You’re back.
Sa
benissimo che è inutile, che lui non tornerà
tanto presto. Che senso ha
aspettare, soffrire, amare?
Eppure
eccola lì, davanti all’imbocco di quel vicolo dove
tutto è cominciato. O
finito. L’inizio della fine...
Eccola,
a versare lacrime di solitudine, nostalgia, speranza.
La speranza che lui torni, che stia bene; ma anche la speranza di
poterlo
rivedere, abbracciare.
Osserva
il marciapiede e piange, Ran. Piange perché ha perso
ciò che le era più caro al
mondo, la cosa più importante che avesse. Piange
perché non sa quando potrà
riaverlo indietro, non sa se potrà
mai riaverlo indietro.
Scuote
la testa, asciugando quell’unica lacrima che, delicatamente,
scende,
accarezzandole la guancia. Alza lo sguardo per osservare le luci della
ruota
panoramica che illuminano la notte, oscurando perfino le stelle.
Chissà
dov’era, Shinichi.
Chissà
che cosa stava facendo.
Chissà
a che cosa stava pensando.
Chissà
se stava pensando a lei.
Perché
lei pensava a lui, ogni attimo. Anche se non voleva, anche se provava a
distrarsi in qualche modo, lui
restava nei suoi pensieri e nei suoi sogni. Quanto tempo - quanto! - aveva passato osservando il
cellulare inerme sulla
scrivania, aspettando che squillasse e vibrasse, e che sul display
apparisse quel nome, il suo nome.
Ormai
sono quattro anni che lui se n’è andato. Quattro
anni senza Shinichi. Quattro
anni. Quarantotto mesi. Millequattrocentosessanta giorni. Tanti. Troppi.
Ed
ora che è lì, dove lui l’ha lasciata
per l’ultima volta, si sente mozzare il
fiato. Sta annegando nella sua solitudine e nella sua nostalgia. Sta
appassendo, come un fiore a cui manca l’acqua. E presto morirà.
Un
ragazzo la urta; ha i capelli castani e ribelli, un fisico asciutto e
allenato.
Somiglia così tanto a Shinichi!
I
suoi occhi sono verdi, però. Lui non è Shinichi.
Il
giovane si scusa con un frettoloso sorriso. Si allontana a passo lesto
in
direzione di una ragazza dai capelli corvini che lo saluta con una
risata
radiosa. Si abbracciano, e Ran sente il cuore perdere un battito. Non
si è mai
sentita così sola, così vuota.
Ha
visto e sentito abbastanza. Muove un passo, con l’idea di
tornare a casa. Non
vuole che qualcun altro veda le sue lacrime.
«Gomenasai!»
Si
volta stupita al suono di quella voce, al suono di quelle scuse.
No.
Non può credere che quegli occhi, blu come il mare il
tempesta, siano a pochi
centimetri dal suo viso, che quella stretta morbida ma possessiva
intorno al
suo polso sia reale. Eppure sente chiaramente il suo respiro affannoso
sul
volto: profuma di menta.
«Mi
dispiace...», sussurra,
dolcemente.
La
attira a sé, facendole poggiare la testa sul suo petto. E
Ran non può fermare
le lacrime che hanno iniziato a solcarle il viso, lacrime di gioia,
lacrime d’amore.
«Sei... sei tornato!»
L’angolino di Umiko.
Ebbene sì, sono tornata, e come!
Cooomunque: è una Flash scritta così, di getto.
Oh, e fatemi sapere che ne pensate!