_Cuore e Cervello_

Bulma tornò a casa sbattendo la porta e singhiozzando.

Vegeta allungò il collo dal divano per guardarla. Si era allenato tutto il giorno e aspettava la cena da quella stupida terrestre.

Ma qualcosa gli diceva che stasera la cena non gliel'avrebbe preparata.

L'aveva sentita litigare in laboratorio con suo padre.

Chi non l'aveva sentita? Aveva gridato come... beh Vegeta scelse una metafora molto poco fine.

Bulma corse in lacrime in camera sua e sbattè pure quella porta.

Se non la smette, tutte le porte di questa casa cadranno a pezzi.... che stupida, pensò Vegeta.

Vegeta si alzò agilmente dal divano, non sapeva perchè ma non ce la faceva più a stare seduto.

Forse, pensò, era la fame.

Andò verso il frigo, lo aprì e tirò fuori una birra. Se la scolò tutta in un fiato.

Si chiese se Bulma avrebbe voluto una birra in quel momento.

La sentiva piangere dalla sua camera.

Salì le scale.

Raggiunse la sua camera.

Accostò l'orecchio alla porta.... sì, piangeva ancora.

Ma cosa aveva fatto quel coglione di suo padre per farla piangere così?

Si promise di tirargli un cazzotto appena l'avrebbe visto.

Mise la mano sulla maniglia. Così, istintivamente, senza pensarci.

Quando vide che la sua mano stava per aprire la porta, il suo cervello cercò una ragione per farlo.

Perchè dovrei entrare?, si chiese, sono affari suoi. A me non importa. Però....
La sentì singhiozzare. Vegeta non ce la faceva più.

Se quella stupida non la smetteva di piangere, non sarebbe riuscito a dormire quella notte... Doveva farla smettere.

Entrò.

Senza chiedere permesso, senza bussare.

Nello stile Vegeta.

Bulma alzò gli occhi dal cuscino.

"Ecco ci manchi solo tu adesso!"

"La smetti di piangere, donna?"

"Ma sta zitto! Cosa cavolo vuoi saperne di me?"

Vegeta si zittì.

Cosa ne sapeva in fondo, di quella terrestre? Ormai era da un po' di tempo che si allenava nella sua Gravity Room.... ma quante volte poteva affermare di aver parlato con lei? Due. Tre al massimo.

Però lei era diversa. Era intelligente. Aveva preso dal padre.

Sicuramente non da quella gallina della madre, pensò il sayan.

E poi era bella. Quel corpo da favola, quei capelli azzurri come il cielo, quegli occhi profondi come l'universo...

Vegeta si stupì di pensare quelle cose.

E prima che il cervello potesse fermare il corpo, lui si era già avvicinato a lei.

Bulma lo guardò strano. Probabilmente si stava chiedendo che cavolo chi faceva lì il sayan.

I suoi occhi pieni di lacrime, incrociarono quelli di Vegeta, neri e impassibili, come al solito.

Vegeta non parlava. Si limitava a fissarla.

Poi le sue braccia partirono verso di lei. Il cervello del sayan si chiese che cazzo stesse facendo.

E prima che se ne potesse rendere conto, Vegeta la stava abbracciando.

Stava abbracciando la ragazza.

Bulma rimase rigida un attimo, poi ricambiò l'abbraccio e scoppiò in singhiozzi.

Le sue spalle si muovevano a scatti a causa del pianto.

Vegeta la strinse più forte.

Una sua mano passò attraverso i lunghi capelli azzurri, l'altra le accarezzò la schiena.

Rimasero abbracciati per molto tempo.

Vegeta la lasciò sfogare. Per tutto il tempo che le serviva.

Finchè Bulma non si fu calmata.

Quando smise di piangere, il sayan si sciolse dall'abbraccio.

E così come era venuto, se ne andò.

Senza dire una parola. Senza una spiegazione.

Lasciando Bulma a bocca aperta.

Il sayan chiuse la porta della camera e le augurò mentalmente buona notte.

Poi scese in soggiorno a farsi una birra. Anzi, più di una.

Avrebbe bevuto fino a che il suo cervello avrebbe smesso di chiedersi perchè l'aveva abbracciata.

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