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Autore: KiarettaScrittrice92    04/05/2013    3 recensioni
No! Non parliamo del tradizionale Detective Conan. Questo è un racconto fantasy!
Shinichi è un povero ragazzo, abbandonato dai genitori, che sono andati a visitare le altre terre, che per guadagnarsi da mangiare deve lavorare in delle miniere e viene sfruttato. Ma la sua vena ribelle e combattiva lo porterà verso un viaggio che gli cambierà la vita!
Troveremo tutti i personaggi di Detective Conan, in un fantasy indimenticabile.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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CAPITOLO 39

Lontani ricordi

 

C’era sangue. Sangue dappertutto. Sulle sue mani tremanti, su tutto il suo corpo, ma soprattutto su di lui. Il suo braccio destro era talmente coperto di sangue che non si vedeva più la carne, sempre se ne era rimasta. Si era tinto tutto di rosso e lei continuava a chiamarlo, ma non riceveva nessuna risposta.
Si svegliò di soprassalto. Aveva il viso bagnato, un po’ dal sudore e un po’ dalle lacrime. Quel ricordo la attanagliava ormai da anni e la tormentava quasi ogni notte. Si girò alla sua destra e il vedere quell’enorme spazio vuoto sul letto le fece venire un brivido. Poi, qualcosa la distolse dai suoi pensieri. Una vocina delicata e spaventata.
«Mamma…non riseco a dormire…»
Si girò per vedere chi parlava, anche se lo sapeva già. All’ingresso della porta c’era un bambino che si dondolava sulle gambe intimidito. Era nella semioscurità, ma lei sapeva che aveva i capelli neri spettinati e ribelli e due bellissimi occhi azzurri. Sorrise, poi alzò le coperte alla sua destra.
«Vieni tesoro, fai compagnia alla mamma.» disse lei e il bambino corse subito sotto le coperte.
«Mamma, ma stavi piangendo?» fece lui guardando qualche piccola lacrima scintillare sul volto della donna.
Lei si asciugò il viso con il dorso della mano e poi sorrise al figlio rassicurandolo e dicendogli che era tutto a posto.
Dopo poco si addormentarono l’uno abbracciato all’altra.

 

Il tavolo come al solito era imbandito di leccornie. Grossi bignè alla crema, soffici torte, deliziose crostate e varie caraffe contenenti succhi di ogni tipo e latte.
Il bambino mangiava voracemente una pasta, tanto grande che non riusciva a tenere bene con le sue piccole manine. Morsicandola, un rivolo di crema era fuoriuscito sporcandogli tutte le ditina.
«Fewa, un po’ di contegno, sembra che non mangi da giorni.» disse la donna, che stava elegantemente tagliando una fetta di torta col coltello e il bambino la guardò un po’ corrucciato, con la bocca piena.
«Tua madre ha ragione, piccola peste, sei un principe ora.»
«Uffa!» sbuffò il bambino mettendo su il broncio, si pulì le mani nel tovagliolo e prese una forchetta.
Non ebbe il tempo di dare un’altro boccone, perché qualcuno bussò educatamente all’enorme porta della sala da pranzo e, dopo l’invito a entrare, spinse uno dei due battenti. Alla soglia apparve una donna magra, ma molto bella, il viso delicato era un po’ tirato per via dello chignon che le teneva i capelli legati e due bellissimi occhi verdi si abbassarono un attimo in un mesto inchino.
«È tornato dalla battuta di caccia, maestà.» disse.
Subito dopo da dietro la porta apparve anche lui. Alto, snello il sorriso stampato in faccia. Il bambino mollò subito la forchetta sul piatto e si buttò giù dalla sedia.
«Papà!» urlò saltandogli poi al collo.
L’uomo lo prese al volo con un solo braccio e il bambino si strinse forte a lui.
«Allora ometto, com’è andata la settimana?» chiese rivolgendosi al figlio.
«Male. La mamma e il nonno non fanno altro che sgridarmi. Mi diverto solo con te!» rispose lui con un tono di voce sommesso, facendo il muso.
A quelle parole sorrise di gusto, poi si avvicinò al tavolo e rimise il bambino sulla sedia, mettendosi di fianco a lui.
«Bentornato tesoro.» gli sorrise quella che da ormai parecchi anni era sua moglie.
«Grazie» rispose lui, poi si allungò verso di lei prendendole il mento e la baciò affettuosamente.
«Bleah!» protesto con aria disgustata il bambino, facendo ridere di nuovo il padre, che gli scompigliò ancora di più i capelli neri.
«Vostro figlio a ragione, non mi sembra il caso di avere certe effusioni a colazione.» disse l’altro uomo continuando a mangiare.
«Ma padre, non lo vedo da una settimana e poi è solo un bacio.» disse la donna sorridendo.
«Sì, questa mi pare di averla già sentita. Se non sbaglio otto anni fa.» a quelle parole i tre adulti cominciarono a ridere, mentre il bambino li guardava un po’ confuso.

 

«Dovresti cambiarti, ragazzo. Ora sei un reale, non puoi andare in giro con quegli indumenti.»
L’uomo si guardò. Indossava un paio di brache larghe e un po’ sgualcite, una casacca bianca pulita e una pettorina in pelle marrone che si stringeva sugli ormai possenti pettorali.
«A me piacciono questi vestiti. Ma le prometto, padre, che mi abituerò anche a questo e comincerò a vestirmi come si conviene a un re.» disse lui sorridendo.
«Bene.» disse l’uomo, poi salutò la figlia e il nipote ed uscì dall’enorme sala del trono, sfiorandosi i baffetti grigio scuro.
«Kazuha, siediti, ora puoi smetterla con tutte queste formalità.» sorrise la regina e la donna dagli occhi verdi, si sedette su una sedia aggiustandosi il vestito.
Poco dopo un paggio entrò nella sala e con un inchino si rivolse al sovrano.
«Maestà un cavaliere della Terra dei Fuochi e il suo scudiero chiedono udienza. Dicono che è urgente.»
L’uomo guardò confuso la moglie, ma lei sembrava ancora più stupita, così con un leggero gesto invitò il paggio a farli entrare. Quest’ultimo scomparve dietro la porta che rimase socchiusa.
Dopo neanche una decina di secondi da essa spuntarono due persone. Il primo era un uomo alto, dai possenti muscoli e la carnagione scura. Indossava un’armatura lucente e sulla pettorina era dipinto un maestoso drago di fuoco. Il secondo invece era un ragazzotto mingherlino che indossava delle brache e una casacca rossi, il suo volto scavato era cosparso di lentiggini.
Appena i due apparirono alla soglia la donna dagli occhi verdi scattò di nuovo in piedi.
«Heiji!» urlò correndo verso l’uomo e abbracciandolo.
Lui ricambio l’abbraccio e la bacio dolcemente. Dopodiché tutti e tre si avvicinarono alla famiglia reale. L’uomo salutò sia il re che la regina con fare amichevole, poi rivolse lo sguardo al bambino.
«E tu devi essere il piccolo Fewa, giusto?» disse chinandosi di fronte a lui.
Il bambino lo guardò con aria un po’ interrogativa poi chiese:
«Sei davvero un cavaliere?»
«Puoi ben dirlo piccolo, sono stato investito solo una settimana fa.» sorrise.
«Davvero?» chiese nuovamente il bambino, mentre già gli si illuminavano gli occhi, ma non ebbe il tempo di ricevere la risposta, perché il paggio era rientrato e aveva annunciato un nuovo arrivo.
«Maestà, il re e la regina della Terra dei Boschi.» disse con voce educata.
«Falli entrare!» sentenziò subito il re.
Dopo poco entrarono nella sala due elegantissime persone. Un uomo e una donna. La donna indossava un bellissimo vestito di seta verde pallido con delle stupende balze alla gonna, i merletti d’oro e delle belle scarpe color crema. Aveva corti capelli ramati e un sorriso scarlatto. Per un attimo il Re rivide in lei la bella donna che lo aveva sedotto parecchi anni prima.
L’altro era un uomo alto e atletico, gli occhi verdi e magnetici e lo sguardo glaciale. Anche lui era vestito elegantemente, la sua divisa verde s’intonava perfettamente con quella della compagna. Dietro di loro una giovane e bella ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi color del cielo.
«Shiho, Shuichi sono felice di vedervi.» li salutò cordialmente la Regina.
«Anche noi.» rispose la bella donna salutando entrambi.
«A-Ayumi, sei bellissima...» balbettò lo scudiero lentigginoso, arrossendo un po’.
«Grazie.» rispose la ragazza.
Dopo pochi minuti, con un nuovo annuncio, arrivarono anche una bella donna dagli occhi blu scuro e dai capelli castani accompagnata da un ragazzo alto e robusto con la testa rasata e un sorriso compiaciuto sul viso.
I sovrani salutarono anche loro.
«Aoko, dove hai lasciato quel ladruncolo da strapazzo?» chiese il cavaliere della Terra dei Fuochi.
«Ha detto che aveva da fare e non è venuto.»
«Allora? Come mai tutti qua?» chiese nuovamente il re, un po’ stupito di rivedere tutti quei vecchi amici.
«Che domande? Ti ricordi che giorno è oggi? Sette anni fa hai salvato le terre di Snaga!» sentenziò il cavaliere dalla pelle scura.
«Abbiamo! - lo corresse il sovrano. - Già, ho sempre cercato di rimuovere dalla mia mente quel giorno, ma a quanto pare sarà impossibile.» disse rattristandosi un po’.
«Shinichi, scusa noi…»
«Tranquillo Heiji! - disse sorridendo, poi si alzò - Bene, allora siete tutti invitati a pranzo. Vado a cambiarmi e torno subito, intanto recatevi pure nella sala da pranzo.»

 

Era nei suoi appartamenti. Si stava cambiando, indossando la sua divisa migliore. Era di un blu scuro, con le rifiniture rosse. Aveva già indossato pantaloni e stivali e stava per mettersi la camicia bianca, quando qualcuno lo bloccò.
Una mano fredda come il ghiaccio gli teneva fermo il braccio sinistro, e l’altra teneva premuta la lama di un coltello sul suo collo. Un brivido gli percorse la schiena nuda, quando sentì quella voce sussurrargli nelle orecchie.
«Te l’avevo detto che ti avrei reso la vita un inferno.»
«C-co-come è-è po-poss-possibile t-tu…»
«Io ero morto vero? Beh ti sbagliavi mio caro. Io sono immortale. Ho aspettato ben sette anni per avere la mia vendetta. Ero ridotto malissimo, mentre tu… Tu hai soltanto perso un braccio e ti sei guadagnato qualche anno di balbuzie per lo shock. Ma oggi avrò la mia vendetta!»
Sentì il coltello premere più forte sul suo collo e serrò gli occhi, pensando che ormai fosse la fine. Poi però sentì una risata e la presa dell’uomo si allentò. Quando fu libero il sovrano si girò di colpo. Davanti a lui non c’era chi si aspettava. 
Era un uomo identico a lui, non fosse per il fatto che i suoi capelli erano più chiari e ribelli e aveva entrambe le braccia.
«Kaito, ma sei pazzo? Mi hai fatto prendere un colpo!» urlò esasperato il sovrano, mentre l’altro continuava a ridere.
«E dai Shinichi era uno scherzo innocuo. - finì di ridere e lo guardò in silenzio per qualche secondo, poi - È bello rivederti amico mio.» disse allargando le braccia.
«Vale anche per me!» rispose Shinichi abbracciandolo.

 

FINE

  
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