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Autore: DigOutYourSoul_    07/05/2013    2 recensioni
"L'avrei permesso, in ogni caso; l'avevo permesso ai suoi occhi felini, alle sue labbra socchiuse, alla sue mute domande, quando ci conoscemmo. L'avevo permesso alle sue mani, quando mi sfiorarono per la prima volta, e percorsero il profilo del mio volto con una delicatezza capace di sorprendermi e spiazzarmi. L'avevo permesso perfino alle sue labbra, quando si unirono alle mie; e sentii il sapore di millenni di vita, di amori, di sofferenze, di scelte e desideri, concentrati in quell'unico momento, in quel preciso istante, su di me, e su di noi."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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My heart still has a beat,
          but love is now a feat.


Sentivo le mani tremare, farsi pesanti, mentre il collo mi si inclinava meccanicamente ed io, senza poter far nulla, rabbrividivo sotto il peso di un soffio talmente freddo, talmente insistente, che quasi temevo mi avrebbe lasciato del tutto impietrito, incapace persino di aprire le palpebre.
Era surreale, meraviglioso, impossibile e terribile. Ed io me ne stavo in mezzo ad un turbine di emozioni che- ne ero certo- sarebbe stato capace di spazzarmi via all'istante, se solo non fossi stato ancorato alla realtà tanto saldamente, trattenuto dal suo corpo, dalle sue braccia, dalla sua presenza stessa; e mi travolgeva, lo sentivo, percepivo la sua sicurezza e mi impauriva, ma non tanto da permettermi di mollare la presa. Quello, in fin dei conti, nessuno dei due l'avrebbe permesso.
E allora, mi chiedevo, chi sono io?
Il respiro spezzato, quel disperato bisogno di calore, di appartenenza, non erano miei e non lo erano mai stati; eppure, lì, in quell'istante, sapevo di non aver mai avuto bisogno di altro, se non di lui. 

L'avrei permesso, in ogni caso; l'avevo permesso ai suoi occhi felini, alle sue labbra socchiuse, alla sue mute domande, quando ci conoscemmo. L'avevo permesso alle sue mani, quando mi sfiorarono per la prima volta, e percorsero il profilo del mio volto con una delicatezza capace di sorprendermi a tal punto, da lasciarmi senza fiato. L'avevo permesso perfino alle sue labbra, quando si unirono alle mie; e sentii il sapore di millenni di vita, di amori, di sofferenze, di scelte e desideri, concentrati in quell'unico momento, in quel preciso istante, su di me, e su di 
noi; fu lì, con le sue mute promesse ed una richiesta soltanto, quando credetti di poter conoscerlo davvero e di poter essere suo come mai qualcuno mi era appartenuto - che mi abbandonai a lui senza altre risorse se non il suo appoggio, la sua totale fiducia di cui non solo avevo bisogno, ma che sostanzialmente mi dissetava; ed era l'acqua più fresca e pura che mai mi avesse anche solo sfiorato la pelle e che, ben presto, avrebbe preso a fluirmi nelle vene, indispensabile come sangue, come l'aria che a stento riuscivo a respirare.

Magnus.
Perché? Perché era così difficile? Perché, semplicemente, non potevo pronunciare il suo nome?
Ne sentivo il bisogno, e riempivo i polmoni il più che potevo, nella lontana speranza che, con l'aria che sarebbe fuoriuscita dalle mie labbra, anche lui le avrebbe sfiorate, abbandonandole, anche solo in un sussurro.

Magnus.
Come? Come diavolo ci riusciva? Come poteva stringermi a lui con tanta delicatezza, e mormorarmi parole sconnesse, capaci di farmi sussultare, rabbrividire, come mai neanche il peggiore dei demoni era stato capace di fare?
Magnus.
Era paura, la mia? Era davvero insicurezza? Parte di me si rifiutava di crederci. Eppure lui, diamine, era lì, ed io tremavo, fremevo sotto il suo tocco. Quasi riuscivo a distinguere ogni singola lacrima che mi bruciava la gola e che sopprimevo ancor prima che tentasse di inumidirmi gli occhi.
Magnus, Magnus.. Magnus.
Sì, ne ero convinto. Avevo bisogno di lui, e forse, lui ne aveva di me.
Sì, diamine, sì. L'avrei permesso; avrei permesso al suo respiro di fondersi al il mio, alle sue dita di intrecciarsi tra i miei capelli, al suo stesso essere di invadere ciò che restava del mio, per quanto, lo percepivo, ormai si riduceva ad un mucchio di cocci tremanti, incapaci di tornare al loro posto, nell'originario equilibrio precario che a stento, prima di quel momento, ero riuscito a nascondere.
Sapevo di non aver bisogno di altro, e che lui, solo lui, avrebbe potuto colmare quel vuoto formato dal mio stesso stato, ormai ridotto ad una nube di confusioni ed incertezze quasi inesistenti. E sapevo che l'avrebbe fatto, che mi avrebbe aiutato, che appartenergli era, nel modo più assoluto, l'unica maniera per uscir vivo da quel dannato groviglio di emozioni che rischiava di soffocarmi da un momento all'altro, e che- se non avessi reagito in un qualche modo, e se lui non fosse stato lì con me-, certamente l'avrebbe fatto.


«Magnus.»
Ecco, ora l'avevo detto, e un sospiro di puro sollievo mi affiorò dalle labbra, quando finalmente i suoi occhi si illuminarono, nel sentirmi pronunciare il suo nome.
Ci guardammo, e nello stesso istante ebbi l'impulso di affondare ancor di più tra le sue braccia, così non aggiunsi altro, e capii che non ce n'era bisogno: il modo in cui lo stringevo a me, ed io mi stringevo a lui, fu del tutto necessario perché capisse ciò di cui avevo bisogno, ciò che gli chiedevo con tanta esigenza.
Deglutii, e respinsi qualsiasi dubbio, insicurezza, pressione che mi impedisse di abbandonarmi del tutto a lui, ed inspiegabilmente smisi di tremare all'istante.

Magnus. Le parole non dette, quelle che avevo ritenuto di troppo, mi riecheggiarono in testa, fievoli ma, in un modo che non riuscii a spiegarmi, meravigliosamente chiare.
Magnus Bane. Ti prego, ti prego.. fa che io ti appartenga.

  
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