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Autore: SweetTaiga    30/04/2013    15 recensioni
"Ma se l’Amore che dice è una stretta al petto dovuta alla sua mancanza, un colpo al cuore ogni volta che mio padre rievoca con disgusto il suo nome, un sorriso ogniqualvolta mi addormento pensando a lei, allora ha ragione.
Forse i Malfoy non provano amore, ma Draco si."
Quando l'Amore trionfa, l'Odio cerca il modo di ostacolarlo. Sempre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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40. Quando noi eravamo qui



Eccoci qui. Finalmente siamo arrivati al capitolo finale.
“Siamo”. Noi.
Sembrerà una di quelle frasi fatte, ma credetemi se dico che senza di voi non sarei riuscita a finire questa storia.
Ho iniziato a scriverla un po’ per gioco, un po’ per sfidare me stessa, per mettermi alla prova.

Senza i vostri consigli e il vostro sostegno, avrei sicuramente perso. Mi sarei arresa. E invece no…
She Called it Love mi ha accompagnata in molti momenti importanti della mia vita; è triste concluderla, ma al tempo stesso sono sollevata.
Spero di trovare il tempo, un giorno, per rileggerla tutta e correggere eventuali errori o imprecisioni.
Non avevo un’idea precisa per la trama; sono andata avanti di capitolo in capitolo, di scena in scena.

Mi auguro che il risultato non vi deluda.
Grazie per avermi seguita fin qui.
Grazie a chi ha recensito, grazie a chi ha seguito la storia in silenzio, grazie a chi mi ha contattata privatamente.
Vi chiedo ancora scusa per avervi fatto aspettare così tanto per gli ultimi capitoli.

Da lettrice, so quando sia snervante l’attesa.
Da scrittrice, non avrei potuto desiderare dei lettori più pazienti e meravigliosi di voi.
La canzone di questo capitolo è anche per voi: “If it has to end I’m glad you have been my friend in the time of our lives”.
Grazie.

E, per l’ultima volta ( almeno per questa storia! ), buona lettura!





 
This is where the chapter ends
and new one out begins
time has come for letting go
the hardest part is when you know

All of these years when we were here are ending
but I'll always remember

We have had the time of our lives
and now the page is turned
the stories we will write
[Qui è dove un capitolo si chiude
ed uno nuovo inizia,
è arrivato il momento di larciarsi andare…
la parte più difficile è quando capisci che
tutti questi anni in cui noi eravamo qui stanno per finire
ma io ricorderò per sempre..
Noi abbiamo vissuto le nostre vite
ed ora la pagina è stata girata…
le storie che noi scriveremo…]






Nuvole nere all’orizzonte; è ormai mattina inoltrata, ma è come se fosse già sera.
Il castello è  una macchia scura alle nostre spalle.
Persino il campo da Quiddictch è deserto, neanche uno studente annoiato sugli spalti; qualche uccello solitario attraversa il cielo, silenzioso, rispettoso, in attesa come tutti noi.
Il funerale sta per iniziare.
Due lunghe file di panche in legno pregiato sono state poste accanto al lago, e ogni studente sta lentamente prendendo posto, con il volto basso e gli occhi gonfi.
Il fatto che ci siano state meno perdite di quanto tutti ci aspettassimo non rende meno pesante il fardello che portiamo sul petto.
Amici, compagni, conoscenti… morti per la follia di un’unica anima corrosa dall’odio.
Avremmo potuto fare di più, avremmo dovuto farlo, ma soprattutto avremmo voluto.
I sensi di colpa albergano in ognuno di noi: se avessi scagliato prima quell’incantesimo, se mi fossi spostato, se l’avessi ucciso, se fossi riuscito a salvarlo. Subito dopo una vocina interioriore inizia a parlare, prima piano, quasi sussurrando, poi più forte, fino ad urlare: perché lui? Perché lei? Ma soprattutto: perché non io?
Che diritto abbiamo noi di essere qui riuniti a piangere giovani uomini e donne come noi?
Che diritto abbiamo noi di essere sopravvissuti?
Poi lacrime, mani tese, abbracci.
Messo da parte l’odio, la concorrenza, la voglia di emergere, il bisogno di sentirsi diversi, l’ambizione, l’onore, la competizione, siamo tutti uguali.
Quattro casate diverse, decine e decine di persone diverse, unite come solo il dolore sa unire.
L’anno scolastico è ormai giunto al termine. Quest’anno non ci saranno festeggiamenti, non ci saranno saluti gioiosi, non si sente nell’aria la fremente eccitazione per il ritorno a casa, per le vacanze, per il mare, per il sole, per i genitori.
Vorremmo restare solo qui, immobili, insieme agli amici che non ci sono più e a quelli che grazie a un misterioso ed inaspettato miracolo ci sono ancora accanto.
Accanto alei che, come schiuma portata via dal mare, è andata via.
Ci voltiamo; librando nell’aria, guidati dai professori, avanzano lentamente le bare dei nostri compagni.
La sua, piccola e splendente, chiude la fila.
Stringo la mano a Ginny, alla mia destra. Ron, al mio fianco, ha gli occhi arrossati per l’emozione.
Daphe singhiozza alle nostre spalle; Blaise, Theodore e Pansy sono immobili, con gli occhi persi nel vuoto.
Neville e Luna, a turno, posano fiori candidi accanto ad ogni lapide.
Anche tutti noi, così diversi, siamo persi nello stesso dolore.
Insieme abbiamo conosciuto l’ansia, l’attesa, la speranza, l’amore, la voglia di riscatto, la vendetta; come fratelli e sorelle legati dallo stesso sangue, abbiamo tessuto rapporti inscindibili.
Mi chiedo cosa si provi a perdere una sorella, e improvvisamente mi accorgo di saperlo. Una lacrima solitaria mi riga il viso, poi un sorriso.
« Harry », mi sussurra Ginny, tirandomi verso di sé. Solo allora mi accorgo che la cerimonia è ormai finita, che i singhiozzi attorno a noi sono diventati più forti, che le mani tremano e gli occhi sono gonfi.
Mi guardo intorno; tutti insieme, serpi e grifoni ci avviciniamo alla sua tomba.
Incise nella pietra vi sono le parole che Daphne ha scelto:

“A Astoria:
alla bambina che è stata
e alla donna meravigliosa che sarebbe potuta diventare.”

Mi chiedo come sarebbe perdere una sorella.
E, pur condividendo il dolore per le perdite che tutta la scuola ha subito: Hermione è viva.
La sorella che non ho mai avuto è salva.
Cerco con gli occhi la finestra dell’infermeria; dietro una di quelle finestre giace la giovane donna che abbiamo rischiato di perdere.
Dietro una di quelle finestre, veglia su di lei il giovane uomo che è riuscito a tenerla tra noi.

 






We have had the time of our lives
and I will not forget the faces left behind
it's hard to walk away from the best of days
but if it has to end, I'm glad you have been my friend
in the time of our lives

[Abbiamo vissuto insieme i nostri giorni migliori
e io non dimenticherò mai i volti lasciati indietro.
E’ difficile andara via dai giorni migliori
ma se questo deve finire, sono grato che tu sia stato mio amico
nei momenti più belli della nostra vita]





Ho deciso di restare all’interno del castello, tra queste mura rassicuranti, accanto al suo letto.
Le accarezzo lentamente i capelli; ciuffi ribelli si avvinghiano alle mie dita.
Non posso smettere di piangere.
Ciò che ho perduto – ciò che tutti abbiamo perduto – va ben oltre la nostra comprensione. Nessuno di noi riuscirà mai ad accettarlo. Guardo da lontano la cerimonia funebre a cui non ho avuto il coraggio di partecipare.
Mi chiedo come sia possibile che una vita – molte vite, in realtà - sia spezzata con tanta facilità; tempo fa, mesi fa, forse non avrei pianto così sfacciatamente. Tempo fa, forse, la morte non mi avrebbe neanche sfiorato. Forse non avrei provato sentimenti, o almeno sarei riuscito a opprimerli, a ricacciarli nel mio cuore, a chiuderli con un lucchetto e a buttare la chiave.
Ora invece no. Ora sono diverso.
Ora piango per la morte di Astoria, dell’ombra che per tanti anni mi ha seguito con ammirazione e devozione, della sorella che non ho mai avuto, della moglie che probabilmente sarebbe diventata per me, se non avessi conosciuto Hermione.
Ho ripensato spesso a lei, dopo la battaglia. Alla sua fragilità ed al suo bisogno di emergere.
E continuo a piangere, perché ha trovato il modo sbagliato: è andata contro i suoi stessi principi, contro la sua stessa natura, contro la sua sottile dolcezza che così tenacemente tentava di nascondere.
Ci ha traditi, è vero, ma prima ancora di tradire noi ha tradito se stessa.
E non posso odiarla per questo.
Mi chiedo se anch’io avrei fatto la sua stessa fine, se Hermione non mi avesse preso per mano e portato dalla parte giusta, dalla parte dei buoni.
Mi chiedo se qualcuno avrebbe pianto per me.
Qualcuno sarebbe stato mosso a compassione nel vedere il mio cadavere inerme, i capelli scomposti sul volto, la bacchetta ormai lontana dalla mia mano, gli occhi vuoti?
Qualcuno avrebbe cercato di salvarmi, avrebbe controllato se il mio cuore batteva ancora, se c’era una speranza? O si sarebbe limitato ad infliggermi un’altra maledizione, per assicurarsi che fossi morto?
Un Mangiamorte in meno: ecco cosa avrebbero pensato.
Ed io li avrei capiti.
Avrei capito il loro odio, la loro rabbia verso di me, ma non li avrei perdonati, perché un Malfoy non perdona.
E poi, perdono o meno, sarei morto. Da solo.
Piango. Piango e per l’ennesima volta in questi mesi mi trovo ad ammettere di avere paura.
Non paura di morire: non è ciò che temo.
Ciò che mi spaventa, ciò che ora davvero mi preoccupa, è di morire da solo.
Piango e sono felice, perché Astoria ha qualcuno a cui mancherà, perché ha tutti noi. E vivere nel cuore di chi continua a vivere è come non morire, no?
Bramo questo tipo di immortalità.
Bramo una vita che non mi faccia temere la morte, ma la solitudine.
Asciugo gli occhi con la manica della camicia e guardo fuori, cercando di mettere a fuoco il panorama. La cerimonia è ormai giunta al termine; vedo i professori alzare le bacchette verso il cielo, seguiti dai miei compagni.
Intravedo Potter e Weasley tra le file, a capo chino.
Posso immaginare cosa stiano pensando. E se fosse stata Hermione? Se tra quelle pareti di legno ci fosse stato il suo corpo inerme?
Astoria ha rappresentato per noi ciò che Hermione è per loro: una sorella, un’amica, una speranza.
Hermione è stata così vicina alla morte che ancora non riesco a credere di non avela persa.
Eppure è proprio qui, distesa sul letto, accanto a me; il suo respiro è flebile, ma il suo cuore batte.
Stringo le sue mani fredde tra le mie.
Le lacrime continuano a scendere, ma questa volta sono di sollievo.
Hermione è ancora qui con me.
Non è andata via.
E’ qui.




It’s hard to walk away from the best of days
but if it has to end, I’m glad you have been my friend
in the time of our lives
[E’ difficile andare via dai giorni migliori
ma se questo deve finire, ti sono grato per essere stato mio amico
nei momenti più belli della nostra vita]





Avrei dovuto ascoltarla.
Avrei potuto ascoltarla.
Avrei potuto fare di più.
Avrei potuto semplicemente fare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Avrei potuto giudicare di meno.
Avrei potuto proteggerla, salvarla, aiutarla, sorreggerla.
Avrei potuto stringerle la mano e dirle che tutto sarebbe andato bene, che non doveva preoccuparsi, che non era sola.
Ma ora è troppo tardi. Ora la sua mano è fredda e immobile, i suoi occhi non si specchiano più nei miei.
E’ stato facile odiarla, dare la colpa a lei, desiderare che non fosse mai esistita; è difficile ammettere di averla persa, comprendere che nonostante tutto vorrei che fosse qui, a seguirmi come un cucciolo sperduto, a fingere di essere forte per poi baciarmi la guancia prima di andare a dormire.
Magari avrei dovuto seguirla.
Andare con lei, dirle di fermarsi, di restare qui. Di restare con me.
Avrei potuto, voluto, dovuto…
Tutto ciò che posso fare è rimpiangere il passato.
Mi piacerebbe poter dire “Farò ciò che posso, ciò che voglio, ciò che devo, pur di proteggerti”.
Ma non posso promettere nulla, non ora, non adesso. E’ troppo tardi.
Sento voci attorno a me, ma non voglio ascoltare.
Qualcuno mi afferra per le spalle, scuotendomi.
Non voglio vedere. Lasciatemi sola. Lasciatemi qui.
« Daphne! Daphne! »
Sì, Daphne è il mio nome. Lo so. Ma non voglio rispondere, non voglio parlare. Non con loro, non con te.
« Daphne! »
Astoria, dove sei?
Perché non sei qui?
Perché io sono viva?
Perché non tu?
Così giovane.
Così bella.
Dovresi essere qui.
« Pansy, spostati », dice qualcuno.
Le mani che mi avevano afferrato lasciano andare le mie spalle. Finalmente.
Sono sola.
Sono sola?
Ora sono davvero sola?
Aspettate.
Ma io non voglio restare sola.
« Non lasciatemi sola! », mi ritrovo ad urlare, senza alcun motivo apparente.
Lentamente i miei occhi ricominciano a vedere ciò che mi circonda; i miei sensi si riattivano. Ormai è notte fonda. Quanto tempo è passato? Ha iniziato a piovere. L’acqua fresca mi scorre sul viso, svegliandomi.
Metto a fuoco. Il volto di Blaise è a pochi centimetri dal mio.
« Non sei sola, ok? Non lo sarai mai »
Annuisco, incapace di emettere alcun suono. Ho la gola secca. Mi guardo intorno. Oltre le panche di legno vedo due figure; si avvicinano.
Solo quando sono a pochi passi da me riesco a riconoscerne i volti.
Hermione, pallida in viso, cammina aggrappandosi a Draco.
Solo in quel momento realizzo ciò che sta succedendo: nel dolore in cui ero caduta, nella disperazione che aveva assalito il mio cuore, ritrovo un barlume di gioia.
« Sei viva! », affermo, come se averla davanti a me non bastasse.
Cerco lo sguardo di Blaise.
Noto la presenza di Potter, Weasley, Pansy e Theodore.
« E’ viva », dico loro, come se non potessero vederla.
Tra le nostre lacrime sorge un sorriso.
Hermione è viva. Draco è felice. Noi siamo insieme.
« Va tutto bene », mi dice Hermione. « Andrà tutto bene ».
Annuisco.
Saremo felici, Astoria. Te lo prometto.




We say goodbye, we hold on tight
to these memories that never die
We say goodbye, we hold on tight
to these memories that never die
[Ci salutiamo, ci aggrappiamo
a questi ricordi che non moriranno mai.
Ci salutiamo, ci aggrappiamo
a questi ricordi che non moriranno mai. ]






Sono passati tre anni dall’ultima volta che ho varcato l’ingresso di Hogwarts.
Il cuore perde un paio di battiti; stringo la mano di Draco che, al mio fianco, sembra perso nei suoi pensieri.
« C’è qualche problema? », domando, cercando di incrociare il suo sguardo.
Lo vedo scuotere la testa.
« Stavo solo pensando », risponde.
« Fin qui c’ero arrivata », borbotto senza pensarci.
Lo sento ridere; una risata bassa, rilassata. Sorrido anche io. « Allora?», insisto.
Lascia andare un sospiro rassegnato, poi mi guarda per un attimo negli occhi.
« Nulla, pensavo a quando eravamo qui »
Aspetto per qualche secondo che continui a parlare; poi, snervata, lo incito di nuovo. « E…? »
Una risata alle nostre spalle ci fa voltare, senza dargli modo di rispondermi.
« Certo che sei sempre la solita, eh Granger? », esclama Blaise.
« Infatti, dai un attimo di tregua al povero Draco! », dice poi Daphne.
« O magari è il furetto che dovrebbe cambiare atteggiamento. Non ti farebbe male essere un po’ più esplicito, Malfoy! »
Nel sentire la voce di Harry, la mia mente torna ai primi, spensierati, anni di scuola. Alle sue spalle intravedo Ron, che mi saluta con un sorriso sincero.
« Avete sempre qualcosa da ridire! Ma state un po’ zitti! »
Ginny si fa strada tra i Serpeverde per venirmi incontro. « Ciao, Herm! », dice, abbracciandomi. Poi si volta verso Draco. « Malfoy», esclama.
Con la sua solita arroganza, lui le concede un impercettibile cenno del capo, ma tutti riusciamo ad intravedere il divertimento nei suoi occhi.
« Ci siamo tutti? », domando, tentando di mettere fine ai battibecchi di circostanza.
Pansy, stretta al braccio di Theodore, si guarda intorno. « Non manca Lunatica? »
« Luna », la correggo, ma non posso non sorridere. « Hai ragione, manca anche Neville »
Un colpo di tosse ci fa voltare.
« Siamo qui, ragazzi »
Neville e Luna fanno capolino dalle scale che portano alla Sala Grande.
« Andiamo, allora », afferma Harry, superandoci e facendoci da guida.
« Ancora problemi con le manie di protagonismo, Potter? », sibila Draco.
« Attento, Malfoy. Conosco un paio di incantesimi che ti farebbero passare la voglia di scherzare »
« Sono ansioso di scoprirli, Sfregiato »
Non faccio in tempo ad intervenire, che sento Harry ridere.
« Andiamo ai Tre Manici di Scopa dopo la cerimonia? », domanda.
Vedo Draco annuire. « Questa volta però la Burrobirra la offri tu »
Scuoto la testa.
Ed improvvisamente intuisco i pensieri che affollavano la mente del ragazzo biondo al mio fianco.
« Grazie », gli sussurro piano, in modo che gli altri non sentano.
« Per cosa? », domanda, alzando un sopracciglio e guardandomi negli occhi.
« Per avermi salvato, quella volta »
Per qualche secondo mi osserva in silenzio. Ci fermiamo in mezzo al corridoio; gli altri sono costretti a superarci per raggiungere la Sala Grande, lasciandoci soli. La cerimonia di inizio anno sta per cominciare; la McGranitt ci ha dato la possibilità di assistervi, di parlare con i nuovi allievi, di raccontare le nostre esperienze, di invogliarli a dare il meglio, sempre.
Invece siamo qui, immobili, al centro di un corridoio deserto.
« Grazie a te », mi sussurra, chinandosi verso di me.
« Per cosa? », domando.
« Per avermi salvato… molte volte ».
Ed ora sorriderebbe, se gli dicessi che questo è il corridoio in cui ci siamo scambiati il nostro primo bacio.
Ma non c’è bisogno di dirlo: lo sa già.
E sorride, e mi bacia, e come me pensa ancora ai momenti che abbiamo trascorso qui, tra queste mura.
Il periodo più bello della nostra vita.
Almeno fino ad ora.




It's hard to walk away from the best of days
but if it has to end, I'm glad you have been my friend
in the time of our lives

[E’ difficile andare via dai giorni migliori
ma se questo deve finire, ti sono grato per essere stato mio amico
nei momenti più belli della nostra vita]









NOTE:
La canzone di quest’ultimo capitolo è “Time of our life”  di Tyrone Wells.
Chiedo scusa se la traduzione non è completamente fedele al testo originale; non avendo trovato traduzioni decenti l’ho tradotta io. Nel caso in cui dovessero esserci delle imprecisioni, non esitate a farmelo notare.
Nel complesso, comunque, credo di aver colto il senso del testo.



   
 
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