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Autore: Harira    03/05/2013    1 recensioni
Una tranquilla giornata in ufficio nella Sesta Divisione della Soul Society.
Tuttavia, dietro alla scrivanie, ai documenti, ai nomi, ai titoli e alle formalità, dietro il viso dall'aspetto impassibile e gli occhi freddi come l'inverno, nel profondo più profondo, Kuchiki Byakuya nasconde gelosamente il proprio cuore.
Se quel cuore potesse parlare, quali meraviglie svelerebbe che quegli occhi non lasciano sfuggire?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Renji Abarai
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non è semplice accettare di essere amati, mio caro fuku-taicho, e ancora più difficile è accettare di essere innamorati di qualcuno.
Quando mi innamorai di Hisana sapevo che le cose sarebbero andate male, sapevo che le nostre differenze erano troppo profonde per poter essere colmate, sapevo che la società avrebbe schiacciato il suo corpo fragile e che non avrei potuto fare nulla per difenderla.
Tuttavia, Renji, decisi che l'avrei amata lo stesso e che avrei lasciato che lei vivesse il mio amore mentre io vivevo il suo, qualsiasi fossero le conseguenze.
Le conseguenze le affrontammo entrambi.
Hisana si ammalò, Hisana soffrì, Hisana, per me, morì e io piansi come mai avevo fatto e mai più spero di fare.

Anche adesso, Renji, sono perfettamente consapevole che le cose procederebbero in modo spiacevole se io mi lasciassi convincere dai sentimenti a fare quel passo con te. Dopotutto io, Kuchiki Byakuya, sono nobile e tu, mio fuku-taicho, provieni dal 78° distretto, quasi il più infimo dell’intero Rukongai.
A parte questo, dovrai considerare le nostre differenze caratteriali. A me non importa che tu sia diverso da me, anzi, è per questo che mi piaci. Così spontaneo e fuori controllo mi ricordi sempre quanto in fin dei conti disprezzi l’ambiente in cui sono nato, quanto anch'io sia stato un ragazzo giovane e fuori controllo, quanto mi sia lasciato bruciare dalle emozioni e dalle mie passioni troppo a lungo, prima di reprimerle in quell'angolo remoto in cui ora cerco di inchiodarle.
Oh, smettila di fingere. Lo so che non stai veramente leggendo il documento che hai davanti agli occhi.
Starai pensando quanto ti annoia lavorare come mio tenente. Forse dovresti diventare Capitano di una delle Brigate e cominciare a dare ordini anzichè riceverli. Ti aiuterei in questo, dopotutto conosci già il tuo Banakai, la parte difficile del lavoro l’hai già fatta tu.
Ma in realtà, Renji, ti preferisco così come sei: mio tenente, mio secondo; non pensare che non ti ritenga al mio livello, non lasciarti convincere da questo.
Certo, hai ancora tanto da imparare su cosa significhi davvero dirigere una Divisione, dare ordini e assicurarti che i tuoi sottoposti non pensino nemmeno di poterli ignorare perché altrimenti l'intero sistema su cui si basano l'ordine, la legge e la nostra sicurezza diverrebbe solo una grande macchina vuota di ogni significato e di ogni scopo.
Forse non sei pronto, Renji, perché pensi che sia più importante combattere contro il sistema, come piace fare a Kurosaki, e non capisci l'importanza di cercare di farlo funzionare dall'interno.
Ad ogni modo, tutto questo non ti impedisce davvero di diventare un Capitano. Da quando sono nato, infatti, non ho fatto che prepararmi per quando lo sarei stato e devo dirti che l'abitudine a dare ordini e la conoscenza del meccanismo possono aiutarti soltanto fino ad un certo punto.
La verità è che non sei mai pronto per un compito come questo, come non lo sei per ogni altro. Ad un certo punto ti ci ritrovi in mezzo e speri che tutto funzioni, speri di fare le scelte giuste e non quelle sbagliate e che gli altri ti appoggino, invece che contrastarti.
Un'ulteriore verità, Renji, una mia verità, è che se tu fossi Capitano di una Brigata a tua volta avresti un fuku-taicho, un uomo di cui ti fideresti più di me, e io dovrei rassegnarmi a smettere di averti qui tra i piedi.
Dovrei sostituirti, Renji, con un qualsiasi shinigami e tu dovresti sostituire me.
Io adoro, mio caro fuku-taicho, averti tra i piedi, e non penso che sarebbe tanto facile, per noi due, sostituirci a vicenda.
Non illuderti, Renji, dovrai prima vedermi ucciso per poter sperare di muoverti dal tuo incarico attuale, non rinuncerò mai alla tua compagnia, dovesse trattarsi anche di un preciso ordine del Capitano Comandante. Ho già promesso troppe volte che non avrei infranto la legge della Seiretei, ma sto cominciando a pensare di non essere capace di mantenere quella promessa, quando si tratta di cose importanti.
Forse non lo sai, e forse nemmeno te lo aspetti: dovrai perdonarmi, ma non posso assecondare una legge che mi divide da te.
Ho perso la mia Hisana, ho quasi perso mia sorella Rukia, non lascerò che mi facciano perdere anche te.
Scriviamo da soli la nostra legge, mio irascibile tenente, decidiamo assieme cosa è meglio per noi.
Soltanto noi due, senza nessuno che ci dica cosa fare.
Ti guardo dalla mia scrivania.
Fai finta che vada tutto bene, ti gratti il naso. Non lo intuisci neppure minimamente quello che sto pensando.
Tra poco mi chiederai di andare in bagno soltanto per uscire da quest’ufficio e fare due chiacchiere con qualcuno che non sia gelido come me, forse il terzo seggio dell’Undicesima Brigata, Ikkaku, o qualche altro tirapiedi di Kenpachi.
-Sono venti minuti che stai leggendo quel foglio, Renji, fammi vedere- dico con freddezza.
Tu ti riscuoti dal torpore della noia, ti suda la fronte. Cerchi di balbettare qualcosa ma io non voglio sentire scuse.
Dai, Renji, ecco un'altra verità: non me ne importa niente del documento che (non) stai leggendo, voglio solo che ti alzi e venga qui.
Portarmelo è soltanto uno stupidissimo pretesto, voglio guardarti più da vicino, sentirti profumare.
Ti osservo con finta impassibilità mentre finalmente ti alzi e mi porti il foglio.
Lo osservo con curiosità. Ovviamente riconosco la tua calligrafia sghemba, caro Renji, quando imparerai a scrivere meglio?
Accantono i miei desideri di ordine e cominciò a leggere.

“Kuchiki Taicho, mi rendo conto che mi giudicherete inopportuno però devo dirvi una cosa. Ho intenzione di abbandonare il ruolo di tenente al vostro fianco, non perché voi non siate un buon Capitano, tutto il contrario.
I miei sentimenti, però, mi impediscono di continuare oltre.
Credo di essermi spinto troppo oltre alla stima, alla soggezione, all’ammirazione nei vostri confronti, Taicho.
Non posso più nascondere né a voi né a me stesso che vi”

Qui le parole scritte in questa frase si interrompono, proprio nel momento in cui stavo per leggere quella che avrebbe potuto essere la parola più importante del mondo intero.
In questo spazio bianco leggo senza difficoltà la tua paura, la momentanea insicurezza che deve averti procurato il pensare di scrivere quella parola che, forse, non hai nemmeno il coraggio di pensare.
Faccio una pausa, cerco di non perdere la calma e di non alzare mai lo sguardo su di te.
Oh, Renji, mio timoroso Renji. Continuo a leggere quello che mi hai scritto.

“Se questo significa che dovrò morire trapassato della vostra lama, semplicemente vi porgo il mio corpo, trafiggetemi dove più vi sembra opportuno.
Perdonatemi, se potete, Kuchiki Taicho.”

Prima di guardarti, rifletto su quelle nuove parole, così nere e distinte dal foglio bianco su cui le hai posate.
Hai davvero scritto “vi porgo il mio corpo”, come se non fossi per nulla consapevole di che cosa ti succederebbe se tu facessi davvero quello che dici di fare.
Dopo un respiro profondo, finalmente ti guardo.
Hai un’espressione così timorosa, Renji, eppure non perdi quel tuo sapore fiero, di uomo che non si fa problemi ad accettare la conseguenza delle sue azioni.
Di nuovo abbasso lo sguardo sul foglio, raccogliendo le idee su ciò che voglio dire.
Alzo lo sguardo e tu sembri sospeso sul ciglio di un burrone, ma i tuoi occhi mi fissano in modo così intenso che forse sono io quello sul punto di scivolare e cadere.
-Nessuno abbandona il posto di Tenente sotto di me senza il mio permesso, pena la morte. Tu non hai affatto il mio permesso, Renji. A questo punto ti concedo di scegliere, preferisci la morte o...-
Mi mordo il labbro per un istante.
Quella parola che tu non hai scritto, io avrò il coraggio di dirla ad alta voce?
-La morte o... l'amore, Renji?-
Vorrei prendermi un momento per rendermi conto di quanto sono stato spudorato, ma non ne ho il tempo.
Tu mi guardi stupefatto, come se non avessi afferrato quello che ho detto.
Il tuo viso è attraversato da diverse espressioni, una più curiosa e affascinante dell'altra.
All’improvviso, finalmente, sorridi.
-Non ho voglia di morire, Kuchiki Taicho-
-Sono Byakuya, quando non siamo in pubblico- replico, velocemente, prima che l'orgoglio mi impedisca di dirlo.
Tu ti avvicini, sorridendo di nuovo.
Vieni, vieni finalmente tra le mie braccia, Renji. Mio fiore di fuoco rosso del 78° distretto.
  
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