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Autore: _Audii_    06/05/2013    2 recensioni
-Io avrei un modo per farti rilassare- le sussurra Tom in un orecchio con voce sensuale, mordendole appena la pelle della spalla.
La voglia si percepisce da ogni suo singolo gesto, quella voglia che da quasi due anni lo tiene legato alla sua Piccoletta.
Prende a cospargerle il collo di baci umidi e sensuali, mentre con le mani le accarezza sotto il seno, al di sopra della stoffa sottile della sua maglietta.
-Eddai, Tom- sbuffa lei, posando con un gesto deciso e nervoso la matita sul libro.
Sospira pesantemente, dileguandosi dalla presa del ragazzo.
-Si può sapere che hai?- sbotta lui, alzando appena la voce, chiaramente infastidito.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Voglio tutto di te

 

 

 

 

 

 

Elise tiene una matita tra le dita e lo sguardo fisso sul suo volume di Fisica.

Il titolo in grassetto in cima alla pagina reca la scritta ‘L’Elettromagnetismo’.

Con gli occhi scorre sui paragrafi selezionati a scuola qualche ora prima, mentre con il retro della matita batte nervosamente sulla pagina.

Constatata la completa e assoluta inutilità della questione, c’è da chiedersi come sia possibile che un essere umano riesca ad infilarsi in testa cose del genere.

È improponibile, soprattutto con quel fastidiosissimo senso di nausea che le attanaglia lo stomaco ormai da oltre una settimana.

Sbuffa nervosamente, rigirandosi la matita tra le dita.

-Forse è meglio se facciamo una pausa- esordisce Tom, spostando il libro dalle sue gambe e chiudendolo delicatamente.

-Mancano tre giorni al compito in classe ed io non so praticamente niente. Come possiamo fare una pausa?- esclama lei alzando la voce di qualche decibel, con quel nervoso tangibile nella voce e nei gesti.

Tom sospira appena, avvicinandosi a lei.

Le accarezza le spalle dolcemente, avvicinandosi al suo collo e prendendo a baciarlo con delicatezza e voglia.

Nonostante l’esito verso cui sia sfociata la loro ‘amicizia’, i due hanno comunque deciso di continuare con alcune delle loro vecchie abitudini.

Studiare insieme il pomeriggio, sedersi vicini a scuola, passarsi i compiti in classe; aggiungendo a tutto ciò una buona dose di intimità.

Hanno continuato ad incontrarsi il pomeriggio per ‘studiare’, ma il più delle volte le loro intenzioni non corrispondevano a ciò che poi, puntualmente, accadeva su quel letto.

Con le dita Tom sposta lentamente le spalline del reggiseno rosa che si intravedono attraverso la canottiera bianca che indossa.

Le lascia scivolare sulla sua pelle liscia, facendo sì che scendano lentamente sulla sua spalla.

Elise alza gli occhi dal libro e sospira.

-Io avrei un modo per farti rilassare- le sussurra Tom in un orecchio con voce sensuale, mordendole appena la pelle della spalla.

La voglia si percepisce da ogni suo singolo gesto, quella voglia che da quasi due anni lo tiene legato alla sua Piccoletta.

Prende a cospargerle il collo di baci umidi e sensuali, mentre con le mani le accarezza sotto il seno, al di sopra della stoffa sottile della sua maglietta.

-Eddai, Tom- sbuffa lei, posando con un gesto deciso e nervoso la matita sul libro.

Sospira pesantemente, dileguandosi dalla presa del ragazzo.

-Si può sapere che hai?- sbotta lui, alzando appena la voce, chiaramente infastidito.

-Niente- risponde decisa lei, tirandosi indietro i capelli con un gesto nevrotico.

-Sono settimane che non ti va di farlo- le fa notare lui, alzandosi dal letto e gesticolando concitato.

Lei abbassa appena lo sguardo, evitando di rispondere.

Sapeva che prima o poi gli avrebbe dovuto rendere conto del suo continuo rifiutarsi di fare sesso.

Tom ha ragione stavolta; ha tremendamente ragione.

-Mi dici che c’è che non va?- le chiede poi lui, abbassando appena il tono di voce.

-Niente- ripete lei con stesso tono, chiudendo il libro con un gesto deciso e irruento. –NIENTE- urla poi, sbottando.

-E allora si può sapere che cazzo ti prende, Elise?- ripete Tom alzando di nuovo la voce con tono duro.

Di solito loro fanno sesso praticamente in ogni momento in cui ne capita l’occasione.

Ma da un paio di settimane tutto è cambiato.

Elise punta il suo sguardo verde smeraldo in quello di Tom, fermandosi per qualche istante.

-NON MI TORNANO, TOM- urla lei, con tono disperato, alzando le mani in aria.

E poi, la confessione.

La confessione di quel peso che si portava dentro da settimane.

La rivelazione di quel dubbio che le attanagliava la bocca dello stomaco da giorni.

L’esplosione di quel disagio che stava diventando insopportabile.

Tom la fissa inerme, con gli occhi sbarrati.

Il suo cervello sembra improvvisamente non riuscire a connettere.

Quel ‘Non mi tornano’, tanto chiaro per una ragazza, sembra essere un insolvibile enigma per uno come lui.

Elise si passa una mano tra i capelli, mentre gli occhi le diventano immediatamente lucidi e quel groppo fermo all’altezza della gola da giorni sembra farsi più soffocante che mai.

Tom continua a fissarla, immobile, incredulo, forse.

-Ho un ritardo, Tom. Ho un ritardo- sibila lei, con voce quasi impercettibile, portandosi una mano alla bocca.

Il suo tono di voce incrinato, le lacrime che inumidiscono i suoi occhi, quello sguardo terrorizzato, quell’ulteriore precisazione sembrano avere l’effetto desiderato su Tom.

Il suo cervello sembra finalmente capire.

-Perché non me l’hai detto prima?- le chiede immediatamente lui, avvicinandosi di qualche passo al materasso su cui sta rannicchiata Elise.

-Perché non sarebbe cambiato nulla!- esclama lei, con voce rotta, mentre la prima lacrima le riga il viso.

Per paura.

Per paura di essere abbandonata.

Per paura di restare sola.

Per la stessa paura per cui ora non glielo confessa.

-Come cazzo è potuto succedere?- mormora Tom, sedendosi sul bordo del letto e posando i gomiti sulle sue ginocchia.

Lo sguardo fisso nel vuoto, l’incredulità sul viso.

Si è troppo piccoli a diciannove anni per una cosa così grande.

-Sono stato attento- mormora lui, scuotendo la testa, quasi sotto shock.

Dannato preservativo.

Da quando Elise ha cominciato a prendere la pillola hanno smesso di usare protezioni.

In certe occasioni l’impeto dell’eccitazione oscura ogni cosa.

E col presuntuoso ‘Tranquilla, piccola, sto attento’ di Tom, hanno continuato a farlo.

-Evidentemente non abbastanza- si lascia sfuggire lei, in preda ad un momento di completo nervoso.

-Che vorresti dire?- sbotta lui, girandosi verso di lei e fissandola negli occhi.

-CHE RISCHIO DI ESSERE INCINTA, TOM!- urla lei, dando via ad un pianto liberatorio.

Le lacrime rigano le sue guance, mentre con fare disperato si porta le mani alla testa.

Gli errori già commessi non possono essere riparati.

Perché non si può tornare indietro.

Lui sospira pesantemente.

Non è mai riuscito ad ascoltare la sua ragazza singhiozzare.

Ha sempre odiato vederla piangere per colpa sua durante i loro litigi.

Ed ora, in un certo senso, è colpa sua.

Lentamente le si avvicina, circondandola con le braccia.

Lei si accascia immediatamente sul suo petto, lasciandosi andare a quel pianto demoralizzato così giustificato per i suoi diciannove anni.

È troppo piccola per avere un bambino; ma non lo è per restare incinta.

Paradossale, ma è così.

Col viso sul suo petto, lascia che le lacrime bagnino la maglietta sottile di Tom.

Lui le accarezza dolcemente i capelli, con lo sguardo perso nel vuoto.

L’incredulità dei diciannove anni.

Lentamente lei si allontana da lui, guardandolo con gli occhi umidi ed arrossati.

Tom le asciuga le guance con un carezza e la guarda intensamente.

-Ne sei sicura?- le chiede tentando di essere dolce in un momento del genere.

Perché, in fondo, è questo che ogni ragazza vorrebbe.

Lei scuote la testa, tirando su con il naso.

-No- mormora sottovoce, abbassando lo sguardo.

Tom le accarezza il viso con il pollice, delicatamente.

-E che si fa quando uno non è sicuro?- le chiede, con l’ingenuità di chi non ne sa assolutamente niente.

Paragonato alle sue doti sessuali, la conoscenza delle conseguenze è pari a zero.

-Si compra un test di gravidanza- mormora lei, reprimendo le lacrime.

Come dirlo ai suoi?

Come nascondere la pancia tra qualche mese?

Come continuare ad andare a scuola?

Come realizzare il proprio futuro, l’università, la laurea, il lavoro?

In un attimo tutto sembra essere andato in frantumi.

Ma nel momento in cui è successo la voglia di lasciarsi penetrare da Tom sembrava essere l’unica cosa importante.

E per un momento di completo egoismo, ora deve responsabilmente accettarne le conseguenze.

Tom annuisce lentamente, restando in silenzio.

-L’hai detto a tua madre?- le chiede lui dopo qualche secondo di mutismo.

Lei scuote la testa vigorosamente.

-Dovresti farlo- mormora lui, fissandola.

-CHE NEI SAI TU DI QUELLO CHE DOVREI FARE?- urla lei, preda di un altro attacco di nervosismo. –Non è sicuro, non posso darle una notizia del genere. Come minimo mi manderebbe via di casa- continua lei, visibilmente terrorizzata all’idea di comunicare a sua madre d’essere rimasta incinta l’anno della maturità.

-Pensi di poterglielo tenere nascosto?- le fa lui, alzando a sua volta la voce.

Lei sospira, portandosi le mani in viso con fare terribilmente incerto.

-Non so che cazzo fare, Tom- piagnucola lei, con voce incrinata. –Ho diciannove anni, non sono pronta per una cosa così- mormora lei, riprendendo a piangere.

Lui sospira.

-Pensi che io lo sia?- il suo tono è duro, contrariato.

No, non è così che si reagisce di fronte ad un rischio del genere.

Non è così che ci si assume le responsabilità per una cosa che si è fatta in due.

Elise si porta via le mani dagli occhi e lo fissa, come incredula.

-SONO IO CHE RISCHIO DI ESSERE INCINTA, NON TU, CAPITO?- urla lei, mollandogli uno spintone sul petto, che lo allontana di qualche centimetro da lei. –CHE CAZZO NE SAI DI COME MI SENTO DA DUE SETTIMANE?- continua lei, piangendo disperata. –TU SEI CAPACE SOLO DI SCOPARE, SOLO QUELLO T’INTERESSA. NON CI PENSI A COME STO IO ORA?- continua lei, con il viso rigato di lacrime e il respiro mozzato.

-IO SAREI CAPACE SOLO DI SCOPARE? IN QUESTO LETTO CI SIAMO STATI TUTTI E DUE. CI SEI STATA PURE TU, ELISE, CAPITO?- controbatte lui, alzando la voce e puntandole un dito contro. –NON SCARICARE TUTTA LA COLPA SU DI ME- continua lui gesticolando.

-Ecco perché non volevo dirtelo- mormora lei, asciugandosi le lacrime con una mano e cercando di frenare il pianto. –Sapevo come avresti reagito, Tom. NON TE NE FREGA UN CAZZO DI ME. ALLA PRIMA DIFFICOLTÀ REAGISCI COSÌ- riprende lei, alzandosi con furia dal letto.

-DOVE VAI? NON DIRE CAZZATE, ELISE- risponde lui continuando a mantenere in piedi quell’assurdo confronto fatto di urla.

Quel litigio sconveniente, inopportuno, dannoso.

-Me ne vado. Tanto ho capito di dovermela vedere da sola- mormora lei, rinfilando rabbiosamente i libri nella borsa ed appendendosela in spalla. –Tu sei troppo giovane per prenderti le responsabilità delle tue azioni, no?- mormora lei con fare sarcastico.

Quel sarcasmo che cozza terribilmente con le lacrime che le bagnano il viso pallido.

-Ma che cazzo dici? Non uscirtene così. Torna qui- esclama lui, richiamandola mentre esce come una furia dalla sua stanza.

Troppo tardi.

Troppo tardi pensare di cancellare parole già dette, azioni già compiute, accuse già lanciate.

Troppo tardi per tornare indietro.

Troppo tardi per riparare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

                                                                                                                                                                   Giovedì 3 Maggio

Ore 23:09

 

 

 

Caro diario,

un viluppo di emozioni devastanti mi attanaglia lo stomaco.

Non credevo che la mia esistenza, insulsa fino ad un paio di anni fa, potesse riservarmi simili sorprese.

Se dovessi dire in una parola come mi sento, quella esatta sarebbe “sconvolta”.

Sconvolta, terrorizzata, confusa, incredula.

Sola.

Sola, come sono sempre stata, d’altronde.

Me la sono cavata sempre con le mie forze; ma ora non sembrano bastarmi.

Sarà forse perché il “casino” non l’ho fatto da sola? Forse.

Quello che importa è che situazioni come questa ti fanno capire molte cose.

Sto in bilico, col fiato sospeso: la cosa più desolante è sapere di essere completamente abbandonata.

Abbandonata in una situazione più grande di me.

Credo che domani passerò in farmacia e comprerò un test.

È l’unico modo per avere una risposta sicura, nonostante ci sia un margine di errore anche in quei cosi infernali che risultano così imbarazzanti da comprare.

Ma sono costretta a farlo, a meno che io non lo dica a mamma e lasci che lei mi accompagni da un ginecologo.

Cosa senz’altro fuori discussione.

A diciannove anni non sono pronta per avere un bambino.

Non sono pronta a rinunciare al mio futuro per una cosa del genere.

In tutto questo, la cosa che mi fa più male è ripensare alla discussione avuta oggi con Tom.

Quando si comporta così giuro che lo detesto: dimostra di essere un ragazzino immaturo che pensa solo al suo soddisfacimento personale.

Come può pensare a se stesso in un momento del genere?

Come può lasciarmi sola in un momento così?

Avrei voluto da lui comprensione, dolcezza magari, un po’ di sostegno e la certezza che lui sarebbe stato al mio fianco in qualunque caso.

Ma ho preteso troppo da lui, evidentemente.

La paura che m’ha impedito di confessargli tutto per settimane è stata più che fondata.

Lui non mi ama così come m vuole far credere, a lui faccio comodo solo per fare sesso.

E lo dimostra il modo in cui s’è comportato oggi.

M’ha delusa, profondamente.

Sapere di essere stata per oltre un anno con un ragazzo che, in realtà, alla prima vera difficoltà, m’abbandona è tremendamente sconfortante.

Sapere di avergli dato tutto, compreso il mio amore, lo è ancora di più.

Elise

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Giovedì 4 Maggio

Ore 16:47

 

 

 

Un lieve bussare si perde nella stanza, rompendo il silenzio intensissimo che domina all’interno.

Elise distoglie lo sguardo dalla finestra della sua camera e sospira.

-Chi è?- domanda lievemente, restando nella stessa posizione distesa.

-Sono io- la sua voce, inconfondibile, le fa salire un groppo alla gola.

Immediatamente si alza dal letto e si dirige verso la porta, aprendola quasi con un gesto rabbioso.

Il viso di Tom compare dietro la porta.

La fissa, la scruta, le chiede perdono.

-Che cosa ci fai qui?- domanda fredda lei, puntando i suoi occhi arrossati in quelli luccicanti di Tom.

-Sono venuto per dirti una cosa importante- esordisce lui, entrando nella sua camera con una bustina in plastica tra le mani.

Elise chiude con altrettanta indifferenza la porta alle spalle del ragazzo e lo fissa con le braccia incrociate sotto il seno.

Tom si volta verso di lei.

-Stamattina non sei venuta a scuola- le fa notare lui, con fare apprensivo.

-Era questa la cosa importante che dovevi dirmi?- chiede lei, atona, continuando a fissarlo.

-Come stai, tesoro?- le chiede lui dolcemente, avvicinandosi a lei e tentando di abbracciarla.

Lei lo ferma con un gesto deciso della mano.

-Prima che tu faccia qualsiasi sceneggiata sappi che non sono incinta- esordisce lei, con tono duro e convinto.

-Cosa?- chiede Tom, boccheggiando appena. Lo sguardo saetta su Elise, in cerca del suo.

-Si, hai sentito bene. Stamattina mi sono tornate. Puoi fare festa ora- mormora lei con fare sarcastico.

Il viso pallido, gli occhi gonfi e arrossati, i capelli scompigliati.

-Ma che dici?- mormora lui, sconvolto, continuando a fissarla.

-Falso allarme, Tom. Non aspetto nessun bambino. Contento, ora?- continua lei, voltandogli le spalle e dirigendosi sul suo letto, su cui riprende la precedente postazione.

Tom la segue con lo sguardo, restando muto.

-Cos’è? Sei rimasto senza parole per la gioia?- continua lei, evidentemente irritata.

Tom non le risponde, si limita soltanto ad afferrare la bustina in plastica e a vuotarla sul letto.

Ne esce una scatola di forma rettangolare recante la scritta a caratteri ingranditi ‘Clear Blu’.

Lo sguardo di Elise si posa sulla confezione per qualche secondo, per poi tornare su Tom.

-M’hanno detto che questo ti dice persino da quanto tempo sei incinta- mormora lui, abbassando lo sguardo sulla scatola che tiene tra le mani. –Stanotte sono stato sveglio a pensare. Mi sono reso conto che non avrei dovuto reagire in quel modo. Avrei dovuto capire come ti sentivi e avrei dovuto rassicurarti, starti vicino. E invece ho avuto paura anche io. Non sono stato capace di darti sicurezza- comincia lui, alzando lo sguardo su Elise che lo fissa attenta.

-Ma poi ho capito che non avrei potuto abbandonarti, che tu sei più importante di tutto. Come io ho amato fare sesso con te devo amare anche la conseguenza del nostro amore. E allora mi sono reso conto che ti amo così tanto da prendermi una responsabilità assurda a diciannove anni, se ce n’è il bisogno- continua lui, con voce sincera.

-Ho preso questo perché avrei voluto che tu lo facessi insieme a me. Avremmo scoperto insieme il risultato ed io ti sarei stato accanto qualsiasi fosse stato- conclude lui, lasciando ricadere la scatola sul materasso.

-Avremmo deciso cosa fare, insieme- conclude lui, calcando particolarmente l’ultima parola.

Lo sguardo freddo di Elise incontra quello di Tom per qualche secondo.

-Troppo tardi- sibila, riprendendo a fissare il muro davanti a sè.

-Che vuol dire?- mormora Tom, guardandola attentamente in cerca di una risposta.

-Vuol dire che non sono incinta- dice lei, alzando le mani con fare ovvio. –Non c’è più bisogno che tu faccia la parte del bravo fidanzatino- continua lei, duramente sarcastica. –Non l’hai fatto quando avresti dovuto farlo, perché dovresti iniziare ora che non ce n’è bisogno?- esclama infine, serrando la mascella.

-Non capisco. Sono venuto qui per starti vicino e tu fai così- sospira Tom, scuotendo la testa.

-MA STARMI VICINO COSA?- urla lei, d’un tratto, alzandosi dal letto. –NON L’HAI FATTO QUANDO NE AVEVO BISOGNO, ADESSO CHE COSA VUOI?- continua lei, mentre le lacrime le inumidiscono gli occhi.

-Elise- tenta di dire Tom, con l’intenzione di calmarla.

-NON TE N’È IMPORTATO NIENTE DI COME STAVO IERI, DI COME MI SENTIVO- continua ad urlare lei, mentre le lacrime cominciano a scendere sul suo viso.

Quelle lacrime che erano pronte da ore, e che avevano semplicemente bisogno di essere liberate.

-Adesso è tardi- mormora lei, tirando su con il naso e asciugandosi le lacrime con la mano.

Tom la fissa intensamente.

Poi si avvicina e, con un gesto dolce, cerca di abbracciarla.

-NON TI VOGLIO PIÙ!- urla lei, allontanandolo con fare rabbioso. Il pianto disperato, il viso bagnato di lacrime, gli occhi gonfi.

Tom rimane interdetto, con le braccia a mezz’aria.

Quella frase.

-Tu m’hai abbandonata quando ne avevo più bisogno. Rischiavo di essere incinta e tu pensavi al fatto di non essere pronto. E io? Io come cazzo stavo?- riprende lei, dando sfogo a tutta la sua rabbia. Quella rabbia che covava dentro da settimane. -Ho passato la notte da sola, avevo paura. Ma non avevo nessuno a cui appoggiarmi. Tu, il mio ragazzo, non c’eri- continua lei, con un filo di voce e il tono terribilmente incrinato.

-Elise, io ti chiedo scusa, ma- tenta di dire Tom, osservando dispiaciuto lo stato in cui si trova la ragazza.

-Io non lo voglio più uno come te. Vattene- sibila lei, sospirando pesantemente. –Lasciami sola- mormora, dandogli le spalle e portandosi le mani tra i capelli come gesto di disperazione.

E il dubbio di aver perso tutto, a volte, è più terribile della stessa consapevolezza.

Ma certi atteggiamenti vanno corretti.

O, semplicemente, certe storie vanno troncate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

E, come due anni prima, si ritrova lì.

La storia ha un andamento ciclico, d’altronde.

Le epoche passano, trascorrono, si concludono e si ripetono.

Inesorabili si succedono momenti e circostanze sempre uguali.

Ogni singolo gesto è preludio di un altro che avverrà, prima o poi, allo stesso identico modo.

Ed esattamente come quella notte di aprile di due anni prima, Tom si ritrova lì.

In quella strada di Magdeburgo, illuminata solo dalla luce fioca di un lampione.

Quella strada buia, come il suo sguardo da settimane, ormai.

Sono settimane che tenta di parlare con Elise, e sono settimane che lei si rifiuta.

A scuola lei ha chiesto ed ottenuto di cambiare banco, per evitare il contatto ravvicinato con Tom.

Cercare di telefonarle è diventato impossibile.

Sono giorni che il suo sguardo non è più quello di prima.

Giorni in cui loro non sono più quelli di prima.

Niente più sorrisi, niente più pomeriggi passati a studiare insieme, niente più baci e carezze sul letto di Tom.

Dopo la litigata furiosa avuta quel pomeriggio di due settimane prima, tutto è cambiato.

Quel ‘Non ti voglio più’ ha sancito la fine della loro storia.

Tom, che credeva di poter recuperare quel litigio con un po’ di dolcezza e di insistenza, si è dovuto ricredere.

Elise ha preso la sua decisione.

La decisione di lasciare Tom, di non vederlo più.

Mai, in diciannove anni, sono stati lontani per così tanto tempo.

Anche quella forza indistruttibile su cui si basava la loro amicizia sembra essere del tutto scomparsa.

Niente più parole, sorrisi, sguardi.

Le diverse volte in cui Tom ha cercato di parlarle, è bastato uno sguardo gelido ed un ‘Lasciami in pace’ per stroncare ogni coraggio.

È struggente l’idea che due persone che si siano amate così tanto e così intensamente ora stiano separate.

Ed atroce è l’idea che stiano male tutti e due per una decisione sofferta.

Lo sguardo di Tom si punta sulla finestra della camera di Elise.

La luce è accesa, come al solito.

Lo sa perfettamente. Lui sa che anche Elise sta male, anche se tenta disperatamente di nasconderlo.

Quel continuo evitarsi è soltanto una forma di autodifesa.

Se si trovassero l’uno di fronte all’altra non si resisterebbero a vicenda.

È la chimica che li lega.

Tom sospira, fissando l’asfalto sotto i suoi piedi.

Quella scritta di due anni fa è ormai scomparsa.

È scomparsa nell’esatto momento in cui non è stata più necessaria.

I loro baci, le loro notti d’amore, i loro ‘Ti amo’ sono stati sufficienti a tenere in piedi quel rapporto così intenso.

Un rapporto che sembra essere scomparso all’improvviso.

Tom infila una mano nella tasca dei suoi jeans extralarge e ne tira fuori una bomboletta spray.

La scuote appena e fissa la superficie ruvida dell’asfalto sotto i suoi piedi.

È giunto il momento di farle un’altra promessa.

Una promessa che sostituisca quella fatta due anni prima.

Una promessa che faccia rinascere il loro amore, ora che ce n’è più bisogno.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Due settimane senza di te mi sono bastate per capire che non ci so stare senza la mia Piccoletta. Mi manchi da morire, Elise.

Sono stato un coglione, è vero.

Non ci sono stato quando ne avevi bisogno, ma giuro che voglio farmi perdonare.

Non sopporto l’idea di vederti e non poterti avere vicina come prima.

Non voglio solo sesso, lo sai. Ora guarda fuori dalla finestra.

E sappi che io ti amo piccoletta, comunque vada a finire tra noi.

 

 

 

Gli occhi le diventano improvvisamente lucidi.

Quel senso di inquietudine mista a demoralizzazione sembra mutare.

Mutare in qualcosa di nuovo, qualcosa di ritrovato.

Leggere quelle parole sullo schermo del suo cellulare sa essere più incisivo che mai.

Sapere che Tom pensa le stesse cose di lei è la cosa più bella e confortante in un momento del genere.

Due settimane senza di lui.

Due settimane di lontananza forzata.

Quella frase: Non ti voglio più.

Quella frase stupidissima, ma così chiara.

Quella frase di cui s’è pentita subito.

Con occhi lucidi, scorre l’ultima riga del messaggio.

In un istante si alza dal letto e raggiunge la finestra.

Ed è un attimo.

Come due anni prima sente lo stomaco stringersi in una morsa famelica.

 

 

 

VOGLIO TUTTO DI TE

 

 

Una mano sale incontrollata alla sua bocca, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime.

Il cuore accelera furiosamente i suoi battiti, mentre sente quel senso di totale sconvolgimento impossessarsi di lei.

Scorre con lo sguardo su quelle quattro semplici parole.

Quelle parole che non si era mai sentita dire.

Quelle parole che racchiudono un significato profondo.

Un significato che solo lei e Tom sanno.

Non è solo sesso; è anche amore, sono anche conseguenze, difficoltà, paure.

Elise lascia scivolare via la mano dal suo viso e sorride commossa, mentre le lacrime le rigano le guance.

Sorride felice, felice di sapere che è arrivato il momento di smetterla di stare male senza di lui.

-SCUSA!- urla Tom, facendole mancare il fiato per un attimo.

Lei scuote la testa; non c’è bisogno di nessuna scusa in un momento come quello, e soprattutto dopo una scritta come quella.

-MANCHI ANCHE A ME, TOM!- urla Elise, con la voce rotta dal pianto.

È un secondo: il ragazzo prende a correre, oltrepassando la siepe di casa e rifacendo velocemente tutto il percorso che porta su alla finestra di Elise.

Lei lo osserva, con un sorriso di tremenda felicità stampato in viso, scossa ancora dal pianto.

Un momento così non si dimentica facilmente.

In un attimo Tom riesce a scavalcare la finestra ed è nella camera di Elise.

Un secondo in cui i loro sguardi si incrociano, si ritrovano, più luminosi di prima; e poi la voglia.

La voglia incontrollabile di sentirsi di nuovo a vicenda.

I loro corpi si stringono quasi convulsamente, in un abbraccio di quelli che ti fanno mancare il respiro.

Un abbraccio di ritrovamento, un abbraccio di perdono, un abbraccio che palesa tutta la voglia che entrambi hanno represso per settimane.

Certi amori sono in grado di vincere le avverse circostanze; certi amori devono esistere e basta.

Le braccia di Elise si stringono spasmodiche attorno al collo di Tom, mentre lui la tiene per la vita, mentre con una mano le accarezza i capelli, su cui strofina il viso.

Anche quei piccoli dettagli gli erano mancati.

Il suo profumo dolce, i suoi capelli morbidi, la sua pelle liscia.

Elise singhiozza, singhiozza di gioia, mentre si stringe al petto di Tom e sente quel profumo familiare che le era così tanto mancato.

-Scusa- le sussurra di nuovo lui, dolcemente, mentre la stringe ancora di più a sé.

-No, scusa tu- sibila lei, cercando di frenare il pianto.

I loro corpi si staccano per qualche secondo, le mani di Tom salgono sul viso di Elise, asciugandolo delicatamente dalle lacrime che lo rigavano.

-Non è vero che non ti voglio più- mormora lei, con voce debole. –Ti voglio da morire, Tom- aggiunge infine, dolcemente.

Lui sorride, infilando con tenerezza una mano tra i suoi capelli lunghi e mossi.

-Ti prometto che da oggi in poi ci sarò sempre, piccola. Non sopporto l’idea di perderti. Tu sei mia e basta- mormora lui, avvicinandosi al suo viso e accarezzandolo dolcemente.

Elise sorride teneramente nel sentire quelle parole che Tom non le ha mai detto così sinceramente.

Due settimane senza di lui, ora che ce l’ha così vicino, sembrano improponibili.

-Ti amo, piccoletta- mormora Tom, prima di avvicinarsi a quelle labbra che gli erano tanto mancate.

E di nuovo, in una sintesi simbiotica di corpi ed anime, i loro respiri si fondono, le loro labbra si toccano, le loro mani si cercano.

Uno sbaglio può essere concesso a tutti, no?

Ma il perdono può essere concesso solo a pochi.

Ai pochi che sanno come chiederlo.

Le mani di Tom scendono sulla vita di Elise, accarezzando dolcemente la sua pelle liscia, lasciata scoperta dalla sua maglietta.

Quel corpo che non gli è mai sembrato così sensuale ed invitante.

Il desiderio cresce, aumenta, si fa incontenibile.

E l’estasi di essersi ritrovati fa loro da contorno.

È l’appartenersi vicendevole che impera.

I loro corpi assecondano semplicemente ciò a cui non si può fare a meno di resistere.

 

 

 

 

 

 

 

FINE.

  
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