Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
Ricorda la storia  |      
Autore: Alessandra S    03/05/2013    3 recensioni
«È davvero quello che pensi ?» chiese il ragazzo piano.
Helen si morse il labbro prima di rispondere, distolse lo sguardo dagli occhi glaciali del ragazzo che la deconcentravano e li posò sulle lenzuola bianche.
«Sì».
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Say “baby, I love you”

 

Say my name, say my name
When no one is around you
Say, "Baby, I love you"
If you ain't running games
Say my name, say my name
You actin' kinda shady, baby
Why the sudden change?
Say my name
Say my name
Say my name
Say my name, say my name
If no one is around you

 

Helen sentiva il respiro di Conor sulla nuca, era leggero e lento, gli alzava e abbassava ritmicamente il petto su cui lei aveva poggiato la testa.
Helen sentiva il cuore di Conor battere sotto il lembo di pelle nuda attaccata al suo orecchio destro, batteva regolare e la rassicurava e la rendeva felice.
Helen sentiva il braccio di Conor stringerle protettivo le spalle e tenerla al sicuro, le trasmetteva calore e lei si sentiva a casa anche nel buio opprimente di quella stanza di hotel, si sentiva protetta anche in quel buio così denso e pesante.
Helen odiava il buio, le faceva paura, la faceva sentire stretta in una morsa opprimente e indissolubile, la faceva sentire in trappola, ma con Conor che la teneva vicina anche l'oscurità sembrava più luminosa.

«Hel, dormi ?» soffiò Conor piano, per non disturbarla nell'eventualità che la ragazza stesse beatamente sognando.
«No, non ancora» rispose lei sollevando il volto in direzione della voce del ragazzo e incontrando le sue labbra, abili cacciatici di baci.
Il sapore di Conor le invase nuovamente la bocca, facendole tremare le gambe così forte che lui ridacchiò sulla sua cute, solleticandola e facendola ridere a sua volta.
«Quanto sei bella quando ridi...» sussurrò lui accendendo l'abat-jour in stile barocco che c'era sul comodino. A quell'affermazione Helen si sentì avvampare e affondò nuovamente il viso nell'incavo del collo del ragazzo per nascondere il rossore, che, però, non era passato inosservato agli occhi di Conor che decise d'incrementare la dose di complimenti; «E quando arrossisci sei ancora più bella» affermò cercando di mascherare il ghigno malefico che aveva invaso la sua faccia.
«Smettila stronzo, lo so che lo fai apposta per farmi arrossire... non sei simpatico !» bofonchiò lei tirandogli qualche pacca poco convinta sulla cassa toracica che rimbombò rumorosamente.
«Mi hai scambiato per una batteria ?» «Ti ho scambiato per un coglione... o no aspetta... lo sei !» «Come sei acida... attenzione che sciogli il letto !» «Conor, sono le quattro di mattina e tu ti stai divertendo a farmi arrossire, cosa ti aspettavi ? Dolcezza ciambellosa ?».
Conor la tirò nuovamente verso di sé e la ribaltò facendola accasciare sul suo petto.
«Sì, perché tu sei la mia ciambella, lo sei sempre, anche alle quattro di mattina !» Helen si lasciò cullare dalle braccia del suo migliore amico e godette del tepore del suo corpo ancora qualche secondo prima di alzare la testa e dire quello che le stava girando per la mente da ore.
«Non avremmo dovuto...» il tono grave che aveva fece raggelare Conor, che si sentì morire.
«Non ti è piaciuto ?» «Non ho detto questo, mi è piaciuto da impazzire, e... wow Conor, ora capisco perché hai tutto questo successo con le ragazze – ridacchiò lei cercando di alleggerire l'atmosfera – ma non avremmo dovuto» «Perché ?».
Helen guardò stupita il ragazzo che la scrutava quasi deluso, e si sentì un po' in colpa per quello che aveva detto.
«Perché io e te siamo amici, ci conosciamo dall'asilo, siamo cresciuti insieme...» neanche Helen era pienamente convinta di quello che stava dicendo... non più.
A lei piaceva Conor, aveva sempre provato sentimenti confusi verso di lui, e l'aveva sempre etichettato come “migliore amico d'infanzia”, ma ora iniziava a chiedersi se non fosse qualcosa di più, qualcosa come l'amore.
«È davvero quello che pensi ?» chiese il ragazzo piano.
Helen si morse il labbro prima di rispondere, distolse lo sguardo dagli occhi glaciali del ragazzo che la deconcentravano e li posò sulle lenzuola bianche.
«Sì».

 

Seduta ad un bistrot parigino Helen rimestava il suo cappuccino pensierosa, mentre ascoltava distratta le notizie che passavano alla radio.
Ripensava a quello che era successo quella notte in hotel e sorrideva.
Ripensava a come si era sentita sicura e felice al suo fianco.
Ripensava a come l'aveva tratta con dolcezza Conor, una dolcezza disumana, a cui lei non era abituata.
Ripensava a quella sensazione di completezza che l'aveva invasa e si diede della stupida mentalmente, non avrebbe dovuto dire quella cagata.
“Non avremmo dovuto”.
Che stronzata, avrebbero dovuto farlo molto prima perché così Helen avrebbe capito tutto.
Helen avrebbe capito che lei amava Conor.
Alzò lo sguardo verso l'orologio a muro sopra il bancone.
20:30.
Si alzò, pagò, uscì e si mise a correre.

 

Quando Helen arrivò in Boulevard Voltaire, al numero 50, si fermò davanti alle porte del “Le Bataclan” e si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato. Guardò il suo orologio da polso. 20:50.
Si sentì morire, non ce l'avrebbe mai fatta a convincere la sicurezza a farla entrare senza biglietto in tempo. Il concerto sarebbe iniziato e allora avrebbe dovuto aspettare fino al mattino dopo, ma Helen non voleva aspettare.
In più il gruppetto di fan urlanti che c'era giusto davanti alla porta principale non aiutava.
Helen le superò tentando di passare inosservata e sgusciò sul retro, dove sapeva esserci la porta secondaria, quella da cui entravano gli artisti. Un enorme omone pelato era di guardia alla porta, stava fumando tranquillamente una sigaretta e allontanando alcune fan che come lei, cercavano di infilarsi all'interno della struttura.
Deglutì rumorosamente e si avvicinò a lui.
L'orologio digitale sopra la porta indicava le 20:55.
Quando l'uomo la vide le disse qualcosa in francese che Helen non capì.
«Pardon ?» rispose educatamente, come le aveva insegnato la sua professoressa madrelingua, così la guardia capì che non era del posto e le parlò più lentamente.
«
Tu ne peut pas entrer ici» Helen provò a formulare una frase in francese ma con scarsi risultati, così dopo un po' si arrese e decise di ricorrere al suo inglese.
«Conosco il cantante» la guardia rise e buttò il mozzicone di sigaretta, e lo calpestò.
«Sei almeno la trentesima che me lo dice oggi» «Lo conosco veramente, devo entrare, devo parlargli prima che inizi il concerto, la prego» «Mi pagano per non fare entrare le fan, mi dispiace» «Ma io non sono una fan – rispose Helen con voce debole – sono la sua migliore amica...» «Vallo a raccontare a lui» «La prego, è importante, devo parlargli» «Dato che lo conosci puoi aspettare la fine del concerto» «No, devo parlargli prima !» «Non posso, mi dispiace» «La prego».
Helen si avvicinò ulteriormente alla guardia, che la stava guardando come si guardano i pazzi.
«La prego» disse di nuovo Helen, ma questa volta a voce più alta.
«Non posso» rispose nuovamente la guardia.
Helen fece un altro passo avanti, notando che la porta era schiusa e che si riusciva a vedere all'interno, si spostò un po' di lato e buttò un occhio.
Dietro la porta c'erano delle scale e, in cima, una luce accesa.
«Devo entrare» disse Helen, questa volta però forte, sperando che la luce accesa fosse del camerino di Conor e che lui la sentisse.
La guardia si spostò e coprì la fessura che permetteva alla ragazza di vedere.
«Devo chiederle di allontanarsi» disse l'omone con un tono grave e cingendole il fianco con un braccio.
Helen capì quello che stava per succedere quindi iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola.
«CONOR, CONOR SONO HELEN, SE MI SENTI, TI PREGO SCENDI DEVO PARLARTI DELLA NOTTE SCORSA, TI PREGO CONOR, TI PREGO, SCENDI, SCENDI ORA, CONOR !» e mentre stava urlando il suo nome la porta del retro si spalancò ammutolendola.
Conor la fissava da dentro l'edificio, i suoi occhi erano pieni di rabbia e rancore e la sua bocca era corrucciata così come le sue sopracciglia.
La guardia smise di spingere Helen e sciolse la sua presa ferrea, e appena la ragazza fu libera sgattaiolò via dall'uomo e corse verso il suo amico che le stava tenendo aperta la porta, che richiuse non appena Helen ci si fu infilata dentro.
Conor si girò e iniziò a salire le scale in silenzio, e Helen lo seguì.
Arrivarono in una stanza piccola e luminosa, dove c'erano dei divanetti e altri mobiletti.
Conor si lasciò cadere pesantemente su un divanetto e Helen si sedette al suo fianco.
«Cosa vuoi dirmi ? Fai in fretta che sono già in ritardo...» disse lui lanciando un'occhiata preoccupata all'orologio sopra lo specchio.
21:10.
A Helen si prosciugò la bocca, Conor non l'aveva mai trattata con tanta freddezza... non l'aveva neanche chiamata per nome.
La ragazza fece scorrere gli occhi sulla stanza vuota e poi si girò nuovamente verso Conor.
«Di' il mio nome» «Cosa ?» «Chiamami per nome, non trattarmi come se non mi conoscessi» «Helen...» sussurrò lui spiazzato, non capendo dove voleva andare a parare la ragazza.
«Da quanto ci conosciamo, Conor ?» «Da diciassette anni, Helen» «Sono tanti... quindi non penserai che sto correndo quando ti dirò che ti amo...» Conor guardò sbigottito la ragazza.
«Dillo di nuovo, dimmi che mi ami, piccola» sussurrò avvicinandosi a lei e stringendola tra le braccia.
«Ti amo, Conor» «Ho aspettato almeno dieci anni per sentire queste parole, e ora non me le posso neanche godere perché devo andare a lavorare» Helen scoppiò a ridere e ricambiò l'abbraccio di Conor.
«Scusa se sono stata una tale deficiente, scusa se non me ne sono accorta prima» «Ti amo anche io, Helen» «Mi piace il modo in cui pronunci il mio nome» disse lei aggrappandosi alla t-shirt del ragazzo e annusando forte il suo profumo.
«Non ho voglia di andare...» «Alza il culo e va a fare sto concerto» «Tu non scappi, vero ?» «Ti aspetto nel backstage...».
Conor si sporse avanti e posò le sue labbra su quelle di Helen che chiuse gli occhi, e si sentì felice.
Conor si staccò quasi immediatamente e corse via.
21:20.
Helen guardò l'orologio sorridendo.
«Ti amo, Conor Maynard» disse guardandosi bene intorno e premurandosi che nessuno la sentisse.

 

***

Be', questa OS è decisamente la più insensata che io abbia mai scritto, lol.
Non ha né capo né coda HAHAHAHA ma pace, spero che almeno nella vostra testa abbia un qualche senso logico !!
L'ho scritta di getto ascoltando la nuova cover di Conor, è meravigliosa e pensavo si meritasse almeno una OS se non di più, quindi fossi in voi non mi stupirei se ne doveste vedere altre più o meno simili a questa scritte sempre da me !! HAHAHA.
Grazie per aver letto la mia storia !
Lasciatemi una recensione ;*
Baci,

 

Emy McGray
 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard / Vai alla pagina dell'autore: Alessandra S