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Autore: Aki_Saiko    06/05/2013    3 recensioni
«Katniss» lo disse in un sussurro: improvvisamente, per chissà quale motivo, le era mancata la voce.
«Catnip... che strano nome... » commentò il suo interlocutore, aggrottando le sopracciglia folte.
«No, non Catnip: Katniss» ripeté la giovane, questa volta alzando un po’ di più la voce, scandendo per bene il proprio nome.

Missing moment sul primo incontro tra Gale e Katniss nei boschi fuori dal Distretto 12.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E boh, lo so che dovrei aggiornare la long (maddove) su SAO, ma il fatto è che così a random mi sono messa a rileggere Hunger Games, e Katniss che se la spassava allegramente cacciava in maniera seria nei boschi con il suo amico che non ha mai saputo di amare fino a CF ma va beh Gale mi ha fatto venire in mente che non ho mai trovato una shot che narrasse in maniera alternativa del loro primo incontro... quindi ieri sera ho acceso il pc e ho buttato giù 'sta cosa; che tra parentesi ha zero fluff e zero romanticismo, perchè evidentemente tutte le mie riserve di zucchero sono andate esaurite per la KiritoxAsuna del mese scorso (<--- chiamasi pubblicità occulta).
Eh beh, spero che la apprezziate, non ne sono esaltatissima, ma visto che c'era l'idea, ci tenevo a dare supporto all mia adorata OTP nel fandom di HG, che ahimè è in netta minoranza, perchè evidentemente Gale non è figo come il ragazzo del pane *inserire ironia e tono acido*
Spero che i personaggi siano IC,  fermo restando che le vicende si svolgono tipo 4 anni prima del libro, quando Katniss era appena uscita dal periodo di fame (la sua stima dell'età di Gale sarà sui 15-16 anni: anche se il ragazzo di fatto ne ha solo 14, nel libro dice che sembra molto più grande di quanto non sia in realtà), e che all'inizio i due erano solo compagni di caccia.
Hope ya'll like it




Nome bizzarro il tuo, ragazzina



Katniss aveva da poco compiuto dodici anni al momento del suo primo incontro con Gale, ma vuoi per la magrezza dovuta alle settimane passate a digiuno, vuoi per il fisico ancora da bambina, non li dimostrava affatto. Così come era impossibile da credere che una ragazzina così minuta sapesse tirare con un arco grande quasi quanto lei, senza neanche essere troppo scarsa –o almeno, le prede grandi per lo meno le abbatteva.
   Era un caldo pomeriggio di metà luglio, la ragazza vagava per i boschi come suo solito, in cerca di un buon posto per tendere qualche imboscata. Sopra di lei, sugli alberi, c’era non poco fermento, e con amarezza Katniss dovette rassegnarsi a non tentare di colpire qualche scoiattolo o uccello: le sue frecce erano troppo preziose per essere sprecate, e lei non aveva ancora una chissà quale grande mira. Suo padre le aveva insegnato a quali parti del corpo puntare e come uccidere gli animali con il coltello, ma sperare di riuscire a centrare i punti vitali di un essere più piccolo di una capra era per lei un traguardo ancora troppo ambizioso.
   Notando le tracce di quello che poteva essere un cane selvatico dirigersi verso il fiume, la ragazza le seguì badando a non fare il minimo rumore. Dopo qualche minuto di silenzioso avanzare, le orme divennero mano a mano più nitide, impresse chiaramente nel terreno fangoso degli argini. Questo l’avrebbe senza dubbio aiutata, per l’animale sarebbe stato difficile scappare velocemente in quel pantano già in condizioni normali, ma se fosse stata così fortunata –perché sì, in fondo molte volte era ancora questione di fortuna- da ferirlo più o meno gravemente la preda sarebbe stata senz’altro sua.
   Katniss si appostò dentro ad un cespuglio, la freccia incoccata, non appena intravide il cane selvatico, a circa una decina di metri da lei. Quello stava  tranquillamente bevendo l’acqua del fiume, probabilmente ignaro della ragazza dietro di lui.
La giovane alzò l’arco in posizione verticale, prendendo la mira.
Cric.
L’animale drizzò improvvisamente la testa, in ascolto, per poi tornare con fare sospettoso al suo ruscello. Katniss tirò un sospiro di sollievo: era rimasta sorpresa anche lei dallo scricchiolio prodotto dal suo arco. Non si aspettava certo che avrebbe fatto un simile rumore una volta in tensione. Di sicuro non era lo stesso che aveva usato ieri... dannazione, ancora faceva fatica a ricordarsi tutti i nascondigli delle armi costruite dal padre.
A questo punto, se voleva concludere qualcosa, l’unica soluzione era quella di scoccare la freccia il più in fretta possibile, confidando nel fatto che il terreno morbido avrebbe rallentato la sua preda.
Cric, cric,il fastidioso rumore non cessava un attimo mentre la corda si tendeva sotto le mani della giovane cacciatrice, appena percettibile al suo orecchio, ma di sicuro molto più forte per quello del cane selvatico; che a questo punto continuava a guardarsi intorno con fare allarmato, pronto a scappare da un momento all’altro.
Oh, al diavolo,pensò,ora o mai più. Qualcosa dovrò pur portare a casa.
Dopo aver cercato di aggiustare la mira come poteva, Katniss lasciò andare la corda, e la freccia colpì l’animale poco più su della coscia posteriore. Accidenti, avrebbe dovuto andare molto più a sinistra!
   Quello, non ferito mortalmente e nemmeno molto gravemente, si diede alla fuga, correndo in direzione della parte più fitta del bosco prima che ella potesse acciuffarlo, impedita com’era dai rami del cespuglio, più fitti di quanto le erano sembrati.
   Osservando la posizione del sole, la ragazza ne ricavò che dovevano essere circa le sette: se non si sbrigava, la corrente elettrica attivata puntualmente al tramonto l’avrebbe costretta a cercare un’altra via per tornare all’interno del Distretto.
Mettendosi l’arco a tracolla, iniziò a inseguire il cane selvatico, che non era poi molto veloce a causa della zampa ferita. L’animale però non doveva aver l’intenzione di farsi prendere –e grazie tante- perché continuava a cambiare bruscamente direzione, conducendo Katniss in una parte del bosco a lei non molto familiare.
Accorgendosi di ciò, ella arrestò bruscamente la sua corsa, indecisa sul da farsi: se quel dannato cane non la smetteva di avanzare, avrebbe potuto perdersi definitivamente nella vegetazione, e allora addio cena e addio ritorno prima di sera. Però non voleva varcare la soglia di casa senza aver concluso niente e depositare sul vecchio tavolo del soggiorno-cucina solo una manciata di erbe medicinali per la mamma.
   Riprese dunque a seguire le tracce dell’animale, che a tratti doveva aver iniziato a trascinare la zampa colpita, perché per terra non c’erano più solo orme.
   Grande fu la sua sorpresa quando, giunta in una piccola radura, si accorse che il cane era lì, immobilizzato da un laccio e costretto contro il tronco di un albero, che le abbaiava rabbiosamente contro.
«Oh» si limitò ad osservare «questa sì che si chiama fortuna»
Lentamente, si avvicinò alla preda, tirando fuori il coltello dalla cintura per ucciderlo definitivamente, quando: «Che cosa credi di fare, scusa?»
Una voce maschile, bassa, profonda e leggermente roca, la distolse dalla sua attività.
«A te cosa sembra? Mi sto procurando la cena» rispose senza neanche voltarsi a guardarlo, rigirandosi il coltello in mano e cercando il punto giusto dove colpire.
«Non con la mia preda» replicò ancora lo sconosciuto, costringendola questa volta a girarsi.
Era un ragazzo alto, capelli neri scompigliati, pelle scura –molto simile a lei, in effetti- che poteva avere quindici o sedici anni.
   Gli lanciò un’occhiata irritata: «La tua preda?»
Per tutta risposta, egli le indicò il laccio che aveva catturato il cane selvatico: «Certo: trappola mia e, a rigor di logica, mio l’animale che ci casca»
«E di chi credi che sia la freccia che l’ha ferito? Non sono un’esperta, ma a toccarlo questo non mi sembra un laccio sufficientemente resistente a immobilizzare un cane selvatico» fu il commento da parte della ragazza.
   Il ragazzo aveva l’aria di non essere del tutto diffidente solo per il fatto che Katniss aveva un arco a tracolla. E infatti: «Tu sapresti usare un arco, nella fattispecie quello, che è grande quasi quanto te?» il tono era acido, ma la ragazza poté cogliere anche una leggera punta di incredulità.
«Me la cavo, si» rispose, distogliendo leggermente lo sguardo al pensiero della sua mirabolante mira che aveva spedito il dardo quasi venti centimetri più a destra del dovuto.
Il giovane continuava a fissarla pensieroso, in modo che Katniss trovò un filino irritante.
Poi: «Fammi vedere che sai fare»
   Ella lo guardò con stupore: «Eh?»
«Voglio vedere come te la cavi» ripeté lui come se dovesse spiegare la cosa più ovvia del mondo ad una bambina particolarmente stupida «come sai usare quell’arco» aggiunse, posizionando una foglia verde scuro sulla pancia dell’animale.
   La ragazza preferì ignorare il tono ed anche il perché di una simile richiesta, pensando che più in fretta sbrigava questa faccenda, prima si sarebbe giunti alla contrattazione per la preda.
   Si posizionò dunque alla stessa distanza di prima, dieci metri circa, e incoccò una seconda freccia. Tese la corda prendendo la mira con grande attenzione.
Uno, due, tre.
Katniss lasciò andare la presa e il dardo centrò l’animale solo due o tre centimetri più in là di quanto aveva pianificato.
   Abbassò l’arco, stavolta incredula lei stessa.
«Però, tutto sommato te la cavi davvero. Quanti anni hai, ragazzina?»
«Dodici» rispose quella, con sguardo diffidente.
«Cosa ci fa una dodicenne nei boschi, con un arco in mano per giunta? Lo sai che se ti scoprissero verresti fucilata?»
«Una pallottola in testa è una morte più rapida e indolore rispetto ad un’agonia e una morte per fame. E comunque, le leggi non sono valide solamente per le dodicenni pelle e ossa» ribatté lei, piccata.
  Un piccolo sorriso apparve sul viso del ragazzo misterioso, come a voler dire “touché”.
Sicuramente quell’incontro poteva fruttare qualcosa ad entrambi, e chissà che il giovane non avesse trovato una compagna di caccia. Per lui che utilizzava prevalentemente trappole, un arco rappresentava una buona prospettiva per il futuro.
«Facciamo così» propose infine «io ti lascio metà del guadagno di questo cane selvatico, e se vorrai potremo spartirci anche altre prede in seguito, a patto che tu mi aiuti nella caccia»
«E che cosa dovrei fare?»
«Colpire e cercare di ferire gravemente le prede e, se puoi, spingere quelle più piccole verso le mie trappole. Con un po’ di allenamento, magari la tua mira migliorerà e ne guadagneremo entrambi»
   Katniss ci rifletté su un po’. Fare pratica non era sempre possibile, perché in un modo o nell’altro qualcosa in tavola lo doveva portare; ma con questo ragazzo a garantirle una parte dei guadagni avrebbe avuto molte più occasioni per esercitarsi. E chissà, magari in futuro avrebbe potuto insegnare anche a lei come costruire e posizionare le trappole.
«Direi che può andare. Va bene, proviamoci»
   L’altro parve soddisfatto di questa sorta di collaborazione.
«Bene, ti lascio uccidere il cane. Attenta a non rovinargli troppo la pelliccia, magari a qualcuno potrebbe interessare»
«Ma è pelliccia di cane selvatico»
«Non si sa mai»
In silenzio, la ragazza fece quanto gli era stato chiesto, dopodiché i due legarono il corpo dell’animale per trasportarlo con più facilità.
   Giunti al limitare della foresta, cercarono un punto allentato della rete per rientrare nei confini del Distretto. Stava calando la sera, e probabilmente avevano fatto giusto in tempo a tornare dall’altra parte.
«E ora dove si va?» chiese Katniss
«Che domande, al Forno naturalmente. Tu dove la rivendi la selvaggina, scusa?»
«Veramente sono pochi mesi che ho iniziato a cacciare nei boschi per conto mio. Anni fa ci andavo con mio padre, ma poi lui è morto nell’incidente della miniera. Ora sono io che devo pensare a mia madre e alla mia sorellina, e al momento le nostre pance hanno la priorità. Finché non sarò in grado di catturare più prede, non posso permettermi di rivendere nulla»
   Il ragazzo annuì senza commentare alcunché, pensando che anche suo padre era scomparso in quell’incidente; e che lui aveva iniziato a frequentare assiduamente i boschi per lo stesso motivo, benché comunque ogni tanto ci andasse già da tempo.
   Conclusi gli affari, si spartirono in egual modo il guadagno e quel che rimaneva del cane selvatico – anche se Katniss con un’occhiata particolarmente malevola dovette fa capire al suo nuovo compagno che no, se lui le aveva promesso metà, non si sarebbe accontentata di meno.
   Lungo la strada per il Giacimento, nessuno dei due proferì parola, non sapevano cosa dirsi, anche se entrambi continuavano a riflettere sugli avvenimenti di qualche ora prima, e su questa nuova futura forma di collaborazione.
«Io vado di qua» accennò il ragazzo, indicando una polverosa –ma cosa non lo era, lì nel Giacimento?- via che svoltava a destra.
«Bene, allora ci... vediamo domani?» azzardò Katniss, non sapendo come poter salutare.
«Uhm... sì, a domani» rispose il giovane di fronte a lei.
   Prima che potesse voltargli le spalle e andarsene, egli domandò: «Come ti chiami, ragazzina?»
«Katniss» lo disse in un sussurro: improvvisamente, per chissà quale motivo, le era mancata la voce.
«Catnip... che strano nome... » commentò il suo interlocutore, aggrottando le sopracciglia folte.
«No, non Catnip: Katniss» ripeté la giovane, questa volta alzando un po’ di più la voce, scandendo per bene il proprio nome.
«Oh, Katniss, capisco... beh, però devi ammettere che non è un nome molto comune comunque» sorrise mentre pronunciava queste parole.
E la ragazza proprio non capiva se egli stesse ridendo perché era divertito e il nome gli piaceva oppure la stava semplicemente prendendo in giro; o magari tutte e tre le cose assieme.
«Ad ogni modo» continuò il ragazzo porgendole la mano «piacere, io sono Gale»
  
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