. Quando erano tutti assieme per Veronica era come vivere in un sogno. Non riusciva a ricordare un momento così sereno nella sua vita. Dalla tragica morte di Lilly era stato un precipitare infinito e indeterminato verso lo socnforto, la rabbia e la solitudine. Anche gli ultimi anni, passati nella città degli angeli, erano stati cupi e freddi per lei. Si era sempre tenuta lontana dalle persone.
Ma lì, nella villa sulla spiaggia di Duncan, assieme ai suoi amici, con i bambini che gridavano e correvano alzando nuvoloni di sabbia… lì sentiva che poteva essere finalmente felice. Che poteva cominciare a fidarsi degli altri, una volta per tutte. Per questo non vide arrivare il colpo basso che la persona a lei più cara le stava tirando. E non fu preparata a riceverlo.
Era una domenica come le altre. Avevano fatto una grigliata sulla spiaggia dopo che Dick e Logan, quest'ultimo dalla spiaggia, avevano guidato i bambini sulle loro prime onde. Dick voleva che suo figlio diventasse un surfista di professione, e Mac gli lasciava credere che glielo avrebbe promesso. Dopo la grigliata erano finiti tutti sul bagnasciuga a costruire castelli di sabbia. Avevano improvvisato una gara a squadre, composta da due adulti e un bambino. Poi avrebbero decretato tutti assieme il vincitore.
Veronica e Wallace, assieme a Lilly, avevano deciso di costruire una foca. La piccola era appena andata a riempire il secchiello d'acqua per compattare la struttura, mentre Veronica e Wallace continuavano il lavoro.
"Allora V, quali sono le tue intenzioni? Pensi che ti fermerai qui a lungo?"
Veronica si fermò e lo guardò stupita.
"Perché?"
"Beh ora che tu e Mr. Logan…"
Veronica lo interruppe bruscamente.
"Alt alt alt, vecchio mio. Non c'è nessun Mr. Logan. Non c'è nulla e nessuno in grado di riportarmi in questo posto per un periodo di tempo medio-lungo. Nemmeno Mr. Logan, che, per la cronaca, è solo un amico."
Si, perché tra ospedali e riabilitazioni, Veronica e Logan non erano riusciti a chiarirsi. Forse perché nessuno dei due voleva fare il primo passo, voleva affrontare la questione. Perché una volta aperta, non si sapeva come sarebbe andata a finire.
"Piuttosto tu, Air Fennell, cosa avete deciso tu e Jackie?" gli domandò la bionda da dietro la spalla.
"Io e Jackie, mia cara, siamo ok. I preparativi fervono e io sto cercando casa. Una bella casa grande dove poter stare tutti assieme. Io qui ho un lavoro, Jackie suo padre. E poi lei è una PR, non avrà problemi a ambientarsi in California e a trovare un lavoro." rispose, gongolante. "E adesso che ti ho fregata, tocca a te darmi una qualunque forma di spiegazione. Veronica, cosa hai intenzione di fare? Quel ragazzo non può aspettarti per sempre".
"Aspettarmi?" rispose lei sdegnata "E' lui che è andato a letto con metà delle subrette della TV…"
"Si, ma non ha fatto altro che pensare a te tutti questi anni. Sai com'è, noi uomini abbiamo le nostre necessità… ma questo non vuol dire che non rimaniamo fedeli con il cuore e la mente a una persona. E tu sei quella persona. Non fingere di non saperlo, come io non fingerò di non sapere che anche tu hai pensato a Logan tutti questi anni, e che è il motivo per cui non sei mai riuscita a trovarti un uomo decente."
Lilly stava tornando.
"Dovrete prendere una decisione: dovrete capire se volete stare assieme o meno. E poi capire dove volete farlo." Si alzò "Se posso dire la mia, ti vorrei qui con me, con noi…" Si pulì le mani sul costume e concluse "Conosco un detective privato che avrebbe proprio bisogno di una mano. Se vuoi te lo faccio conoscere. Sta giusto giusto venendo da questa parte!" e andò in contro a Lilly con altri tre secchielli vuoti.
Veronica si voltò a guardare il suo migliore amico. "Comunque stavo pensando di fermarmi a Neptune ancora per un po'!" gli grodò contro. E continuò a fissare il suo migliore amico.

Suo padre. In spiaggia. Cosa ci faceva? Le scarpe in mano stava arrivando dal parcheggio. Non era vestito da spiaggia, niente asciugamano, niente giornale. Keith Mars la vide e la salutò con la mano. Quando fu abbastanza vicino le fece segno di rimanere a lavorare la sabbia, che sarebbe tornato subito. Poi le sorrise e si avviò verso Logan e Mac che stavano costruendo una sirena assieme a Tessa. I due uomini si salutarono, poi Keith tutto serio si rivolse a Logan che annuì. L'uomo più vecchio alzò il giovane ad alzarsi e poi i due si avviarono in direzione opposta rispetto a quella in cui si trovava Vreonica.
La tentazione di intromettersi era fortissima, ma lei sapeva benissimo che non avrebbe dovuto. Che non era giusto, che non aveva nessun diritto di impicciarsi degli affari degli altri. Però, insomma, due degli uomini più i portanti della sua vita stavano confabulando tra di loro tenendola all'oscuro. Non era ammissibile.
Si alzò, convinta che li avrebbe seguiti. Magari sarebbe anche riuscita ad avvicinarsi abbastanza. Poi li osservò, e vide una cosa che la sorprese: suo padre guardava Logan negli occhi con un rispetto che non cedeva possibile. Lo stava trattando come un suo pari, non come un ragazzino viziato, come un ribelle, un violento. E allora, sorridendo si sedette. Non aveva nessun diritto di interrompere quel momento magico.
E così ricominciò a fare la sua scultura di sabbia.

-------------

Avevano finito la gara. Keith era stato nominato giudice. Aveva vinto il capolavoro di Parker, Duncan e uno dei gemelli, un guantone da baseball. Avevano giocato la carta della passione sportiva e avevano vinto. Era ora di merenda, Mac aveva portato il gelato per tutti e si stavano avviando verso la casa di Duncan, quando una voce che la chiamava fece girare Veronica.
"Tesoro, hai due minuti?" il volto teso, le mani in tasca. Keith Mars aveva qualcosa di veramente importante da chiederle. Camminarono in silenzio verso il portico. Sembravano tutti spariti, all'improvviso. Attorno a loro il silenzio che accompagna il tramonto e l'aria fresa dall'oceano. Si sedettero sulle scale di legno ruvido, levigato dal sale e dall'aria di mare. Keith inspirò profondamente e poi la guardò con tutta la dolcezza possibile. "Come stai, tesoro?"
"Bene" rispose lei, sincera. Perché stava veramente bene.
"Ne hai passate tante nell'ultimo periodo, lo so. E so che tu e Duncan avete ancora in ballo la questione dell'operazione…"
"Non più. Oggi, prima di andare in spiaggia gli ho comunicato la mia decisione. Siccome so che andrà tutto bene e che lui tornerà a occuparsi di sua figlia nel giro di pochi, pochissimi giorni… beh fare la babysitter momentanea non mi crea grossi problemi. Pensavo di fermarmi ancora un po' da queste parti, darti una mano con il lavoro, prendermi una pausa da Los Angeles e tutto quello che ne consegue. Traffico, stress, gente famosa a ogni angolo. Un po' di tempo fuori dalla metropoli non può farmi che bene!"
"E come l'hanno presa Duncan e Logan?"
"Erano stupiti, quais esterrefatti. Direi che non se l'aspettavano…"
Keith la fissò a lungo, poi l'abbracciò stretta.
"Forza papà, spara. Non può essere così brutta, e come puoi vedere io sono di ottimo umore. Cosa può essere di così tragico?"
Keith abbassò lo sguardo e poi le strinse la mano.
"Tesoro, devo chiederti un favore. Un favore immenso, ma sappi che lo faccio per te. Perché i fantasmi del proprio passato vanno affrontati prima o poi, meglio prima che diventino fantasmi veri e propri. Ne ho parlato con Logan ed è daccordo con me. E' un bravo ragazzo, Veornica, non prenderlo in giro questa volta."
Veronica lo fissò dubbiosa.
"Di cosa stai parlano?"
"Mi ha chiamata tua madre. Vorrebbe incontrarti. Vorrebbe il tuo perdono, e io penso sia ora per te di lasciarti alle spalle tutto questo rancore."
A bocca aperta, incapace di rispondere, Veornica non si accorse dello scalpiccio di piccoli piedi. Due paia di occhi curiosi la stavano squadrando. Poi una vocina.
"V'nica, 'io Kit, gelato!"
Si voltarono e la tensione fu smorzata dai gemelli, ricoperti di gelato dalla testa ai piedi.

--------------------

Due giorni dopo Veronica era in macchina. Da sola. Stava guidando verso sud, i finestrini abbassati. La sua meta era la villa dove sua madre e Jake Kane vivevano nel periodo estivo, a picco sulla scogliera a qualche chilometro dal confine con il Messico. Stava andando ad affrontare il suo fantasma personale, la sua grande delusione: sua madre.
Sapeva che Duncan e Lilly erano già lì, ma sapeva anche che non avrebbe passato un'allegra giornata al mare.
Suonò il campanello e il pesante cancello in ferro battuto si aprì automaticamente, silenzioso come sua madre quando l'aveva abbandonata. Era stata silenziosa tutte e due le volte. Parcheggiò la macchina sotto un albero grande e frondoso, ma ben curato. Non fece in tempo a scendere che Lyanne Kane le stava già venendo in contro. Era invecchiata, la pelle non più liscia, l'andatura più ingobbita e lenta. Ma rimaneva comunque una bella donna, lo era sempre stata del resto. Veronica sbattè la portiera e si sistemò gli occhiali da sole: nessuna emozione doveva trapelare. Però quando sua madre la abbracciò con trasporto, cogliendola di sorpresa e piangendo come una bambina, Veornica non riuscì a trattenere tutti i sentimenti repressi: la rabbia, la frustrazione, il dolore, ma soprattutto la nostalgia. Scoppiò a piangere, mestamente e dignitosamente, come solo Veronica Mars poteva fare.
Parlarono, a lungo, sedute per terra sotto l'albero frondoso. Si raccontarono quei dieci anni. Si arrabbiarono. Risero. Scherzarono. Piansero ancora. E Veronica, finalmente, cominciò a perdonare sua madre, le sue debolezze e le sue paure.

------------------------------

Quando entrarono in casa le accolse l'odore di pane fatto in casa e di pizza cotta a legna.
Lilly corse tra le braccia di Veronica e cominciò a raccontarle della stupenda giornata che aveva passato del mare, dei cani, 4, che popolavano la villa. Della piscina e del campo da basket. "Papà e nonno stanno giocando. Anche se è più vecchio, il nonno vince sempre. Vuoi venire a fare il tifo per papà?" domandò la bambina, letteralmente trascinando Veronica per un braccio.
Quando uscirono, le tre ragazze, rimasero in silenzio a guardare gli uomini che si sfidavano.
"Temevo che saresti finita con lui. Per fortuna non è stato così…" disse Lyanne a un certo punto.
"Perché?" domandò Veronica.
"Perché tu meriti di meglio di un Kane…" sorrise la madre, prima di applaudire all'ennesimo canestro del marito.
Duncan osservò Veronica.
"Che te ne pare?" domandò.
"Di cosa stai parlando? Della tua scarsa abilità come giocatore di basket o dello sfoggio di testosterone? Ciao Jake…"
"Veronica." ripose lui in tono sereno mentre abbracciava la moglie.
"Ma no, sciocca, del campo da basket…" la richiamò Duncan
"E' un campo da basket…" rispose lei.
"E' un regalo…"
"E per chi?"
"Ma come" fece Duncan, asciugandosi il sudore dalla fronte "Per il matrimonio di Wallace!"

Spazio Autrice
Meno uno. Il prossimo sarà l'ultimo!
Grazie a tutti quelli che seguono e commentano :)
Good Night

 

P.S. Formattao il mac NVU non esiste per questa versione di OS quindi sperimento con Dreamweaver... il font non mi piace :(

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Veronica Mars / Vai alla pagina dell'autore: Sghisa