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Autore: Megan Alomon    01/05/2013    2 recensioni
Una voce metallica interruppe i pensieri dei due: "Siamo in arrivo a: Roma, stazione Termini."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adesso.
 
La ragazza guardò il treno che si stava fermando proprio davanti a lei, al binario 9, destinazione Roma Termini.
Le porte si aprirono e salì. Diede un’occhiata al biglietto: posto A 21, vicino al finestrino. Camminò per due vagoni strapieni prima di arrivare al suo e sedersi. Mise via il biglietto, controllò le mail di lavoro al computer portatile che aveva sempre con lei, rispose a quelle che ne necessitavano e poi lo ripose nella borsa.
Dopo ciò iniziò a fare ciò che le piaceva di più: guardare fuori dal finestrino. Qualche chilometro dopo qualcuno si sedette nel posto di fianco al suo ma la giovane non ci fece caso e continuò a guardare il paesaggio.
“Anna.” Una voce familiare la riportò bruscamente alla realtà e lei si voltò di scatto verso il suo vicino. Era un ragazzo della sua età, con occhi tra l’azzurro e il grigio, i capelli erano castani, corti, e un po’ scompigliati; la carnagione era chiara ed era più magro di quanto Anna non ricordasse.
“Marco.”
 
 
Tre anni prima.
Il vaso di cristallo roteò in aria una, due volte, poi cadde e le schegge di vetro si sparsero a raggiera su tutto il pavimento della cucina.
Anna gridava, Marco gridava, l’uno di fronte all’altra alle due estremità opposte del tavolo, si fronteggiavano. Dopo del vaso, toccò ad un piatto di ceramica sfracellarsi per terra per mano della ragazza.
“Se solo pensassi prima di agire, razza di cretina!” Sbraitava Marco.
Tutto era partito da una scemenza, come al solito. Le discussioni tra lei e lui partivano sempre dal nulla, creavano un gran caos e poi finivano con l’uno che rincorreva l’altro per strada piangendo e dicendo: “Fermati, ti prego! Fermati!”
Quella volta però era diverso.
“Io sarei la cretina?!”
“Sì! Così egoista da pensare sempre ai tuoi bisogni che a quelli degli altri, ho bisogno di attenzioni anche io!”
“Lavoro otto ore al giorno se non ti ricordi! Torno a casa e non ci sei, non ci sei mai e se per caso sei qui stai guardando la televisione, troppo preso dai programmi per accorgerti che sono qui!”
“Brava! Riversa pure la colpa su di me! Tanto non sai fare altro!”
“Ah sì? Guarda un po’ che altro so fare!”                 
Infuriata più di prima gli passò accanto spintonandolo ed entrò in camera, aprì l’armadio, prese la valigia nera, quella grande, quella per i viaggi lunghi.
“Che… Fai?” Marco l’aveva seguita e la guardava, pallido, dalla porta.
“Me ne vado. Una volta per tutte. Trova una che sia in grado di badare alle tue esigenze.”
“No!”
“Sì, Marco. Adesso basta. Litighiamo sempre. Sempre. Io sono stanca” E, tra le lacrime, aveva finito di preparare la valigia sotto lo sguardo silenzioso di lui che non aveva più aperto bocca se non per dire, mentre Anna apriva la porta di casa per uscire definitivamente da lì “Fermati. Possiamo ricominciare, so che possiamo. Non voglio perderti, ti prego.”
Anna scosse la testa e scese i tre scalini che la portarono in strada. Quella volta fu diverso. Nessuno corse a rincorrere l’altro, nessuno gridò “Ti prego, fermati.” E Anna non si fermò, non quella sera e non tornò mai indietro.
 
Adesso.
 
“Hai tagliato i capelli.” Disse Marco.
“Sei dimagrito.” Disse Anna.
Ci fu silenzio.
Entrambi sapevano che i sentimenti dell’altro non erano cambiati, che nulla era cambiato, che nessuno dei due aveva provato a fare “nuove conoscenze” durante quei tre anni di distanza.
Una voce metallica interruppe i pensieri dei due “Siamo in arrivo a: Roma, stazione Termini.”
“Devo andare.” Sussurrò Anna, alzandosi. “Mi ha fatto piacere rivederti.”
“Mi sei mancata.”
“Anche tu.”
 Il treno si fermò con un cigolio.
“Ora devo andare, sul serio. Ciao.”
“Ciao Anna.”
La ragazza scese dal treno ma prima di muoversi dal binario 15 aspettò che il cuore si calmasse, che le farfalle che aveva nello stomaco morissero ancora, che la mente si liberasse dall’immagine di lui. Poi uscì.
Pioveva forte e non aveva l’ombrello, camminò verso casa inzuppandosi dalla testa ai piedi.
“Anna! Aspetta!”
 La voce di Marco la fece inchiodare all’improvviso. Proveniva da dietro di lei ed era vicina. Si voltò lenta. Lui era lì, a pochi passi e si avvicinava, zuppo d’acqua quanto lei.
“Anna…”
“Marco… Come…”
“Sono sceso tre minuti dopo di te. Sì, non era Roma la mia destinazione ma non potevo perderti, non di nuovo. Anna?”
“Sì?”
“Andiamo a prendere qualcosa di caldo al bar?”
Anna annuì.
“E se… E se ricominciassimo?”
Anna annuì di nuovo.
  
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