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Autore: ilal    05/05/2013    7 recensioni
Mi mossi furtivamente nel buio e arrivai alla porta che aprii lentamente scivolando al di fuori. Appena fui nel corridoio illuminato solo da qualche sporadica lampada ad olio, mi guardai attentamente attorno e aguzzai l’udito per accertarmi che nessuno stesse arrivando; quando fui sicura di ciò mi avviai sempre molto silenziosamente per i corridoi del palazzo diretta al deposito delle armi.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a F.


Fuga


Aspettavo coricata nel mio letto, al buio, che dal corridoio non provenisse più nessun rumore. Aspettai per un’ora, due, tre. Verso mezza notte, dal corridoio e dalle stanze accanto alla mia non proveniva che silenzio. Per sicurezza aspettai qualche altro minuto; poi, il più silenziosamente possibile scostai le coperte -sotto ero già completamente vestita- e mi alzai. A tentoni cercai le bisacce che avevo precedentemente riempito con indumenti adatti a tutte le temperature, poi presi gli stivali da caccia e li infilai.

Mi mossi furtivamente nel buio e arrivai alla porta che aprii lentamente scivolando al di fuori. Appena fui nel corridoio illuminato solo da qualche sporadica lampada ad olio, mi guardai attentamente attorno e aguzzai l’udito per accertarmi che nessuno stesse arrivando; quando fui sicura di ciò mi avviai sempre molto silenziosamente per i corridoi del palazzo diretta al deposito delle armi.

Dopo quella che mi parve un’eternità a camminare con i nervi a fior di pelle, arrivai al deposito; aprii la porta ben oliata ed entrai. Spostai lo sguardo sulle rastrelliere presenti nella stanza: asce, spade, pugnali, lance, balestre… Archi e frecce! Ecco cosa stavo cercando. Mi avvicinai e presi un arco, tendendo la corda e provandolo: era uno degli archi di riserva, di quelli che usavano gli apprendisti quando qualche altro si rompeva, era di scarsa qualità, ma almeno la sua scomparsa non si sarebbe notata. Presi anche una faretra consunta appesa in un angolo della stanza e ci infilai una dozzina di frecce dall’impennaggio nero poi la misi a tracolla insieme all’arco.

Feci per avviarmi verso l’uscita, quando pensai che in un eventuale scontro corpo a corpo arco e frecce non sarebbero serviti a molto, quindi mi avvicinai alla rastrelliera dei pugnali e ne scelsi uno dall’impugnatura nera, presi anche una custodia che infilai nella cintura. Ero finalmente pronta quindi uscii diretta alle scuderie, per fortuna non troppo lontane.

Quando arrivai alla mia destinazione, chiusi la porta lentamente e mi concessi un momento per sospirare di sollievo: una buona parte del piano era passata, ma ora veniva la parte veramente difficile. Appoggiai le bisacce per terra e mi avviai verso uno stanzino lì accanto da dove presi degli stracci poi, in punta di piedi per non svegliare i cavalli addormentati, mi avviai per le file di box fino ad arrivare davanti a quello del mio immenso destriero nero come la notte: Tempesta. Aprii silenziosamente la porta del box e entrai; il cavallo si svegliò al minimo tocco e capì subito che ero io perché mi strofinò il morbido naso sulla guancia. Gli feci alzare una zampa alla volta e gli legai gli stracci sugli zoccoli ferrati: così non avrebbero fatto rumore sul lastricato della scuderia. Presi la sua cavezza gliela legai sul muso, poi, pregando che non facesse alcun tipo di rumore lo condussi all’esterno in un angolo del cortile completamente al buio e lo legai ad un gancio che sporgeva dal muro. Gli diedi un’ultima pacca sul dorso e corsi di nuovo verso le scuderie.

Arrivata nelle scuderie presi le bisacce, sella e finimenti per il cavallo e -cercando di non far tintinnare troppo i ganci metallici- ritornai all’esterno dove appoggiai le bisacce per terra e cominciai a bardare il cavallo; era un lavoro lungo già normalmente e la tensione non aiutava molto. Dopo un quarto d’ora circa finii il lavoro e assicurai le bisacce alla sella.

Mi guardai di nuovo intorno e presi il cavallo dalle redini, conducendolo verso il cancello principale rasentando il muro e ringraziando il cielo che Tempesta fosse nero come una macchia d’inchiostro. Arrivata vicino all’enorme cancello notai che le guardie -come sempre- dormivano. Mi fermai e controllai gli stracci sugli zoccoli del cavallo, poi, trattenendo il respiro, mi avvicinai, cercando di non svegliare le guardie. Arrivata proprio davanti al cancello feci arrestare Tempesta, che probabilmente aveva sentito la mia tensione, perché non aveva fiatato per tutto il tragitto. Mi avvicinai a una guardia gli sfilai la chiave dalla giacca, la infilai nella toppa e girai. Il cancello si sbloccò con un clack abbastanza silenzioso e io lo aprii quanto bastava per far passare Tempesta. Quando fu passato, io rimisi la chiave al suo posto e guardai per l’ultima volta il palazzo, soffermandomi sulla finestra della stanza dei miei genitori. Poi sospirai e mi voltai, chiudendo il cancello.

Portai Tempesta a mano per il tratto verso il bosco, ma quando fummo al sicuro, lontano dal palazzo, gli tolsi gli stracci e salii sulla sella. Feci un respiro profondo. Era andato tutto bene. Non ci potevo credere, sprizzavo gioia e impazienza da tutti i pori. Spronai Tempesta al galoppo e ci lanciammo sul sentiero che costeggiava il bosco.
Lontano da una vita che non mi apparteneva, lontano da persone che non mi amavano, verso la libertà.


***
 


NOTE AUTRICE:
Dato che è la mia prima OS, vi pongo alcune domande:
Cosa ne pensate? Vi piace? Vi fa schifo? Pensate che, dopotutto, i funghi non ci stiano così tanto bene con la marmellata? (?) Lasciatemi una recensione con la vostra opinione/consiglio/critica(possibilmentecostruttivagrazie).
Grazie per aver letto :)
Alice


Se vi servo sono anche su Twittah: @slartjbartfast

  
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