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Autore: tomlinsoulmate    04/05/2013    1 recensioni
(Ad Alessia.)
« Mia piccola Aileen,
quando tu avrai diciott'anni, io avrò già dimenticato i miei e non potrò più aiutarti a viverli, perché sarà troppo tardi.
Soffrirai di un amore che sembrerà troppo giovane per piangerci e qualcuno ti dirà "dai, sono sciocchezze", come se anche questa persona non avesse pianto per un amore simile.
Capirai che a diciott'anni il cuore batte e scatta più veloce dei minuti, più veloce dei secondi.
Bussa, bussa, bussa, e tu non guarderai allo spioncino, non chiederai "chi è?", aprirai la porta e lo lascerai entrare.
E qualche volta lo caccerai dal petto, gli darai dello stupido;
ed anche quando ti faranno il cuore a pezzi e ti sembreranno troppo piccoli per essere rimessi insieme, basterà un nuovo incontro per guarire.
Perchè a diciott'anni la carne cicatrizza subito, e capirai che il tempo, questo tempo che corre, che ci cronometra la vita, che ci dà il ritmo, non è poi così veloce.
Superalo, taglia il traguardo prima di lui.
Io ti guarderò vincere, e sarò fiera di te, sulla terra e nel cielo.
Ovunque.
Ti voglio sempre bene,
mamma.
»
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad Alessia, perchè questa storia è tua,
solo ed esclusivamente tua,
come promesso. 




« cento grammi di sole. »
prologo.







Compleanno. Festa. Casa piena di parenti. Regali. Caos dilagante.
Sarebbe morta di lì a poco. Aileen - diciottenne da dieci minuti scarsi - ne era assolutamente certa. 
La sveglia, riposta malamente sul comodino accanto alla foto che ritraeva lei e la madre, qualche anno prima, suonò alle dieci precise, ma quando l'assurdo pensiero di essere in ritardo cominciò ad insinuarsi nella sua mente, era già troppo tardi.
La porta, leggermente socchiusa fino a due minuti prima, si spalancò andando a sbattere contro l'anta dell'armadio lasciata rigorosamente aperta. 
La furia logorroica, meglio identificata con il nome di Louis Tomlinson, dopo aver superato con agilità gli abiti sparsi su ogni millimetro del pavimento, aprì le imposte e "Buco di culo spicciati, Wen è di sotto che ti aspetta e tuo padre sta litigando col forno per far cuocere l'arrosto, credo abbia bisogno del tuo aiuto", disse scoprendola definitivamente anche dal piumone e lasciandola rannicchiata sul letto, uno sguardo stupito e divertito a dipingergli il volto, poi "Potresti pure sembrare meno acida e scontrosa del solito, vista da qui" continuò fermandosi un istante, seduto con le gambe a penzoloni sull'unico spazio libero ed immacolato della scrivania. 
"Quando la smetterai d'irrompere nella mia stanza affibbiandomi soprannomi insulsi sarà sempre troppo tardi ed io ti avrò già scaraventato addosso l'intera collezione di converse in mio possesso", bofonchiò lei acciuffando capi d'abbigliamento a casaccio e "Sono tante? Le scarpe, dico", chiese lui con un pizzico d'ironia nel tono di voce. Aileen si voltò e, con aria di sfida, prese una delle sue innumerevoli calzature fra le mani, lo fissò per qualche secondo poi "Ventiquattro paia, di ogni tipo e colore. Vuoi provare l'ebrezza d'avere suola con simbolo compreso stampato in fronte, fratellino?", domandò ghignando, avvicinandosi al ragazzo, passo dopo passo. Louis rise forte, contagiando anche lei e "No, grazie, col volto sfigurato poi Harry non mi vuole più", disse alzando l'indice con fare saccente. "A proposito del tuo fidanzatino, mi era sembrato di capire che sareste usciti, perchè sei ancora qui?", chiese tranquilla afferrando il cellulare finito, in qualche modo misterioso, sotto al letto; Louis la seguì in ogni suo singolo movimento scomposto, buffo, senza senso, e "Veramente sì, cioè dovevamo, ma poi mi sono ricordato di questo piccolo dettaglio del compleanno e quindi eccomi qui", disse giocherellando con le sue stesse mani, sentendosi infinitamente in colpa per essersi dimenticato di un giorno così importante. Aileen lo guardò di sbieco per poi soffocare una risata, appoggiandosi allo stipite della porta e "Louis, Louis, Louis, certo che questi tre anni fianco a fianco non ti sono serviti proprio per niente se pensi che potrei prendermela per una sciocchezza simile", disse picchiettandogli una spalla, comprensiva e poi "Và da Harry, credo di poter sopravvivere senza di te per qualche ora", concluse spingendolo verso il corridoio, ma "Non ce n'è bisogno, e poi ho promesso a mia madre di esserci, sai per tenere d'occhio le bambine durante la festa", disse lui, ritornando accanto alla scrivania; la castana, che nel frattempo si era accucciata ai piedi del letto con il cellulare tra le mani, tornò a dargli attenzione, abbandonando momentaneamente l'ardua impresa di lettura - e successiva risposta - dei diversi messaggi d'auguri ricevuti durante la notte e "Come scusa? Credo di non riuscire a cogliere il senso del non c'è bisogno. Anche il più stronzo dei fidanzati sentirebbe la necessità di stare con il proprio ragazzo, dopo due giorni interi di dilaniante distanza, e tu no? O sono io che sto perdendo i colpi, o tu sei diventato criptico ed enigmatico tutto d'un botto, perchè davvero Lou, non ti sto capendo e..", biascicò, scattando in piedi e percorrendo freneticamente il tragitto letto - porta e porta - letto almeno cinque volte in soli due minuti. Il guizzo di genio la colpì tre secondi dopo, immobilizzandola proprio nel centro della stanza; scosse la testa un paio di volte per poi voltarsi di scatto verso il suo interlocutore e "Wait a moment..Louis, NO. Assolutamente NO. Non se ne parla proprio. NO!", esclamò poi scorgendo la luce furba negli occhi dell'altro. "Ci sei arrivata prima del previsto, i miei complimenti, sorellina", la prese in giro lui, schioccando la lingua tra i denti, e "Complimenti sta beata minchia, Louis! Io ti trucido, ti raso a zero, ti spacco le gambe a furia di legnate sulle ginocchia, ti apro in due il cranio! No, porca puttana, no! Quel ricciolino rompi palle non lo voglio tra i piedi, non oggi!", inveì lei, sbattendo i piedi sul parquet; e il più grande, dal canto suo, non potè fare altro se non alzare le braccia in segno di resa, di fronte a quella furia omicida che si era impossessata del corpo della sorella, da due minuti a quella parte e "Giuro che stavolta non c'entro niente, per amor del lubrificante. Hanno fatto tutto mia madre e tuo padre, se proprio devi prendertela con qualcuno, vai a fare la tiranna con loro, non con me!", pigolò lui proprio nel momento in cui, al piano di sotto, il campanello trillò mandando in subbuglio l'intera casa, acari di polvere compresi.


...


Come da copione, la piccola villetta dei Gray/Tomlinson giaceva nella più assurda delle confusioni: bambini scorrazzanti in ogni angolo del giardino, piatti e bicchieri abbandonati come poveri superstiti di guerra sui vari tavoli strabordanti di ogni tipo e qualità di cibo - per lo più schifezze - Jay a correre dietro a Daisy e Phoebe nella speranza - quasi totalmente vana - di salvare i loro coloratissimi vestitini a fiori per farli arrivare indenni alla fine della giornata, suo padre tutto preso a mostrare, ai diversi uomini presenti, le funzionalità del suo nuovo e bellissimo barbecue elettrico e lei, vera anima della festa, seduta in disparte su un dondolo assieme alla sua migliore amica. "Leen, ti prego guardali, non ho mai visto una cosa più dolce di questa. Come si sorridono, la luce che hanno negli occhi, morirò di diabete di questo passo", ripetè ancora la rossa sospirando a bocca aperta, con aria sognante. "Wen, ti scongiuro, piantala, è già abbastanza straziante sapere di dover respirare la stessa aria di Styles, se evitassi di rincarare la dose te ne sarei immensamente grata!", pigolò la festeggiata sorseggiando la bevanda contenuta nel bicchiere tra le sue mani; Wendy, nel frattempo, persa nel suo mondo fatto di piccioncini, arcobaleni, cuori ed unicorni, non la stava minimamente a sentire alchè si alzò puntando i piedi a terra e "Dove vai?", chiese lei, aggrottando un sopracciglio. "Da nessuna parte, sto solo cercando un po' d'attenzione, se non ti dispiace", berciò la festeggiata tirando un sorriso, ma non fecero in tempo a scambiarsi altre parole perchè, qualche attimo dopo, Jay le richiamò entrambe affinchè raggiungessero il centro del giardino, insieme a tutti gli altri invitati: era arrivato il momento dell'apertura dei regali. Fu tutto abbastanza veloce perchè, data l'età, ormai l'epoca dei giocattoli aveva lasciato spazio a doni molto più sbrigativi e meno legati sentimentalmente. Suo padre rimase estraniato da tutto fino all'ultimo istante, quando si avvicinò alla figlia con l'ennesima busta bianca in mano e "Questo è un regalo un po' speciale, l'ho tenuto per ultimo proprio perchè volevo che gli prestassi più attenzione", disse circondandole il viso con entrambe le mani.


« Mia piccola Aileen,
quando tu avrai diciott'anni, io avrò già dimenticato i miei e non potrò più aiutarti a viverli, perchè sarà troppo tardi.
Soffrirai di un amore che sembrerà troppo giovane per piangerci e qualcuno ti dirà "dai, sono sciocchezze",
come se anche questa persona non avesse pianto per un amore simile.
Capirai che a diciott'anni il cuore batte e scatta più veloce dei minuti, più veloce dei secondi.
Bussa, bussa, bussa, e tu non guarderai allo spioncino, non chiederai "chi è?", aprirai la porta e lo lascerai entrare.
E qualche volta lo caccerai dal petto, gli darai dello stupido;
ed anche quando ti faranno il cuore a pezzi e ti sembreranno troppo piccoli per essere rimessi insieme, basterà un nuovo incontro per guarire.
Perchè a diciott'anni la carne cicatrizza subito, e capirai che il tempo, questo tempo che corre, che ci cronometra la vita, che ci dà il ritmo, non è poi così veloce.
Superalo, taglia il traguardo prima di lui.
Io ti guarderò vincere, e sarò fiera di te, sulla terra e nel cielo.
Ovunque.
Ti voglio sempre bene,
mamma. »


Una lacrima le solcò il viso e "..scusatemi", sussurrò prima di correre via, lontano da tutti, lontano dagli occhi di chiunque potesse riscoprirla fragile, lontano e basta.
Quell'Aileen debole, insicura, piena zeppa di paure era morta con la madre, tre anni prima, e vederla riaffiorare così, senza neanche chiedere il permesso, la fece vacillare, crollare no perchè lei sapeva come rialzarsi, più forte di prima.
Ritrovarsi a rileggere la sua calligrafia tondeggiante, sempre minuziosamente curata nei minimi dettagli, e riscoprire nuovamente l'amore che provava per lei, il tutto racchiuso in poche e semplici frasi marchiate di nero su un foglio candido, era stata un'emozione troppo forte e reale per poterla condividere con chiunque.
"Bimba, sei qui dentro?", chiese una voce che poteva essere riconducibile ad una sola persona e "Sì, Lou sto bene, ora mi rinfresco un po' e poi torno in giardino, non preoccuparti", rispose lei, sentendosi infinitamente più tranquilla a saperlo lì fuori.
"Non devi uscire per forza, va tutto bene. Io ti aspetto qui, dovessero passare anche delle ore, io rimango qui", precisò lui, accucciandosi accanto alla porta della sua stanza.
Sua madre mancava da tre anni, era vero, e niente poteva riportargliela indietro, ma era certa di una cosa: lei, l'angelo in cielo, aveva mandato qualcuno a proteggerla; e quel qualcuno, quell'angelo sulla terra, era sicuramente Louis.
  
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