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Autore: Sayuri_92    30/04/2013    6 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Anime, Serie tv e Sentimenti" indetto da Bakakitsune.
Dalla storia: Si era crogiolata nel dolore, aveva cresciuto Trunks convinta di non poter fare nulla ed aveva atteso che qualcuno li salvasse. Non serviva obbligatoriamente una forza fuori dal comune per partecipare a quella battaglia. Lei poteva farlo anche stando in panchina, da esterna, poteva dare il suo contributo in altro modo. || Piccola e breve storia con protagonista Mirai Bulma. Ecco come, secondo me, questa forte donna ha iniziato la sua lotta. Avviso che è molto triste.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Mirai!Bulma, Mirai!Trunks, Nuovo personaggio, Trunks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Più forte del dolore
 
Calde e copiose lacrime rigavano il viso di una donna, rannicchiata sul proprio letto in posizione fetale. Singhiozzava e si disperava da interminabili ore, cercando un conforto che non sarebbe arrivato. Il suo corpo era in preda ad un tremore che sembrava non volersi fermare. 
Affondò la faccia contro il cuscino, ripetendosi mentalmente che non avrebbe potuto fare altrimenti, che quella era stata la scelta più giusta. 
Tuttavia, il suo auto convincimento non diede risultati. 
Riusciva ancora a sentire le sue grida, riusciva a percepire l'odore del sangue. Nella sua mente erano rimasti impressi quei due occhioni sofferenti, quelle iridi scure così pure e spaurite.
Si portò le mani alla testa, cercando di scacciare quei ricordi, di allontanare tutte quelle sensazioni che la stavano uccidendo dentro.
Lei, Bulma Brief, era una donna distrutta. 
Come poteva continuare a vivere dopo quanto successo? Come poteva perdonarsi? 
" Mamma? Mamma, dove sei? " 
Una voce puerile si espanse nell'aere. Bulma si mise a sedere di scatto, asciugandosi come meglio poteva le lacrime. Fu tutto inutile. Non ne volevano sapere di fermarsi.
" Mamma? " 
La porta della sua camera si aprì e, davanti ai suoi occhi gonfi e rossi, apparse la sua ragione di vita, l'unico motivo per cui ancora non si era recata in bagno a tagliarsi i polsi.
Suo figlio Trunks, un bambino di appena otto anni, si avvicinò a lei preoccupato. Indossava degli abiti sporchi di terra, strappati in più punti, ed aveva uno zigomo livido.
" Trunks, che ci fai già qui? " balbettò la donna, non riuscendo ad assumere un tono di voce normale. Far finta di nulla era difficile, impossibile.
" Ho finito prima l'allenamento con Gohan, mamma ... Ma che ti è successo? Perchè stai piangendo? " domandò il piccolo, scrutando con attenzione il corpo della madre. 
Aveva dei tagli sparsi su gambe, braccia e viso, ma non sembrava essere ferita gravemente. Ciò che più lo preoccupava, però, era il suo stato d'animo. 
Anche se aveva appena otto anni, conosceva bene quella sofferenza. Aveva assistito più e più volte a pianti disperati, al dolore che si impadroniva delle persone che avevano perso tutto. In quel momento la sua mamma gli apparve come una di quelle persone ed il suo cuore non potè che soffrirne.
" Mamma ... " balbettò il bambino, poggiando delicatamente le mani sulle sue spalle. Lei continuava a singhiozzare, senza rispondergli " ... sono stati quei Cyborg? Cos'è successo mentre non c'ero? " proseguì, ponendole l'unica domanda che gli sembrasse sensata.
C'entravano sempre loro, quei maledetti androidi. Ogni giorno seminavano morte e distruzione, senza remore o rimpianti. Loro non avevano un cuore, erano solo due macchine spietate che si divertivano a fare del male. 
" Trunks ..." balbettò Bulma, mordendosi il labbro inferiore.
Odiava mostrarsi a quel modo davanti a suo figlio, detestava che lui facesse parte di quel mondo carico di dolore in così tenera età. Eppure quello che lei vide davanti ai suoi occhi non era un bambino. Il suo sguardo era quello di un ragazzino cresciuto troppo in fretta, che già conosceva la crudeltà e le difficoltà della vita, forse in modo fin troppo accentuato.
Si sporse verso di lui, abbracciandolo con forza.
Era ironico pensare come cercasse un po' di coraggio dalle corte braccia di suo figlio, dal suo piccolino. Lei era il genitore, lei sarebbe dovuta essere forte, ma, in quel momento, non riuscì a far altro che abbandonarsi ad un pianto disperato, poggiando la fronte sulla spalla di Trunks e tenendolo stretto a sè come mai aveva fatto prima di quel momento.
Il bambino non disse una parola e si limitò a stare vicino alla sua mamma. 
A volte parlare non serviva a nulla ed accettò tacitamente di aiutarla a sfogarsi, di fargli da spalla, quella spalla che sarebbe dovuta essere di suo padre. 
 
Edifici distrutti, corpi privi di vita, sangue ovunque. Lo scenario che si prospettava davanti agli occhi di Bulma era orribile.
Gli androidi avevano attaccato un piccolo centro vicino la città dell'ovest, luogo in cui lei si era recata a comprare qualcosa da mangiare. Non poteva scegliere giorno più sbagliato. 
Ne era uscita quasi illesa, miracolosamente. Non comprendeva nemmeno lei come fosse possibile, ma attribuì la sua salvezza a Vegeta, a Goku, a tutti i suoi cari che erano morti: In fondo al suo cuore voleva credere che le fossero ancora vicini, che la proteggessero giorno dopo giorno.
Si alzò in piedi, accusando un dolore alla gamba destra. Probabilmente si era ferita o fratturata qualcosa, ma poteva ritenersi più che fortunata. Quasi tutti ci avevano rimesso la vita e lei se l'era cavata con qualche graffio o danno di poco conto.
I Cyborg se n'erano andati. Avevano portato a termine il loro obiettivo, avevano distrutto l'ennesima città e strappato altre vite. 
Con gli occhi ricolmi di lacrime, Bulma zoppicò tra le macerie, alla ricerca di qualche superstite. Per quanto temesse il ritorno di quegli androidi, non poteva ignorare quella povera gente. Se ci fosse stato anche un solo sopravvissuto oltre lei, l'avrebbe trovato ed aiutato.
Un conato di vomito le salì lungo la gola quando i suoi occhi notarono pezzi di corpi umani sparsi ovunque, accompagnati da interiora e cadaveri irriconoscibili. Se l'era immaginato migliaia di volte, sapeva che fin troppe persone venivano letteralmente distrutte, ma mai si era trovata di fronte ad un simile scenario.
Le gambe le tremarono e non riuscirono più a sorreggerla. Iniziò a respirare a fatica, sforzandosi di non rigettare. Si portò una mano alla bocca, singhiozzando in modo spasmodico. Tutto quello era troppo. Sarebbe crollata, la sua mente non avrebbe retto se solo un urlo non l'avesse riportata alla realtà, un urlo le fece ricordare il perchè si trovasse ancora in mezzo a quelle macerie, in mezzo a quei macabri resti. Qualcuno era vivo. 
Bulma dedusse che si trattasse di un bambino. Il suo tono di voce era squillante, acuto. Si alzò di scatto in piedi, seguendo quelle grida disperate. 
Si guardò intorno, fino a quando non lo vide. A pochi metri da lei, con la parte inferiore del corpo schiacciata da un masso enorme, si trovava un faciullo. Era piccolo, probabilmente non aveva nemmeno sei anni.
Zoppicò verso di lui, con il fiato corto. Gli occhi le bruciavano e le lacrime scendevano ancora lungo le sue gote. 
" Ehi, ehi ... Tranquillo piccolo, adesso ti aiuto, ok? " disse Bulma, inginocchiando al suo fianco. Per quanto si sforzasse di avere un tono rassicurante, le parole le uscirono incrinate, tradendola.
Gli carezzò la fronte, scrutandolo attentamente. Lui continuava ad urlare, ad agitarsi come una tigre in gabbia che voleva disperatamente uscire. Soffriva ed il suo dolore era quasi palpabile nell'aria.
La donna non sapeva cosa fare. Quel masso era troppo pesante perchè riuscisse a spostarlo e lo sapeva bene, eppure la disperazione del momento la portò a provarci lo stesso. Poggiò le mani sulla ruvida superficie del marmo e spinse con tutta la sua forza. I piedi pressarono così tanto sulla terra da lasciare un solco profondo, ma quel masso non si spostò nemmeno di un millimetro.
Cadde sulle ginocchia, affranta. Quelle grida la stavano distruggendo interiormente. Lei era lì e non poteva fare assolutamente nulla per salvarlo.
" Fa male, fa male! Basta! Basta! " gridò il piccolo, piangendo disperatamente.
Bulma realizzò solo in quel momento che non ci fosse nulla da fare. Anche se l'avesse liberato in qualche modo, anche se fosse riuscita a portarlo da qualche dottore, le sue ferite erano troppo gravi perchè potesse sopravvivere. Aveva un grande squarcio lungo il ventre e probabilmente molte ossa rotte. La quantità di sangue persa era eccessiva e, pur non trattandosi di un medico, le risultò fin troppo palese la struggente realtà.
" Basta! Fallo smettere! Fa male! Basta! " urlò ancora il piccolo. 
La donna tornò immediatamente al suo fianco, scrutandolo con occhi carichi di dolcezza e dolore. Perchè un bambino doveva soffrire a quel modo? Perchè non poteva donargli sollievo in alcun modo? Per un istante si immaginò suo figlio al suo posto ed il cuore le si strinse. 
" Fallo smettere, ti prego ... " 
A differenza delle volte precedenti, le parole che uscirono dalla bocca del ragazzino non furono solo una manifestazione di tutto il male che stava provando, ma una vera e propria richiesta d'aiuto, una supplica.
Il colpo di grazia le fu dato dalla sua piccola manina che si aggrappò alla propria maglia, tirandola con forza. Il suo sguardo non aveva nulla di gioioso o felice, non c'era spensieratezza o voglia di vivere, c'era solo un profondo desiderio di morte, di porre fine a tutto quel dolore.
" Io ... io non posso. " balbettò Bulma, impaurita. Sapeva cosa fare per donargli sollievo, ma non ne aveva coraggio e si sforzava disperatamente di trovare un'altra via, un'altra soluzione. C'era sempre un altro modo, sempre.
" Ti prego, ti prego! Fa male, basta! " 
Bulma non ce la fece più. Era così ingiusto farlo soffrire a quel modo ed era inutile continuare a sperare e scervellarsi. Lui sarebbe morto in ogni caso, bisognava solo stabilire come. 
Le sue mani si mossero da sole ed agguantarono un sasso grande come una noce di cocco. Lo sollevarono fino all'altezza del proprio volto.
Le braccia iniziarono a tremarle e ci fu un attimo di titubanza prima che le abbassasse, prima che quella pietra colpisse in piena fronte la piccola vittima.
Strizzò gli occhi, girando la testa di lato per non assistere alla scena, per non assistere al suo assassinio.
Si era appena macchiata di un crimine orribile, aveva tolto la vita ad un bambino ed anche se il tutto era stato fatto a fin di bene, un terribile macigno iniziò ad opprimerle il cuore.
Prima che il piccolo spirasse, prima che chiudesse gli occhi per sempre, Bulma lo scrutò per un ultimo istante e ciò che lesse nel suo sguardo la fece impazzire: non c'era traccia di odio o rabbia, ma solo un'immensa gratitudine.
Lasciò cadere il sasso a terra, fissando le proprie mani macchiate di sangue.
Tremò ancora ed i singhiozzi tornarono a smorzarle il respiro.
Si sentì tremendamente in colpa per quanto fatto, si sentì un mostro.
Si chinò sul corpicino del bambino, abbracciandolo d'istinto ed un urlo che racchiudeva tutta la sua disperazione, il suo odio per quei Cyborg ed il suo senso di colpa, si espanse nel luogo, un urlo destinato a non essere udito da nessuno.
 
Quella era la terza notte che Bulma passava in bianco, la terza che i ricordi di quel terribile giorno le tornarono alla mente. Sapeva di aver fatto la cosa giusta, di aver fatto finire le sofferenze di quel povero bambino, ma i sensi di colpa continuavano a tormentarla e l'orrore del suo gesto non le davano pace. In fondo al suo cuore sapeva che i responsabili erano quei dannatissimi androidi, che episodi simili si sarebbero verificati fino a quando qualcuno non li avesse eliminati.
Se solo ci fosse stato Goku, se solo non fosse morto a causa di quella terribile malattia, sicuramente le cose sarebbero andate in un altro modo.
Un pensiero improvviso le venne alla mente, un pensiero che la fece correre nel suo laboratorio.
Si fermò dinnanzi al suo tavolo da lavoro, lì dove generalmente disegnava i progetti delle sue invenzioni.
Fissò per interminabili minuti la fiala contenente la cura per la malattia che si era portata via Goku, quella cura che era riuscita a trovare solo sei anni dopo la sua scomparsa e che aveva posizionato sulla sua scrivania, certa che un giorno le sarebbe servita.
Si sedette di scatto sulla sedia, senza un motivo apparente, ed iniziò a disegnare. Accartocciò parecchi fogli, buttandoli alla proprie spalle. Ogni volta che commetteva un errore, anche minimo, ricominciava da capo.
Tutto le era improvvisamente apparso nella sua mente geniale, il da farsi era diventato così chiaro ed evidente. Si diede dell'idiota per non averci pensato prima. 
Ogni cosa sarebbe stata diversa se solo si fosse decisa a lottare in precedenza, se solo si fosse decisa a trovare il coraggio di combattere per la pace, per la loro libertà. Si era crogiolata nel dolore, aveva cresciuto Trunks convinta di non poter fare nulla ed aveva atteso che qualcuno li salvasse.  Non serviva obbligatoriamente una forza fuori dal comune per partecipare a quella battaglia. Lei poteva farlo anche stando in panchina, da esterna, poteva dare il suo contributo in altro modo.
Si maledisse per aver trovato la forza solo in quel momento. Forse avrebbe potuto evitare migliaia di vittime, forse avrebbe potuto salvare anche quel bambino innocente.
Passò le ore a progettare la sua nuova invenzione, senza nemmeno rendersi conto di quanto tempo stesse passando.
" Mamma ... che ci fai qui a quest'ora? " 
A parlare era stato il piccolo Trunks, in piedi dinnanzi alla porta del suo laboratorio mal ridotto. Si era svegliato da poco ed era ancora in pigiama. Si stropicciava gli occhi, fissandola con sguardo tra il preoccupato e l'assonnato.
" Sto lavorando, non lo vedi? Ho un'idea. " mormorò Bulma, avendo ritrovato il modo per andare avanti. Aveva finalmente uno scopo.
Trunks sorrise. Era stato molto in pena in quei tre giorni e rivederla combattiva lo rese felice, lo rianimò di speranza. Per quanto si sforzasse di apparire grande, lei era e sarebbe sempre stata il suo punto di riferimento.
" Ed a cosa lavori, mamma? " domandò il bambino, avvicinandosi alla donna. Si sporse in avanti, così da sbirciare il suo disegno. Gli sembrava un grosso polipo colorato in modo strano.
" A cosa lavoro? Ad una speranza per il futuro, Trunks. Parteciperò anche io alla battaglia contro gli androidi. Torneremo liberi. " mormorò Bulma, poggiando una mano sulla testa del figlio.
" Torneremo liberi grazie ad un polipo? " chiese ingenuamente il Saiyan, perplesso. Nella sua mente si immaginò una specie di robot con quella forma. Forse la mamma stava progettando un'arma più forte di quei Cyborg.
" Non è un polipo, anche se potrebbe somigliarci. È una macchina del tempo, un modo per cambiare le cose. " spiegò la scienziata, facendo brillare gli occhi del bambino.
" I Cyborg non esisterebbero più se tornassimo indietro nel tempo e li distruggessimo prima della loro attivazione? " 
La domanda del figlio fece sorridere Bulma. A volte sembrava un uomo, ma altre volte appariva come il bambino ingenuo e puro che era.
" No, tesoro. Modificheremo soltanto il futuro di un'altra dimensione. Purtroppo, cambiando il passato, si modificherebbe il futuro di quel posto, come se si trattasse di un mondo parallelo. " spiegò la donna, facendo rattristire il bambino.
" Quindi per noi non c'è speranza. " mormorò Trunks, arrivando a quella triste conclusione.
" Ti sbagli. Tu tornerai indietro nel tempo e darai la medicina a Goku, così che lui non muoia per la malattia che lo colpirà. Dopodichè lo porterai qui per qualche tempo e sono certa che riuscirà a sconfiggere quei dannati androidi. " spiegò Bulma, con gli occhi carichi di speranza.
La sua lotta per la libertà era appena iniziata. Non sarebbe più stata debole, non se ne sarebbe mai più stata con le mani in mano. 
Per vincere uno scontro bisognava combattere, bisognava avere coraggio ed essere sempre più forti del dolore.

 
The end

E finalmente scrivo qualcosa su Dragonabll. Lo so, è molto triste :( Quel bimbo mi ha fatto una tenerezza assurda. Questa è la mia personale visione di come Bulma si sia decisa a costruire la macchina del tempo, di come abbia trovato la forza ed il coraggio di combattere anche lei la sua battaglia >.< spero vi sia piaciuta. In questo periodo scrivo storie molto depressive o.ò. Ringrazio Noemi, una mia cara amica, per avermi dato l'ispirazione =)

Sayuri_92
   
 
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