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Autore: Il giardino dei misteri    05/05/2013    7 recensioni
Arianna è una ragazza di sedici anni che frequenta il Liceo Scientifico, insieme al fratello Federico, di due anni più grande. Lei e il fratello sono come due universi inconciliabili. Lei sfigata e secchiona, lui bello e con la nomea di "dongiovanni". In mezzo c'è Alex, l'amico di Federico, e Marco, un ragazzo nuovo, che, dopo un'iniziale ostilità, conquista il cuore della piccola Arianna. Lei sarà così divisa tra Alex e Marco. Mentre sarà indecisa su chi scegliere, vivrà nuove avventure che la porteranno a crescere e maturare.
Spero che vi piaccia ^.^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Erano le sette di mattina. Il sole era già alto ed passando attraverso le fessure delle finestre mi aveva svegliata.

<< Fantastico>> pensai. << Oggi è lunedì!>>

Poi mi girai nel letto, tentando di dormire di nuovo.

<< Speriamo che non mi chiama, speriamo che non mi chiama.>> Pregai affinché mia madre non mi chiamasse. Ma, poco dopo, puntuale come sempre sentii la sua voce.

<< Tesooooro, tesooooro, è ora di alzarsi.>>

<< Come non detto>> pensai.

Mi alzai svogliatamente dal letto, sbadigliando ancora, prima che mia madre venisse a scoprirmi e strattonarmi a forza fino al bagno. E, credetemi, non c’è cosa peggiore.

 

Mi chiamo Arianna e ho sedici anni. Sono alta, magra, occhi castani, capelli castani lunghissimi, che sono la mia unica consolazione. Per il resto sono una cessa sfigata, che va in giro sempre con i soliti vestiti e scarpe e con il cellulare dell’età della pietra e non ho il motorino. Anzi, ce l’ho. Ma, l’ha sempre e solo guidato mio fratello. Quel deficiente.

 Frequento il liceo scientifico,  e sia i prof che gli alunni della mia scuola sono inguardabili. Sono tutti una massa di drogati e alcolizzati che fanno ricadere su di me le loro colpe. Io sono la più sfigata della scuola e nessuno mi calcola. Sono sempre sola e andare a scuola per me è un tormento. I miei compagni di classe mi rivolgono la parola solo per suggerire, passare i compiti, copiare e tutto quello che riguarda l’ambito scolastico. Se si deve uscire non chiamano certo me.

 

<< Buongiorno, cara>> disse mia madre. << Vedo che ti sei alzata, stavo per …>>

Non le diedi il tempo di finire.

<< Ti ho risparmiato la fatica.>>

Sulla soglia del bagno si presentò mio fratello.

<< Che vuoi?>> gli chiesi.

<< Sto andando a scuola.>>

<< Di già? Dai, aspetta che vengo con te con il motorino.>>

<< No, è troppo tardi. Te l’ho detto che devi prepararti  in tempo. E poi anche se fossi pronta non ti porterei. Devo accompagnare Alex.>>

<< Va’ all’inferno>> gli dissi.

 

Questo è uno dei nostri modi migliori per iniziare la giornata. Mio fratello, Federico, due anni più grande di me, è una di quelle persone create apposta dall’universo per essere odiate. E’ alto, magro, ha i capelli biondicci, gli occhi color nocciola e un fisico da paura e frequenta il mio stesso istituto. E’ sempre stato uno dei ragazzi più ambiti della scuola e ha fatto perdere la testa a parecchie ragazze, a differenza di me che sono sfigata e secchiona. Noi siamo come due universi inconciliabili, che camminano su scie diverse. Nonostante i miei sforzi per non odiarlo, non ci riesco. E’ più forte di me. Dopo due secondi l’ho già mandato al diavolo. E infatti, le nostre conversazioni sono brevi ed intense.

Nostra madre ha sempre cercato di tenerci uniti e in pace, ma credo che abbia fallito completamente. Nostro padre è morto tanti anni fa a causa di una brutta malattia. Io avevo solo nove anni, ma il ricordo di quello che è successo è vivo in me come il primo giorno. Non ho scordato le corse in ospedale, la lunga malattia, le visite dei parenti e il giorno in cui mia madre mi ha detto che non avevo più un padre. Il dolore mi ha fatto diventare una persona nuova. Ho tirato fuori una forza nascosta dentro di me e ho iniziato ad essere scontrosa, a difendermi, ad essere più forte. Non ne parlo mai con nessuno, ma la verità è che mio padre mi manca tantissimo. 

 

 

Entrai in bagno, mi lavai la faccia, mi vestii con dei jeans strettissimi, una t-shirt celeste e le mie adorate converse  bianche e verdi. Poi, mi passai un filo di  matita nera sotto gli occhi e misi una goccia del mio profumo: PLAYBOY

Feci colazione con latte e cereali. Guardai l’orologio: erano le otto meno dieci.

<< Mammaaaaa>>  mi misi ad urlare. << Sei pronta? Dai che è tardi!!!>>

Mia madre come al solito non era pronta. E questo mi faceva saltare i  nervi ogni volta perché mi faceva arrivare tardi, col rischio di farmi chiudere fuori dal cancello.

<< Mamma, ti vuoi sbrigare che è tardi?>>

<< Che tormento che sei!>> sbuffò mia madre.

<< Ti ricordo che è tardi e potrebbero chiudermi fuori.>>

Lei mi lanciò un ‘occhiata, poi mise in moto.

Cinque minuti dopo ero nella mia adorata, si fa per dire, scuola. C’era la solita confusione: autobus, automobili, motorini e … studenti. Il bidello stava per chiudere il cancello e io feci una corsa. Andai dritta verso l’ingresso, mentre altri ragazzi e ragazze, come me, si apprestavano ad entrare. Tutti parlavano, ridevano, scherzavano … io ero la solita sfigata. Percorsi il lungo corridoio del mio corso, mentre tutti i ragazzi delle altre classi erano fuori nel corridoio a chiacchierare. Poi, arrivai nell’aula in fondo. La

3 A.

Presi posto. Vicino a me erano sedute le più care amiche che avevo: Maria da un lato, Anna dall’altro. Poco dopo entrò la prof di storia e filosofia. Era una donna un po’ anziana, sulla sessantina. Aveva i capelli lunghi e neri, legati in uno chignon ed indossava sempre gioielli molti costosi. Fece l’appello.

<< Ragazzi, oggi interroghiamo>> disse.

La solita frase che gli studenti sperano di non sentir mai pronunciare.

<< C’è qualche volontario?>> chiese insistente.

Si, come se ce ne fossero. Ognuno era lì nel proprio banco, zitto e muto, con lo sguardo fisso sul libro.

<< Bene. Rossetti vuoi venire tu?>> disse poi lei.

Io iniziai a sudare leggermente, poi realizzai che mi aveva appena chiamata.

<< Cavolo>> pensai.

<> dissi.

<< Ci sono altri che di cognome fanno Rossetti, forse?>>

<< No.>>

<< Vieni o no?>>

A malincuore dovetti accettare, altrimenti avrei preso due. E non era proprio il caso.

<< Parlami delle Signorie, Principati dell’Italia e della famiglia de’ Medici.>>

Io annuii. Non avevo ripassato, ma qualcosa mi ricordavo. Così mi bastò leggere il titolo di ogni paragrafo per ricordare. E devo dire che feci un ‘ottima interrogazione. La mia capacità di “imbrogliare”, anche quando sapevo ben poco, era sorprendente.

All’uscita da scuola trovai mio fratello, con i suoi amici, appoggiati al motorino. Passai dritta, perché sapevo che non mi avrebbe dato un passaggio.

<< Rossetti … >>

Mi voltai: era Alex, il suo amico.

<< Che vuoi?>>

<< Non essere così scontrosa. Non con me!>>

 << E tu chi saresti?>>

<< Un amico>> disse facendomi l’occhiolino.

<< Comunque puoi tornare a casa con tuo fratello, ti lascio il posto.>>

Io salii.

<< Potresti almeno ringraziarmi>> disse lui.

<< Per una volta che mi fai andare … ti sei sprecato.>>

<< Va beh. Ciao Fede>> disse lui.

Mi fece l’occhiolino.

 

MY SPACE…

Spero che la storia vi piaccia. E’ in parte ispirata alla mia vita e Arianna … sono io. Mi somiglia moltissimo!!!!  Per questo l’ho resa simile  a me, così sarei riuscita a scrivere quello che sento e provo.

Beh, ora basta parlare. Leggete la storia e se vi piace, non aspettate a recensire.

 

 

 

  
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