Un incastro perfetto
Ricordo
bene il giorno in cui misi il gomito nel piattino del burro.
In quel
momento pensai che quello era senza dubbio il più
brutto della mia vita…beata ingenuità!
Stetti nella mia camera a crogiolarmi per giorni
avvampando ogni volta che la mia mente richiamava la scena.
Se ci penso
in questo momento mi viene da ridere.
Ma si può
essere così dementi da mettere il gomito nel piattino del burro col tipo che ti
piace davanti?
Poi fu il
tempo di Hogwart anche per me e credetti che il giorno
più brutto fosse quando apristi quello stupido
biglietto di S.Valentino.
Bhè, lo
ammetto, avevo abbandonato per un momento la sanità mentale, ma l’amore fa
questo ed altro no?
Comunque la
riacquistai immediatamente perché passai i giorni seguenti ad evitarti per non
morire di vergogna.
Poi fu il
turno del terrore di essere l’artefice di tutti quei fatti strani collegati con
il diario di Tom.
Diciamo che quello non è stato proprio un periodo
roseo, ma mi ha reso più forte e certamente meno stupida.
Poi anni di
silenzio in cui i miei giorni, belli o brutti, erano legati a compiti,
professori o amici, ma tu ne eri escluso.
Non certo
perché io non ti volessi, ma perché tu facevi parte di un mondo che non era il
mio.
Non so chi
dei due fosse più deficiente allora, se tu che mi
ignoravi totalmente o io che continuavo ad aspettarmi qualcosa da te.
La seconda
credo…
Ma ora mi
rendo conto che è servito.
Mi è servito
a prendere le prime distanze dall’eroe senza macchia e senza paura e a
cominciare a guardarmi intorno.
Per creare la
vera me stessa lontano da te.
Non credevo,
infatti, che ci sarei stata così male al Ballo del Ceppo…ma
è passata anche quella, no? Oddio, non ho mai più concesso un ballo a Neville
da allora, i miei piedi gridano ancora pietà per quella sera.
(Però devo dire che la mia
piccola rivincita fu vederti morire di gelosia per Cho…).
Credo che
quel piccolo colpo di grazia (anche se in quel momento non credevo fosse tanto
piccolo in effetti…) sia stato un toccasana per me.
Mi ha
liberata definitivamente dalla speranza di diventare l’oggetto dei desideri del
povero, dolce, coraggioso Harry Potter.
Da quel
momento per me sei diventato solo Harry e ho
cominciato a notare diverse cose.
In primis il
tuo splendido sedere…ok, ok, scusa, scherzavo.
(Lo so che ora stai sorridendo e
scuoti la testa!)
Bhè,
dicevamo…ho cominciato a notare diverse cose, molto umane direi e che non
avevano niente a che fare con l’eroe.
Per esempio
che sei testardo e anche un po’ presuntuoso, a volte.
Che adori
abbracciare Hermione, che passi dall’essere la persona più matura e saggia che
conosco all’essere un piccolo bambino viziato che si chiude a riccio perché
pensa di essere solo, abbandonato e perseguitato.
Ti piace
ridere e vedere la gente che ride, ti batti leggermente sulla testa con la piuma quando sei concentrato non rendendoti conto che ti
sporchi i capelli di inchiostro e ti piace giocare col boccino prima di
metterlo via dopo aver giocato a Quiddich.
Bè, in mezzo a tutto questo
c’era Dean (Michael era già archiviato da un po’ ed
oserei dire “per fortuna”)… Almeno fino a che non mi sono resa conto che forse
era su di lui che avrei dovuto approfondire questo tipo di conoscenze.
Quello che
provavo per te stava ritornando fuori prepotentemente, ma profondamente mutato.
Non mi
piaceva più Harry Potter, ma solo Harry.
Non mi
piaceva più l’eroe senza macchia e senza paura, ma solo una persona che aveva
una gran voglia di ridere e anche un po’ di spaccare la faccia al mio attuale
fidanzato (Sì, direi che si vedeva…).
Poi il bacio.
Che dire…
Wow!
Credo che sia
l’unica parola esaustiva dell’esperienza.
Non pensavo
che baciassi così bene, lo ammetto e, soprattutto, non credevo che avresti mai
avuto il coraggio di farlo.
(Infatti mi stavo già
organizzando con Hermione per portare via Ron dalla tua sottana per braccarti
nei sotterranei).
Poi il
paradiso per poche settimane.
Ricordo che
le tue braccia erano l‘unico luogo dove volessi stare in ogni attimo della mia
vita.
Ricordo che
mi accarezzavi i capelli ogni volta che potevi. Te li facevi scorrere tra le
dita e mi guardavi negli occhi prima di darmi anche il più piccolo bacio. Anche
se devo dire che di baci piccoli io e te ce ne siamo dati sempre pochi…erano
più le volte in cui dovevamo cercare un’aula vuota per non farci beccare da mio
fratello con le mani ovunque. E non arrossire ora…non mi sembrava che ti
dispiacesse (e, per inciso, non dispiaceva neanche a me).
Poi Silente è
morto e tu mi hai lasciata.
Sapevo che
l’avresti fatto già da quella notte in cui ti trascinai via dal suo corpo e
perciò cercavo di godere di ogni momento in cui potevo ancora respirare il tuo
profumo, affogare nei tuoi occhi, accarezzare i tuoi capelli.
Ma
l’atmosfera presente non aiutava molto.
I tuoi occhi
si erano spenti, e sapevo che solo la sconfitta di Voldemort avrebbe potuto
riaccenderli.
Quando al
funerale mi hai detto quelle cose ho pensato:
“Eccolo qui
il vero giorno più brutto della mia vita.”
Ma poi mi
sono resa conto che di giorni brutti ne avremmo visti tutti ancora molti.
Nei giorni a
venire mi hai sempre evitata, cercavi di stare il più lontano possibile lontano
da me. Poi al matrimonio di Bill e Fleur, mentre la festa stava finendo, mi hai
trascinata nel ripostiglio delle scope e mi hai baciata e poi stretta così
forte che ho capito che mi stavi dicendo addio.
Il momento
era arrivato. La mattina dopo sareste partiti.
E, dentro di
me, si è insinuata infida la paura di non vederti più tornare.
Quando ti ho
raggiunto nella vecchia camera di Fred e George quella notte hai iniziato a
balbettare, ma è bastato suggerirti di fare un incantesimo insonorizzante alla
camera per farti smettere.
Quella notte
ti ho chiesto di tornare da me, ti ho detto che ti avrei aspettato.
E, come al solito, il tuo lato nobile ti ha fatto dire che non
potevi chiedermi una cosa così.
E hai
sgranato gli occhi quando ti ho risposto:
“Io ti aspetterò anche se non me lo chiedi. Ti prego, torna da me.”
Mi stringesti
forte e sussurrasti al mio orecchio:
“Ti prometto
che farò il possibile.”
Poi l’attesa.
Atroce.
Ogni tanto
riuscivate a mandarci una lettera fredda, impersonale e in codice,
ma stracolma del fatto che foste ancora tutti e 3 vivi.
Ed eccolo il
giorno più brutto della mia vita.
L’ultima
battaglia avvenne proprio alla Tana.
Tu che ti sei allontanato da me per non mettermi in pericolo eri
inorridito da questo…
Alla fine lui
era morto, ma tu galleggiavi in una pozza di sangue.
Il tuo.
Per tre
interminabili giorni abbiamo temuto che lo seguissi ed in ogni minuto sentivo il mio cuore frantumarsi pezzo per pezzo.
E di nuovo la
luce quando hai aperto gli occhi e mi hai detto piano:
“Ciao…sono
tornato.”
Già, sei
tornato.
(Cavolacci, mi sto commuovendo. Ed io che volevo farti ridere con questa lettera…)
Che dire
adesso?
Oggi non ci
siamo visti tutto il giorno come da tradizione, e ho capito che tutte queste
cose sono sempre state dentro di me, ma non te le ho mai dette.
Allora mi è
venuta come un’impazienza nel cuore, un’impazienza di fartele sapere.
Così ho preso
carta e piuma.
La
conclusione Harry?
Bhè, la
conclusione è che tutti, ma proprio tutti, i giorni che ho passato, accanto a
te o non, belli o brutti, mi sembra che si incastrino così bene fra loro, mi
sembrano così giusti ora, così maledettamente al loro
posto che non vorrei cambiarne neanche uno perché sono conscia del fatto che mi
hanno, CI hanno portati fino a qui.
Ti chiedo una
cosa.
Abbi cura di
me sempre con lo stesso amore che ti ha spinto a non arrenderti a nessuno
Schiantesimo, a nessun Cruciatus e a tutto quello che hai dovuto sopportare per
tornare ad abbracciarmi ancora.
Abbi cura di
noi come se fossimo la cosa più importante al mondo.
E domani,
quando mi infilerai quell’anello al dito, sorridimi con i tuoi splendidi occhi
come sei solito fare quando mi guardi.
Ora ti auguro
buona notte e cerca di non farti prendere dal panico e di tentare la fuga…ti
troverei e rimpiangeresti Voldemort.
Sognami se ti
va.
Ti amo.
La tua (tra 9
ore e 43 minuti circa) mogliettina Ginny.
Harry passò le dita sopra alla pergamena e sorrise.
Forse anche lui avrebbe dovuto scriverle una lettera per farle sapere
le tante cose che non le aveva mai detto.
Che aveva avuto la forza di sconfiggere Voldemort
solo grazie alla consapevolezza che l’avrebbe trovata lì ad aspettarlo
quando sarebbe tornato, che molte, troppe volte, sotto i Cruciatus e gli Schiantesimi si
era sentito prendere dalla voglia di arrendersi, ma che il pensiero di non
rivederla più gli aveva dato la forza di reagire.
Che quando gli era stato lontano sognava di
far l’amore con lei e quando si svegliava prendeva a calci il cuscino
rendendosi conto che era solo un sogno. Che quando le prendeva i capelli tra le
mani si sentiva padrone della terra e che adorava la sua bocca.
Poi pensò al suo sguardo se gli avesse detto queste cose nel loro letto
la sera dopo e posò il foglio di pergamena che aveva già in mano.
Sorrise e si buttò nel letto prendendo il cuscino e girandolo al
contrario per abbracciarlo, come era solito fare per far finta di averla
vicina.
Ah, già, avrebbe dovuto anche dirle che anche lui, in primis, aveva
notato il suo splendido sedere.