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Autore: Everlack    06/05/2013    5 recensioni
La storia che tutti conoscete, vista con gli occhi innamorati del ragazzo del pane.
Tratto dal capitolo 2 :
“Adesso è giunto il momento di scoprire il nostro giovane uomo” Effie riporta l’ordine e il silenzio. Tira fuori la strisciolina di carta e avvicina la bocca al microfono. Chiudo gli occhi e spero con tutto me stesso che lì non ci sia scritto il mio nome. Per favore, fa che non sia io. Riapro gli occhi e ho la vista annebbiata, non riesco a respirare. Inspira, espira.
'Oh andiamo Peeta, smettila' penso. Infondo ormai non fa più tanta differenza. Vedere Katniss nell’Arena sarà distruttivo per me, quindi alla fine non sarà poi tanto diverso. Restare qui senza di lei, andare al macello con lei.
Morirei in entrambi i casi.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
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“Peeta!” La voce di mia madre mi sveglia di soprassalto.
“Sveglia, forza.” La sua voce è dura e fredda. Ci sono abituato, ma di certo questo non mi aiuta ad iniziare bene la giornata.
Mi trascino in cucina e trovo mia madre a lavare le tazze.
“Sbrigati, tuo padre è già al lavoro.”
Niente colazione nemmeno questa mattina. La luce del sole penetra dai vetri della finestra riscaldandomi la pelle. Non è molto alto, il che vuol dire che è ancora presto. Presto per me, ma tardi per mia madre. Continuo a fissarla ma lei non si degna nemmeno di girare la testa nella mia direzione.
“Sei ancora lì? Cosa aspetti? Và.” Mi dice scacciandomi con il braccio.
“Buongiorno mamma.” Le dico e corro a prepararmi.
La nostra casa si trova dietro la panetteria. La mia camera non è molto grande perché prima era solo di mio fratello. Quando sono nato io hanno dovuto aggiungere un letto in più e la stanza è diventata ancora più stretta. Sembra che la mia nascita abbia portato solo guai. Infondo hanno un’altra bocca da sfamare, e qui al distretto 12 è davvero difficile andare avanti. Per fortuna noi abbiamo la panetteria che ci permette di vivere. Io decoro le torte ed aiuto mio padre e mio fratello a fare il pane. Purtroppo le persone che comprano da noi sono poche, non tutti possono permettersi una pagnotta calda, e ancor meno una torta.
Raggiungo la panetteria e mio padre sta già impastando.
“Buongiorno” gli dico.
“Buongiorno Peeta.” Mi guarda per un secondo negli occhi. È una sensazione strana avere il suo sguardo puntato su di me, ma mi piace. Mi fa sentire che almeno per lui esisto. Sul suo viso sono comparse le prima rughe. I suoi occhi, una volta azzurri, sono diventati di un grigio spento. Amo vedere i segni del tempo e della fatica su di lui, significa che è forte. Sì, perché qui la vita è difficile, e lui è riuscito a sopravvivere per tutti questi anni. Le sue rughe sono dei piccoli traguardi, perché le persone che riescono a vivere tanto a lungo da vederle sono poche.
“Niente colazione?” mi domanda. Scuoto la testa mentre mi annodo il grembiule bianco dietro la schiena.
“Tieni” mi lancia una pagnotta e lo prendo al volo. A volte mi fa quasi schifo poter mangiare a tutte le ore del giorno quando ci sono persone intorno a me che muoiono di fame. Stacco un pezzetto e mando giù senza pensarci sopra. Infilo la pagnotta restante nella tasca del grembiule.
“Peeta, sono arrivati i sacchi di farina, puoi andare a prenderli?” mi chiede mio padre alle prese con l’impasto.
“Certo” rispondo. Manda sempre me a sollevare quei macigni da mezzo quintale. Lui non ha tempo e mio fratello non ce la fa.

Il sole splende nel cielo del distretto 12, ma la vita quaggiù è tutt’altro che serena. Una donna smagrita mi passa davanti tenendo per mano il figlioletto. Mi squadra dalla testa ai piedi, come se fossi una persona da disprezzare. Sostengo il suo sguardo per un attimo e lei si avvicina cautamente a me.
“Per favore, abbiamo fame, ma non abbiamo abbastanza soldi” apre il pugno tremante mostrandomi poche monetine, che non basterebbero nemmeno a comprare un quarto della pagnotta.
“Non posso, mi dispiace” le rispondo. Se i miei genitori mi scoprissero sarei nei guai. Non posso fare la carità. Cosa succederebbe se si diffondesse la voce che do via il pane gratis?
“Ti prego ragazzo” la donna mi stringe le spalle e mi guarda negli occhi. Sento il suo respiro sulla pelle, vedo la disperazione nei suoi occhi. Non posso lasciarla morire di fame, non posso.
“Va bene, va bene” sussurro “però non dire niente a nessuno” le dico.
“Non dirò niente. Grazie, grazie mille”
Tiro fuori dalla tasca del grembiule il pane che mi è avanzato. La donna mi porge le monete.
“No, no. Prendila e basta, non voglio niente.”
La donna afferra il pane e lo nasconde sotto la veste.
“Grazie, grazie” mi ringrazia un’ultima volta e poi va via.
Sospiro e mi piego sulle ginocchia. Afferro il primo sacco di farina e me lo carico sulle spalle. Ad un ad uno li porto dentro la panetteria e aiuto mio padre per il resto della giornata.
“Vado a casa, chiudi tu qui.” Mi dice mio padre. Mi asciugo il sudore dalla fronte annuendo. Sono cosparso di farina ovunque e sono fradicio di sudore. Mi slego il grembiule e lo appendo al gancio sul muro. La panetteria la sera ha un aspetto completamente diverso rispetto alla mattina. Le pareti bianche sembrano inghiottirmi nella loro infinità, mentre al mattino sono inondate di luce. Il piano da lavoro è pulito insieme a tutti gli utensili. Finisco di spazzare via gli ultimi residui di farina dal pavimento. Nel forno ci sono i residui neri del carbone. Il distretto 12 è specializzato nella produzione di carbone, abbiamo le miniere. Ovviamente al servizio di Capitol City. Noi distretti lavoriamo per sfamare e mantenere loro, ci tengono solo perché gli serviamo, altrimenti sono sicuro che ci avrebbero già fatti fuori tutti. Non sopporterei lavorare nelle miniere, al buio. In realtà ho sempre odiato il buio e la notte. Tutto troppo silenzioso, troppo morto. E di morte e sofferenza ne vedo abbastanza tutti i giorni.
Esco dal negozio e chiudo a chiave. Mi concedo due minuti prima di ritornare a casa e mi siedo accanto al recinto dei maiali. Gli do da mangiare il pane avanzato di oggi. I loro grugniti si diffondono nell’aria mentre fanno a pezzi il malcapitato pezzo di pane. Spero che la donna di stamattina stia bene e che il mio pane le abbia salvato la giornata. Questo mi ricorda un altro avvenimento, qualche anno fa. Mia madre mi stava sgridando perché avevo bruciato il pane e mi aveva ordinato di andare a lanciarlo ai maiali. La pioggia batteva insistente sul terreno e non riuscivo a vedere quasi nulla, ma il mio sguardo cadde su una piccola figura che rovistava tra i rifiuti. Non potevo lasciarla lì, non potevo restare impassibile. Le lanciai una pagnotta bruciata e tornai dentro. Ripenso sempre a quel giorno, al modo con cui le ho lanciato il pane. Sarei dovuto andare da lei, uscire sotto la pioggia e posarlo tra le sue mani. Quella ragazza è Katniss Everdeen. Frequenta la mia stessa scuola e ricordo ancora il primo giorno che la vidi. Aveva i capelli scuri legati in due lunghe trecce e cantava la canzone della valle. La sua voce attirò la mia attenzione, e da allora non ho mai smesso di passare davanti alla sua classe per guardarla e, se ero fortunato, potevo sentirla cantare. A scuola tantissimi ragazzi parlano di lei, piace a tutti. Lei sa andare a caccia ed è una persona molto forte, praticamente nessuno le rivolge la parola perché nessuno sa cosa dirle. L’unica persona con cui la vedo sempre è Gale. Entrambi hanno perso il padre nell’esplosione della miniera di carbone qualche anno fa. Non credo si sia mai accorta di me o che abbia mai pensato di ringraziarmi per averle dato da mangiare, ma per me il semplice fatto che sia viva e il semplice fatto di vederla a scuola mi rende felice. È la ragazza più bella che abbia mai visto, ma non mi noterà mai. È il mio triste destino, a volte credo di essere invisibile.
Mi incammino verso casa e vado a lavarmi via la lunga giornata di lavoro.
A tavola ci sono già tutti, e io mi siedo tra loro. Nessuno parla, come al solito. Mando giù lo stufato di scoiattolo a grandi cucchiaiate. Sarà sicuramente uno scoiattolo di Katniss. Mio padre compra spesso la selvaggina da lei e mi fa piacere, perché in un certo senso sono consapevole di aiutarla a racimolare qualcosa. Mia madre porta delle fette di torta al cioccolato facendomi un grande sorriso e servendomi la fetta più grossa. Per un attimo non capisco tutta questa gentilezza, poi realizzo. Domani è il giorno della mietitura, e io sono l’unico loro figlio con la possibilità di essere estratto per gli Hunger Games. Ho 16 anni, mio fratello ne ha 19 quindi è fuori dal sorteggio. Ogni anno estraggono il nome di un ragazzo e di una ragazza tra i 12 e i 18 anni da ognuno dei 12 distretti, per un totale di 24 tributi. I tributi dovranno affrontarsi in un combattimento mortale in una delle arene di Capitol City, tutto per il divertimento della capitale. Il vincitore è solo uno, quello che ovviamente riesce a sopravvivere. È orribile, ma purtroppo il Trattato di Pace stabilisce questo. È il prezzo che abbiamo dovuto pagare noi poveri distretti per esserci ribellati ai soprusi di Capitol City. Quest’anno è la 74esima edizione, e il nostro distretto ha vinto i giochi solo due volte. Credo che se dovessi essere estratto le mie possibilità di sopravvivere sarebbero scarse, soprattutto contro i tributi del distretto 1 e 2. Loro sono chiamati “Favoriti” perché sono quelli che producono tutti i lussi per Capitol e sono maggiormente amati dal pubblico. La maggior parte di loro si addestra in accademie speciali fino ai 18 anni e poi si offre volontaria. L’addestramento in realtà non sarebbe permesso, ma per loro ovviamente Capitol chiude un occhio.
Mangio un pezzo di torta, ma poi mi viene la nausea al pensiero che questi giochi orribili avranno ancora luogo, e sarà così per i prossimi anni.
“Grazie mamma per la torta, ma sono sazio.” Dico accennando un sorriso e vado in camera. I miei genitori sembrano aver capito il mio stato d’animo e non dicono niente. Oppure mi stanno semplicemente ignorando. Mi infilo nel letto e il mio ultimo pensiero va a Katniss. Lei e la sorella sono entrambe estraibili per gli Hunger Games. Ho più paura per lei che per me stesso. Spero che vada tutto bene.
Chiudo gli occhi e trascorro la notte quasi insonne, avvolto nel buio.
  
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