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Autore: Spiretta97    04/05/2013    0 recensioni
Prefazione
In un Liceo Scientifico fuori città si suppone che il più grande disastro che possa mai capitare agli studenti sia svenire per esalazioni dei prodotti chimici durante un’ora di laboratorio.
Elisa, una neo-liceale con la passione dei gialli di Agatha Christie, decide di entrare in questa scuola col desiderio di evadere dalla sua città ormai troppo piccola per lei e seguire le materie che più ama.
L’incontro con Will, un ragazzo che le diventa subito amico, la sprona ad aprire una piccola attività di investigazione (contrata su furti e perdite di oggetti) gestita da lei e da ragazzo. Ma qualcuno aspetta di compiere la sua vendetta da anni e non si farà mettere i bastoni tra le ruote da due mocciosi.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 Bob e Alessia Ovvero il bambino sull’altalena

 

Era estate e in spiaggia faceva ancora troppo caldo per fare il bagno. Tutte le mamme stavano sotto l’ombrellone a subirsi le lamentele dei figlioletti che erano stanchi di riposarsi. Poi arrivava sempre quel momento in qui le mamme indicano al figlio un bambino o una bambina seduta al bar dicendo

-Vai a giocare con quel bimbo, fra un po’ andremo in acqua- per poi far scomparire i loro occhi dietro una rivista. Bè ciò accadde anche a una bambina di sei anni che, stancatasi di stare a leggere un fumetto sul materassino, pregò in ginocchio la mamma di portarla in riva al mare a fare il bagno.

-Tesoro, hai appena mangiato!- rispose la donna accarezzandole i corti capelli scuri.

-Ma io mi annoio, mi annoio, mi annoio!- rispose insistente la bambina battendo i piedi nudi sulla sabbia. La madre alzò gli occhi al cielo e sospirò. Notò che tra le giostre c’era un bambino che giocava da solo sull’altalena.

-Vai da quel bimbo e gioca con lui, fra un po’ ti porterò al mare- disse poi riprendendo a leggersi la rivista di moda. La bambina si avvicinò alle giostre e si mise davanti al bimbo cominciando a guardarlo. Aveva i capelli corti, la faccia tonda e i capelli castani corti. La carnagione era abbronzata e portava un costumino azzurro coi lacci arancioni. Sui fianchi si vedevano i segni del costume e intorno agli occhi quelli degli occhialini.

La bambina invece portava una magliettina a maniche corte bianche dalla quale faceva capolino il costume arancione a pantaloncino.

-Ciao- disse la bambina fermandosi davanti a lui. Il bimbo la guardò negli occhi e non rispose voltando nuovamente lo sguardo dall’altra parte.

-Vai via- disse cominciando a dondolarsi. La bimba lo guardò storto e insistette dicendo che DOVEVA giocare anche lei perché glie lo aveva detto la mamma, ma il bambino era deciso a non permetterglielo

-Non voglio giocare con te, vai via!- disse il bimbo alzandosi in piedi. Poiché la bambina non si muoveva il bambino le diede una spinta facendola cade a terra. Sì sporcò tutte le gambe e il costume le si riempì di sabbia. La bambina sarebbe dovuta mettersi a piangere o per lo meno correre dalla mamma, ma lei no. Si rialzò in piedi scrollandosi la sabbia di dosso e avanzò verso il bambino. Non appena gli fu abbastanza vicinò gli diede uno schiaffo sulla nuca. Per tutta risposta il bambino la prese per i capelli e cominciò a tirarli, mentre lei gli assestava un pugno al braccio. Insomma, iniziarono una bella rissa rotolandosi nella sabbia fino a che le loro mamme non vennero a separarli.

-Signorina, chiedi subito scusa a questo bimbo!- fece la madre della bambina tenendola per un braccio

-Lo stesso vale per te Giovanotto! Chiedi scusa immediatamente alla bambina! E fate pace! Mi scusi si signora, di solito Roberto non è aggressivo!-

-Anche Alessia non lo è! Forza chiedi scusa!-

La bambina fece un passo in avanti tenendo la testa bassa

-Scusa…- sussurrò non guardandolo negli occhi.

-Scusa…- ripeté il bambino rosso in volto guardandosi i piedi. Le due mamme scossero la testa e invitarono i bambini a essere più gentili tra di loro.

-Le offro un caffè?- chiese la madre di Alessia mentre si allontanava in compagnia della madre di Roberto.

-Solo se io posso offrirlo a lei!- Le madri dei bambini scomparvero nel bar tra le risate lasciando i loro figli in balia di loro stessi.
Rimasero seduti su un muretto per un po’ fino a che il bambino non ruppe il silenzio con una risata che contagiò anche Alessia

-Che cosa c’è?- chiese la bambina ridacchiando insieme a lui. Il bambino la guardò con un sorriso e le porse una mano.

-Le nostre mamme hanno fatto amicizia, tocca a noi. Piacere sono Roberto, ma puoi chiamarmi Bob-

Alessia sorrise e strinse la mano al ragazzino promettendosi così amicizia eterna.

-Sono Alessia, ti va di far merenda?- chiese alzandosi in piedi. Il bambino sorrise e saltò giù dal muretto, ma improvvisamente si fece tutto buio come se il sole fosse stato inghiottito dal cielo, l’unica cosa che si vedeva era una luce che diventava sempre più potente in direzione di Bob che non era più un bambino, ma già un ragazzo di diciassette anni. Non ci volle molto per capire che quella luce erano dei fanali e che stavano davvero puntando verso il ragazzo.

-Bob!- gridò Alessia, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono e le sue gambe non si muovevano. Il ragazzo fu investito.

 

Alessia si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore. I suoi occhi erano quasi fuori dalle orbite e la sua gola le faceva male. Si guardò intorno e cominciò a tremare. Le pareti le sembravano più strette, quasi l’avessero voluta ingabbiare. Chiuse e riaprì nuovamente gli occhi e si guardò dinuovo intorno cominciando a chiedersi che cosa ci faceva lì. Vide che sul letto della sua compagna c’erano seduti William ed Elisa che la guardavano perplessi. Alessia sorrise vedendo i volti amici, per lei era come un barlume di luce in fondo a un tunnel buio. Vedere i suoi amici, per lei era sempre un buon segno, ma in fondo al suo cuore sapeva che quella non era un occasione come le altre. Lei non era a letto col raffreddore, era successo qualcosa di più.

-Elisa, William! Non potete smettere di amoreggiare nemmeno per un secondo!- disse Alessia ridendo e sedendosi sul letto.

-Non sforzarti! Sdraiati!- Disse Elisa costringendo l’amica a stare sdraiata. Cercava di sorridere, ma le sue labbra fortemente tirate erano simbolo di nervosismo e Alessia la sapeva lunga sui volti delle persone.

-Ma io sto bene! Mi sono solo appisolata!-

-Non proprio! Sei svenuta…- disse William con aria cupa.

-Dai cosa sono queste facce! Non è un dramma se sono svenuta, ora sto bene, fatemi alzare!-

Elisa scosse la testa e costrinse nuovamente l’amica a rimanere a letto. Alessia sbuffò quasi divertita. Il sogno assurdo che aveva fatto rimaneva ancora un sogno del resto, allora perché non ridere? Perché non rallegrarsi di ciò che non è stato? Alessia ci provava, ma sembrava che i suoi amici volessero impedirglielo, ma perché? Perché impedirle di essere contenta?

-Ce l’ha consigliato il medico! Stai a riposo, non sforzarti fino a domani-

L’amica sbuffò nuovamente e incrociò le braccia mantenendo il broncio sul volto. In mente le piombarono le immagini di qualche ora prima, immagini confuse e veloci: un auto, un tonfo e poi Bob a terra… non può essere…

-E Bob?-

William e Elisa si guardarono negli occhi con sguardo triste. Come potevano dirglielo? Come potevano dirle che il ragazzo che amava non c’era più?

Passarono cinque, dieci minuti ma nessuno spiccicava una parola. Alessia abbassò la testa e fissò le coperte.

-Ditemelo…-

Nessuno dei due voleva risponderle. Le parole si bloccavano in gola quasi fossero incastrate e non si potessero forzare perché la gola così si graffierebbe e non guarirebbe più. Meglio tenerle lì, al sicuro in modo da non ferire ne gola ne orecchio.

-Ditemelo! Come sta Bob? Ho il diritto di saperlo! In che reparto dell’ospedale è? Voglio andare a trovarlo, non mi importa quanto siano gravi le condizioni!- disse continuando a fissare le coperte azzurre e battendo il pugno su di esse.

William guardò Elisa che annuì tristemente. Il ragazzo strinse i pugni e abbassò lo sguardo. Non riusciva a dirglielo schiettamente, voleva girargli intorno, ma non troppo oppure lei si sarebbe spazientita e sarebbe stato tutto come prima…

-La macchina che lo ha investito toccava quasi i duecento kilometri, per via dell’impatto Bob ha fatto un bel volo e…-

-Arriva al dunque- fece Alessia fissando oramai il vuoto. William prese il coraggio a due mani, era difficile anche per lui ricordare; la ferita era troppo, troppo recente per poter riuscire a raccontare l’accaduto senza che la voce si facesse roca per via delle lacrime.

-Alessia… Bob non ce l’ha fatta.-

Alessia chiuse gli occhi e strinse i pugni. Nella sua mente tornarono con violenza le immagini dell’impatto e della caduta del ragazzo. Il sangue scorreva e macchiava il cemento della strada, vedeva via via il volto di Bob farsi più bianco, i suoi occhi e le sue labbra farsi violacee e poi il buio. Iniziò a tremare e inghiotti una gran quantità di saliva. Teneva la testa bassa e i capelli le ricadevano sulle guance coprendole così gli occhi

-Ah… ah ah ah… sapete Bob ha sempre detto che una macchina l’avrebbe portato via … eheh non pensavo a quel modo però!- disse Alessia ridendo. Tremava come una foglia e gli occhi erano spalancati a fissare la coperta. Ci furono alcuni attimi di silenzio e poi Alessia riprese a ridere. I due ragazzi rimasero spiazzati dal modo in cui la ragazza aveva preso la notizia… troppo , troppo serenamente, in un modo sinistro addirittura…

-Elisa? Sono un po’ stanca… se vuoi continuare a stare un po’ con William potresti uscire? Se non ti spiace- disse non appena smise di ridere. La sua faccia divenne improvvisamente seria e cupa da far paura.

Elisa annuì cercando di sorridere e fece cenno a Will di seguirla fuori dalla stanza. Si chiusero la porta alle spalle e scesero le scale fino ad arrivare nel giardino.

-No l’ha presa bene per nulla…- disse William fissando la porta. Elisa scosse tristemente la testa chiudendo gli occhi

-L’ha presa peggio di noi… non ha ancora realizzato la faccenda… posso chiederti un favore?-

-Certo, quello che vuoi per farmi perdonare per quello che ti ho detto prima….- disse William riferendosi a quando le aveva dato della bugiarda

-Ti avevo già perdonato per quello.- Disse Elisa sorridendo e aggrappandosi a un suo braccio. Will ricambiò il sorriso e magicamente la giornata divenne meno grigia. Per lui il sorriso e la risata di Elisa erano il sole, il cielo, l’ aria, il tutto. Si era innamorato di lei non poteva non ammetterlo.

-Ti chiedo se sei disposto ad intervenire qualora Alessia si sentisse male per questa situazione… ho paura che se si terrà per troppo tempo tutto dentro lei possa esplodere e fare qualcosa di estremamente stupido…-

William acconsentì e i due uscirono in cortile a passeggiare. Non volevano tornare da Alessia, se lei aveva detto di voler restare cosa, così sia… Il sole stava oramai stava tramontando e i giubbini che indossavano non erano abbastanza caldi per sopportare il freddo serale di Novembre. Dalle loro bocche uscivano a ogni respiro piccole nuvolette simili a dei baffi. Lentamente lentamente venivano espulse dal corpo dei ragazzi che passeggiavano tenendosi per mano per scaldarsi a vicenda poiché nessuno dei due aveva i guanti. Erano quasi le sette e sarebbero dovuti rientrare a momenti per la cena ma in lontananza videro una sagoma che si avvicinava a loro, non ci volle troppo per capire che era l’ispettore e che portava buone notizie.

  
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