Desclaimer: I personaggi non mi appartengono,
perché se fosse così, questa avventura la leggereste direttamente nel manga.
Cielo Liquido
« Aiko! »
Doremi… Perché piangi?
«
Tranquilla Aiko, non avere paura! Adesso… adesso verranno ad aiutarci. Quindi
non preoccuparti. »
Non sono preoccupata.
« Non
avere paura! Andrà tutto bene, okay? »
Non ho paura, sei tu che hai paura.
« Aiko,
guardami, cerca di guardarmi! »
Egoista.
*
Ero io a
guardarla immobile, ancora qui, come ogni settimana, domenica dopo domenica, i
mesi passavano e tutto rimaneva immutato.
Era
passato un anno ormai. Le altre non venivano più. Con una scusa o con un’altra,
si erano dileguate.
Le vedevo
sempre più raramente, ed eravamo arrivate a distaccarci. Faceva troppo male.
Poggiai i
fiori sul mobiletto bianco, sperando che diffondessero nella stanza un po’ di
buon odore. Nel frattempo, arricciavo il naso.
« Stai
bene, Doremi? »
« Cosa…?
»
Sbattei
due o tre volte le palpebre, guardandola. Sembrava preoccupata.
« Sì,
certo. Stai tranquilla. » mi affrettai a rassicurarla.
Mi
sorrise.
« Grazie
dei fiori. » disse allegra. « Sono sempre bellissimi, ma non serve che continui
a regalarmeli adesso che sono guarita. »
Sorrisi.
Un sorriso stanco, forzato.
Rievocai
nella memoria le caratteristiche che doveva avere un sorriso. Cercai di
contrarre i muscoli nel modo giusto. Dovevo distendere le labbra e rilassare le
guance. Ecco, così.
Però.
Faceva male.
« Mi fa
piacere. »
Più che
parole, quelle parvero un sospiro. Pesante. Pesantissimo.
« Beh, se
è così… Prima o poi troverò qualcosa per sdebitarmi. La mia camera sta
cominciando a somigliare ad una serra. »
«
Davvero, non preoccuparti. »
« No, ho
detto che troverò qualcosa e lo farò. »
Si
strinse nelle spalle.
« È solo
che i miei non mi fanno ancora uscire molto spesso. Sai, con quello che è
successo… »
Cominciai
a giocherellare con la gonna, tenendo le mani in grembo.
« Già. I
tuoi. Infatti. »
Aiko alzò
il viso, gioiosa.
« Sono
tornati insieme, te l’avevo detto? »
Sì, Aiko,
domenica scorsa. E quella prima ancora. E così di seguito.
« Mi hai
accennato qualcosa, sì. »
« Non è
bellissimo? »
Guardai
la porta chiusa.
« Sì. »
La
ragazza si buttò sul letto.
« Ah,
oggi è passata Momoko. » aggiunse con noncuranza.
Smisi
immediatamente di tormentarmi la gonna e alzai il viso di scatto.
« Sul
serio? Momoko? »
« Sì. Mi
ha anche lasciato dei dolcetti. »
Si sporse
sul comodino e afferrò il vassoio accanto ai fiori.
«
Prendine uno. » mi invitò, scuotendomelo sotto il naso.
Il mio
entusiasmo si spense di colpo. Fissai il vassoio dorato, senza emettere alcun
suono.
Mi si era
formato un groppo alla gola che m’impediva di parlare o deglutire.
«
Coraggio! »
Esitante,
allungai la mano verso di esso e me la portai alla bocca.
« Molto
buono. »
« Vero?
Momoko diventa sempre più brava. »
« Sempre
di più. » ripetei meccanicamente. Ancora.
« Non
devi sempre ripetere quello che dico io… » rise lei. « ‘Sempre di più”,
pappagallo! Doremi pappagallo! » e rise di nuovo.
Passarono
alcuni istanti di silenzio.
« È
passata anche Hazuki. »
« Sei
sicura? »
« Certo,
mi prendi per scema? »
« Io non
volevo dire… insomma… Quando? »
« Ieri. »
« Aiko… »
M’interruppi.
Devo
essere felice per lei.
« Bene. »
Avanti,
Doremi! Non sai fare di meglio?!
« Sono
davvero felice. »
Fai
schifo, Doremi.
«
Anch’io! Senti, ma posso farti una domanda? »
M’irrigidii.
« Certo.
»
« Quand’è
che facciamo un salto nel Mondo delle Streghe? » chiese ammiccante.
Abbassai
gli occhi.
« Non
appena starai meglio, Aiko. »
Bugiarda.
Il viso
dell’altra si oscurò.
« Dici
sempre così. »
« Questo
perché non stai ancora meglio. »
«
Smettila, Doremi! » scattò Aiko, stizzita. « I medici mi hanno dimesso, no?
Hanno detto che sto bene! Perché mi devi sempre trattare come una stupida?! »
Inspirai.
Espirai.
Non
potevo. Basta.
Il
pensiero, l’idea che avevo sempre cercato di soffocare nei più profondi meandri
della mia mente, riemerse prepotentemente, facendosi strada tra i miei
pensieri.
Aiko non esiste più.
Le presi
le mani nelle mie, tremanti, cercando di cacciare indietro le lacrime.
«
Aiko-chan… »
« C-che
stai facendo? »
Presi il
vassoio e glielo sbattei davanti.
«
Attenta! Rovescerai i pasticcini! »
« Cazzo,
Aiko, è vuoto, non lo vedi che è vuoto?! » urlai, incapace di trattenermi
oltre.
Lei si
ritrasse, fissandomi inorridita.
« Sei
pazza. »
« No! Tu
sei pazza, Aiko! Ti prego, svegliati… Non puoi vedere ciò che non c’è! »
Aggirandomi,
raggiunse la porta.
« È… è
meglio che vada a chiamare qualcuno. »
« Smettila!
Non c’è nessuno fuori, solo medici e altri medici! »
« Doremi,
mi hanno dimesso! » gridò Aiko, cominciando a tremare. Le lacrime sgorgavano
dagli occhi azzurri.
« Ma solo
per sbatterti in quest’ospedale psichiatrico! Reagisci! »
« Doremi…
»
« Devi ascoltarmi…
» la supplicai. « I tuoi non si sono rimessi insieme, e Momoko ora vive in
America… »
Non
potevo fermarmi, ormai. Doveva sapere la verità. Io volevo solo svegliarla dal
macabro sogno felice che si era creata.
« E
Hazuki non può essere venuta a trovarti, perché è morta. »
Non
riuscivo a vederla in volto.
Era sulla
porta e mi dava le spalle, con la mano appoggiata alla maniglia.
« Sei
sempre stata un’egoista, Doremi. »
La sua
voce uscì chiara e limpida.
Fissai i
miei occhi rossastri sulla sua schiena.
« Hai
sempre voluto il meglio per te, dico bene? Non sei mai riuscita ad ammettere
che una di noi fosse più fortunata, o semplicemente, più abile. »
« Che
stai dicendo…? »
Aiko si
voltò, guardandomi negli occhi. Scorsi un’infinita tristezza in quelle iridi di
cielo liquido.
Ma il
cielo era liquido, giusto?
« Anche
adesso che sei chiusa in questo manicomio ammuffito, sei riuscita a elaborare
una tua dimensione parallela in cui al tuo posto, ci sono finita io. »
« Menti.
» sussurrai.
« Sei tu
la bugiarda. » mi rispose lei. « Hai vent’anni, Doremi. Dovresti smetterla con
le bugie. »
« Perché
mi dici questo? Io volevo solo svegliarti… »
L’espressione
della ragazza assunse una punta di disprezzo.
« Lo
vedi? Sei un’egoista. »
La vidi
uscire dalla stanza.
Cercai
d’inseguirla, ma la vista mi si annebbiò. Sembrava che il cielo avesse inondato
la clinica, e mi ostacolava la corsa. Caddi.
« C’è
qualcosa che non va, signorina Harukaze? » chiese un medico, aiutandomi a
tornare in piedi.
« Aiko
Seno è scappata! » gemetti.
Ma perché
diavolo i medici di questo fottuto ospedale mi tenevano sempre così saldamente
un braccio, quando m’incontravano per i corridoi? Era così da sempre.
« Non si
preoccupi. Sono sicuro che tornerà. »
« Ma non
potete… »
« Si
tranquillizzi. L’accompagno in camera. »
Cercai di
divincolarmi, ma non ebbi successo.
« Non
capite, non capite! Un anno fa, come saprete, ebbe un incidente e… »
« Certo,
se guarda nel cassetto del suo comodino troverà la testata. »
« La
conosco la testata, Aiko me la mostra ogni volta! »
Venni
spinta a forza nella camera e mi lasciai scivolare sul letto.
Fu una
pessima idea, perché le coperte ne approfittarono per intorcolarsi intorno a me
come una ragnatela, bloccandomi sul materasso. Mi divincolai spasmodicamente.
« Stia
tranquilla. » mi ripeteva quell’uomo dal camice bianco, ma le sue parole erano
come un’eco lontana che rimbombava debolmente nella mia testa.
« Mi
lasci… » mormorai. Piccoli schizzi di saliva zampillarono fuori dalle mie
labbra.
Mi
sembrava di annegare, e non era acqua.
« …cielo.
»
Sentii un
ago entrare nel mio braccio, e caddi in uno stato di semi incoscienza.
Finalmente
fui lasciata sola.
Senza
quasi alcuna percezione di me stessa, scivolai fuori dal letto che ora non mi
teneva più prigioniera, e spinsi il vassoio dorato di Aiko giù dal comodino.
Questo
precipitò per quelli che mi parvero minuti.
Il tempo
e lo spazio si stavano dilatando.
Si ruppe.
Il suono
dei cocci che si spargevano sul pavimento mi raggiunse ovattato.
Mi passai
una mano sul viso. Era bagnato.
Lentamente,
ne raccolsi un frammento.
[ Del
viso o del vassoio? Non avrei saputo dirlo. ]
Lo feci
scorrere sulla pelle bianca della spalla.
Ancora e
ancora.
Aprii il
cassetto del mio comodino e ne tirai fuori il giornale. Lo sistemai per terra.
Non
volevo sporcare quel pavimento così azzurro… Sembrava proprio cielo liquido.
Plic.
Plic. Plic.
Le gocce
di sangue ci cadevano sopra.
Plic.
Plic. Plic.
Sempre di
più. Sempre di più.
C’era
tanto sangue. Troppo.
Era tutto
sporco.
[ Sì,
anche il pavimento. ]
Tanto
sangue. Troppo sangue. Solo sangue.
Volevo
annegare. Nel cielo, ma dovevo renderlo più liquido.
Sì, ecco,
va bene.
Riprovai
a sorridere. E non faceva più tanto male.
Tokyo,
16-09-’06. In sede
dell’ex pasticceria Maohu, sono stati rinvenuti i corpi di due ragazze di
diciannove anni. Una delle vittime è stata trovata ancora viva, ma riporta
gravi lesioni alla testa. Non è stato possibile risalire alle cause della
tragedia. La superstite è stata dichiarata incapace d’intendere e di volere, e
ha elargito solo farfugliamenti senza senso a proposito di streghe e mondi
magici.
Il
cadavere è stato esaminato, ma le ferite e le abrasioni non sono ancora state
identificate e sembra impossibile collegarle a una qualche arma.
L’altra
ragazza, Doremi Harukaze, è ora ricoverata in ospedale, in prognosi riservata.
Il corpo,
appartiene invece a Aiko Seno.