Film > Coraline e la Porta Magica
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Autore: alix katlice    05/05/2013    6 recensioni
Sono passati anni dalle vicende narrate in "Coraline".
Una nuova famiglia si è trasferita a Pink Palace.
Riusciranno a non cadere nella tela del ragno? Riusciranno ad uscirci?
*Tematiche delicate*
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altra Madre, Gatto, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Prologo
Dove tutto ebbe inizio.

 
 
 
 
 

- I gatti non hanno nome - disse il gatto.
- Voi persone avete un nome. E questo perché non sapete chi siete.
Noi sappiamo chi siamo, perciò il nome non ci serve.
- Il Gatto
“Coraline”

 
 
 
 
 
 
Avrile decise che quello sarebbe diventato un giorno orribile, forse il più orribile di tutti.
Avrile aveva dieci anni, una fervida immaginazione e una paura non molto normale per gli oggetti gialli. Possedeva dalla nascita una madre, un padre e una sorella quindicenne rompipalle -proprio la parola che aveva usato lei per definirla quel giorno che era venuto il suo fidanzato, e lei non li aveva voluti lasciare da soli-.
Avrile guardava annoiata fuori dal finestrino della piccola macchina rossa dei suoi genitori; correvano veloci molte goccioline di pioggia, e lei faceva il tifo perché quella più piccola arrivasse alla fine del vetro prima delle altre.
- Ale, ti dispiacerebbe abbassare un po’ il volume della musica? Io e tuo padre stiamo cercando di parlare – disse sua madre rivolta ad Alexa, che era sdraiata con la testa sulle gambe di Avrile e le cuffie viola sulle orecchie. Effettivamente teneva il volume della musica ad un livello assurdamente alto, tanto che si sentiva come se le cuffie non ce le avesse.
- Ehi, Ale, potresti abbassare la musica? – le chiese Avrile, accarezzandole i capelli.
In risposta ricevette un mugolio contrariato, molto simile ad un - lasciatemi in pace -.
Avrile non era molto felice di trasferirsi in quella vecchia casa decrepita, ma almeno aveva la decenza di non dimostrarlo così apertamente; Alexa, invece, aveva iniziato lo sciopero della fame. Era complicata lei, con i suoi strambi amici che fumavano e che avevano tutti quei tatuaggi e piercing; in più, Avrile -una volta- l’aveva trovata in bagno, con la lametta in mano e le braccia scoperte piene di graffi sanguinanti. Naturalmente aveva promesso di non dire niente ai loro genitori, ma lei era rimasta molto scossa dalla cosa; da lì aveva capito che sua sorella aveva dei problemi, molti problemi.
La macchina intanto si era fermata davanti ad una grossa villa, a prima vista abbandonata.
- Questa è la nostra nuova casa? – chiese Avrile con disgusto.
- Sì, non è magnifica? – disse la mamma con tono adorante.
- Beh, possiamo sistemarla. Ora scendiamo, il camion dei traslochi sta già scaricando la roba in casa.
 
***
 
Alexa era stanca della sua vita.
Alexa era sdraiata sul suo letto.
Nella testa le rimbombavano le parole del suo ragaz… ex-ragazzo, oramai. Al pensiero una piccola lacrima dispettosa le scivolò sulla guancia. Cosa le aveva detto? Ah, sì. - Sei solo una mocciosa. Io voglio una vera donna, non una mocciosetta autolesionista sempre incazzata con il mondo. E poi non riuscirei a gestire una relazione a distanza, perciò, addio. -
Pensò che fosse davvero uno stronzo. Insomma, erano stati insieme per due mesi e tutta questa roba che lui aveva contro di lei non gliel’aveva mai detta.
Si ritrovò in piedi senza accorgersene e le sue gambe la condussero verso il bagno, il suo piccolo bagno personale che era riuscita a estorcere con la forza ai suoi genitori. E pensare che loro non volessero nemmeno che lei avesse una camera tutta per sé.
Arrivò nel bagno e si guardò allo specchio: gli occhi verdi erano spenti, i capelli neri, ricci, le cadevano quasi a mazzetti sulle spalle. Sbuffò e tirò fuori dal cassetto bianco sotto lo specchio la sua piccola trousse. Osservò per alcuni minuti la lametta, rigirandosela fra le mani, fino a che non si decise: tirò su la manica e sobbalzò alla vista degli altri lunghi tagli orizzontali che spiccavano sulla sua pelle quasi bianca. Non si era ancora abituata ai segni esterni della sua inquietudine.
Poi, poggiò la lama sul braccio e la fece scorrere.
Pianse.
 
***
 
Avrile era stanca delle urla dei suoi genitori.
Nuova casa, certo, ma non nuova vita. Forse era proprio questo che loro non capivano: non bastava cambiare luogo dove vivere, bisognava anche cambiare comportamento e modo di fare.
Era uscita proprio per non dover più sopportarli, e si era ritrovata in un immenso giardino, anche se la maggior parte dei fiori erano appassiti. Lì iniziò a girovagare un po’ in giro, finché non notò un gatto nero su una roccia. Si avvicinò saltellando e si sedette davanti a lui, per fare conversazione. Iniziò a immaginarselo come un bambino della sua età, un piccolo bambino paffuto con le guance rosse e i capelli arancioni come le carote…
- Ciao… Gatto. Come stai? – gli chiese.
Il gatto inclinò la testa da un lato, e subito Avrile lo imitò.
- Significa che stai bene?
Il gatto strizzò gli occhi, poi voltò il suo musetto rosa verso la casa e miagolò. Subito anche Avrile si voltò.
- Stai cercando di dirmi qualcosa sulla casa? – gli domandò assottigliando gli occhi e passandosi la lingua sulle labbra. Sarebbe diventato il suo nuovo gioco, ne era certa. Questa volta si sarebbe chiamata “La Detective in nero”, perché il gatto era nero. Poi lei il giallo lo odiava, anche se era quello il colore dei Detective.
Il gatto intanto miagolò nuovamente, indicando con il musetto la casa.
- È bella la mia nuova casa, vero? – chiese Avrile al gatto, ma lui miagolò di nuovo. Questa volta il suono era diverso, contrariato quasi, forse persino arrabbiato.
- Io penso sia bella.
 
***
 
Julia Ryans era stanca di suo marito.
Jack era una persona senza spina dorsale, scialba, senza carattere: tutto il contrario di lei, sempre attiva e solare. Avevano capito che c’era qualcosa che non andava almeno due anni fa, e per questo avevano iniziato a traslocare di casa in casa, di città in città, ma non avevano mai avuto la pace che speravano di trovare.
Non volevano separarsi, però; pensavano che si amassero ancora, che un qualcosa ci fosse dopo tutto quello che avevano passato.
Inutile dire che oramai non c’era più niente, ma loro erano troppo ciechi, troppo ipocriti per capirlo.
Il giorno del loro arrivo nella nuova casa erano piuttosto tranquilli. Non avevano litigato dalla sera prima, e stavano mettendo a posto tranquillamente i mobili. Ad un certo punto arrivò un messaggio al cellulare di suo marito. Cercò di chiamarlo, ma lui non la sentì. Perciò aprì il messaggio.

Ci vediamo alle 19:30 al bar all’angolo, dolcezza.
Roby <3

Il cellulare cadde a terra e lo schermo si scheggiò, ma Julia non ci fece caso.
- Bastardo traditore.
 
***
 
Nathan era quello che comunemente tutti chiamavano sfigato.
Era bello, ma questa era l’unica cosa certa. Aveva sottili capelli blu e occhi neri, un viso dai lineamenti dolci e una personalità introversa. Se ne stava sempre in biblioteca a leggere, e in classe non faceva altro che rispondere male ai professori: per questo molta gente aveva cercato di avvicinarlo, ma lui aveva sempre respinto tutti, anche fuori da scuola.
Nathan abitava nel pianterreno di Pink Palace.

 
 

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Alice’s Space:
Ehm, ok.
Salve a tutti :)
Mi sono gettata in questa nuova idea con anima e corpo, spero vi piaccia.
Dunque, il tutto è ambientato dopo le vicende di Coraline.
Capisco che i personaggi da gestire siano molti, spero di farcela!
Baci a tutti e al prossimo aggiornamento :)
Alice ^^

  
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