Fanfic su artisti musicali > HIM
Ricorda la storia  |      
Autore: _TheDarkLadyV_    05/05/2013    3 recensioni
" La musica è dentro la pioggia, nell'aria che respiri e il vento, che accompagna tutta la sinfonia, porta con sé le parole. Io faccio solo il mio dovere e unisco tutte le forze in una sola."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mige Amour, Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve ragazze. Lo so, devo aggiornare l'altra FF, ma ogni tanto concedetemi il diritto di sclerale con delle OS. Questa a differenza dell'altra non è pessimista, ma di certo non posso anticiparvi nulla xD
Quando sono triste faccio queste cose nella speranza che in questo modo mi sfogo. Non penso di esserci riuscita questa volta. Ville mi fa stare sempre in pensiero >.<
'A Ville ripigliate perché sta cosa qua non ce piace u.u <3
Il titolo della OS è tratta da una canzone della mia bella Aliciona Keys. Se vi piace ascoltare le note fatte con un semplice pianoforte io allora vi servo il piatto xD 
https://www.youtube.com/watch?v=XOmeCxrxEz4 




" Ti va di uscire con me?"
Sottovoce, quasi timoroso e per nulla convinto di ciò che stava continuando a ripetere concentrato a se stesso, Ville fissava il marciapiede seduto sul muretto con i piedi a penzoloni. Un leggero vento fresco stava preannunciando l'arrivo dell'estate e il risveglio della voglia di Ville di restare fuori casa fino a tardi, costringendo suo padre a cercarlo per tutta la città.
A volte si lasciava andare a lunghe passeggiate e quando si metteva di mezzo la curiosità, si spingeva verso i luoghi più strambi del posto. Eppure a giudicare dal suo visino angelico e candido, dagli occhi verdi e dolci e dal suo aspetto esile e quasi fragile non sembrava proprio il ragazzo che andasse all'avventura sprovvisto e senza protezione come invece prontamente faceva.
Quel giorno Ville era pensieroso e nulla riusciva a distrarlo da quella insolita tortura. A volte era possibile, che durante i suoi viaggi e le sue avventure si imbattesse in giovani fanciulle indifese e dalla bellezza disarmante, che difficilmente passavano inosservate e sembrava proprio che anche messier Hermanni fosse stato travolto e avesse trovato la sua fanciulla. La fanciulla in questione altri non era che la sua amica Isabella, di origini italo americane che si era trasferita ad Helsinki quando aveva cinque anni. L'aveva conosciuta a scuola e ora che aveva smesso di andarci si incontravano al bar gestito da Matt, suo padre. Quando era con lei, nonostante facesse finta di nulla, sentiva dentro di sé una bestiolina che mandava in subbuglio il suo stomaco, gli stringeva le viscere e la frana che era in lui emergeva in tutta la sua bellezza. Isabella non poteva sapere che il divertimento che le procurava Ville era dovuto al suo sentimento crescente e ben lontano dall'essere solamente amicizia.
Adesso però voleva porre fine a tutto quello e comportarsi da ragazzo cresciuto e quasi diciassettenne. Non era un uomo vissuto, ma non poteva di certo continuare ad aver paura!
" Che stai facendo, lucertola?"
La voce di Herman pose termine alla domanda che Ville continuava a ripetere a bassa voce con tonalità di voce differenti, cercando quella più spassionata ma allo stesso tempo decisa. In silenzio si voltò verso l'amico, che per i suoi gusti, era arrivato troppo presto a distruggere la sua concentrazione. Il povero Herman, ignaro della sua colpa, si sedette allegramente vicino all'amico aspettando una risposta.
" Ti stavo aspettando."- rispose Ville senza distogliere lo sguardo dal marciapiede. Nonostante fosse leggermente infastidito, non mostrò la minima irritazione e la sua voce suonò calma e profonda come sempre.
" Che bell'accoglienza mortifera! Vedo che sei di poche parole. Oggi sei più letterario del solito."- lo prese in giro Herman.
Ville non era in vena di scherzi quel giorno e questo per Herman era strano. Non ci mise molto a capire che il suo amico avesse qualcosa in mente che lo torturava.
" Ville, stai bene?"
" E' questo il punto!"- esclamò questo saltando giù dal muretto. Guardò Herman e sospirando disse: " se ti dico una cosa, mi prometti di non dirgliela a nessuno?"
" Ehi, stai parlando del tuo migliore amico! È logico che porterò il tuo segreto nella tomba, qualsiasi esso sia."- sentenziò Herman.
Ville tornò verso il muretto appoggiando la schiena.
" Io credo di essermi innamorato di Isabella. O meglio, non so se sia amore. Forse è una cotta."
Anche Herman scese dal muretto e prese a fissare l'amico.
" Isabella!? Quella Isabella?"
" Ne conosci delle altre, per caso?"
" No..è che..insomma è strano!"
" Cosa c'è di strano?"- chiese Ville leggermente teso.
" Nulla. È che io non avrei mai pensato che potesse succedere qualcosa del genere. Però sareste una bella coppia!"- concluse Herman cercando di incoraggiare l'amico, ma non servì a molto il suo tono allegro. Ville tornò a guardare il marciapiede ponendo la sua attenzione su una foglia caduta dall'albero lì vicino.
" Voglio invitarla ad uscire con me, ma credo di non esserne capace."- disse abbattuto dopo un breve silenzio.
" Non serve la laurea in questo!"- esclamò impaziente Herman alzando gli occhi al cielo. Conosceva bene i complessi di Ville su qualsiasi cosa diventasse per lui un problema, e lui provvedeva sempre ad aiutarlo come poteva.
" Adesso andiamo al bar e glielo dici."
" Dirle cosa?"- chiese quasi spaventato Ville. Herman lo prese per un braccio e lo trascinò di qualche passo.
" Le dici che vuoi uscire con lei."- gli rispose spazientito. Senza poter opporsi più di quanto già faceva, Ville si lasciò trascinare verso quello che per lui era un patibolo e restò in silenzio lungo tutto il tragitto a differenza di Herman che continuava a chiacchierare allegramente come sempre.
Giunti al bar Ville fece un passo indietro, indeciso se scappare o entrare tranquillamente. Avrebbe optato per la prima scelta se il suo amico non avesse imposto la sua autorità.
" Che stai facendo? Tu entri prima di me."- disse Herman minaccioso spingendolo avanti.
Appena entrarono, Ville scorse Isabella al bancone dove stava sorridendo rivolta verso suo padre. Quel sorriso era il più bello che avesse mai visto, o semplicemente lo era perché Ville si era completamente bevuto il cervello. Quando l'amore bussava, qualsiasi cosa diventava più bella e gli essere umani improvvisamente diventavano deboli e in preda al cretinismo e al rimbambimento. Isabella indossava un vestito blu che le scopriva le sue gambe lunghe e bianche e i capelli castani erano legati in una corda bella alta. In quel momento si voltò e rivolse lo stesso sorriso anche ai due ragazzi che nel frattempo si stavano avvicinando. Lei li andò incontro e abbracciò prima fra tutti Ville il quale temette di perdere anche la capacità di camminare.
" Pensavo che non veniste più!"- disse sorridendo.
" Ville oggi si sentiva piuttosto eremita e moooolto pensieroso. Credo si senta come San Giorgio, ma non sa come salvare la fanciulla dal drago. Se non fosse stato per me credo che non ci avresti visto."- iniziò Herman beccandosi immediatamente un'occhiataccia dal diretto interessato.
" Davvero?"- chiese divertita la ragazza squadrandolo.
" Oh non crederai alle parole di questa scimmia!"- esclamò Ville lottando contro il rossore delle sue guancia. Herman gli fece una linguaccia e si sedette al tavolino. Isabella scoppiò a ridere e gli diede una piccola pacca sulla spalla dicendo: " sei più strano del solito oggi."
Ville si sforzò di sorridere e raggiunse insieme ad Isabella quel biondino tutto pepe di Herman.
" Cosa vi porto?"
" Per me una bella cioccolata calda."
" E per te Ville?"
Gli occhi azzurri di Isabella si spostarono immediatamente su quelli verdi di Ville. Il ragazzo si sentì morire per via della bellezza devastante che portavano con sé e dopo averla fissata quel tanto da farla chiedere preoccupata " stai bene?", disse: " non ho fame."
Isabella si allontanò ed Herman tornò all'attacco dicendo: " sei un caso perso! Possibile che sei così scemo?"
" E tu sei un idiota! Come ti salta in testa di dire certe sciocchezze?"
" L'ho fatto per aiutarti! Ora alzati e va da lei. Sai bene cosa dirle e poi aspetti il verdetto. Non è detto che sia un no. Sei bello e affascinante, non può che dirti sì."
Ville sorrise.
" Herman da quando fai apprezzamenti suoi maschi?"
" Scemo! Lo dicevo così per dire. Non mi interessi."
Entrambi scoppiarono a ridere. Poi Ville si alzò con il cuore che iniziava a battergli forte e disse: " io vado. Se non dovessi tornare, sarai tu a custodire tutti i miei averi."
" Agli ordini!"
Ville deglutì e con passo incerto si diresse verso Isabella.
" Isa volevo dirti una cosa."
" Torni a scuola?"- chiese speranzosa. Lei era una di quelle poche persone che cercava di far ragionare Ville a riprendere gli studi.
" No."
" Sarebbe stato un miracolo il contrario."- disse lei sorridendo. Ville prese a tormentarsi le mani e abbassò la testa.
" Mi spieghi perché sei così strano oggi?"
A quel punto alzò la testa e in un sol fiato disse: " ti va di uscire con me?"
Isabella lo guardò confusa e disse: " scusa non ho capito."
La velocità con cui aveva sputato quella domanda era stata forse un pò troppa. Allora Ville respirò e  scandì le parole.
" Ti..ti va di uscire con me?"
" Oh..ehm..io..io..io veramente non posso."- rispose l'altra balbettando.
Quelle parole riecheggiarono nella testa di Ville colpendo il suo stomaco come un pugno distruggendo tutte le speranze che fino a quel momento avevano alimentato la sua domanda.
" Ah.."- esclamò come un lamento dopo un pugno. A quel punto non serviva restare lì. Sentiva lui stesso la necessità di allontanarsi per sbollire quella strana sensazione di delusione che stava provando.
" Okay..ehm bene..io vado."
Immediatamente le diede le spalle e si allontanò, ma prima che potesse essere troppo lontano da lei, Isabella lo richiamò.
" Ville?"
" Sì?"
Si avvicinò a lui e dandogli un bacio sulla guancia dispiaciuta disse: " scusami."
Quel bacio fu l'unica cosa positiva che riuscì a trovare in quella situazione. Era stato sfigato e ora come premio si era beccato un bacio. Non male, pensò.
" Non fa niente. Davvero."- disse lui cercando di utilizzare un tono allegro, riuscendoci solo a metà.
Qualche giorno dopo Ville scoprì che Isabella aveva iniziato ad uscire con un altro ragazzo, lo stesso che lui aveva riempito di botte durante una rissa. Questo non poté che aumentare la sua rabbia e il senso di delusione. Per la prima volta Ville si trovò faccia a faccia con la parte oscura dell'amore. Capì, infatti, che a differenza di come lo descrivevano nei film sdolcinati, l'amore portava con sé un sacco di guai. Era insano e pieno di insidie e difficilmente si riusciva ad essere felici con la persona che davvero si desiderava al proprio fianco.


Un auto parcheggiò davanti all'ingresso dell'hotel. Lo sportello si aprì e ne uscì una ragazza nascosta da un berretto largo e da un paio di occhiali da sole. Con aria autoritaria entrò nella hall e dopo aver ottenuto la chiave della sua stanza si diresse silenziosa verso la sua meta.
Da quando se n'era andata molto tempo prima, Isabella aveva giurato a se stessa che non avrebbe messo più piede in quella città, ma essere una donna di affari ed estremamente intelligente e sveglia, aveva anche i suoi svantaggi. E ora era lì, per via del lavoro con la possibilità che la sua permanenza si sarebbe allungata più del dovuto. Ecco l'altro svantaggio di essere stata così originale nel suo lavoro.
Helsinki era depositaria di molti suoi ricordi, belli e brutti, ma di uno in particolare che ogni tanto le faceva visita durante le sue notti insonne, dove la mente viaggiava nel tempo e tornava ai tempi della sua adolescenza. Accese il cellulare e ascoltò a segreteria.

Amore perché non mi rispondi? Sono due giorni che ti chiamo, ma tutto quello che sento è la voce meccanica che mi dice di lasciati un messaggio. Che fine hai fatto?
Spero che tu stia lavorando. Lo sai, tu sei l'asso vincente.
Ti prego richiamami. Dobbiamo parlare del contratto della villa in Toscana. Pensaci, potremmo fare un sacco di soldi e...

Isabella chiuse la segreteria senza ascoltare del tutto il messaggio. Era stufa di sentire le solite cose. Mark, il suo ragazzo, era il tipico newyorkese che pensava solamente agli affari. Si poteva contare sulla punta delle dita le serate e le giornate che il ragazzo le aveva detto un semplice " ti amo" senza pensare al lavoro, ma in ogni caso si trattava dei giorni in cui festeggiavano per un successo lavorativo. Forse era un bene che fosse lì sola.
Si avvicinò alla finestra sospirando e passandosi una mano fra i capelli, guardò le case che facevano da contorno all'albergo e la gente che passava di sotto, indaffarata come sempre. Quel sole all'orizzonte che segnava il tramonto le fece ricordare un piccolo particolare che non ricordava più di conservare nella sua memoria.

 

Ville, secondo te perché esiste il tramonto?
Beh, perché è l'unica possibilità che la luna e il sole hanno per vedersi e stare insieme per alcuni minuti senza essere separati con la forza da chi proibisce ciò. Sono condannati a stare lontani, ma quella linea almeno una volta al giorno dà la possibilità ai due amanti di abbracciarsi.


Ville.
Come aveva fatto a non pensarci prima?
Il suo migliore amico, il grande avventuriero che le teneva compagnia durante la giornata, lo stesso ragazzo impacciato che combinava un sacco di disastri pur di farla sorridere.
Ville, il ragazzo che  si era innamorato di lei e lei non l'aveva capito. O forse sì, ma non aveva fatto nulla per cambiare le cose. Aveva preferito un ragazzo che apprezzavano i suoi genitori, piuttosto che un ragazzo che piaceva a lei per i suoi semplici modi di fare, per la sua fantasia e la sua vena poetica.
Era contenta che fosse diventato un cantante, del resto era quello che lei stessa gli diceva di fare.

 

Ma come fai?
Non lo so. Credo che sia qualcosa che non ha una spiegazione. È radicata dentro..nell'anima.
La musica è dentro la pioggia, nell'aria che respiri e il vento, che accompagna tutta la sinfonia, porta con sé le parole. Io faccio solo il mio dovere e unisco tutte le forze in una sola.



Si allontanò a malincuore dalla finestra e si diresse verso l'ultima valigia che ancora non apriva. Quando lo fece la prima cosa che prese fu una foto che aveva appoggiato sugli indumenti. La guardò e sorrise. I due ragazzi che si abbracciavano e la osservavano con l'aria di chi stava per scoppiare a ridere, erano lei e Ville. Appoggiò la foto sul comodino e decidendo di seppellire gli altri ricordi andò in bagno per farsi un bel bagno caldo.
Aveva paura di incontrarlo, molta paura. Allo stesso tempo voleva che questo accadesse perché voleva rivedere con i suoi occhi lo stesso Ville che era sicura non fosse scomparso nonostante la fama. Helsinki era pur sempre una grande città e poi lei non aveva molte informazioni su di lui, perché il suo lavoro l'assorbiva e molto spesso la imprigionava in un mondo privo di contatti.
Forse non sarebbe successo nulla. Non avrebbe visto nessuno e avrebbe continuato a rimpiangere la sua scelta.


" Vieni?"
" No."
" Oh avanti, lucertola! Non puoi restare in casa! Vieni a divertirti con noi!"
La proposta di Herman lo stava iniziando ad infastidire. Herman non aveva perso le sue abitudini e distruggeva sempre i suoi momenti meditativi. Seduto sulla poltrona con un libro in grembo, Ville guardò per l'ennesima volta il suo caro amico e cercando di mantenere la pazienza che stava scarseggiando disse: " Herman caro, lo so che ti preoccupi per me perché non esco mai e tante altre cose, ma davvero non voglio uscire. Non ho voglia e vorrei cercare di leggere questo libro in santa pace!"
Herman sembrava non voler mollare.
" Okay lo so, questo è il tipico atteggiamento di chi sta attraversando un momento difficile dopo una relazione, ma cavoli! Hai una vita davanti! Pensi davvero che quella sfruttatrice da quattro soldi ti pensi ancora?"
" Non è una sfruttatrice da quattro soldi!"- ripeté Ville alzandosi e avvicinandosi alla finestra. Odiava quando veniva portato davanti alla verità nuda e cruda.
" Ah no? Strano, tutti avevano capito che stava con te solo per i soldi."
" Lo so anche io grande genio!"- esclamò inalterato.- " solo che non voglio che la chiami così."
" Preferisci allora pu.."
" Herman!"
" Okay!"- esclamò questo alzando le mani in segno di arresa.
" E comunque non vengo. Ora se non ti dispiace lasciami solo. Devo..devo lavorare."- buttò lì a caso.
" Okay, ma se mai cambiassi idea chiamami."
" Lo sai che non lo farò."- disse Ville sorridendo.
" Lo so, ma tu lasciami sperare."- rispose l'altro divertito prima di scomparire dalla torre. Ville guardò la porta chiudersi e un senso di tristezza colpì il suo cuore. Sospirò e tornò a sedersi e riaprì il libro cercando di lasciare fuori le sue pene. Un bigliettino uscì da una pagina e cadde a terra. Lui se ne accorse solo quando aveva finito di leggere la metà delle pagine. Lo raccolse e lesse una semplice parola.

 

Isabella


Confuso fissò quella calligrafia che apparteneva a lui e cercò di ricordarsi il motivo per la quale aveva scritto quel nome vecchio quanto i suoi anni su quel pezzettino di carta. Sorrise e lo rimise al suo posto. Si incamminò verso la stanza che utilizzava come studio e aprì le finestre. Poi andò sul balcone e guardò il tramonto.
Ricordava perfettamente la sua prima cotta e in particolare quegli occhi che lo avevano stregato. Spesso si domandava che fine avesse fatto. Ci aveva pensato spesso, ma poi la rabbia gli faceva cambiare la rotta dei pensieri e finiva per chiudere le porte a quella ragazza che con il suo vestito blu quel pomeriggio si era scusata per il suo " no".
Più di ogni altro momento sentì su di sé l'incapacità di trovare una stabilità, di potersi innamorare senza aver paura. Nessuna gli aveva mai detto in modo esplicito ciò che provava per lui, quanto fosse innamorata e altre solite frivolezze. Era sempre lui a fare il primo passo per poi ritrovarsi solo.
Restò su quel balcone con un vortice di pensieri in testa fino a quando il sole non fu completamente inghiottito dalla notte.


Le uniche volte che Ville Valo usciva di casa era per andare a fare la spesa e per dirigersi allo studio di registrazione dove incontrava il suo manager. Mentre la prima uscita era necessaria, per la seconda Ville avrebbe voluto tanto che i colloqui si facessero a casa sua, ma Seppo trovava sempre una scusa per farlo uscire dal suo antro. Scommetteva tutta la sua collezione di dischi, che lo faceva solo per fargli prendere la cosiddetta boccata d'aria.
Così quella mattina di buon'ora uscì dalla torre e raggiunge gli studi con un gran malumore. La sua bastardaggine mise a dura prova tutti coloro che incontrò, persino Mige ed Herman con i quali era in compagnia mentre si dirigeva verso casa. Proprio in quel momento Mige lo bloccò e senza guardalo disse: " guarda che bella ragazza."
" Dove?"- chiese immediatamente Herman guardandosi intorno. L'unico privo di entusiasmo fu Ville.
" Quella che sta passando."- continuò Mige.
Ville a quel punto osservò la ragazza che si stava avvicinando. Era piuttosto concentrata e camminava con passo deciso, quasi da diva. Si muoveva piuttosto sciolta su quei trampoli e a giudicare dagli abiti costosi che indossava, doveva appartenere ad un ceto di certo livello.
" Non mi dice niente di particolare."- fu l'unico commento di Ville, ma nonostante cercasse di fare l'indifferente quella strana figura lo aveva incuriosito. Era un uomo dopotutto.
" Cosa? Tu sei completamente rincoglionito, amico mio."
" Mige risparmia il fiato."
Mige alzò gli occhi al cielo e poi guardò Herman. I due si scambiarono uno sguardo complice che però sfuggì a Ville. Quando Isabella si avvicinò, Herman spinse Ville che cadde proprio sulla ragazza.
Ville avrebbe tanto voluto bestemmiare se non quegli occhi che stava fissando non gli avessero tolto il respiro. Restò a pochi centimetri dal viso di Isabella. Entrambi si guardarono negli occhi senza parlare.
" Scusami. Ti sei fatta male?"- chiese Ville rialzandosi leggermente confuso.
Isabella scosse la testa restando pietrificata. Si rialzò poi senza voler l'aiuto di Ville continuando ad impallidire ad ogni minuto che passava.
" Sei sicura?"
Di nuovo Isabella mosse la testa senza parlare. Ville la guardò intensamente sforzandosi di capire dove avesse visto quel volto. C'era qualcosa di familiare ma non capiva cos'era.
" Ci conosciamo?"- chiese infine spinto dalla sua curiosità e sperando che questa volta la ragazza andasse oltre il mimo e facesse sentire anche la sua voce.
" Sì..cioè no."- rispose precipitosamente Isabella sistemandosi la giacca. Come una pugnalata al cuore si rese conto che Ville non si ricordava di lei. Era forse l'altro prezzo che doveva pagare per la sua stupidaggine? Nemmeno Herman era riuscito a capire chi fosse.
Era così cambiata? Loro invece erano sempre gli stessi nonostante fossero cresciuti.
" Sì o no?"- chiese sorridendo Ville.
" No."- sbottò lei allontanandosi di poco.- " scusa devo andare."
Senza aggiungere altro Isabella scomparve. Ville raccolse da terra un foulard, ma ormai la ragazza era lontana e così lasciò che quel tessuto leggero scivolasse fra le sue mani.
" Siete due idioti! Avete cinque anni! Anzi no! Un bambino di cinque anni ha più buon senso di voi, diavoli che non siete altro!"- sbraitò poi ricordandosi di come si era ritrovato quel foulard fra le mani.
" E dai non arrabbiarti, era uno scherzo!"- esclamò sorridendo Mige.
" Scherzo o non adesso io che ci faccio con questo?"
" Restituirlo?"- azzardò Herman ridendo.
" Sbagliato. Te lo faccio mangiare."- continuò Ville arrabbiato.
" Su vieni. Una camomilla è l'ideale."- disse Mige prendendolo sottobraccio.


Isabella era nella sua stanza e fra le sue mani continuava a rigirare il cellulare. Era sconvolta per via di quello che le era successo quella mattina, ma non così abbastanza da restare senza respiro per tutto il giorno.
Era riuscita a recuperare il numero di Ville grazie ad Herman. Quando si incontrarono lui restò scioccato e iniziò a balbettare provocando grandi risate ad Isabella. Dopo essere stati davanti ad una bella tazza di the a ricordare i vecchi tempi, Herman entusiasta prese il cellulare e le disse che avrebbe voluto chiamare Ville per dargli la notizia. Fu a quel punto che la ragazza gli proibì di farlo dando sfogo a tutto ciò che sentiva.

 

" Lo so è stupido, forse è la cosa più stupida che sto per fare, ma devo farlo altrimenti non mi sento in pace."
" Ecco a te il numero. Credo che a Ville non dispiacerà e di sicuro lo farai contento. Insomma sei probabilmente la prima ragazza su cui aveva messo gli occhi e di cui si era innamorato, non vedo perché dovrebbe arrabbiarsi."


Memore di quelle parole il cuore di Isabella iniziò ad accelerare, ma sentiva il bisogno di chiamarlo, anche solamente sentire la sua voce e poi riattaccare. Digitò il numero e poi con un profondo respirò avviò la chiamata.
La voce di Ville non arrivò. Al suo posto si sentì la voce della segreteria e a quel punto Isabella si sentì più sicura e iniziò a parlare.

Ciao Ville. Ehm..come va? Mi sento decisamente stupida a fare queste cose uhm..ma mi conosci sono stata sempre bizzarra. Sono Isabella, la tua cara vecchia amica, la cameriera a tempo perso che senza farsi vedere dal padre perché disapprovava, ti metteva un pò di crema e latte nella cioccolata perché credeva che tu fossi dolce. Beh lo eri in effetti e io mi chiedevo sempre perché le altre ragazze non ti capivano e non cadevano ai tuoi piedi.
Hai presente quella tizia con cui ti sei scontrato oggi facendola perdere l'equilibrio? Ero io. Sei davvero distratto e non ti accorgi mai degli scherzi. Fortunatamente almeno in questo non sei cambiato. In un primo momento ti avrei letteralmente ucciso, ma il tuo viso così vicino al mio e i tuoi occhi stupendi mi hanno fatto dimenticare perfino come si respirasse. Che stupida! Non dovrei dirti certe cose. Okay non posso tornare indietro quindi adesso lo sai..
Sono stata una stupida e me ne rendo conto solo ora. Sai, Helsinki per quanto possa essere fredda, fa tornare alla mente i ricordi più calorosi appena varchi la soglia dell'aeroporto. Strano, no? Il fatto è che tu mi piaci e che vorrei vederti, ma ho paura che tu non voglia. Beh ehm..forse è meglio se la pianto..ho parlato fin troppo. Ciao Ville.

Ville stranamente quella notte aveva dormito e anche in maniera serena. C'era stato qualcosa nei suoi sogni che lo aveva fatto sentire tranquillo. Il particolare che trovò difficile da cancellare dalla sua mente erano gli occhi azzurri di quella ragazza che il giorno prima per poco non ammazzava.
In quel momento si ricordò di aver lasciato il cellulare spento e decise di accenderlo pensando a tutti coloro che lo avevano già dato per disperso. Quando ebbe l'accesso alla segreteria restò paralizzato.
La voce di Isabella continuò a rimbombare nelle sue orecchie anche dopo che la segreteria aveva smesso di mandarla in onda. L'aveva riascoltata per ben due volte ed era ancora incredulo. Era lei! Perché non ci aveva pensato? Aveva forse dimenticato per davvero quegli occhi azzurri come il mare?
E soprattutto Isabella era davvero ad Helsinki?


" Signorina, dove la porto?"
" Lei vada. Le dico io quando fermarsi."- disse Isabella entrando nel primo taxi che era riuscita a fermare. Il taxista annuì e iniziò così il suo giro.
Sì fermo nel momento in cui Isabella scorse il viale a lei fin troppo familiare da cui la vista del tramonto era uno spettacolo. Era il posto in cui lei e Ville adoravano vedere quegli spettacoli ogni santo giorno.
" Mi lasci qui."- disse. Pagò la corsa e scese respirando l'aria circostante carica di ricordi. Si avvicinò all'albero e guardò la metà della città completamente avvolta dalle fiamme del sole. Ripensò alla chiamata e a quel punto si sentì molto più stupida di quanto lo fosse stata in quel momento.
" Naa..Ville non l'avrà ascoltato."- sussurrò fra sé.
" Signorina, credo che questo appartenga a lei."
Isabella sussultò e ancora scossa si voltò lentamente. Ville era davanti ai suoi occhi e con sé portava il suo foulard. Il suo sorriso era disarmante e per poco quella bellezza del tutto finnica non la sciolse. Era davvero lui, non lo stava sognando.
Lei gli si avvicinò e senza pensarci su lo abbracciò come avrebbe fatto una cara amica alla vista della persona più importante che non aveva più visto. Ville per un momento restò immobile mentre lei lo stringeva a sé. Era sorpreso, ma capì che dietro a quell'abbraccio c'era un amore indescrivibile. Lo sentì nel momento in cui anche le sue braccia fecero la stessa cosa, stringendo Isabella con presa salda, quasi fosse stato un sogno da non lasciar fuggire. Quell'abbraccio era significativo più di tutte le parole che i due si sarebbero scambiati da lì a poco. I raggi del tramonto illuminarono i loro visi.
" Perché hai tu il mio foulard?"- chiese sorridendo Isabella staccandosi dal suo petto.
" Ti è caduto quando ci siamo scontrati."- rispose Ville sorridendo a sua volta. Lei prese il fazzoletto e insieme ad esso anche la mano di Ville. A differenza della sua era calda e molto più grande. Sentì un grande senso di protezione nonostante non la stesse più abbracciando.
" Sei davvero tu?"- le chiese Ville quasi senza voce. Lei annuì continuando a sorridere.
" E' così strano."- sussurrò guardando in direzione del tramonto.
" Cosa?"- chiese Isabella continuando a stringere la sua mano.
" Beh che io e te siamo qui, nello stesso posto di sempre."
" Allora non l'hai dimenticato!"
" No, certi posti non riesco a dimenticarli. Avevo semplicemente perso i lineamenti del tuo volto. Non sapevo nemmeno che fine avessi fatto e speravo ogni giorno che tu stessi bene."
Lei si sporse in avanti e gli diede un lieve bacio sulla guancia.
" Non ti ho mai detto quello che davvero provavo per te e, sai, nonostante sia passato tanto tempo ho pensato spesso a te nonostante nemmeno io sapessi più che fine avessi fatto. Ti sembrerà strano, ma io non sapevo nemmeno che eri diventato un cantante. Quando andai via da qui, tu ancora non eri famoso e sappiamo entrambi che io non ascolto quel genere musicale."- sorrise.- " l'ho saputo leggendo una rivista.  E poi il mio ragazzo Mark, vi ascolta e quindi la tua voce era accanto a me ogni volta che ne sentivo il bisogno, ma più di questo non so nulla di te."
" Hai un ragazzo?"
" Avevo..nel senso sì c'è..ma non lo amo più. Dovrei chiamarlo per dirglielo. Gli prenderà un colpo. O forse gli faccio un favore visto che per lui esiste solo il lavoro."
Quella volta fu Ville a sorridere. Per una volta era lui a vincere contro quella bastardata che portava con sé l'amore.
" Sopravviverà."- le disse mettendo la sua mano libera su quella di Isabella.
" Mi sei mancato."- sussurrò lei con voce strozzata.
" Anche tu mi sei mancata, molto di più di quanto tu possa immaginare. Credo di non aver mai sofferto per una relazione che non ha mai visto la luce. Beh eravamo piccoli, eppure per me significava molto. Ero stupido lo so."
" No non lo sei! Sono io la stupida."
" Ma le cose possono sempre cambiare."- le disse avvicinandosi quel tanto che bastava per unire i due fiati in uno solo.
" Ti va di uscire con me?"- gli chiese Isabella deglutendo e perdendosi nei suoi occhi.
" Per tutta la vita."- rispose Ville quasi senza voce.
Le loro labbra si incontrarono, dapprima con timidezza, quasi fosse un gesto sconsiderato. Poi, entrambi bisognosi, si lasciarono andare a quella strana danza che in un sol minuto riusciva a catturare l'anima. La mano di Isabella percorse il petto di Ville fino a stabilirsi fra i suoi capelli mentre il ragazzo passò le sue mani intorno ai suoi fianchi stringerla a sé. I baci man mano divennero più focosi, segno che la loro non era una semplice passione passeggera, ma la consapevolezza che dopo un lungo giro le loro anime si erano finalmente ritrovate, ma diversamente da quello che accadeva al sole e alla luna, esse si sarebbe abbracciate per sempre.

 

Tra le acque più profonde non ti lascerò affogare.
Come una nave nella tempesta possiamo rischiare tutto.
Ecco quanto è forte il mio amore..

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > HIM / Vai alla pagina dell'autore: _TheDarkLadyV_