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Autore: Melanto    04/05/2013    11 recensioni
La prima volta che si era soffermato a guardare con una certa ammirazione e curiosità adolescenziale, ovvero sessuale, il corpo di qualcuno era stato alla fine di un giorno qualunque, nello spogliatoio, al termine dell’allenamento pomeridiano.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota Iniziale: breve, estemporanea, senza nessunissima pretesa, ma solo la malsana voglia di staccare un po’ da “Elementia” e scrivere del sano fluffino :3
Prendetela per quello che è :3
Giusto per dirvi quanto ci ho lavorato: questa storia mi è venuta in mente nel dormiveglia di stamattina XDDDD LOL!

 

Teen

“Abbracciami perché mentre parlavi
ti guardavo le mani.”

 

Mamoru aveva capito come stavano le cose già da un po’.
Da quando, cioè, erano diventate troppo evidenti per credere che un paio di scuse inventate sul momento potessero essere sufficienti per archiviare la questione e pensare ad altri problemi più importanti.
A sedici anni si poteva fare di tutto, tranne che divenire sordo ai propri ormoni. Quest’ultimi avevano iniziato a fare consapevolmente la ola nel suo corpo più o meno dall’anno prima, e adesso correvano a tutto gas, mettendogli addosso un senso di inadeguatezza sparato a mille.
E forse il problema principale non era nemmeno quello.
«E quindi come la vedi quest’anno contro il Toho?»
Mamoru si girò a guardare il giovane che stava seduto dalla parte opposta del misero banco che li separava. Erano uno di fronte all'altro. Il compagno seduto composto con le mani sul tavolo e lui a cavalcioni della sedia, con le braccia poggiate sullo schienale.
«Non prendermi per pessimista, ma secondo me sarà dura.»
Yuzo gesticolava con una certa sensualità, quando parlava, e di sicuro non se ne rendeva conto.
A Mamoru piacevano le sue mani, dalle dita lunghe, leggermente ossute, che quasi non davano l’idea che lui fosse un portiere perché non erano troppo rovinate. Erano diverse da quelle di Genzo: robuste e solide, con dei calli sui palmi.
«Non portare sfiga!» Lo ammonì scherzoso, ma i suoi occhi restavano catturati da quelle dita che ora tamburellavano la superficie del banco riproducendo un ritmo improvvisato.
Nella scuola non c’era quasi più nessuno e loro erano rimasti a riordinare l’aula. Non si poteva saltare il turno di pulizie solo perché parte del club di calcio e a loro, dopotutto, non dispiaceva. Tanto che, alla fine, avevano preso a fermarsi lì più del dovuto, per fare due chiacchiere in solitario.
«Ehi! Cerco solo di essere realista, almeno un po’!»
Yuzo rise e Mamoru si premurò accuratamente di non guardarlo perché l’espressione che quella semplice distensione di labbra conferiva al suo viso aveva l’effetto malsano di farlo arrossire come una scolaretta, quindi se ne vedeva bene dal fissarlo quando ce l’aveva davanti.
Ed ecco quindi qual era la questione.
Ci stava parlando in quel preciso istante, con tutte le difficoltà del caso.
La prima volta che si era soffermato a guardare con una certa ammirazione e curiosità adolescenziale, ovvero sessuale, il corpo di qualcuno era stato alla fine di un giorno qualunque, nello spogliatoio, al termine dell’allenamento pomeridiano. E il corpo in questione era stato proprio quello del portiere.
Yuzo si era sfilato la maglietta e i suoi occhi erano stati catturati già dal gesto stesso compiuto nel toglierla: con una mano l’aveva afferrata da dietro il collo e l’aveva tirata via, facendovi passare prima la testa e poi sfilando le braccia. Mamoru aveva pensato subito alla contrapposizione con cui, invece, la indossava, seguendo l’ordine inverso. Ma era stato un guizzo e solo successivamente si era reso conto con quanta naturalezza avesse imparato il modo in cui Yuzo si mettesse gli abiti.
Sul momento, invece, era stato catturato dalle linee del suo corpo nel pieno della crescita e che già cominciavano ad assumere una maturità più adulta e definita. Tempo un paio d’anni e la muscolatura sarebbe stata perfetta.
In quell’occasione, gli ormoni gli avevano mollato un sonoro calcio nell’osso sacro che gli aveva fatto tremare tutto il basso ventre in un brivido a dir poco doloroso e imbarazzante. Ma la cosa peggiore era stata che Yuzo si fosse accorto del modo in cui lo stava fissando.
«Che c’è?» Gli aveva chiesto all’improvviso, con espressione perplessa, e lui si era trovato a sparare la prima cretinata di senso compiuto che gli era balzata in testa.
«Ah! No! Niente! Hai un livido.» Aveva indicato un punto a caso del fianco e il portiere vi aveva abbassato lo sguardo distrattamente per poi scoppiare a ridere.
«Uno solo? Buona questa! Sembro una cartina geografica!»
Ne era nata una discussione che aveva coinvolto praticamente tutto lo spogliatoio, permettendo di catalizzare altrove l’attenzione di Yuzo e anche la propria. Senza contare che Mamoru si era sforzato con tutto sé stesso di guardare qualsiasi altra cosa, anche la linea della mattonella del muro, quando il portiere si era sfilato i calzoncini prima di scomparire in una delle docce.
Il suo processo interiore era cominciato da lì e tutto quello che lo aveva preceduto, i primi appuntamenti con la timida ragazzina di turno che gli faceva il filo o il primo bacio dato sempre alla famosa ragazzina, era stato solo un modo approssimativo di sondare il terreno.
Adesso si iniziava a fare sul serio.
Si era guardato intorno con maggiore attenzione, aveva cercato di capire se l’idea che gli si era formata in testa fosse reale o solo frutto degli ormoni impazziti e alla fine del percorso si era ritrovato ad ammettere che, sì, il corpo di una donna poteva essere molto bello, con delle linee morbide, fianchi accoglienti e seni prosperi… ma il corpo di un uomo lo eccitava in una maniera indegna e quindi poteva anche smettere di porsi domande, che tanto la risposta era solo una.
«Cominciamo a chiudere le finestre?»
Questa volta, Mamoru non si sottrasse dal rivolgere lo sguardo al viso del compagno. Era girato a osservare proprio i vetri aperti dai quali filtrava un vento tiepido e piacevole. Il sole aveva già cominciato a calare.
Gli vide appoggiare il viso in una mano, mentre l’altra tamburellava con maggiore lentezza, adesso.
Aveva la giacca della divisa aperta. L’aveva tolta per fare le pulizie, rimanendo in maniche di camicia, arrotolate fino ai gomiti.
Anche lui se n’era disfatto, ma rimaneva ancora appoggiata su uno dei banchi, assieme alle cartelle di entrambi.
«Siamo già ad Aprile…» sospirò il portiere, ma le labbra erano leggermente piegate verso l’alto. «E ci sono ancora un sacco di cose da fare.»
Tra impegni scolastici ed extra scolastici, la loro adolescenza correva sugli stessi binari dello Shinkansen: velocissima, a volte anche troppo, e forse quelle piccole pause dopo le pulizie servivano proprio a rallentare un po’, togliere il piede dall’acceleratore e respirare con calma, riflettere, confrontarsi.
Yuzo non si mosse, si limitò a spostare lo sguardo su di lui, ma questa volta Mamoru non si sottrasse affrontando, con lo stoicismo degno di un leader, il sorriso a tradimento che gli rivolse.
Ricambiò la smorfia allegra, ma non rispose, forse per non rischiare di proferire qualcosa che avrebbe finito col tradirlo. Perché c’era da dire anche questo: quando erano da soli e il portiere lo guardava dritto negli occhi, rimaneva sempre un po’ a corto di parole. Non per altro, ma temeva di ritrovarsi a vomitare arcobaleni, come vedeva nei disegnini che spopolavano su internet, e l’immagine era poco allettante, inoltre, non è che avesse poi una grande idea di come si dovesse affrontare la questione in termini prettamente pratici. L’aveva chiara nella mente e nel cuore, era consapevole di tutto, ma non della strada che avrebbe preso.
Il bello e il brutto dei suoi sedici anni: convinto di sapere tutto, ma sicuro di non sapere niente.
«Che hai ultimamente?»
Yuzo se ne uscì così, out of the blue, senza nemmeno dargli un preavviso o mostrare una delle espressioni indagatrici che sapevano prepararlo a eventuali domande cui avrebbe dovuto rispondere con attenzione.
Sbatté le palpebre e assunse una postura più dritta sulla sedia.
«Niente. Perché?»
«Parli poco, sembri distratto.»
Colpito e affondato.
«Mah, magari sono anch’io preoccupato per il campionato.» Quella era la scusa che Mamoru usava sempre all’occorrenza. Di solito funzionava. «Dopotutto, è il nostro secondo anno senza Tsubasa e siamo reduci dalla sconfitta dell’anno scorso. Dobbiamo rifarci.»
«La vedi dura anche tu?» Yuzo sorrise a tradimento per la seconda volta e lui guardò altrove, dissimulando alla grande.
«Preferisco mostrarmi più ottimista ma, sì, la vedo per quella che è.»
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, con Mamoru che prese a oscillare nervosamente una gamba.
Yuzo diede un colpetto leggero sul tavolo e si alzò di slancio. «Metto via le scope e il secchio.»
«D’accordo, ma le finestre chiudiamole per ultime.» Mamoru lo guardò, sollevando il capo e mostrandogli un mezzo sorriso che gli tendeva il labbro sulla destra. «Si sta bene, godiamocela ancora un po’.»
Attese che il compagno lasciasse l’aula per riporre gli oggetti nel ripostiglio del piano e poi crollò sul banco. Espirò a lungo e sbatté ironicamente la fronte sulla dura superficie un paio di volte.
Si sentiva un cretino per il modo in cui riusciva a farsi mettere nel sacco tanto facilmente e anche per rendersi conto di quanto fosse divenuto difficile riuscire a mantenere un atteggiamento naturale quando era in sua compagnia, soprattutto se da soli. Con gli altri attorno era più facile e i momenti di imbarazzo erano limitatissimi, sapeva affrontarli bene, ma quando c’erano solo loro due…
Mamoru sollevò il capo e tirò indietro i capelli con uno sbuffo, appoggiando poi le mani sul tavolo.
Yuzo tornò qualche momento dopo e riprese il suo posto. Allungò le gambe sotto al banco, arrivando a sfiorare le sue, e si stiracchiò come un gatto al sole: le braccia distese oltre il capo e la testa reclinata all’indietro.
Un corpo lungo che Mamoru divorò solo con gli occhi prima di abbassarli sulle proprie dita, quando il compagno assunse nuovamente una postura composta.
Le mani si trovarono improvvisamente vicine sulla superficie del tavolo, divenuto di colpo troppo stretto.
«Che programmi hai per la serata?»
Mamoru fece spallucce. «Nessuno, anche perché ho tanta di quella matematica da fare che non credo finirò a un orario decente.»
Nel gesticolare gli sfiorò la mano per sbaglio e sentì nettamente un brivido risalirgli la schiena come un ragno in arrampicata solitaria.
«Oh, cavolo! Mate!» Yuzo lo disse in un modo che gli strappò un sorriso. «Me n’ero dimenticato, accidenti!»
«Tu che dimentichi di fare i compiti? Non è da te.»
«E’ che li ho rimandati e poi mi sono passati del tutto di mente! Meno male che me l’hai ricordato.»
Il portiere agitò una mano e fu lui a toccarlo, questa volta. Mamoru sentì netto il vuoto nello stomaco e irrigidì le spalle.
Erano sensazioni strane, stranissime. A volte dolorose, altre volte di totale sospensione, altre di attesa, ansia, eppure in tutte c’era quella giusta dose di piacere che non le rendeva fastidiose ma fantastiche.
Fece cadere nuovamente il silenzio, gli occhi fissi sulle mani di entrambi, ancora vicine nonostante tutto. Aveva quasi timore ad allontanarle, forse per paura che il suo modo di rifuggire il contatto divenisse troppo evidente.
«Mi sa che ti farò compagnia questa notte.» Yuzo parlava chiaramente dei compiti e degli orari improponibili per terminarli, ma Mamoru travisò il senso della frase e sollevò il capo di scatto. Il viso del compagno era più vicino di quanto avesse pensato. I tratti piacevoli, non troppo marcati, si distesero per il terzo sorriso a tradimento.
Non arrossire, questa volta, gli fu impossibile mentre lo fissava con gli occhi leggermente sgranati e la bocca aperta di un filo.
Sentì con chiarezza il calore salire alle guance e la gola farsi secca, così decise che era giunto il momento di chiudere quel pomeriggio prima che i suoi ormoni decidessero di banchettare sulla sua carcassa.
Fece per allontanarsi, girando il viso.
«Dai, forza! Matematica non si farà da sola se restiamo qui!»
La presa salda sulle mani lo costrinse a voltarsi di nuovo e ad offrire inconsciamente le proprie labbra a quelle di Yuzo. Si chiusero sulle sue così all’improvviso che non seppe per quale motivo arrossire tra i tanti.
Forse per il modo in cui gli stava toccando le mani?
Forse perché il flusso ormonale aveva preso fuoco come fosse benzina?
Forse perché lo stava baciando?
La terza.
Lo decise con l’ultimo barlume di lucidità che gli era rimasto e mentre sentiva le labbra contro le sue che lo toccavano, solo quello. Il bacio più casto del mondo e allo stesso modo il più sorprendente perché inaspettato.
La prima cosa che pensò fu che la carne di Yuzo fosse da mordere, da sentire sotto i denti quasi fosse un cannibale e si ritrovò a seguirla, nel momento in cui l’altro cercò di ritrarsi.
Ingoiò a vuoto e prese un mezzo respiro, un po’ strozzato.
Aprì gli occhi – quando li aveva chiusi?! – e trovò quelli di Yuzo.
Ancora vicino, in maniera a dir poco pericolosa, lo guardava ma sembrava non avere il coraggio di dire nulla. Aveva l’aria di chi avesse appena rischiato il tutto per tutto.
In quello sguardo Mamoru non si sentì diverso, ma seppe trovare perfettamente il riflesso di sé stesso.
Liberò una mano e lo attirò a sé, col cuore che batteva a mille e ancora quel terribile vuoto allo stomaco.
Il loro primo bacio fu qualcosa di grande. A quell’età lo erano un po’ tutti i nuovi traguardi raggiunti e già pronti per essere superati.
Fu grande nelle emozioni che gli passarono sottopelle e nella consapevolezza che non era un qualcosa fatto ‘per provare’, come gli era accaduto in passato, ma un gesto condiviso con una persona che sapeva di considerare importante, che gli smuoveva l’universo dentro e gli mandava all’aria gli ormoni.
Fu grande perché aveva la ricerca di un sapore e non solo di un contatto, fu grande perché le labbra si schiusero e c’era l’arancia del succo che avevano condiviso mentre facevano le pulizie. Fu grande perché loro, inconsapevolmente, lo stavano diventando, ma la freschezza dell’adolescenza li avrebbe accompagnati ancora per un po’, per rendere più libera ogni loro nuova conquista.
Fu grande perché fu loro.
Mamoru sentì le dita di Yuzo stringersi alle sue ed erano caldissime, quasi avesse la febbre. Ma allora la febbre l’aveva anche lui perché anche le sue mani erano bollenti.
Allentò piano la forza del bacio, esaurendolo in un tocco di labbra che si fece più lieve fino a che non si separarono. E tornarono a respirare.
Gli occhi si cercarono di nuovo, più vicini di prima, ma meno disorientati.
«E adesso… come la mettiamo?» Mamoru lo domandò sul serio, perché ora che avevano compiuto il passo non aveva idea di cosa avrebbero dovuto fare. Di solito, era Yuzo quello che trovava sempre le soluzioni ai problemi, eppure, in quel caso, si limitò ad aggrottare le sopracciglia e a sorridere.
«A dire il vero, non lo so. Non avevo pensato al dopo…»
I sedici anni erano tutti lì, nel mondo che era bianco o nero, mentre il grigio sarebbe arrivato con l’età, nei colpi di testa e nelle situazioni che si affrontavano solo di petto. Nel modo di non pensare al domani, ma assaporare il presente perché per tutto c’era tempo e loro volevano viverlo completamente, in ogni secondo.
E il tempo li aveva appena messi davanti alla cosa più grande della loro vita, solo che ancora non lo sapevano.
Risero, prendendo maggiore confidenza e naturalezza nel modo di toccarsi che stavano appena scoprendo. Per raccontarsi le rispettive verità avrebbero avuto un numero infinito di occasioni, ma non era con le parole che volevano bruciare quel momento.
«Tra mezz’ora il guardiano ci verrà a chiamare per chiudere e poi abbiamo mate che ci aspetta.» Yuzo lanciò un’occhiata fugace alla porta. «Forse dovremmo andare.»
D’improvviso, Mamoru sentì di non avere tutta questa fretta e di sicuro l’ultimo dei suoi pensieri era quello di tornare a casa per fare matematica.
«Hai mai provato l'ebbrezza di prendere un'insufficienza?»
Yuzo lo guardò con una certa sorpresa per quella proposta azzardata, salvo poi distendere il quarto e ultimo sorriso a tradimento davanti al quale, Mamoru ne era sicuro, non sarebbe più arrossito.
Si baciarono ancora, entrambi consapevoli che se avessero davvero preso un brutto voto, beh… sarebbero sopravvissuti, perché a sedici anni si sopravviveva a tutto e si sapeva ancora come fermare il mondo.

 

“Mi sveglio in mezzo
a quel sorriso gridando:
‘Questo è il Paradiso!’”


Pino DanieleChe male c’è?

 

Nota Finale: non mi toccate Pino Daniele o vi mangio. X3
Oggi ero davvero in vena di ascoltare le sue canzoni romantiche che ho imparato a rivalutare solo con l’età. Quand’ero più piccola, proprio nel pieno di quei famosi sedici anni (“Che male c’è?” è uscita che io ne avevo 15!), non ero ancora in grado di apprezzare nel giusto modo certe canzoni. Soprattutto, avevo una repulsione per quelle italiane XD
Con l’età mi sono ricreduta e ho riscoperto vecchi autori di piccole meraviglie :3333

Niente da dire, è davvero una storiellina tutta fluff e puccerie. :3


Giusto per chiarire: Yuzo ha 17 anni e Mamo 16 (perché Yu-chan è di Marzo e Mamo di Dicembre), anche se dico sempre 16 anni; è solo per praticità :****

Buh, niente. Spero vi abbia smosso un po’ della flufferia che c’è in voi! XD

Love&Peace! :****

 

   
 
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