Lei sapeva sempre tutto. Per lei non esistevano mezze misure, o era bianco o era nero. Niente riusciva a farla vacillare sul suo piedistallo di sicurezza, neppure il più violento dei venti. Lei era salda e razionale, Lei era Lei…fino a quel giorno.
“Non trovi che sia bellissimo?”
Uno sfavillante balenio sul pelo
dell’acqua, di quella
pozzanghera troppo cresciuta e baciata dal pallore lunare di una notte
settembrina. Lei non parlava mai dei suoi sentimenti, mai, neppure con
Candy,
concentrato puro dello zucchero più dolce. Soave nota della
sensibilità nella
notte scura.
“Se morissi cosa faresti?”
“Perché mi fai questa domanda?”
“Non so…è da un po’ che ci
penso, tu rispondi.”
“È una cosa stupida da domandare.”
"Niente è eterno, trovo stupido il continuare a crogiolarsi
nel limbo delle nostre convinzioni. Non tutti siamo destinati a
invecchiare.
Potrei morire domani, o stanotte.”
“Non è detto, e non è il caso di farsi
tanti problemi.”
“Cosa faresti?”
“…”
“Io impazzirei. Che vita sarebbe se non potessi
più
condividerla con te?!”
Lei era sempre sicura. Nessun vento
poteva buttarla giù dal
suo piedistallo. Nessuno…o almeno così credeva.
Una leggera brezza aleggiava su
quel campo, lambendo il latteo marmo degli epitaffi, leggera e
impercettibile,
eppure tremava sotto di essa. Lei non era più Lei da quando
aveva visto la luce
di Candy spegnersi tra le stoffe morbide d’una bara. Lei, per
la prima volta,
vedeva grigio. Grigio delle lacrime copiose che cadevano sulla lapide,
grigio
del dolore che la soffocava.
“Se morissi cosa
faresti?”
Lei, per la prima volta, non sapeva.