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Autore: Acolyte of Evil    19/11/2007    0 recensioni

...l'oScUrITà aVvOlGe LeNtaMeNtE oGnI cOsA...
...ORIGO PESSIMAE NOCTIS FIERAE...
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In Tenebris

1. Origo

L’Oscurità significa Buio.
Buio significa Notte. 
E la Notte significa che la caccia deve continuare.
L’uomo sorride. 
Poveri stupidi cani. 
Latrati e denti scoperti per nascondere la loro paura.
Occhi nittalopi tesi a frugare l’oscurità, il buio
la notte, per scoprire da dove arriverà
la preda che si è trasformata in cacciatore.
Lui è uno e nessuno.
"IO UCCIDO" GIORGIO FALLETTI


"Be', allora alla prossima!"
"Si, ci vediamo!"
Mi allontanai barcollando. Era stata davvero una grande serata! Mi ero divertito, avevo bevuto e non avevo pagato un centesimo! In effetti, pensavo allora, la parte brutta delle cose è che poi finiscono… Come mi sbagliavo! Era notte fonda, camminavo, ripensando alla sera appena trascorsa. In quella stretta via di periferia l'unico rumore a turbare la tranquillità della notte era lo scalpiccio sordo dei miei passi sconnessi sul vecchio marciapiede. Ogni tanto sentivo una macchina passare in qualche vicolo vicino. Fermandomi al semaforo mi sorse un dubbio: avevo fatto bene a girare a sinistra a quel bivio? Forse, dopotutto, avrei dovuto prendere la strada a destra… In effetti, questa non sembrava la via che percorrevo solitamente: c'eran troppi attraversamenti e non riconoscevo gli edifici che mi scorrevano accanto. Questa era decisamente la strada sbagliata… Mi voltai, deciso a tornare indietro, ma non riconobbi neanche il tragitto già percorso… Che fare? Decisi di avanzare fino a trovare un punto di riferimento, ma improvvisamente mi resi conto che non conoscevo per niente quella zona…
"Ehi, tu!"
Mi voltai sorpreso. Era un vecchio a chiamarmi. Camminava un po' curvo e mi guardava con uno sguardo calmo e attento come quello di una pantera in agguato. Era una figura trasandata, come di qualcuno disoccupato da mesi, eppure la sua voce roca riusciva a trasmettere una forza strana, misteriosa, per la quale ignorarlo diventava quasi impossibile. Giurerei di aver visto uno scintillio rosso sangue nei suoi profondi occhi azzurri, non fosse che probabilmente era il riflesso del semaforo dietro a lui. Portava un lungo impermeabile nero, che gli arrivava fino al ginocchio, sotto al quale s'intravedeva la fine di un paio di pantaloni neri.Lo fissai sorpreso, da dove era arrivato? Non l'avevo certo sentito arrivare, né capivo cosa potesse volere da me, a meno che fosse in cerca dei miei soldi… Assunsi un'aria sospettosa: e se avesse tentato di prendermeli? Non sapevo se, ubriaco com'ero, sarei riuscito a tenergli testa…
"Io?"
Mi si avvicinò lentamente, fissandomi. Per un lungo istante sembrò valutarmi e soppesarmi, come a decidere le sue prossime parole. Poi d'improvviso mi apostrofò con aria concitata gesticolando:
"Non sai che questo è territorio di caccia degli Anosìi?"
Spalancai gli occhi, meravigliato: chi o cosa erano gli "Anosìi"?
"Cosa? Non…"
M'interruppe bruscamente, come se io gli stessi facendo perdere tempo. Stringendomi un braccio, urlò:
"Vattene! Vattene subito!"
Gli allontanai la mano lurida dal mio corpo protestando:
"Ma…!"
Lui però non mi lasciò il tempo di proseguire e con voce cupa e solenne sentenziò:
"Sei stato avvertito!"
Detto ciò si voltò e imboccò un'altra via, come sordo ai miei richiami. Dopo un breve attimo di riflessione, decisi di non dare troppo peso alle parole di un povero vecchio ubriaco. Troppo tardi ricordai che avrei potuto chiedergli indicazioni. Mi guardai in giro. Attorno a me solo buio, intravedevo lontano i cancelli di un edificio pubblico, forse un liceo, ma era difficile esserne sicuri. Deciso che tergiversare non sarebbe servito a niente, attraversai la strada: sarei andato avanti fino a trovare un cartello che mi chiarisse dove mi trovavo. Continuai a camminare a lungo, finché finalmente vidi in lontananza una placca scura di metallo con su scritto qualcosa che a quella distanza non riuscivo a leggere. Mi avvicinai correndo, poi mi arrestai di colpo: la scritta non era stampata, era dipinta con un liquido rosso scuro ed era in greco.

ΤΟ ΑΙΜΑ ΣΟΥ ΑΙΡΗΣΟΜΕΝ

"COSA?"
Urlai dalla frustrazione: dov'è ch'ero finito?! Solo il silenzio mi rispose. Ero sul punto di girarmi per tornare indietro nella speranza di ritrovare la strada quando sentii un rumore alle mie spalle. Mi voltai di scatto pronto a difendermi… e mi trovai di fronte a sette lupi dagli occhi inniettati di sangue. Bloccato dalla paura li guardai per un istante, quindi feci per scappare ma qualcuno dietro di me mi prevenne.
"Fermo!"
Mi fermai. Sentii delle mani posarsi sulle mie spalle. In quel momento una sensazione stupenda ma allo stesso tempo agghicciante mi invase, sentivo lentamente sparirmi dalla testa tutti i problemi e formarsi una crescente eccitazione. Una voce femminile mi sussurrò sensuale nell'orecchio:
"Ora sei… Mio!"
E imprrovvisamente sentii il collo venir trafitto da aguzze zanne, mentre un gemito di bramosia ed estasi, cui subito fece eco un altro, risuonava, ma non avrei saputo dire di chi di noi due fosse ciascuno. Si nutriva di me! Non riuscivo a fare a meno di pensare che volevo che non si fermasse più, che continuasse a farlo fino all'ultima mia goccia di sangue. Era come se, drogato dopo una settimana di crisi di astinenza, improvvisamente avessi avuto accesso alla sostanza agognata in gran quantità. In quegli interminabili istanti non vedevo né sentivo più niente, ero pervaso da una sensazione di estasi trionfale che comprendeva tutti e cinque i sensi: la percepivo come una cosa sola e universale, della cui immensità mi sentivo una particella minuscola ma fondamentale.
Non so per quanto tempo tutto questo sia andato avanti, ma ad un certo punto sentii qualcuno parlare. Era però una sensazione strana: quello che percepivo era un suono lontano, remoto, come schiamazzi, provenienti da un pianeta distante e che non mi riguardavano veramente. Per di più quel poco che sentivo non lo capivo, benché suonasse familiare.
"Νυκτάγαπη... Μηκέτι… θανοῦται!"
E improvvisamente tutto finì. Mi sentivo debole, molto debole… come svuotato. Restai immobile, il ruvido del marciapiede sotto di me, con gli occhi spalancati che non vedevano niente.
  
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