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Autore: addictedtokenji    06/05/2013    0 recensioni
Denise, nel 2002, è una ragazza sedicenne che non ama particolarmente la musica e non crede nell'amore. Tutto cambia con un incontro 'speciale'.
Nel 2013, è una ragazza quasi trentenne, che continuerà a credere nei suoi sogni.
*Storia di due capitoli. Volevo fare un'unica OS, ma era molto lunga, perciò ho diviso questa piccola storia in due soli capitoli.*
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chester Bennington, Mike Shinoda, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                          2002
 
Ero ad un supermercato per comprare latte e pane. Ancora non riuscivo a capire il perché, avrei dovuto passare un pomeriggio con delle mie amiche al cinema, invece mi hanno tutte completamente scaricata per i loro ragazzi: mi sembra ovvio.
Chi è che preferisce l’amore all’amicizia? Tutti, i primi mesi di una relazione. Quando tutto pensi che ruota attorno a voi due, quando pensi che le amiche saranno sempre lì a supportarti, e quando pensi che lasciare una delle tue migliori amiche, per passare del tempo con il tuo ragazzo che tra qualche anno non considererai più tale, sia giusto, ovvio che si preferisce l’amore. 
Io, invece, sono sempre stata contraria all’amore; non ho mai trovato un ragazzo che mi considerasse perfetta. Ogni coglione che frequentavo, o usciva parallelamente con un’altra, o guardava petto e culo alle altre ragazze, in mia presenza facendomi davvero, ma davvero alterare. Il punto è, forse sono io che non dimostro abbastanza affetto a nessuno, e che non mi lego subito ad una determinata persona, ma mi sono sempre chiesta, come mai io non ho mai trovato una persona che mi facesse sentire protetta, sua.
 
Latte parzialmente scremato, due litri.
Quattro rosette.
Un pacco di uova. E altri alimenti erano elencati nella lista della spesa che mia madre aveva aggiornato stamattina inserendo una porzione d’insalata. Non prestavo molta attenzione alla marca dei prodotti, così mi diressi in cassa. Il cellulare mi vibrò:
‘Scusami ancora per oggi, tesoro. Prometto che non succederà più, io e Benjamin passeremo del tempo da soli, non quando devo uscire con te. Xx’

Ah, ma guarda un po’. Prometti che non lo fai più, prometti che non mi parlerai di Benjamin il giorno seguente, e guarda caso, mi chiami al telefono per raccontarmi di come ha guardato le tette alla ragazza bionda affianco a voi nei posti del cinema. Coerenza proprio zero.
Avrebbero passato la serata in discoteca, Elise era simpatica, una sorella per me, e con Benjamin stava bene, li invidiavo, sì, lo ammetto. Lui era tutto che una ragazza poteva desiderare, ma per me c’era qualcosa sotto, e di certo non avrei potuto e neanche dovuto dirglielo, o ci sarebbero stati dei problemi.
 
Io non sono una tipa a cui piace la musica. Avete presente la ragazza a cui piace leggere, scrivere,  disegnare e preparare il thè per passare un pomeriggio tranquillo? Ecco, sono io. La musica non mi ha mai affascinato più di tanto, certo, quando capita l’ascolto, ma non sono come Elise o Jennifer che continuano a ripetermi che dovrei sentirne di più. 
Questo periodo, perlopiù,  mi stanno assillando con una band, ma non ci faccio caso; ho sempre la testa immersa in qualche pensiero. Magari qualche disegno, o solo dio sa cosa. 

Pagai tutta la spesa e la riposi in una busta, e notai una folla fuori al supermercato. Ringraziai la commessa e mi diressi curiosa verso quel mucchio di persone.
Erano per la maggior parte ragazzi giovani, dai sedici ai vent’anni, come me, molto eccitati. Particolarmente le ragazze che strillavano come oche. Mah, sarà stato uno famoso o che ne so io…
Mi aggregai alla massa solamente per capire chi ci fosse stato o stata dentro. Non riuscivo a vedere nulla, solo una testa dai capelli rossi tinti.
Non ero molto alta, ma desideravo sempre, magari a Natale, da piccola, tre o quattro centimetri in più, cose che il quel momento erano nettamente indispensabili. 

D’un tratto la folla si spostò verso di me, e due ragazzi mi spinsero, ma non di proposito, e non in maniera forte, ma neanche delicata. Mi fecero, però, cadere, ed insieme a me, tutta la busta della spesa. Cazzo, no!
 
Situazione: ero per strada, con una busta piena di uova rotte, con una folla che continuava a spingere e, a terra. Mi arrivavano calci dappertutto. 
Fortunatamente, passò un ragazzo vicino, era alto, con delle spalle robuste, magro, con un pizzetto sotto al mento, capelli corti e due bacchette di chissà quale batteria in mano. Mi notò.

‘Porca puttana, ma la vedete questa ragazza a terra?’ Chiese strillando, la sua voce era allo stesso momento dolce, incazzata e risoluta.

D’un tratto, la folla si aprì, e potei vedere chi si nascondeva dentro quella massa di ragazzi: un ragazzo alto, non troppo magro, ma neanche in carne, normale; capelli rossi, e stesso identico pizzetto al ragazzo che mi aveva, come dire? Salvata? Aveva per di più un poster, che raffigurava un soldato rosso che teneva una bandiera, con una scritta in nero che diceva: ‘LINKIN PARK’. 

‘Ma che cazzo Mike, non l’avevi vista?’ Domandò il mio nuovo amico al tipo con i capelli rossi.

‘Ehm, no Rob, non l’avevo vista.’ Rispose il tizio strano. 

Mi tese la mano e mi alzai in piedi, quel tipo, Mike, come lo aveva chiamato, credo, Rob, si chinò verso la busta della spesa e mi raccolse una bottiglia di latte.

‘Rob, vai a prendere una busta al supermercato.’ Disse. Ora si preoccupava per me. Mah.

Il batterista annuì e in meno di dieci secondi sparì nell’edificio.

‘Scusami.’ Disse piano.

‘No, non fa niente. Sono abituata.’ Risposi fredda.

‘No, davvero, scusami… Non ti avevo proprio notata.’ 

‘Oh, questo lo vedo.’ Dissi ironicamente indicando delle leggere bruciature dovute all’asfalto del marciapiede. Lui sorrise.

‘Vuoi che ti riaccompagni a casa? Abiti qui vicino?’ mi chiese nuovamente.

‘Davvero, non ti preoccupare, vado da sola.’ 

‘Ti prego, sei l’unica ragazza che non urla come un’oca quando mi vede. Dammi l’opportunità di conoscerti, no?’

Sbuffai, in quel momento ci raggiunse Rob con una busta abbastanza piccola.
Mike rise, e lo guardò incredulo.

‘Tu credi che tutta questa roba entri là dentro?’ chiese ironico.

Rob alzò le spalle, e mi tese la busta.

‘Senza le uova e tutti i prodotti sporchi di tuorlo, entra.’ Sorrisi.

Mi aiutarono a sistemare tutto, e Mike prese la mia ‘spesa’ dalle mani. 

‘Allora, vieni?’
 
Non sapevo chi fossero, cosa fossero, eppure ci stavo camminando assieme. Ci stavamo dirigendo verso una macchina nera, con dei finestrini neri. Mike aprì lo sportello e fece cenno a Rob di salire dietro.

‘Oh, porca puttana Mike, ma dove cazzo sei stato?’ Una voce, quasi stridula ruppe così il silenzio. Mike rise, Rob anche. Erano teneri. 

‘Stavamo aiutando una ragazza.’ Fa Rob.

Mike, mi invitò ad entrare in quella macchina, al posto davanti, vicino a lui. 

‘Oh, ora capisco perché ti sei trattenuto così tanto.’ Disse ammiccando quel ragazzo, quello che ruppe il silenzio. Aveva i capelli biondi, dilatatori, un labret, era magro, e delle fiamme sui polsi. E se fossero stati teppisti, o che ne so io?

‘Chester, smettila di rompere.’ Lo zittì Mike sorridendomi.

Alternava lo sguardo tra me e la strada. Io alternavo lo sguardo tra lui, la strada, e gli altri ragazzi dietro. Erano in, uno, due, tre, quattro, cinque.
Quel tipo, Chester, era antipatico, mi dava su i nervi.

‘Allora, dove stai?’ mi chiese Mike guardandomi negli occhi, avevano una forma allungata.

‘Ehm, lasciami tra la nona e la dodicesima della prossima traversa.’ Risposi.

‘Piacere, comunque, sono Michael Kenji Shinoda…’ disse.

‘Mi chiamo così perché…’ aggiunse, ma fu interrotto subito dal tizio con il labret.

‘…perché ho origini giapponesi da parte di mio padre. Kenji è il mio secondo nome, ma puoi chiamarmi semplicemente
Mike.’ Mike rise e con lui tutti gli altri. 

‘Fa così con tutte le persone che incontri?’ domandai infastidita indicandolo. Lui rise.

‘No, tranquilla. Solo con le ragazze che reputa carine.’ Mi rivela. Bene, ero considerata carina da un tizio completamente diverso da me.

‘Per la cronaca lui è…’ 

‘Chester Charles Bennington, mi chiamo Bennington perché il mio cognome è inglese ed io ho origini inglesi.’ Disse con lo stesso tono di Mike. Risero.

‘Quello che ti ha salvata, diciamo, si chiama Rob.’ Continuò Mike, indicandolo. Lui, da dietro, alzò la mano destra e fece un cenno con il capo stringendo le labbra. 

‘Il ragazzo lì è Joe.’ Continuò Mike indicandomi l’altro tipo, che mi ammiccò amichevolmente.

‘E l’ultimo lì è Brad… siamo i Linkin Park.’ Concluse. 

‘Già, e ancora non ci hai chiesto un autografo…’ fece Joe sorridendo.

‘E neanche detto il nome…’ aggiunse Chester ammiccandomi. Dio se odiavo quel Chester.

Sorrisi timidamente, e Mike mi notò in difficoltà.

‘Ragazzi, state calmi. Dirà tutto quando vuole.’ Rise. ‘Siete peggio di certe suocere.’ Concluse.

Io risi e Mike, vedendomi più rilassata, mi fece l’occhiolino. 
Accostammo con la macchina, e scesi.

‘Grazie Mike, grazie Rob…’ dissi guardando entrambi. ‘Grazie a tutti della compagnia.’ Poi conclusi così. Mi girai ed iniziai a dirigermi verso casa.

‘A me non ringrazi, eh?’ fece Chester con tono di sfida. Mike alzò gli occhi al cielo e mi consigliò di non farci caso con un cenno della mano.

Passarono tre secondi, e…

‘Ragazza, ehi, ragazza! La spesa!’ mi chiamò Rob agitato. Corsi velocemente nell’auto, e presi la busta dalle mani del batterista che mi stava contemporaneamente venendo incontro.

‘Denise, comunque. Grazie Rob.’ Gli sorrisi.
Lui ricambiò timidamente e mi regalò una delle sue bacchette che teneva strettamente nella mano sinistra. Era davvero simpatico quel gesto. Rob, da come le stringeva, doveva tenerci a quello strumento… al suo sogno, e regalandomene una, ha dimostrato che magari, un giorno avremmo potuto condividere assieme la passione per la musica, lui per la sua batteria, ed io per loro.
Ero stata a mio agio con quei cinque ragazzi; nonostante quel Chester che continuava a mettermi in difficoltà; ma sembrava come se ci conoscessimo tutti da tempo. Soprattutto l’intesa tra me e Mike, e me e Rob. 
Ripensavo all’ultimo occhiolino di Mike e al suo sorriso, e all’urlo di Rob quando mi vide a terra.
Era sera e continuavo a pensare a loro due, mi stavano opprimendo; oramai la mia mente era tempestata solamente dai loro volti.
Cosa mi stava succedendo? Non potevo, no. Io ero considerata un’insensibile; non avevo mai provato nulla per nessuno; non avevo mai pensato così a lungo a due ragazzi, no… non potevo crederci, eppure quei due erano stati capaci di farmi impazzire con due, o tre sorrisi.
L’amore è strano, davvero strano. E’ una strana patologia che prima o poi colpisce tutti, e tu non puoi farne a meno… non te lo aspetti… succede che le amiche ti danno buca, e sei costretta ad andare al supermercato per tua madre, e là, quando stai uscendo, dopo aver pagato, quel fottuto virus ti colpisce. 
So che non sarebbe mai successo se fossi andata al cinema con Elise o Jennifer… o magari non in questo giorno. 
Pensavo al carattere timido di Rob, mentre guardavo la sua bacchetta, ed all’atteggiamento premuroso di Mike, e mi ritrovavo a sorridere come un’ebete. Non credo sia normale, passare la maggior parte della tua giornata ad aspettare che un miracolo accada, sperare che il destino ti riserva altre sorprese. 
Chissà, magari quella band avrà successo, faranno strada e si ritroveranno sulle migliori scalette, anche internazionali; magari con solamente cinque o sei album per potersi garantire la fama per il resto dei loro giorni… chi lo sa. O, opzione più plausibile, che io mi ritrovi ad urlare come una pazza sotto un loro concerto per nascondere e segregare, magari per sempre, il mio carattere da timida.

Linkin Park… mmh, un nome che non conoscevo prima d’ora, ma che avrei sentito sicuramente, nella mia testa per molto, ma molto tempo a venire.
  
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