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Autore: CHAOSevangeline    06/05/2013    2 recensioni
Sentì per l’ennesima volta il campanello della porta principale che suonava e sorrise raggiante, iniziando a muovere con più lena le mani per riuscire ad infornare il prima possibile quel dolce.
Ludwig Beilschmidt, il noto critico culinario, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, guardandosi intorno con il suo solito sguardo freddo.
Sembrava che stesse odiando non solo il parquet, ma anche tutti i tavoli e le sedie di legno poco più chiaro disposte nella stanza.
Anche le sedute a divanetto rosso sembravano non essere di suo gradimento, come le tende bianche che coprivano le finestre.
La pura e semplice verità era che Ludwig si stava guardando intorno aspettando che qualcuno andasse ad accompagnarlo ad un tavolo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti e grazie se avete deciso di aprire questa fan fiction!
Prima di lasciarvi leggere il capitolo vorrei fare alcune precisazioni: la prima è che questa fiction è un'AU che partecipa all'AU Challange indetta sul forum di EFP. Poco più in basso vi lascerò il banner con il relativo link alla discussione se per caso siete interessati. Dateci un'occhio, perché è davvero molto interessante! :3
Con i titoli sfortunatamente non sono un asso e non escluderei che quello di questa fan fiction possa cambiare, come del resto potrebbe anche variare il raiting per esigenze di trama.
La seconda precisazione è che sono nuova del fandom di Hetalia e spero vivamente di non aver combinato disastri con i caratteri dei personaggi. Questo è sempre il mio terrore e ho tentato di caratterizzarli al meglio, spero di esserci riuscita.
L'ultimo appunto che voglio fare riguarda il cognome di Ludwig, che non è mai stato specificato chiaramente: ho deciso di utilizzare quello di Prussia per ovvie ragioni, perché se ne avessi deciso uno da me sarebbe stato sicuramente peggio.
Detto questo, vi lascio alla storia! Spero vivamente di non avervi annoiati e in un vostro commento, anche se di poche righe!

    



PASTICCERIA
torta al cioccolatogrembiulecaffè con panna
farinaimpastopasticcio
Completate 3/6


Lasciami essere il tuo dolce.

1. Torta al cioccolato

 


Le dita affondarono nuovamente nell’impasto morbido.
Stava ripetendo quell’operazione da diverso tempo, ormai, tanto che i polsi iniziavano ad essere indolenziti dal continuo spingere per far amalgamare quelle gocce di cioccolata.
Scuramente avrebbe sentito un certo fastidio ai muscoli, se solo in quel momento non fosse stato a cucinare.
Amava farlo, amava farlo talmente tanto che mentre si trovava in cucina cambiava completamente: niente capricci perché sentiva un leggero fastidio, niente era più capace di distrarlo; esistevano solamente lui e il piatto che stava preparando.
Non c’era tempo per pensare ad altro, doveva occuparsi solo e soltanto dei condimenti e delle spezie o, come in quel caso, del non rendere il dolce né troppo pastoso, né troppo morbido.
Si sentiva davvero in pace con il mondo quando si trovava in cucina o, almeno, più del solito.
Se quello del pasticcere fosse stato il suo lavoro sarebbe stato sicuramente felicissimo, peccato che lui non si sarebbe dovuto trovare lì, in quel momento.
Era solo un semplice cameriere in fin dei conti; uno di quei camerieri pasticcioni che viene assunto solo per disperazione, perché manca l’organico è bisogna essere certi che quelli più capaci non siano oberati di compiti da svolgere venendo meno al servire i clienti.
A dire il vero era proprio a causa del suo essere disordinato e maldestro che aveva messo il punto fine alla propria carriera di cuoco qualche giorno dopo dal suo inizio.
Un talento sprecato, davvero: Feliciano era quel tipo di persona che tra i fornelli era in grado di muoversi con una tranquillità incredibile. Tutto il suo essere impacciato spariva, tramutandosi in una capacità di muovere le braccia da una parte all’altra senza la minima fatica.
Aveva solo una pecca.
Era disordinato, disordinato come non mai, tanto disordinato che per lavorare bene doveva avere la cucina solo e soltanto per lui.
La farina finiva quasi sempre rovesciata per metà sul bancone da lavoro, o peggio, sul suo naso e sui suoi capelli.
Gli altri cuochi si ritrovavano con parti del piatto spiaccicate in faccia perché, a detta di Feliciano “intralciavano i suoi spazi” e ahimè quando aveva fame, quantità variabili di quanto aveva preparato sparivano misteriosamente.
Anche se aveva sempre servito piatti eccellenti ai clienti apportando anche modifiche alle ricette originali del ristorante e lasciando chiunque molto soddisfatto, non riuscì a tenersi stretto il posto e meno di due giorni dopo si ritrovò per strada a cercare un nuovo impiego.
Fortunatamente un altro locale cercava personale e non esitò a proporsi come cameriere; erano talmente disperati che lo accettarono subito, probabilmente per il suo essere cordiale.
Il risultato di questa scelta avventata?
Tre piatti rotti, cinque bicchieri distrutti, un bicchiere di vino rovesciato – fortunatamente – contro un altro cameriere.
Si beccò talmente tante strigliate che prima della fine della prima settimana fu mandato in cucina a pulire i banconi, portare fuori la spazzatura e sistemare il retro del locale.
Il lato positivo delle sue nuove mansioni, era il poter tranquillamente sgraffignare parti di impasto dalla cucina, dove il pasticcere preparava dei dolci.
Già, non era più in un ristorante, ma in una pasticceria. Meglio di niente, adorava anche i cibi dolci, ma davvero non riusciva a concepire come li preparava l’uomo che tanto veniva acclamato come ottimo cuoco.
Sbagliava le proporzioni di ingredienti, non ci metteva passione e Feliciano non poteva fare a meno di chiedersi per quale assurda ragione quel ragazzo potesse avere tanta fortuna, a differenza sua.
Da un lato vi era lui, lo sbadato cameriere che si ritrovava a sgobbare sul retro rimanendo nascosto da tutti, dall’altro vi era quel pasticcere che poteva fare ciò che voleva con una cucina a disposizione, ma che non apprezzava minimamente il suo lavoro.
L’occasione perfetta per riscattarsi si presentò agli occhi di Feliciano proprio a causa di quel ragazzo che tanto non capiva: aveva avuto un contrattempo e non sarebbe potuto arrivare al negozio per preparare i dolci.
Fu allora che il giovane cameriere alzò la mano, decidendo finalmente di farsi avanti e rendersi utile. Tutti erano scettici e se non fosse stato per un suo amico cameriere, probabilmente il locale sarebbe rimasto chiuso senza permettergli di dare prova almeno una volta delle proprie effettive abilità.
Così eccolo lì, a preparare dolci da esporre nel negozio per deliziare i clienti.
Sentì per l’ennesima volta il campanello della porta principale che suonava e sorrise raggiante, iniziando a muovere con più lena le mani per riuscire ad infornare il prima possibile quel dolce.
Non poteva neanche immaginare chi fosse entrato nella pasticceria, lasciando di stucco i proprietari e il personale.
Ludwig Beilschmidt, il noto critico culinario, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala, guardandosi intorno con il suo solito sguardo freddo.
Sembrava che stesse odiando non solo il parquet, ma anche tutti i tavoli e le sedie di legno poco più chiaro disposte nella stanza.
Anche le sedute a divanetto rosso sembravano non essere di suo gradimento, come le tende bianche che coprivano le finestre.
Il bancone, poi! Sembrava davvero averlo sdegnato in una maniera terribile. E dire che era così ordinato e ben curato, a parere del padrone che stava fissando con aria spaventata il nuovo cliente, aspettando una sua mossa, qualsiasi mossa.
La pura e semplice verità era che Ludwig si stava guardando intorno aspettando che qualcuno andasse ad accompagnarlo ad un tavolo.
Uno dei camerieri venne spinto dal proprietario verso di lui con molta nonchalance, anche se il giovane rischiò di barcollare senza alcun ritegno verso il critico tedesco che se ne stava ancora in piedi di fronte alla porta.
« Salve signore, la posso portare ad un tavolo? »
Ludwig si limitò a rispondere con un cenno della testa, parlando solo poco dopo.
« Mi piacerebbe sedermi a quello vicino alla finestra, se non è un problema. »
« No, certamente! Prego, venga. » andò verso il tavolo e aspettò che l’altro si sedesse, porgendogli poi il menù con la lista dei dolci tra cui poteva scegliere.
Il cameriere iniziò ad elencare sommariamente quali erano i dolci e come erano fatti, ma il biondo lo interruppe bruscamente senza nemmeno aspettare che finisse la frase.
« Vorrei questa. » indicò con un dito l’immagine di una torta al cioccolato dall’aria piuttosto soffice cosparsa di diverse scaglie di cioccolata.
Lo sguardo che apparve sul viso del ragazzo che lo stava servendo era totalmente sconfortato, tanto da riuscire a strappare un’occhiata interrogativa da parte del critico tedesco.
« Qualcosa non va? » ruppe il silenzio il biondo.
Quel locale era strano, troppo strano. Sapeva che lo spessore della sua persona era in grado di incutere timore a molti, ma aveva una regola ferrea che sarebbe stato impossibile non conoscere, per qualcuno del settore: lui non scriveva mai una critica se prima non tornava nel negozio in questione almeno una seconda volta.
Ovviamente non era detto che ci tornasse, ma quel giorno non era nemmeno andato a scopo lavorativo, anche se questo i dipendenti del locale non lo potessero sapere.
« N-No! Nessun problema, signore! » si affrettò a rispondere il ragazzo, sperando di sembrare il più naturale possibile. « Solo, le chiedo di pazientare un po’: il pasticcere sta finendo di preparare la torta che ha scelto perché è stata venduta tutta questa mattina! »
« Non sono venuto qui per lavoro, ho tutto il tempo che serve. » precisò, chiudendo il menù e porgendolo al cameriere. « Vorrei un cappuccino insieme alla torta, grazie. »
Stava praticamente guidando lui il cameriere nel suo lavoro, ma era una cosa che faceva abitualmente.
Sapeva così bene come comportarsi quando entrava in un locale, pur non conoscendolo, che parlare con quel tono sicuro di sé gli veniva particolarmente spontaneo. Che poi non fosse il ritratto della gentilezza, era un'altra questione.
Il cameriere, a quel punto, fece un piccolo inchino e corse sul retro, entrando in cucina dove si era rintanato anche il proprietario del locale.
« Ludwig Beilschmidt, hai capito Feliciano?! Ludwig Beilschmidt! » la voce dell’uomo era notevolmente agitata e raggiunse l’apice della sua altezza ripetendo per la seconda volta il nome.
Feliciano non lo stava guardando, continuava a mescolare l’impasto della nuova torta che stava preparando: l’altra ormai era già appoggiata sul tavolo dei dolci pronti a raffreddare.
« Capo! » il cameriere irruppe nella stanza, con gli occhi sgranati. « Il signor Beilschmidt ha ordinato il dolce che… Ah, per fortuna è pronto! »
Il sospiro di sollievo del ragazzo venne interrotto dal direttore, che lo afferrò bruscamente per il colletto, scuotendolo.
« Il dolce di Feliciano?! »
« Ho provato a convincerlo a prendere altro, ma non ne ha voluto sapere! »
L’uomo si passò una mano sul viso, voltandosi verso Feliciano che stava rubando la glassa che avrebbe a breve racchiuso nel sac à poche.
« Ma vi divertite tanto a urlare quel cognome? Sembra uno scioglilingua! Beil… Beilsch… » tentò di dire alzando lo sguardo verso l’alto come se il soffitto potesse dargli un qualche aiuto.
Tornando a guardare davanti a sé, vide a neanche un metro di distanza da lui il proprietario del locale. Istintivamente sgranò gli occhi, rischiando di rovesciare il contenuto della terrina che stava tenendo contro di sé con un braccio.
« Spero per te che il dolce che hai preparato sia buono, altrimenti giuro che ti ritroverai per strada in meno di mezzo secondo, chiaro?! »
Tutte quelle grida lo mettevano in soggezione; odiava quando la gente urlava senza ragione, perché gli occhi gli diventavano lucidi senza che potesse fare nulla e il nodo alla gola gli impediva quasi di respirare.
Abbassò lo sguardo, annuendo. Avrebbe voluto dire che era buonissima e che ne era certo, ma aveva paura che continuasse a parlargli in quel modo per la sua sicurezza.
Preferì rimanere in silenzio, guardando di sottecchi il cameriere che usciva dalla porta insieme al proprietario.
Lasciò rapidamente sul tavolo la ciotola con la glassa e corse verso la porta, affacciandosi all’oblò e guardando silenziosamente il cameriere che tagliava la torta.
Osservò silenziosamente i due morbidi strati di pasta al cacao che si piegavano appena sotto la pressione del coltello, mentre la lama veniva sporcata dalle gocce di cioccolato sciolte all’interno del dolce.
Controllò che nessuna scaglia di cioccolata cadesse da dove l’aveva sistemata lui, in cima alla torta e rimase in attesa.
Non aveva idea di chi fosse quel Ludwig e per questo fu costretto a seguire con lo sguardo il cameriere che si avvicinava rapidamente al tavolo dov’era seduto il biondo.
Certo che metteva paura, quell’uomo. Feliciano era quasi de tutto sicuro che una volta in piedi avrebbe fatto concorrenza ad un armadio.
A parte quello però, doveva ammettere che era davvero bello. Gli ricordava tanto una di quelle sculture che aveva dovuto osservare milioni di volte ai musei dove andava con la scuola.
Ecco, era una bellezza scultorea. Forse era per la pelle chiara e i capelli biondi senza un solo ciuffo fuori posto, accompagnati dagli occhi azzurri e penetranti.
Feliciano ebbe una grande conferma, in quel momento: gli opposti si attraggono.
Lui, che non era per niente serio, trovava quell’uomo dall’aria incredibilmente composta parecchio affascinante.
La cosa fantastica, era il suo non aver mai fatto apprezzamenti di nessun genere su altri uomini. Forse a questo punto gli piacevano anche i ragazzi.
Quei pensieri svanirono dalla sua mente come una bolla di sapone quando si accorse che il cameriere aveva appoggiato il piatto sul tavolo del critico.
Era talmente concentrato sulla scena che gli sembrò addirittura di sentire il rumore della porcellana contro il legno del tavolo.
Vide le labbra del tedesco muoversi, probabilmente per ringraziare il ragazzo che aveva fatto un passo indietro, rimanendo comunque vicino al tavolo: normalmente non ci si doveva fermare accanto ai tavoli, ma probabilmente era stato il proprietario a dirgli di farlo.
Ludwig si sistemò il tovagliolo sulle gambe con una calma totalmente in contrasto con la rapidità con cui l’aveva aperto. Aprirne uno era un’azione terribilmente sciocca, ma per Feliciano era come se l’uomo l’avesse fatto con un che di maestoso.
In verità avrebbe pensato a tutti questi piccoli dettagli solamente in seguito; al momento era troppo preoccupato di vedere la sua reazione per capire se sarebbe riuscito a portare a casa uno stipendio per vivere o meno.
Era il momento.
La forchetta affondò nel piccolo pezzo di dolce che Ludwig aveva tagliato e venne avvicinata alle labbra del biondo con lentezza. Il dolce sparì tra di esse e Feliciano trattenne il respiro.
Era ovvio che fosse buono. Usciva sempre perfetto.
Vide una scintilla negli occhi del tedesco quando mandò giù il primo boccone e solo a quel punto si concesse di prendere una boccata d’aria.
« Fate i complimenti al cuoco, è davvero squisito. » asserì solamente, staccando gli occhi dal proprio piatto solamente per un attimo.
Il cameriere si affrettò ad annuire con sorpresa, tornando dietro al bancone e superando il proprietario che, esterefatto, fissava il nulla più assoluto.
Quando la porta venne spinta, Feliciano rischiò quasi di prenderla dritta sulla fronte provocandosi così un bernoccolo, ma si spostò in tempo.
Voleva sapere che aveva detto, perché non sapeva leggere il labbiale e non aveva neanche una vaga idea di quali parole fossero uscite dalle labbra del tedesco.
« Gli è piaciuta! Gli è piaciuta un sacco e ha detto di farti i complimenti! »
Feliciano sbatté gli occhi, come se stesse ancora collegando l’effettivo accaduto.
Gli era piaciuta, quindi era salvo.
Sorrise raggiante e saltò al collo del cameriere, stringendolo con una forza che normalmente non metteva negli abbracci. Se si fosse messo a piangere come un bambino sulla sua spalla sarebbe stato niente.
Almeno per una volta era riuscito a dare prova che qualcosa valeva, anche in quel posto.
 

***

 
Era passata una settimana esatta da quando Feliciano aveva fatto successo come pasticcere e nel locale non si era parlato praticamente d’altro.
“Ma hai visto che faccia ha fatto mettendo in bocca il dolce?!”, “Feliciano, sei stato fantastico! Davvero, io non ci sarei mai riuscito! E’ un critico famosissimo e tu l’hai soddisfatto perfettamente!”.
Era stato bello sentirsi dire quelle frasi e spesso gli venivano ripetute di nuovo, anche se pensarci mentre guizzava da un tavolo all’altro per prendere e servire le ordinazioni era un po’ triste.
Il giorno dopo l’accaduto, i fatti erano ovviamente giunti all’orecchio di quello che era il vero cuoco del locale e non aveva tardato ad alimentare una terribile polemica: il proprietario del locale aveva seriamente valutato l’ipotesi di far lavorare Feliciano in cucina, visto che riusciva a rendersi più utile lì che in sala, dove non avrebbe tardato a rompere altri bicchieri e piatti vari, per non parlare dei possibili danni ai clienti.
Peccato che questo al pasticcere non stesse assolutamente bene: non voleva avere Feliciano tra i piedi, ma soprattutto non voleva sentire qualcuno che si complimentava con lui.
Quando giunse alla minaccia di licenziarsi, il proprietario fu costretto a rendersi conto che Feliciano, in cucina, forse era meglio non farlo lavorare.
Insomma, gli era bastato quell’unico giorno in cui ci aveva lavorato per fargli capire che il disastro da pulire in seguito era veramente eccessivo.
Così eccolo lì, di nuovo a servire ai tavoli come se quello fosse il posto giusto per lui.
Il campanello della porta tintinnò nell’esatto momento in cui l’italiano stava alzando il busto dal tavolo dove aveva appena appoggiato un piattino con sopra un muffin: l’avrebbe mangiato lui, se solo ne avesse avuto la possibilità.
Non si rese nemmeno conto del silenzio tombale che si era creato nella stanza e si allontanò dal suddetto tavolo canticchiando sommessamente un motivetto, che si interruppe solo quando sbatté contro qualcosa.
Aveva la consistenza di un muro: si sarebbe potuto rompere il naso.
« Oh? Non ricordavo ci fosse un muro, qui… » disse tra sé, sentendo qualcuno che lo chiamava sottovoce. Alzò lentamente lo sguardo, sorpreso di vedere a un palmo dal proprio naso la manica di un giaccone dall’aria pregiata.
Alzò un po’ di più lo sguardo. Oh, ecco una spalla.
Aveva quasi la testa del tutto piegata all’indietro quando riuscì finalmente a scorgere il viso della persona.
Ludwig era lì di fronte a lui e lo stava fissando in modo per nulla cortese.
Tanto quella volta era tranquillo: mica doveva fargli lui da mangiare.
« Salve signore! » sorrise raggiante, inclinando il viso. « Mi segua, la porto ad un tavolo! » continuò poco dopo, aggirandolo passandogli talmente tanto vicino che per un attimo il proprietario dietro al bancone vide il piede di Feliciano schiacciare inevitabilmente quello del tedesco, che aveva piuttosto cominciato a seguirlo con aria perplessa.
Si sarebbe aspettato almeno delle scuse per la svista del cameriere, invece si era dovuto sorbire una risposta tranquilla e spensierata. Perché alla fine era quello il tono che il ragazzo ora fermo accanto a un piccolo tavolino aveva usato.
Fece caso solamente poco dopo al fatto che il tavolo fosse lo stesso a cui si era seduto la volta precedente.
Feliciano gli porse il menù, che venne rifiutato dall’altro con un gesto della mano.
« Vorrei ordinare la specialità al cioccolato. » la risposta giunse rapidamente alle orecchie di Feliciano che annuì appena, spingendo tuttavia il menù contro la mano ancora alzata di Ludwig.
« Ma l’ha presa la scorsa volta, non vuole cambiare? Ci sono tante altre cose buone! » propose.
A dire il vero non ricordava mai che cosa ordinavano i clienti e anche se si recavano alla pasticceria tutte le mattine, sentendosi dire “il solito” avrebbe faticato a ricordare precisamente di che cosa si trattava, ma ovviamente in quel caso le cose funzionavano diversamente.
Ludwig alzò un sopracciglio, osservando il ragazzo per nulla contento di quella proposta.
Aveva deciso di prendere quel dolce. Perché non glielo lasciavano fare e basta? C’era tutto questo bisogno di ribattere?
« Voglio solo quel dolce, grazie. »
La freddezza racchiusa nella frase dell’uomo fece capire a Feliciano che insistere non era esattamente la cosa che gli conveniva di più fare.
Fece un leggero inchino e si voltò, andando rapidamente verso il bancone dove già si trovava pronto il dolce.
Da quando Ludwig aveva deciso di mangiarlo la prima volta che si era recato al locale, tre quarti della clientela chiedeva solamente quella torta.
Feliciano fece per prendere il coltello al fine di tagliare il dolce, ma venne preceduto dal proprietario, che tagliò con precisione e velocità una fetta, sistemandola sul piatto.
« Probabilmente tu l’avresti distrutta. » lanciò solamente quella frecciatina prima di porgergli il piatto, senza lasciarlo anche quando lo prese per paura che lo lasciasse cadere a terra. « Ora portaglielo e torna subito a servire gli altri clienti, d’accordo? »
« Capo, non capisco tutta questa agitazione! Stia calmo! » Feliciano sorrise raggiante e strinse con entrambe le mani la porcellana del piatto dai bordi smussati e di forma vagamente somigliante ad un petalo. La bordatura era blu con qualche rifinitura d’orata.
Il ragazzo tornò al tavolo di Ludwig e vi sistemò sopra il piattino, osservandolo di sottecchi per qualche attimo: va bene che era sbadato, ma non scordava subito un ordine appena impartitogli e per questa ragione andò a dedicarsi agli altri clienti, anche se spostandosi tra un tavolo e l’altro osservava il critico con la coda dell’occhio.
Feliciano non era un ragazzo dotato neanche del minimo senso della cattiveria, mai avrebbe augurato a nessuno che un dolce non fosse apprezzato, ma doveva ammettere che quella volta stava sperando che quella fetta gli piacesse un po’ di meno della volta precedente. Alla fine lui non l’avrebbe saputo, ma in cuor suo, Feliciano avrebbe finalmente avuto la convinzione che il suo talento non fosse esattamente da buttare via.
Andò dietro al bancone non avendo più tavoli da servire; fosse stato per lui si sarebbe anche fermato al centro della stanza a guardare Ludwig, ma il proprietario del locale gli aveva fatto cenno di spostarsi da lì perché stava dando troppo nell’occhio.
Guardò nuovamente con attenzione i movimenti rapidi di Ludwig mentre si sistemava il tovagliolo sulle gambe, passando poi a tagliare una piccola parte del dolce e portandosela alle labbra. In quel momento si chiese che cosa avesse fatto mentre lui serviva ai tavoli.
Masticò lentamente il dolce e la sua espressione sembrò incupirsi. Anche la luminosità degli occhi sembrava averne risentito.
Era come se un’aura di rabbia fosse calata sulle sue spalle, rendendo l’aria incredibilmente pesante.
« Non gli è piaciuto. » iniziò a dire il proprietario, agitandosi e allarmando così anche i camerieri che uscivano dalla cucina per portare gli altri piatti ai clienti. « Forse dovrei andare io a scusarmi, o forse… »
Non riuscì nemmeno a finire la frase che vide Feliciano entrare nel suo campo visivo, dall’altra parte del bancone.
Quello sconsiderato stava andando a parlare a Ludwig: avrebbe sicuramente combinato un disastro, conoscendolo.
« Signore, per caso il piatto non è di suo gradimento? » la voce di Feliciano sembrava pacata come al solito, come se non si fosse ancora reso conto che lo sguardo di Ludwig non prometteva assolutamente nulla di buono.
« Se non è di mio gradimento?! » il tedesco sbatté senza delicatezza il tovagliolo sul tavolo, alzando lo sguardo verso il giovane cameriere, che lo guardava con i suoi occhioni castani. « Fa totalmente schifo rispetto alla scorsa volta che l’ho ordinato! Voglio parlare con il pasticcere! »
Il moro iniziò a rendersi conto della gravità della situazione in cui si era gettato a capofitto.
« Non si arrabbi, la prego, ma deve capire che il cuoco non può parlare adesso! C’è troppa gente nel locale e non può lasciare il suo posto neanche per un minuto!»
La voce vacillava; Feliciano aveva paura. Paura di quello che avrebbe potuto fare il critico sempre più infuriato di fronte a lui.
« Mi domando come possa esserci tutta questa gente nel locale se uno cucina così. » il tono di voce sempre più alto stava per far nascondere il più giovane sotto il tavolo, se solo fosse stato sicuro di essere al sicuro.
Se solo fosse stato libero di farlo.
Si ritrovò ad essere afferrato per il colletto e con quella singola presa riuscì a rendersi conto di quanti muscoli fossero nascosti sotto il completo elegante dell’uomo.
Che doveva fare? Poteva dire la verità, solo la verità ed essere risparmiato, forse.
« Ho capito che è arrabbio, ma mi lasci andare, per favore! » stava iniziando ad andare in panico, fortuna che in quell’esatto istante Ludwig lo lasciò andare.
Sospirò, prendendo un respiro poco dopo e mettendo una mano accanto alla sua bocca come se volesse nascondere le proprie parole dall’udito del proprietario, il quale fissava la scena attonito.
« Posso dirle un segreto? » domandò piano Feliciano, guardandolo con l’aria di chi sta per confessare una verità tenuta nascosta per anni.
Ludwig sussultò, guardandolo appena e annuendo d’istinto, con gli occhi appena spalancati. Non riusciva più a capire se quel ragazzo lo stesse prendendo in giro e quel semplice dubbio fu in grado di far scemare per un attimo la sua rabbia, che sarebbe sicuramente esplosa più tardi in caso di conferma.
« Ho fatto io la torta che le hanno servito quando è venuto qui la scorsa volta. » fissò il basso per un attimo. « Sono serio! Gliela posso anche preparare di nuovo, se il proprietario mi lascia la cucina! »
Era la prima volta nella sua carriera di critico che il tedesco si ritrovava senza sapere di preciso che cosa dire: avrebbe potuto rifiutarsi di assaggiare qualcosa di preparato da un cameriere che forse stava solamente cercando di salvare la reputazione del locale in cui lavorava con tutti i mezzi in suo possesso.
Decise comunque di lasciarsi tentare da quella proposta.
«Accetto.. » rispose semplicemente, mentre un sospiro usciva dalle sue labbra appena dischiuse.
Feliciano era talmente felice di poter usare di nuovo quella cucina – perché sì, era praticamente del tutto certo che per una motivazione del genere gliel’avrebbero lasciata usare di nuovo – che fece finta di non aver sentito il tono che lasciava capire quanto Ludwig fosse diffidente.
Si voltò verso il bancone e alzò un braccio, agitandolo e facendo un gesto teatrale per chiamare a sé il proprietario che fino a quel momento era riuscito a non avere nessun mancamento.
L’uomo si avvicinò lentamente a Feliciano, osservando il critico in silenzio.
« Il signor Beilsch-… Ludwig mi ha chiesto se può prestarmi la cucina per fargli assaggiare la torta al cioccolato che ha mangiato la scorsa settimana! »
L’occhiataccia che lo raggiunse sia da parte del critico che del proprietario della pasticceria venne schermata dal sorriso contento del ragazzo.
L’uomo si voltò lentamente verso Ludwig e si passò una mano sul viso come se volesse dissimulare l’agitazione.
« Se per lei non è un problema potrei fargli usare la cucina da dopo l’orario di chiusura, che è alle sette. » spiegò. Qualche parola venne balbettata come se la vicinanza del critico non facesse che agitarlo di più. « Manca meno di un’ora, se può aspettare qui… altrimenti potremmo decidere un altro giorno. » il tono di voce sembrava indeciso, come se non volesse davvero lasciare alcuna possibilità a Feliciano.
In fin dei conti quello era un critico piuttosto impegnato, no? Sicuramente si sarebbe dovuto andare a preparare per qualche serata di gala e avrebbe detto di no.
Un momento, un momento. Gli stava dando una possibilità importantissima per riscattarsi: se avesse dovuto scrivere un articolo su quel locale si sarebbe sicuramente lamentato dello scadere di quel dolce e non lo poteva assolutamente permettere!
In fin dei conti l’aveva già assaggiato due volte, no? Se non avesse lasciato fare Feliciano sarebbe stato sicuramente spacciato.
Alla fine si ritrovò ad accettare tra le varie insistenze di Feliciano, che guardò contento le spalle del proprio capo allontanarsi fino a sparire dietro il bancone.
Il ragazzo rimasto al fianco di Ludwig sorrise raggiante e allungò un braccio facendo il segno della vittoria, per poi voltarsi verso il bancone e saltellare verso di esso: prima di andarsene, il suo capo gli aveva fatto segno di seguirlo in cucina e Feliciano aveva ovviamente ubbidito, senza fare troppo caso allo sguardo basito di Ludwig che continuava a chiedersi se la parola rispetto facesse parte del vocabolario di quel bizzarro ragazzo.
 

***

 
L’orario di chiusura era passato più o meno da una mezz’ora ed era da allora che Feliciano si era messo all’opera.
Quando era stato chiamato, dopo essersene andato dal tavolo del critico, si era dovuto sorbire una lunghissima ramanzina fatta dal padrone del locale, che si era raccomandato di non sporcare troppo in giro.
Aveva dovuto anche ascoltare la terribile sfuriata del pasticcere che non ne voleva proprio sapere di essere secondo a Feliciano e si era proposto di rifare il dolce anche se la risposta che era giunta fulminea era stata negativa.
Ludwig era rimasto seduto al proprio tavolo da quando Feliciano se n’era andato e aveva accantonato il piattino con sopra il dolce al cioccolato, che era stato portato via da uno degli altri camerieri.
L’italiano l’aveva controllato da uno degli oblò delle porte della cucina, sorridendo divertito mentre si immaginava che situazione pesante ci fosse nell’altra stanza: il proprietario era seduto ad un tavolo poco distante da quello di Ludwig, che sembrava non soffrire per niente il totale silenzio.
Adesso, però, non c’era tempo per concentrarsi su di loro: l’unica cosa che contava era la torta nel forno che aveva quasi finito di cuocersi.
Il proprietario del locale si era raccomandato di non sporcare troppo la cucina, ma alla fine Feliciano aveva combinato il solito disastro e non sembrava nemmeno particolarmente preoccupato.
Andò verso il forno e con le presine tirò fuori la teglia con dentro la torta, che portò sul bancone. Tirò sapientemente fuori la carta da forno, abbassandone i lati e staccando la torta, che poi sistemò su un piatto.
Mise sopra di essa le scaglie di cioccolato che aveva preparato in precedenza e iniziò a sistemare la cucina mentre il dolce si raffreddava: non voleva rischiare di rovinare l’operato avendo troppa fretta di portarla al tedesco.
Trascorsero cinque minuti prima che il ragazzo sollevasse il piatto con l’intendo di portarlo nell’altra stanza.
Dopo aver messo piede fuori dalla cucina, improvvisamente le attenzioni delle uniche due persone nella stanza si concentrarono su di lui e la cosa sembrò bloccarlo per un attimo sulla soglia.
Scosse rapidamente la testa e andò poi verso il tavolo di Ludwig, dove appoggiò l’intero dolce. Ne tagliò una fetta che sistemò su un piattino e gliela porse insieme alla forchetta.
« Ecco a lei! » si fece da parte in modo che anche l’altro uomo nella stanza potesse guardare tranquillamente la scena.
Ludwig compì le solite meccaniche azioni che normalmente svolgeva prima di mangiare, dopo aver rivolto un sussurrato grazie a Feliciano.
Anche se era quasi del tutto certo di ciò che gli avrebbe detto il critico, rimase in silenzio e con il fiato sospeso fino a quando un certo bagliore non attraversò gli occhi azzurri dell’uomo.
« Questo è come quello della scorsa volta. » mormorò, alzando lo sguardo verso Feliciano che si stava abbandonando a un certo gongolare. « Perché non lavori sempre in cucina? »
“Perché quello che le ha preparato il dolce oggi non vuole collaborare.”
Feliciano l’avrebbe davvero detto se solo il suo capo non si fosse avvicinato di colpo a lui per intervenire nel discorso.
Non ottenendo risposta, Ludwig mise in bocca un altro pezzo del dolce e solo dopo averlo deglutito parlò.
« Penso di potermi sentire più tranquillo a scrivere una recensione positiva per questo locale se ti so nelle cucine, ragazzino. » fece una breve pausa mentre si puliva le labbra con il tovagliolo. « Sempre se per il tuo capo non è un problema. »
L’uomo guardò prima Ludwig, poi Feliciano che fremeva al solo pensiero.
« Effettivamente il suo posto credo che sia lì. »
Feliciano non avrebbe davvero mai creduto di poter sentir dire quella frase.
   
 
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