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Autore: lafilledeEris    04/05/2013    3 recensioni
La mia prima Faberry è una mama. Per due unicorni speciali.
Mammy avrà un pancione gigante, giusto?”
Rachel rise a quel pensiero: Quinn stava attenta al suo peso, se lo avessero fatto notare che “aveva una pancia gigante” non l’avrebbe presa benissimo, a maggior ragione se a farglielo notare fosse stato suo figlio.
“E se scoppiasse? Puff! Come un palloncino!” Nate aveva le lacrime agli occhi mentre lo diceva. Era seriamente preoccupato.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A L. ed M.,
per un mese da unicorni innamorati.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Le femmine sono strane
Le verità scomode di Nathaniel James Fabray Berry
 

 
 
 
 
Rachel fissava il muro, passandosi la mano sulla fronte sudata. Aveva passato la giornata a tingere la nursery, ed era sfinita.
Si sedette per terra, puntellandosi sui gomiti per osservare il suo operato. Le piacevano come erano venuti i pulcini, ricavati dallo stancil e le nuvolette arancioni spugnate. Era orgogliosa del suo lavoro. Avrebbe fatto di tutto per quel sorriso, quello della sua Quinn. Aveva impiegato troppo tempo – sprecandone altrettanto – dietro a quella che era solo la parvenza dell’amore. Ma poi aveva capito: Quinn Fabray era perfetta per lei.
Lo aveva capito tardi, ma finalmente a ventisette anni ci erano riuscite: lo stato di New York le aveva dichiarate una coppia. Ed era un sogno che si realizzava, il loro sogno. Più importante di Broadway, di qualunque carriera.
Vedere girare per casa un sorriso uguale al proprio era meraviglioso.
“Mamma?” chiamò una vocina. Quando Rachel si voltò ritrovò il suo. Nathaniel, tre anni e grandi occhi scuri. Come quelli della sua mamma. Stava lì, sull’uscio, stringendo forte al petto Little Lamb, il peluche a forma di agnellino che lo zio Kurt e zio Blaine ( che poi era anche il donatore per la gravidanza di Rachel) gli avevano regalato a Natale.
Rachel fece segno di sedersi accanto a lei, battendo la mano sul pavimento. Nate andò a sedersi, cercando con la testa l’appoggio sulla coscia della madre, che iniziò ad accarezzargli i folti capelli scuri.
“Credo piaceranno a mammy, sai?” disse il piccolo, scrutando attento i disegni sul muro “e poi mi piacciono i pulcini”.
Rachel sorrise, mentre si riposava dopo il duro lavoro. 
Le piaceva stare così: in silenzio con suo figlio accanto a guardare ciò che aveva fatto per l’unica donna che avesse mai amato in vita sua. Erano state nemiche, amiche, più che amiche, finché erano arrivate ad un punto in cui l’amicizia contava tanto – perché in un rapporto è la base- ma volevano di più. 
Capire di avere una persona, vivere quei momenti di vita quotidiana con lei è il più grande gesto di coraggio e altruismo che l’essere umano possa compiere. Vivere per un’altra persona non è dipendenza, è appartenersi. 
Così Rachel e Quinn si appartenevano.
“Sai che oggi scopriremo se avrai un fratellino o una sorellina?” esclamò Rachel, mentre accarezzava piano la piccola schiena.
Nate fece un piccolo cenno col capo. Aveva un’espressione corrucciata in viso. 
“Avanti, cosa ti preoccupa?” lo spronò Rachel.
“Ho paura” confessò Nate.
“Piccolo mio, questo bambino non potrà prendere il tuo posto…”
Il piccolo scosse il capo, tenendo lo sguardo basso , dopo essersi alzato dalla posizione in cui si trovava.
“Mammy avrà un pancione gigante, giusto?”
Rachel rise a quel pensiero: Quinn stava attenta al suo peso, se lo avessero fatto notare che “aveva una pancia gigante” non l’avrebbe presa benissimo, a maggior ragione se a farglielo notare fosse stato suo figlio.
“E se scoppiasse? Puff! Come un palloncino!” Nate aveva le lacrime agli occhi mentre lo diceva. Era seriamente preoccupato.
“Ma la tua mamma non scoppierà, non è un palloncino” cercò di tranquillizzarlo.
“Ma Jamie ha detto che le mamme posso scoppiare se la pancia diventa troppo grande”.
I bambini e le loro supposizioni. Rachel dovette mentalmente prender appunti per quando avrebbe dovuto affrontare ben altri discorsi, per un attimo temette il peggio e capì che cavoli e cicogne non sarebbero bastati. Doveva parlare con Quinn.
“Beh, io ho avuto te ed eri grande. Ti pare che sia scoppiata? O sono ancora qui a farti le coccole e raccontarti le favole prima di andare a dormire?” il bambino parve tranquillizzarsi. “ E poi devi capire che i bambini anche se sono dentro la pancia, vogliono già un gran bene alle loro mamme”.
“Ma allora perché il bimbo dentro la pancia di mammy scalcia? Le fa male!” protestò Nate.
Rachel lo prese fra le braccia, stringendolo e fregandosene della tinta sulla tuta da lavoro.
“Ti piace quando ti abbraccio?” gli chiese e lui fece un cenno affermativo col capo “ i bambini scalciano perché vogliono uscire per abbracciare la loro mamma”.
Nate si allontanò da Rachel e la guardò, sembrando soddisfatto della risposta. Quello era decisamente suo figlio: non si accontentava di risposte banali o campate per aria. Rachel ebbe il sospetto che, una volta cresciuto, lei e Quinn avrebbero avuto il loro da fare. 
Come se l’avesse invocata, la chiave girò nella serratura, segno che lei era tornata con delle buone notizie.
“Dove siete?”chiamò, accompagnata dal tintinnio delle chiavi poggiate sul vassoio dell’ingresso.
“Nella nursy” rispose Nate, facendo ridere Rachel di gusto.
“Si dice nursery, tesoro!”lo corresse, poco prima di alzarsi ad accogliere una Quinn a dir poco raggiante.
Rachel la strinse forte a sé, respirandone il profumo di camomilla e gelsomino, la crema che usava tutti i giorni.
Il piccolo Nate strinse forte la mano di Quinn, andando ad accarezzare il pancione, al sesto mese.
“So che sarai brava e non farai scoppiare mammy, solo non scalciare troppo forte, per favore”.
Quinn abbraccio dolcemente Rachel e poi la guardò interrogativa.
“Ti spiego poi” sussurrò la mora “Allora, che novità ci sono?” Rachel non stava più nella pelle, un po’ come se lei vivesse una seconda gravidanza.
Quinn frugò nelle tasche e poco dopo tirò fuori una coccardina rosa.
“Allora come la chiamiamo?”
Due ore e svariati rifiuti dopo, non si era giunti ad un compromesso.
“Non voglio che la mia sorellina si chiami così!” protestò Nate, incrociando le braccia al petto.
“Ma Lucille è un bel nome”. Rachel era praticamente sul piede di guerra. 
“Meglio quello di Barbra” commentò Quinn, storcendo il naso.
“Ma mammy è il nome di…” il bambino rabbrividì senza riuscire a concludere la frase. Quinn guardò Rachel che fece il cenno “dopo”, ruotando l’indice.
“Chiunque sia questa bambina non può essere così male, insomma guarda me e mamma…”
Nate alzò gli occhi al cielo.
“Voi siete le mie mamme, lei è una femmina. Zio Kurt dice che le femmine sono strane e che per cinque giorni al mese diventano pericolose perché hanno il triciclo”.
“Dobbiamo parlare con Kurt” esclamarono in coro le due donne. 
In tutto questo, non erano ancora venuti a capo della questione nome.
Finché ad un tratto Rachel non si alzò e andò verso i libri di botanica di Quinn, passione che aveva coltivato dopo essere rimasta incinta. Fra questi vi era un libricino, una sorta di dizionario dal mondo, in cui vi erano segnati i modi in cui infiori venivano chiamati nelle varie lingue.
Rimase qualche minuto in silenzio a leggere. Ad un tratto alzò lo sguardo dal libricino.
“Mai”.
“Scusa?” Quinn non riusciva a capire, finché… “Fiore” sussurrò commossa. “Allora te lo ricordi”.
“Come non potrei? Il nostro viaggio di nozze in Vietnam”.
“Ma che cosa vuole dire?” domandò curioso Nate.
“Vuol dire fiore nella lingua che parlano in Vietnam, il vietnamita. Io e mamma ci siamo state prima di avere te, e lei disse che le sarebbe piaciuto chiamare così nostra figlia”. Nate si poggiò pensieroso l’indice sul mento.
“Uh, è strano. Un fiore che esce dal fiorellino di mammy”.
Le due si guardarono in faccia e capirono.
“Kurt!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Oggi sono qui a scrivere  la mia prima Faberry!mama  per festeggiare un coppia. Loro sanno di chi parlo. Tutto è iniziato perché ad una di loro voglio un bene dell’anima, è la mia sorellina dal visino allegro e dall’ awwwamento (?) facile e trascinante. Mi sembrava giusto dedicarle e dedicare loro qualcosa di carino, quindi ecco la mia prima Faberry. <3
I nomi, aaallora: Natè un tributo al cantante dei fun, l’uomo ( uno dei tanti) della mia vita.
Mai, la piccola di casa, beh volevo avesse un nome figo e significativo, così mi sono inventata la faccenda delle nozze. Significa “fiore” in vietnamita.
   
 
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