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Autore: h a l s e y    05/05/2013    1 recensioni
Il passato le bruciava ancora, non la lasciava perdere. D'altronde, come poteva lasciarla perdere se aveva ancora i segni sul proprio corpo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora mi prudevano. E bruciavano, soprattutto.
Bruciavano perché sapevo che qualcuno - o meglio lui - li stava guardando. Era uno sguardo insostenibile, così mi tirai giù la manica e mi girai dall'altra parte. Non volevo vedere la sua espressione schifata o terrorizzata. D'altronde, era un pò giusto che ne fossi stanca: non potevo mettermi una maglia a maniche corte che attiravo l'attenzione. Non che mettessi spesso maglie a maniche corte, infatti avevo una maglia a maniche lunghe che avevo arrotolato.
Si alzò e se ne andò, passandomi davanti. Sentivo le lacrime solleticarmi le ciglia, ma guardai in alto, facendomi forza per non piangere, almeno non in pubblico. Quando sarei arrivata a casa, avrei potuto piangere e urlare a mio piacimento.

Lo vidi salire sulla sua macchinetta, quelle stupidi degli adolescenti che non possono ancora prendere la macchina, lanciarmi uno sguardo e poi partire. Ma non andò verso l'uscita della scuola, anzi, puntò verso me. Si fermò e si abbasò i Ray-Ban, che si era messo nel frattempo, e mi guardò.
«Allora, vuoi salire?» mi chiese, guardandomi dall'alto degli occhiali.
Mi alzai, mi avvicinai al finestrino abbassato abbastanza timorosa, quegli occhi mi mettevano in soggezione. «Perché dovrei?»
«Perché non dovresti?» mi sorrise, con le sue fossette a cui non resistevo.
Sussurrai un ok ed aprii lo sportello, per poi sedermi al posto del passeggiero e richiuderlo.
Mi girai dubbiosa verso lui che si era messo bene i Ray-Ban sul naso ed aveva voltato lo sguardo sulla strada, cominciando ad andar verso il cancello della scuola.
Nel frattempo, appoggiai il gomito allo sportello coprendomi gliocchi con la mano, non volevo farmi vedere dai i miei compagni di scuola in macchina con lui.
Accese la radio, vedendo che io non parlavo, mentre passava Last Hope dei Paramore. Che casualità.
Every night I try my best to dream tomorrow makes it better... inforccai gli occhiali anche io, ma non tante per il sole, quanto per le lacrime.
 
And wake up to the cold reality and not a thing is changed but it would be happen, gonna let it happen. La fredda realtà.
Cominciai a cantarla sottovoce con lo sguardo voltato verso il panorama fuori dal finestrino. Avevo capito benissimo dove stavamo andando, il mio parco preferito.
 
And that's the hope I have the only thing I know that's keeping me alive. Alive! quel "alive" sembra quasi una presa in giro. Non mi sentivo per niente viva.

Gotta let it happen!

 
«Arrivati» mi annunciò, come se non me ne fossi accorta. Veramente, l'avevo tenuto d'occhio sempre attraverso il finestrino retrovisore, per paura, non so effettivamente di cosa.
«Lo so» risposi semplicemente, scendendo. «Come mai mi hai portata nel Green Walk?» Green Walk è il mio parco preferito, ci andavo ogni giorno perché mi piaceva, oltre ad essere quasi sempre vuoto. Era nella parte sud-ovest di Manhattan, relativamente vicino a casa ma lontano da scuola, essendo questa nella parte est della città.
«Perché è un parco olto bello, oltre ad esser sconosciuto. Ci vengo tutti i giorni, sai?»
Mi girai meravigliata. «Davvero? Anche io, ma non ti ho mai visto»
«Come mai vieni al parco?» mi chiese sorridente, mentre camminava accanto a me.
Stetti un attimo in silenzio, valutando i pro e i contro. Avrei potuto fidarmi? Non avrei dovuto fidarmi? Al diavolo! «Perché... come hai detto tu, è praticamente sconosciuto e posso far quasi qualsiasi cosa io voglia, anche dormire o sentire la musica sdraiata su una panchina...» rimasi sul vago.
«E per non incontrare per forza i ragazzi della scuola?» mi guardò come a cercare una risposta negli occhi, ma mi nascosi dietro i miei capelli biondo cenere.
Rimasi in silenzio, va bene cominciar a fidarmi di lui, ma facciamo piccoli passi. Comunque, se non avessi risposto, avrebbe capito che era una domanda piuttosto retorica.
«Okay, passo falso. Però tu hai troppi passi falsi. Non rispondi mai alle domande troppe personali come se avessi paura! Anzi no, come se non ti fidassi di nessuno! Mi vuoi dire perché non ti fidi della gente? O meglio, di me?» si fermò davanti me, parlandomi con tono quasi rabbioso, e mi osservò dai suoi 20 centimetri superiori.
Abbassai lo sguardo  e gli girai intorno, andandomi a sedere sulla mia panchina preferita. Penso di aver sviluppato qualcosa come antidoto alla gente che usa con me un tono cattivo.
«Hey, no, scusa» mi afferrò un polso. «Non andartene Florence, per favore, scusami» mi disse abbracciandomi. «Posso più o meno capire come ti senti, con quei tagli... mia sorella ha avuto un periodo in cui lo faceva, quindi diciamo che non conosco la senzasione di averceli, ma di vederseli.»
«Non penso tu possa capire comunque - sciolsi violentemente l'abbraccio - non puoi capir la sensazione di schifo verso se stessi o quando vedi la paura negli occhi altrui come se avessi ucciso una persona, che in parte è vero. Ho ucciso una parte di me, anche abbastanza grande. Puoi benissimo veder la differenza tra l'anno scorso ed oggi stesso. Un anno fa ero con Nichole, con Ellie, con Nicholas.. l'anno scorso mio fratello era vivo!» scoppiai in un pianto liberatorio. Me ne girai e cominciai a camminare a scatti, come a voler scaricare il nervoso accumulato con questa confessione.
«Non posso capire, è vero... fammelo capire tu» mi disse seguendomi.
«Non... non ci sono parole. Fa male. Molto male. Solo questo» mi sedetti sulla panchina. Si sedette accanto a me. Mi prese per i fianchi e mi poggiò sopra le sue gambe per potermi abbracciare meglio, mentre avevo le mani a coppa sugli occhi, cercando di contenere le lacrime.
«Leonardo, davvero, dovresti lasciarmi perder. Almeno, finchè sei in tempo. Sono già abbastanza in confusione con me stessa, rischio di confondere anche te...» lo guardai negli occhi da quell'orribile vicinanza
Mi fece segno di star zitta, stringendomi di più nell'abbraccio.
  
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