Le cose rosa
sono da
femmine
Kurt non era un bambino difficile.
Certo, capitava anche a
lui di fare i capricci per qualcosa – come quando suo padre
non voleva
comprargli le scarpe con il tacco che voleva, ad esempio – ma
non era mai stato
uno di quelli che piangevano trascinati dalla mamma. Sarà che a lui piaceva andare a
fare shopping con
sua madre - c’erano davvero tanti bei vestiti al centro
commerciale - ma
proprio non capiva tutti quei bambini urlanti nei camerini, che al
primo momento
di distrazione dei genitori correvano ai giochi gonfiabili o alle
macchinine a
gettoni.
Per questo, quando vide un bambino
che piangeva su una delle
panchine del negozio, non esitò ad alzare gli occhi al cielo
per tutto quel
dramma: era solo questione di qualche ora, il tempo di comprare qualche
bel
vestito, e poi avrebbe potuto tornare a giocare nel fango, se era
questo che
voleva.
Dando un’altra occhiata,
però, vide che il bambino che
piangeva era solo, e non c’erano i suoi genitori in vista. Forse per scappare alla “prova
costume” si era perso, pensò Kurt.
Voleva andare a consolarlo. Il centro
commerciale era un
posto molto grande, era ovvio fosse spaventato. Anche lui una volta si
era
perso, però le commesse di un negozio lo avevano tenuto con
loro fino a quando
sua madre non era corsa, in lacrime, a riprenderlo. Erano state anche
felici di
liberarsene, in realtà; disturbava i clienti con i suoi
commenti sugli
abbinamenti, e voleva convincerle a cambiare d’abito i
manichini.
Ma questo bambino era solo solo, e
nessuno sembrava
preoccuparsene. Perciò diede un’occhiata a i suoi
genitori vicino a una vetrina
di gioielli, sentendo chiaramente Burt sbuffare alle richieste di sua
moglie,
“Hai degli orecchini identici a casa!” –
era certo avrebbe ceduto, ad ogni modo
– e si avvio verso la panchina, osservando il suo occupante
più attentamente.
Era un ragazzino piccolo,
più basso di lui – i suoi piedi
erano molto lontani dal toccare terra, mentre i suoi ci arrivavano
quasi, ma forse era quella panchina ad essere
alta
– con una massa informe di capelli ricci neri e due
sopracciglia dalla forma
triangolare, aggrottate per le lacrime.
Il bambino guadagnò molti
punti, quando Kurt notò che aveva
un meraviglioso papillon blu a puntini bianchi, abbinato ai pantaloni.
Forse
era stato a qualche cerimonia importante. Nessun bambino che conosceva
si
vestiva così.
Non poté fare a meno di
sperare che ne avesse altri, di
papillon, perché gli stavano davvero bene. E poi erano il
suo accessorio
preferito, insieme alle cinture.
“Quel papillon è
bellissimo” esordì, sedendosi accanto a
lui. Aveva ragione, non era la panchina ad essere alta.
Il bambino si girò di
scatto, spaventato, con le lacrime che
ancora gli rigavano le guance. Poi si rilassò, e sorrise.
“Grazie, ne ho tanti altri
a casa.” Fece imbarazzato, in
risposta.
“Anch’io! Sono
uno dei miei accessori preferiti” disse Kurt
fieramente.
“Che cosa significa
“accessori”?” chiese l’altro,
piegando
la testa da un lato.
“Non lo so di
preciso” ammise Kurt, imbarazzato “sono borse, cinture, cravatte,
cose così,
immagino. La mamma lo dice sempre quando mi legge Vogue”
“Anche mia mamma legge
Vogue” considerò il più basso
“ma non
con me. Dice che è una rivista da donne” aggiunse
triste “però a me piace: ci
sono tanti bei vestiti e accessori!” concluse sorridendo
sull’ultima parola
appena imparata.
“Non è da donne,
anche a me piace” ribatté Kurt, poi sorrise
e gli tese la mano “Io sono Kurt”
“Blaine” fece
l’altro, stringendola tra le sue e sorridendogli
di rimando.
“Hai un bel
sorriso”
“Anche tu” Blaine
sorrise di più.
“Perché
piangevi?”
Il sorriso di Blaine si spense.
“Mi sono perso. Ero in un
negozio con mamma e papà e stavo provando un bellissimo
papillon fucsia, quando
ho sentito papà e mamma parlare. Dicevano che a un bambino
non dovrebbero
piacere le cose rosa, perché sono da femmine” il
suo sguardo si fece ancora più
triste “Sono scappato” concluse tirando su con il
naso.
Kurt gli strinse la mano, facendogli
alzare gli occhi, e poi
sorrise. “Anche a me piace il rosa. Però sono un
maschio, non sono una femmina”
disse sicuro.
“Quindi?” gli
occhi di Blaine erano in cerca di
rassicurazione.
Kurt scosse la testa “Non
lo so. Forse dovrei chiedere a
papà. Una volta lui mi ha visto leggere Vogue, ma non ha
detto che era da
femmine” ricordò “Mi ha chiesto solo
quale di quegli abiti credevo sarebbe
stato meglio alla mamma” concluse con un sorriso, alzandosi e
tendendogli la
mano.
Blaine la guardò un
attimo, poi l’afferrò.
*
Quando Burt vide Kurt venire verso di
lui mano nella mano
con un ragazzino abbastanza spaurito sorrise.
Primo, aveva distratto Elizabeth da
gioielli che lui di
certo non poteva permettersi. Secondo, Kurt aveva quello sguardo in
cerca di
risposte che era abituato a vedere ogni volta che i bambini del
quartiere lo
prendevano in giro per il suo servizio da tè.
Questa era una classica situazione da
Papà Burt.
“Ehi, figliolo”
lo salutò “Chi è il tuo
amico?”
Kurt sorrise “Lui
è Blaine. Si è perso”
Ok, forse questa volta la questione
era un po’ più
complicata. Perciò si inginocchiò fino ad
arrivare alla stessa altezza dei due
bambini e chiese “Mentre aspettiamo i tuoi genitori, vi va di
prendere un
frullato?”
*
L’altoparlante aveva
già mandato il messaggio per i genitori
di Blaine, e loro erano al Bar in attesa.
Durante la strada, Kurt gli aveva
spiegato la situazione,
ogni tanto chiedendo conferma al ragazzino riccioluto ancora stretto
alla sua
mano e ora Burt, seduto a uno dei tavolini, stava riflettendo sulla
risposta da
dare.
Diede un’occhiata ai due
che chiacchieravano allegramente di
fronte ai loro bicchieri insieme ad Elizabeth e sorrise.
Forse aveva la risposta.
*
“Sai, questa cannuccia
è dello stesso colore dei tuoi occhi”
fece Blaine a un certo punto, facendo arrossire Kurt. “Anche
se i tuoi occhi
sono più belli” sorrise.
“La tua cannuccia
è verde, ma non è dello stesso colore dei
tuoi occhi” disse dopo un po’ Kurt.
Blaine lo guardò confuso,
e piegò la testa da un lato “Di
che colore sono i miei occhi?” chiese, allora.
“Un po’ verdi, un
po’ marroni, un po’ dorati” Kurt lo
osservò attentamente “sembrano miele”
concluse, arrossendo furiosamente.
Elizabeth rise, e
accarezzò la guancia scarlatta del figlio,
per poi allungarsi verso il marito.
“Qualcuno qui si
è innamorato” gli sussurrò
all’orecchio.
Burt sorrise, occhieggiando ai due
che si lanciavano sguardi
imbarazzati. Non gli sarebbe dispiaciuto avere Blaine come genero, si
disse,
prima di maledirsi per il pensiero. Avevano 6 anni e lui faceva
progetti per la
loro vita futura. Ma qualcosa gli disse che il ragazzo avrebbe passato il test del fucile.
“Blaine” lo
chiamò, distogliendolo dalla sua conta delle
lentiggini di Kurt. Entrambi arrossirono. Si compiacque mentalmente.
“I tuoi dovrebbero essere
qui tra poco, il centro
commerciale è grande, ma non ci vuole molto”
Il bambino si rabbuiò.
“Cosa
c’è? Non vuoi che i tuoi ti vengano a
prendere?”
chiese.
“Non voglio lasciare
Kurt” rispose semplicemente.
Burt osservò suo figlio
arrossire, poi ridacchiò “Puoi
venire a casa nostra quando vuoi”
Blaine sorrise raggiante, per poi
rabbuiarsi. “I miei non me
lo permetteranno”
“Perché
no?” Kurt lo guardò.
“Vogliono che frequenti
gente di alto rango” rispose
tentennando su parole evidentemente non sue.
Kurt si intristì.
“Credo che riusciremo a
convincerli, non ti preoccupare”
disse Burt guardando la moglie. “Ora però passiamo
al problema principale:
perché sei scappato” aggiunse serio.
“Sai, Blaine, spesso i
genitori pensano di sapere cosa è
meglio per i figli, e credono di poter decidere per loro,
ciò che è giusto e
ciò che non lo è. Ora non ti sto dicendo di
disubbidire ai tuoi genitori, ma ci
sono cose che puoi conoscere solo tu e loro non possono
dirtele.”
Blaine lo ascoltava concentrato,
senza rendersi conto di
aver afferrato la mano di Kurt.
“Se a te piace il rosa,
loro non possono convincerti del
contrario o dirti che è sbagliato,
perché
non è a loro che deve piacere ma a te. E se a te piace, loro
non possono farci
nulla.”
“Quindi se a me piace Kurt
e voglio vederlo tutti i giorni
loro non possono farci nulla?” chiese Blaine, pendendo dalle
sue labbra.
Kurt arrossì ancora.
“Loro possono impedirti di
vederlo, ma se lo fanno solo
perché a te piace e loro non vogliono, allora non
è giusto” rispose Elizabeth
dolcemente.
“Però possono
farlo” disse Blaine abbattuto, chinando la
testa.
Kurt gli accarezzò i
capelli e gli sorrise.
“Sì, possono, ma
sta a te fargli capire che non è giusto”
disse Elizabeth “Tu devi essere te stesso, Blaine”
gli sorrise.
“E loro devono amarti per
come sei” aggiunse Burt.
*
Quando l’altoparlante li
chiamò, avvertendoli che i genitori
di Blaine erano all’ingresso, Kurt e Blaine erano ancora mano
nella mano, e
così uscirono dal Bar.
Quando la madre di Blaine li vide
guardò il marito e gli
bisbigliò qualcosa all’orecchio. Lui
sospirò, ma sorrise. Dopotutto sua moglie
aveva ragione.
Burt e Elizabeth gli andarono
incontro, presentandosi,
mentre i due bambini erano ancora dietro, con le mani ancora
intrecciate, restii
a lasciarsi.
“Blaine, vieni
qui” lo chiamò la madre. Lui lanciò
un’
occhiata impaurita a Kurt, che gli strinse la mano di rimando, cercando
di
infondergli coraggio.
Fece qualche passo avanti.
“Sei scappato, ed eravamo
terrorizzati” cominciò il padre
“Quindi forse non te lo meriti, ma ti abbiamo preso
qualcosa” sorrise,
porgendogli un pacchetto.
Blaine li guardò
incredulo, poi si concentrò sull’involucro,
provando ad aprirlo e fallendo miseramente con lo scotch. Kurt
ridacchiò, si
avvicinò e staccò i pezzetti di adesivo che
tenevano insieme la carta, poi
glielo riconsegnò, guadagnandosi una linguaccia.
Il pacchetto conteneva un papillon.
Quello fucsia, che
voleva tanto.
“Sai, abbiamo visto che ti
piaceva, quindi…” borbottò il
padre, prima di venir abbracciato dal figlio.
“Credevo che il rosa fosse
da femmine”
mugugnò Blaine contro la sua coscia, alzando lo sguardo da
un genitore all’altro.
Il padre si abbassò.
“Sai, forse il rosa
è un colore da femmine, ma a noi non importa. Sul
serio!” aggiunse in risposta allo sguardo dubbioso del figlio
“Tu sei il mio
ometto e se vuoi vestirti di rosa puoi farlo. Ma sappi che non a tutti
potrebbe
piacere e avranno da ridire su come sei”
“Per questo non volevate
che mi piacesse il rosa?” chiese
Blaine.
“Sarebbe stato
più facile, sì” ammise
l’altro “ma se tu sei
così, a noi sta bene” concluse sorridendo.
“Bene” fece
Blaine allontanandosi “Perché non mi piace solo
il rosa. Mi piace anche Kurt” aggiunse prendendo per mano
l’altro, fieramente.
Tutti risero.
“Sì, ce n’eravamo
accorti” sorrise sua madre.
“E allora cosa hai detto a
papà prima?” chiese curioso.
La donna lanciò uno
sguardo al marito che annuì. “Che
sareste davvero un bella coppia” rispose, facendo imbarazzare
i due bambini.
“Mamma!” si
lamento Blaine, rosso peperone, nascondendo il
viso contro Kurt, facendo ridere tutti.
*
Quando le due famiglie si separarono,
Blaine era molto
triste.
Perciò si
staccò dai suoi genitori e corse dietro agli
Hummel.
“Kurt! Kurt!”
urlò con il fiatone, facendo girare il bambino
a guardarlo interrogativo.
“Io…
Ecco… Volevo darti questo” disse imbarazzato,
porgendogli il papillon fucsia “Così non ti
dimenticherai di me” abbassò lo
sguardo.
Kurt sorrise e lo
abbracciò, sussurrandogli un “non
mi dimenticherò mai di te”
all’orecchio.
Si staccò e gli lasciò un bacio sulla guancia.
“Mi mancherai”
“Anche tu”
I genitori, osservandoli diventare di
tutte le sfumature di
rosso possibili, pensarono fosse meglio dire qualcosa.
“Beh, tanto vi vedrete
stasera” disse Burt.
I due ragazzini si voltarono di
scatto “Sul serio?” chiesero
in coro.
“Certo”
ridacchiò Burt “Ho invitato la famiglia di Blaine
a
casa nostra per cena”
Blaine si voltò verso i
suoi genitori, che sorrisero in
risposta. “E Kurt e i suoi verranno domani, a
pranzo” aggiunse sua madre.
“Potrete vedervi quando
vorrete” confermò il padre.
I due bambini si abbracciarono
felici, sotto gli occhi
inteneriti di tutti.
Si, quel
ragazzo
avrebbe decisamente passato il test del fucile,
pensò Burt.
Note
dell’autrice:
Ciao a tutti, amori belli :)
Probabilmente non vi ricordate
di me, ma ho già scritto un altro paio di OS Klaine, e sono
tornata con questa
baby! Perché è vero che li amo in tutte le salse,
ma quando sono piccoli mi
fanno una tenerezza assurda e devo per forza scrivere di loro *spuccia*
Questa OS è nata
perché nella mia Coca-Cola c’era una
cannuccia azzurra, e non fucsia come al solito (Darren is everywhere).
Quindi
sì, tutto è nato da una fottutissima cannuccia e
io come al solito sono partita
per la tangente, dando alla Cannuccia tipo due righe XD
Va bien, spero vi sia piaciuta, e non
esitate a farmi sapere
il vostro parere, buono o cattivo che sia ;)
Baci,
L.