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Autore: Laria_    30/04/2013    1 recensioni
Una scritta gialla lampeggia pigra sullo schermo nero: New York City – Gate 39.
Quella scritta rappresenta, al momento, tutto il mio futuro.
Sotto di essa, un'altra rappresenta il mio presente che va in frantumi: Boston – Gate 12.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Una scritta gialla lampeggia pigra sullo schermo nero: New York City – Gate 39.
Quella scritta rappresenta, al momento, tutto il mio futuro.

Sotto di essa, un'altra rappresenta il mio presente che va in frantumi: Boston – Gate 12.

L'aeroporto è in fermento. Molti ragazzi della mia età, soli o con le rispettive famiglie, lo affollano, eccitati.
Anch'io dovrei essere esuberante come loro.
Anch'io dovrei sprizzare gioia da tutti o pori.
Anch'io dovrei sentirmi libera.
Dovrei. Vorrei. Ma non la cosa non sembra fattibile.

Riesco solo a fissare quelle stramaledette scritte gialle, strizzando appena gli occhi nel tentativo di non piangere. Il Gate per New York aprirà entro mezz'ora. Quello per Boston esattamente venticinque minuti dopo.

“Da' qua” dice una voce alle mie spalle e qualcuno mi sfila dolcemente il bagaglio a mano dalle dita “Ti va di mangiare qualcosa?” sento una mano attorno alle mie spalle e mi costringo a voltarmi. Louis ha un sorriso smagliante, come sempre, ma nei suoi occhi intravedo qualcosa di diverso. Non ho bisogno di guardare oltre, di chiedere “Cosa c'è che non va, Lou?”. So già cosa c'è che non va. E comunque non me lo direbbe mai. Si sta impegnando per non farmici pensare (pur sapendo che è impossibile), eppure io so che ci pensa anche lui. Lo vedo nel suo sguardo e lo sento nella sua voce.

“Si, dai...” rispondo con voce un po' alienata, lasciandomi guidare verso il tavolino di un bar. Guardiamo il menù: cornetti, caffè, cappuccino, muffins, cioccolata calda... “Potrei avere solo una barretta di cioccolato per favore?”
“Al latte, bianco o fondente?” chiede educata una cameriera, con la penna pronta a scrivere sul taccuino.
“Fondente” rispondo, cercando di sorriderle.
“E per me un tè caldo con molto limone” conclude Louis, alzando gli occhi da menù e porgendoglielo.
La cameriera scribacchia qualcosa, afferra il menù e zampetta via.
Segue uno pseudo-silenzio. Noi taciamo, il resto dell'aeroporto parla frenetico. E' stressante.
“Vado in bagno” asserisco, evitando accuratamente di guardare Louis in faccia. Farlo scioglierebbe il nodo che ho in gola, facendomi piangere.

 

Inverosimilmente, il bagno è deserto e silenzioso. Il silenzio mi opprime, forse era meglio il rumore.
Poggio le mani sul piano del lavandino e fisso la mia immagine allo specchio. La prima cosa che noto è che ho gli occhi arrossati e lucidi, però non sto piangendo (almeno quello). Il resto del mio aspetto è incredibilmente curato, più di quanto non sia mai stato. I capelli, meno secchi del solito, sono accuratamente raccolti in una coda alta e bionda, e il viso è lo stesso di sempre, anche se un po' contratto. Faccio scorrere lo sguardo sulla mia maglia. Una scritta marrone su uno sfondo beige grida “New York University”. Non posso credere che fra un'ora partirò per New York. Ma soprattutto non posso credere che Louis non sarà con me.
Lui va a Boston. Mille volte ho pensato di chiedergli di venire a New York con me, di implorarlo, se ce ne fosse stato bisogno, ma altrettante volte le parole mi si sono fermate in gola, proprio dove ora c'è quel fastidioso nodo che non voglio sciogliere. Quell'università è sempre stata il suo sogno, chi sono io per impedirgli di realizzarlo?

 

Mi siedo nuovamente davanti a lui, al tavolino del bar dell'aeroporto e scopro che la cameriera mi ha portato la barretta di cioccolata che avevo ordinato. Louis si sta gustando il suo tè e non dice una parola. Afferro la barretta, la addento e in tre morsi è andata.

Una spia rossa sul monitor segna che mancano quindici minuti all'imbarco, devo andare.
Il mio ragazzo si alza prima di me, mi porge il bagaglio a mano e, cogliendomi di sorpresa, mi bacia. E' il bacio più dolce che mi abbia mai dato. Quello che significa di più.

“Mi mancherai da morire, Taylor”
Non ce la faccio a non guardarlo negli occhi mentre mi parla così. Inavvertitamente mi sfugge una lacrima. La voce mi trema.

“No, invece” rispondo, immancabilmente sarcastica. Accenno un sorriso e lui mi stringe forte.
“Scommettiamo?” dice dopo essersi allontanato. Incredibilmente, sorrido.
“Facciamo così” gli dico solenne “Quando ti mancherò così tanto da star male, tanto da morire... chiamami. Solo allora. Okay?”
Sorride anche lui, facendomi venire le farfalle nello stomaco. Mi accorgo che lo amo. Questo pensiero mi fa venire voglia di vomitare quelle farfalle. Mi viene da piangere e tutto si fa confuso.
“Okay”

Il volo per New York City partirà fra dodici minuti”

“Vai, Taylor” Scappo.

 

Sono sull'aereo e mi sto allacciando la cintura. Cerco di seguire la spiegazione della hostess, ma non riesco a pensare a niente. Vuoto, o quasi.

La hostess ha finito di illustrarci le misure di emergenza e il pilota sta dicendo qualcosa alla radio. Qualcuno applaude. La stessa ragazza che parlava delle uscite si sicurezza e delle bombole a gas sta passando a dirci di spegnere i cellulari. Prendo il mio dalla tasca.
Proprio mentre so per premere il tasto off lo sento vibrare. Guardo il nome sullo schermo: Louis.
“Quando ti mancherò così tanto da star male, tanto da morire... chiamami. Solo allora. Okay?”

Okay”

La hostess mi guarda preoccupata e capisco perché: non ho mai pianto così tanto in vita mia.

  
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