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Autore: xNewYorker__    02/05/2013    2 recensioni
A Nara si parlava di una giovane e spietata dea dagli occhi di fuoco, che calpestava e incendiava ciò che aveva davanti, che possedeva una risata incantatrice, una pelle di diamante e parole di vento.
Si parlava di una giovane e spietata dea e di una schiava bambina, di fiamme, sevizie e malvagità.
Si parlava di una giovane e spietata dea condotta a morire dal suo stesso animo, dal suo stesso amore.
Era una giovane dea distrutta. E nella sua distruzione era mortale. Era mortale come coloro di cui aveva abbattuto le case e dato in pasto le carni alle sue bestie
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Non è mai conveniente sottovalutare il potere di una donna di fuoco.
Genere: Drammatico, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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I cigolii delle porte tirate dietro da ubriachi segnavano la fine del banchetto imperiale, nella splendente reggia del potente Alessandro.
L’imperatore sedeva a capotavola e addentava l’ultimo pezzo di carne che gli rimaneva nel piatto, strappandolo via dal suo osso con la violenza di un cane affamato, poi ghignava, soddisfatto dei resti presenti sul tavolo che occupava l’intera sala dei ricevimenti.
Quando il Valoroso si degnò di alzare lo sguardo dal piatto e dal suo stomaco pieno, per puntarlo di fronte a sé, vide un sorriso beffardo dipingersi sul volto pulito della moglie Astrea, e si accorse della rabbia che iniziava a montare nel proprio corpo come cinquecento cavalli scalpitanti.
Mandò giù l’ultimo boccone con un bicchiere di vino e si alzò spontaneamente, lasciando la donna sola dall’altra parte del tavolo, intenta a rimirare la stanza totalmente vuota, se non per un paio di amici dell’imperatore, accasciatisi a terra dal troppo mangiare.
Riservò loro uno dei più gravi sguardi di disgusto, consapevole che il marito la stesse ancora guardando mentre varcava la soglia della porta per chiudersi nelle sue stanze.
Passò qualche minuto prima che Astrea dagli occhi di fuoco si alzasse dal suo posto, diretta anch’ella nelle sue stanze.
Aura, la schiava bambina, sedeva in un angolo accanto alla porta chiusa, nascosta dal resto del palazzo, che nei suoi diciotto anni non aveva mai visto. Era sicura che quel giorno fosse il suo compleanno, ma nessuno le avrebbe preparato una di quelle feste che venivano preparate ogni anno in onore dei figli degli imperatori.
La padrona le aveva detto come lei fosse figlia di Alessandro, e come quel suo ricercato padre, marito di colei che le consentiva ancora di mettere qualcosa sotto ai denti, non la degnasse più di uno sguardo dal suo arrivo.
Aura era sicura che in Astrea dagli occhi di fuoco si celasse la dolce figura materna che non ricordava più. Era sicura che padre fosse Alessandro e madre fosse la donna che per anni aveva chiamato “padrona”. Non poteva che esserle riconoscente, perché la bella dea dalle iridi di fiamma le aveva insegnato a leggere parole, poi frasi, e faceva sì che recitasse preghiere di prosperità per lei durante le serate più libere, in cui ad Aura era permesso entrare nelle stanze imperiali della moglie di Alessandro.
A Nara si parlava delle nefaste abitudini di Alessandro nei riguardi della moglie, eppure la grande quanto inutile dea non si era mai espressa su ciò, perché Astrea dagli occhi di fuoco non parlava senza che le fosse richiesto. E quella sera sedeva allo sgabello di fronte al suo specchio, china su se stessa e intenta a spazzolare i lunghi capelli di quercia, con fiamme ardenti e fumanti nello sguardo, mentre osservava la sua bellezza in ogni minimo particolare, e sorrideva compiaciuta, resa, da quella piccola smorfia, ancora più bella.
La schiava bambina non si permetteva di bussare alla porta: attendeva che la dea decidesse di aprire e di trascorrere del tempo in sua compagnia. Talvolta ella decideva di farla stare sul suo letto, e le consentiva di guardare i suoi gioielli e di consigliarle quali indossare durante le cerimonie.
Stava con le ginocchia strette al petto e guardava il pavimento e quel piccolo giaciglio rasente il muro, ma non poteva dormire, perché Astrea dagli occhi di fuoco non le aveva ancora richiesto di farlo.
L’orario iniziava a diventare tardo, e gli occhi della giovane Aura si chiudevano da soli su se stessi, ma la ragazza s’imponeva di tenerli aperti, perché alla padrona non sarebbe piaciuto trovarla addormentata, perché magari avrebbe avuto bisogno di lei, e lei avrebbe senz’altro dovuto essere pronta a soddisfarla.
Non ricordava quanto fosse passato dalla prima volta, ma sapeva bene che in quei giorni il suo glorioso padre non era sufficientemente compiaciuto dalle sfilate del suo esercito: i soldati non avevano guide solide, gli strateghi tenevano più al loro interesse che al suo, ed Alessandro non era felice.
Allora Aura vedeva la padrona rientrare stanca nelle stanze, spesso senza dire una parola.
Spesso solo i suoi occhi di fuoco le ordinavano di ripulire il sangue che colava dalle sue labbra.
Vedeva Astrea pettinarsi dal buco della serratura, e sbatté la schiena contro la porta quando uno spaventoso ringhio chiamò il nome della donna dall’altra parte del palazzo. Strinse forte gli occhi e per sbaglio abbassò la maniglia, mentre tornava a sedersi. Solo allora si accorse che la porta non era stata chiusa a dovere.
Attese qualche istante, prima di insediarsi nelle grandi stanze auree della padrona.
Sentiva la spaventosa voce di Alessandro accusarla di cose orribili, ma alle sue orecchie non arrivava nessuna reazione. L’unico suono era il violento ringhiare dell’imperatore glorioso.
La giovane fanciulla non aveva ancora capito quanto poco contasse la grande Astrea dagli occhi di fuoco in confronto al valoroso imperatore Alessandro. Se ne rese conto solo quando riuscì a spiare ciò che stava succedendo in una stanza che non aveva mai avuto l’occasione di vedere.
Trasparenti lacrime bagnavano il suo volto, filtrando l’orribile scena della Grande immobile ed intenta ad ascoltare le urla del marito accusarla di peccati che la stessa le aveva detto di ritenere imperdonabili.
La giovane dea gli regalava sguardi di puro ribrezzo, e ad ogni sguardo ne seguiva uno da parte dell’uomo, e quando Alessandro assumeva quell’espressione non risparmiava le sue mani dal colpirla con tutta la forza che aveva in corpo, mentre lei era ancora immobile, continuava a guardarlo a quella maniera e sputare il suo stesso sangue tra il pavimento e le scarpe dell’imperatore.
Dell’immacolata veste della dea non restavano che piccole macchiette bianche, mentre il resto del tessuto si tingeva di un vivo rosso intenso, vivo come lei, che aveva ancora il coraggio di ridere del marito.
«Tu non hai idea di quanto ti pentirai, Alessandro...», sussurrava, come fosse una folle in preda al più profondo delirio. Eppure la grande Astrea aveva esattamente idea di ciò che stesse dicendo.
Ma Alessandro si prendeva gioco di lei, girandole intorno, facendosi seguire con lo sguardo fino ad inchiodare le pupille di lei nella letale morsa dei suoi occhi blu.
Si muoveva verso di lei, lentamente, e Aura tremava dal suo angolo, terrorizzata.
Astrea continuava a sfidarlo, non permettendosi mai di abbassare gli occhi, mentre indietreggiava, spinta dall’avanzare del marito contro il muro.
Quando la sua schiena toccò la parete, attese che Alessandro facesse la sua scelta, per quella notte.
«Se credi fermamente alle tue parole...allora non avere scrupolo», soffiò, «In fondo sono abile, non ritieni tu stesso che sia così, Alessandro?». E rise, con il poco fiato che le restava in corpo, mentre le ginocchia la reggevano a stento.
«I tuoi genitori avrebbero fatto meglio a darmi in sposa tua sorella...peccato che sia morta così giovane, eh?». Le sorrise, beffardo, allungandosi verso di lei un’ultima volta.
Astrea dagli occhi di fuoco mantenne un’espressione neutrale mentre i denti dell’imperatore laceravano di poco la sua carne. Non disse una parola, e tenne gli occhi aperti, ferma al suo posto, mentre il sangue iniziava a colare dal collo fino al petto, in un sottile rivolo di un colore assolutamente perfetto.
Quando il grande imperatore lasciò la stanza, la schiava bambina si strinse contro la parete il più possibile, trattenendo il respiro. Ma l’uomo la vide e le sorrise, allungando due dita sanguinanti verso di lei e facendo in modo che sollevasse il mento per guardarlo negli occhi.
«Come sta vostra madre?», le chiese, ridendo, e la ragazza tremò al suo tocco.
«I-imperatore...perché lo fate?», domandò la fanciulla, deglutendo e tentando d’ignorare la fastidiosa sensazione che il sangue altrui contro la sua pelle le provocava. «N-non...non amate vo-vostra moglie?».
Alessandro guardò a lungo la giovane, prima di darle una vera risposta. «Amare...come si vede che siete solo una bambina... Quella che voi chiamate mia moglie non è altro che una principessa andata a male», disse, pieno di odio e rancore. «Non disperate», aggiunse, «passeranno ancora mille estati prima che soccomba al mio tocco».
 
La giovane Aura si trovava nuovamente tra le sue pareti, con la porta chiusa a chiave dall’interno, perché la grande Astrea dagli occhi di fuoco non avrebbe tollerato di trovare la sua porta aperta, nonostante fosse tale per sua dimenticanza.
Sentì qualcosa battere con insistenza sulla superficie, e si alzò lentamente per aprire la porta, perché sapeva che si trattasse di Astrea.
Strinse gli occhi e sentì le guance inumidirsi, alla vista della sua padrona, che teneva ancora addosso il suo ghigno vittorioso, perché ancora una volta era rimasta in piedi. Era rimasta in piedi tanto a lungo che la parete della stanza in cui Alessandro sfogava le sue frustrazioni aveva assorbito una chiazza di sangue che disegnava perfettamente il suo corpo.
«Oh, ricordavo di avere chiuso la porta...», sussurrò la donna, con un filo di voce, portandosi una mano davanti alla bocca prima di tossire violentemente e allontanandola quasi grondante di sangue.
Astrea dagli occhi di fuoco accarezzò con la punta delle dita la parte lesa del suo collo, che ancora sanguinava, senza intenzione di fermarsi, e intimò con le pupille alla ragazza di raggiungerla nelle sue stanze.
Il sapore agrodolce del sangue nella sua gola le faceva venire un’insopportabile sete, mista al fastidio della consapevolezza che l’imperatore si trovasse ancora all’interno del palazzo.
La giovane prese le bende da dove le aveva lasciate l’ultima volta, perché ormai sapeva che un episodio di quel genere si sarebbe verificato di nuovo.
Sentiva gli occhi di fuoco di Astrea su di sé, mentre tamponava con cura le sue ferite, facendo attenzione a non sporcarsi di sangue a sua volta. Quando alzò lo sguardo verso la donna, le sorrise dolcemente, preoccupata per il suo stato, e la sua espressione non tardò a rattristarsi, nel sentirla tremare sotto le sue mani attente. La grande Astrea dagli occhi di fuoco sembrava fragile.
«Cosa...cosa vi hanno fatto?».
Astrea si lasciò andare ad una risata. «Non fingete di non sapere, giovane Aura. Non sono ignara del fatto che ogni abitante di questo palazzo sia a conoscenza delle attività di diletto di mio marito Alessandro».
La giovane serva deglutì, medicando la padrona. «Perché...p-perché glielo lasciate fare?».
«Non lascio fare nulla ad Alessandro da quando ci siamo uniti in matrimonio. Un giorno si pentirà di tutto ciò che ha fatto. Si pentirà di ogni singola azione, come si è pentito di voi. L’imperatore Alessandro non può sfogare la sua rabbia su di voi, perché sono stata io ad impedirglielo, Aura. Questo vuol dire che è per proteggere voi che sopporto. Non andrà mai oltre, io lo so. Teme la mia famiglia. Teme ciò che potrebbe succedere se un giorno mi uccidesse. Non temete, mia giovane Aura, non mi accadrà nulla, finché avrò il totale monopolio di me stessa».
La ragazza sospirò pesantemente. «Ma l’imperatore la...».
«L’imperatore è solo la proiezione del ragazzo che suo padre immaginava quando nacque. Non avete idea di chi sia Alessandro. Non potrete avere idea di quello che sia Alessandro finché non deciderà di mettervi le mani addosso».


Angolo autrice:

Buonasera, spero che questo capitolo vi piaccia.
E' stato un po' duro, per me, da scrivere, principalmente perché, nonostante probabilmente all'epoca le cose fossero diverse, non tollero la violenza sulle donne, ma è purtroppo alla base di questa storia, in un certo senso.
Da questo capitolo sono venuti fuori alcuni aspetti del carattere di Astrea che spero la rendano un personaggio almeno un po' interessante ai vostri occhi - lo spero perché è un personaggio a cui tengo molto, sotto tutti i punti di vista.
Mi scuso in anticipo per eventuali errori riguardo ad oggetti o abitudini comuni che magari non si adattano al tempo - ad esempio la porta, di cui non sono per nulla sicura ma che mi serviva ai fini della trama. Se riscontrerete alcuni errori di questo tipo, mi farebbe piacere che me li faceste notare, così da darmi modo di correggermi.
Per il resto, ripeto che spero che vi piaccia.
A presto!
xNewYorker__/Chris
   
 
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