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Autore: Dani85    07/05/2013    1 recensioni
4 storie, 6 momenti, 6 stralci di vita. Nessun collegamento se non la stagione in cui si svolgono - l'inverno - e i personaggi - Luca, Anna e chi li circonda -. Il tutto interpretato in chiave fluff per la Fluff Challenge.
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Dalla seconda One-shot:
"Anna si lascia cadere ai piedi del letto, sul tappeto morbido, e prima che faccia in tempo a dire a Luca di spostare pure quei cumuli di abiti colorati, lui le si è già seduto accanto, le gambe incrociate. Forse si aspetta che la rimproveri: per aver messo a soqquadro la casa, per averlo tirato giù dal letto uno dei pochi giorni in cui avrebbe potuto dormire, per un miliardo di altre cose che ha fatto e non doveva. Invece Luca se ne sta in silenzio e non dice nulla."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, Nuovo personaggio
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Holly, jolly Christmas
Autore: Dani85
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Luca Benvenuto, Anna Gori, Nuovi personaggi
Paring: Luca/Anna
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Rating: Verde
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Taodue srl che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Distretto di Polizia, appartengono solo a me.
Word: 4.594
Tabella: Inverno
Prompt: 2. Regalo
Note: Post DdP9 – Titolo da Holly, jolly Christmas di Michael Bublé – Storia scritta per la Fluff Challenge di Contest & Mania Challange. Qui la mia tabella.
Un non tanto piccolo avvertimento prima di lasciarvi alla lettura: in questa shot vedrete due personaggi completamente nuovi, di cui non si è mai parlato prima. Sono due ragazzini, lei è la sorella di Anna - con cui condivide l'infelice infanzia rovinata da quello che era il padre -, lui il suo fidanzatino. Tanti trascorsi e storie loro perfettamente delineate (qui), creati dalla mente contorta di una mia amica (Fellik92) per una sua ff sui Lucanna e Distretto, ma resi talmente scemi che mi sono innamorata di loro, al punto da venire a creare delle ff di una ff!

Holly, Jolly Christmas

Angelica scalciò le coperte nel bel mezzo di un grande sbadiglio mentre Abel, dal centro del suo bozzolo di coperte, ficcava la testa sotto al cuscino mugugnando qualcosa di incomprensibile. Era una mattina di vacanza ed era presto – tanto tanto presto, a suo dire -, perché doveva alzarsi a quell'ora? Ovviamente tutta questa articolata e interessante questione era rimasta interamente nella sua testolina, persa nel mugolio assonnato con cui aveva protestato all'entrata di Anna in camera e ai movimenti di Angelica nel letto accanto al suo. La ragazzina lo aveva ignorato e, dopo aver infilato un paio di calze ad occhi chiusi, aveva scavalcato il letto del bambino per raggiungere la finestra ed alzare la persiana quel tanto che bastava per rischiarare la stanza. Abel si mosse infastidito nel suo fortino di coperte, braccia e cuscini mentre lei gli assestava una piccola pacca su quella che doveva essere una gamba.
«Muoviti dormiglione! È Natale!» gli bisbigliò piano per non urtarlo ancora di più, mentre scendeva dal suo letto e usciva dalla stanza con un'indistinta macchia nera al seguito.
Abel interruppe a metà il suo ennesimo borbottio, improvvisamente consapevole del perché dovesse alzarsi così presto: era Natale e c'erano i regali da aprire. Sveglissimo ed impaziente, calciò via le coperte e si tuffò fuori dal letto. Come un piccolo tornado – riccio e rosso – si precipitò in corridoio urlando esaltato.
«I regali, i regali, i regali, i re-»
Gli strepiti eccitati però, tutto ad un tratto, si mischiarono a delle urla confuse e dallo strano tono acuto. Allarmata, Anna uscì di corsa dalla cucina con ancora le due metà della moka in mano. Un'unica rapida occhiata le bastò a capire cosa fosse successo e dovette faticare per mantenersi seria. Angelica era schiacciata contro il muro, la bocca aperta in una comica o di stupore mentre Abel era a terra, accartocciato su sé stesso in un ingarbugliato groviglio di arti. E a completamento del quadretto c'era Investigattore, il gattino di casa, – l'indistinta macchia nera che faceva sempre da ombra ad Angelica – che soffiava minaccioso verso il bambino. Era evidente che nella sua frenesia natalizia, Abel era inciampato nel gatto e, conseguentemente, era ruzzolato per terra investendo anche il povero e incolpevole micio. Incolpevole questa volta perché, di solito, era lui che ti trotterellava tra i piedi rischiando di farti cadere. Anna infatti, era quasi sicura che la tremenda ginocchiata che Luca aveva dato una volta al tavolino del salotto nel disperato tentativo di non calpestare Investigattore, fosse alla base del leggero astio con cui lui lo guardava.
A distogliere la donna da quelle considerazioni fu proprio la voce di Luca, la cui sola testa spuntava oltre lo stipite della cucina.
«E poi dite che non è vero che la palla di pelo è pericolosa!» esclamò l'uomo scoccando un'occhiataccia al gatto, ancora immobile nella sua posizione di attacco.
«Investigattore non ha fatto niente!» protestò Angelica facendogli una linguaccia, «È stato Abel che l'ha travolto!» aggiunse mentre passava una mano sotto la pancia del micio e lo tirava su stringendoselo contro e accarezzandolo.
«Ahi, non l'ho fatto apposta!» si lamentò il bambino, prima di rialzarsi massaggiandosi il fondo schiena.
«Vuol dire che la prossima volta eviterai di correre in corridoio!» lo blandì Anna, la caffettiera ancora tra le mani, e poi gli scoccò un sonoro bacio su una guancia. «Buon Natale, amore!» gli sussurrò all'orecchio e il piccolo le restituì il bacio mentre le allacciava le braccia al collo.
«Buon Natale anche a te!» le biascicò nell'abbraccio per poi scivolare via a fare gli auguri sia ad Angelica che a Luca. Un attimo dopo era già saltellato in direzione dei regali che facevano bella mostra di sé esposti in un largo semicerchio, ai piedi dell'albero addobbato.
Ridacchiando, Angelica si avvicinò alla sorella per abbracciarla e poi fece lo stesso con Luca, mentre Investigattore si agitava tra le braccia della padroncina per assestare a Luca una piccola e umida leccata sul polso, a cui era arrivato intanto che lui ricambiava la stretta della ragazzina cingendole le spalle.
«Oh, vedi? Ti vuole bene e ti dà i bacini!» cinguettò Angi mentre Luca strofinava vagamente schifato il polso sulla stoffa ruvida dei jeans.
Aveva appena alzato un dito puntandolo minaccioso contro il gatto quando il campanello che trillava insistente mandò all'aria tutti i suoi propositi omicidi.
Anna abbandonò la moka sul tavolo ed aprì la porta. Si ritrovò davanti un enorme e strapieno cesto di vimini incellophanato sostenuto da un paio di mani da cui pendevano alcune buste colorate.
«Rocco!» esclamò lei, divertita e sorpresa tutt'insieme, quando riconobbe i capelli scuri e gli occhi verdi del fidanzatino di Angelica far capolino dietro il fiocco dorato che decorava il cesto.
«Rocco?» esclamarono in coro Angelica e Luca, Investigattore che miagolava piano alla stretta un po' più vigorosa della ragazza.
«E adesso lui che ci fa qui?» borbottò Luca con la chiara intenzione di fare un passo in avanti e probabilmente mandarlo via, ma Angi lo bloccò piantandogli un sottile ed ossuto dito dritto dritto nel petto.
«Non fare come al solito, tu!» lo rimproverò sibilando e senza troppe cerimonie gli scaraventò il micio tra le mani. «Comportati bene, Luca! E per una volta, per favore, una volta soltanto, non guardarlo male!» aggiunse perentoria. Un secondo dopo aveva piroettato su sé stessa ed era comparsa alle spalle di Anna, sulle labbra il più bello dei suoi sorrisi.
«Ciao!» esclamò dolcemente e Rocco sorrise mentre tentava a colpi di naso, un po' goffamente per la verità, di togliersi il cellophane infiocchettato da davanti agli occhi.
«Ciao! Io... io sono venuto a fare gli auguri!» spiegò Rocco avanzando di un passo dentro l'appartamento, con Anna che richiudeva la porta alle sue spalle.
«Sei stato molto carino!» gli sorrise lei mentre Angi inclinava la testa prima da una parte e poi dall'altra buttando lo sguardo oltre l'enorme cesto che il ragazzo teneva ancora saldamente tra le braccia. Il carico doveva cominciare a pesargli però, visto che si affrettò ad allungare il dono verso Anna con un certo ed evidente sollievo.
«Questo è per voi! Buon Natale!» borbottò imbarazzato, lo sguardo che per un istante saettava anche su Luca. Un'occhiata brevissima che gli bastò per incrociare il consueto sospetto con cui l'uomo lo fissava ogni volta. Ormai doveva ammettere che aveva fatto l'abitudine a quello sguardo che si sforzava di essere sempre disapprovante ed indagatore. Qualche volta pensava anche che in fondo fosse divertente. Mmm no ok, ad esser sinceri, forse ciò che trovava divertente era Angelica che bisticciava con Luca per difenderlo.
«Ehi, ma mi stai ascoltando?»
Rocco sussultò sorpreso al suono della voce della ragazzina e allo schiocco delle sue dita davanti agli occhi. Oddio, da quanto gli stava parlando? E da quanto lui se ne stava fermo lì, imbambolato come uno scemo? Perfetto, comportarsi come un idiota era proprio il modo migliore per tentare di entrare nelle grazie di Luca. Sospirò.
«Scusami, mi ero distratto! Stavi dicendo?»
Angi ridacchiò al pari di Anna ma, in mezzo al crepitio della carta di plastica che veniva aperta, il ragazzo captò anche un sonoro e scocciato sbuffo. E non c'erano dubbi su a chi appartenesse.
«Ti stavo chiedendo, visto che sei già qui, se ti va di venire in soggiorno a prendere il tuo regalo!» ripeté Angelica, accompagnando le parole con ampi gesti delle mani.
«Oh sì, certo! Certo che mi va!» rispose il giovane forse con un po' troppo entusiasmo, visto che Luca era subito scattato verso i due con un'aria non troppo accondiscendente. Qualunque cosa avesse intenzione di dire, questa si arenò contro Anna e l'amaretto che a tradimento lei gli aveva infilato in bocca.
«Non trovi che siano buonissimi questi biscotti!?» cicalò scartandone uno per sé stessa, mentre con gli occhi riprendeva ad ispezionare il cesto-regalo.
«Voi andate pure in soggiorno, su!» liquidò poi i ragazzi con un pigro cenno della mano, prima di addentare il suo morbido dolcetto e osservare Luca che quasi si stava strozzando con la bocca ancora piena della pasta farinosa ed amarognola del biscotto.

 
***

Abel aveva già individuato tutti i suoi regali e se li era sistemati tutti intorno, dando vita ad un cerchio di vivaci colori in cui risaltavano il rosso, il verde e l'oro delle lucide carte da pacchi e dei vaporosi ed elaborati fiocchi. Quasi non si accorse di Angelica e Rocco quando si accovacciarono sul pavimento accanto a lui, concentrato com'era ad adorare la grande scatola che era emersa da una carta rossa piena zeppa di piccole renne.
«Uao!» soffiò fuori, ammirando la pista da corsa che si annodava in un rotondo otto sul coperchio della scatola. Si ripromise di ringraziare Elena con un gigantesco bacio per quel regalo non appena l'avesse vista e, mentre appoggiava la scatola sul divano concedendole un'ultima ed affettuosa carezza lungo tutto il coperchio, aveva già puntato con la coda dell'occhio l'alto e stretto pacchetto al cui fiocco era agganciato un bigliettino firmato “Luca”. L'aveva già afferrato con entrambe le mani quando Rocco gli fece penzolare davanti al viso una piccola busta verde e lucidissima.
«Buon Natale, Abel!» gli augurò lasciandogli cadere la busta in grembo.
«Grazie Rocco!» saltò su il bambino e poi strisciò sui gomiti sotto i rami più bassi dell'albero e afferrò un involto dorato piuttosto grande.
«Auguri anche a te! Questo è da parte mia, di Anna e di Luca!» gli annunciò allegro posandoglielo poi davanti alle gambe che teneva incrociate.
Rocco era un po' titubante a credere che il regalo fosse davvero anche da parte di Luca ma, quando lo aprì, dovette rimangiarsi tutti i suoi dubbi. Nella scatola rettangolare che aveva aperto c'era una tuta completa ed ufficiale della AS Roma Calcio e solo Luca poteva sapere quanto gli sarebbe piaciuto averne una. Solo Luca infatti, lo aveva sentito commentare entusiasticamente quella che lo stesso poliziotto aveva regalato ad Abel per i suoi 11 anni.
Oh, ma allora non lo odiava: gli stava solo antipatico. Era un gran passo avanti quello!
Intanto, Abel aveva già accolto con un urletto divertito i due nuovi videogiochi per la Play che Rocco gli aveva regalato ed era passato ad aggredire impaziente il regalo che gli aveva fatto Luca.
Sotto le mani distruttrici del bambino, la carta che avvolgeva il pacchetto si dissolse in una manciata di grossi coriandoli color oro e lasciò il posto ad una scatola rettangolare, alta e stretta. Abel spalancò gli occhi talmente tanto che finirono per assomigliare a due palline da tennis, luccicanti di meraviglia: sei piccole macchine, perfette riproduzioni di altrettanti splendidi esemplari di storiche auto da corsa, facevano sfoggio di sé impilate a due a due in tre ordinate file.
«Guarda!» esclamò incredulo alzando la scatola davanti agli occhi di Angelica. La ragazza la osservò per qualche istante per poi restituire al piccolo uno sguardo sorridente.
«Le macchinine che volevi!» constatò liberandogli la fronte da un paio di riccioli ribelli.
«Macchinine? Macchinine? Queste non sono semplici macchinine!» gracchiò Abel come se fosse appena stato offeso a morte.
«Voi femmine non capite proprio niente!» borbottò indignato, mentre quasi cullava tra le braccia la scatola, come per consolare quelle piccole meraviglie a quattro ruote dall'onta di essere state paragonate a delle semplice e banali macchinine giocattolo. Eh no, non lo erano affatto: loro erano un piccolo tesoro! E Angelica non ne capiva proprio niente. Con aria offesa ciondolò la testa sconsolato e, dopo un'occhiataccia alla ragazza, decise che era molto meglio affrontare il discorso con qualcuno che lo capisse davvero.
«Luca!?» chiamò a gran voce zigzagando tra il divano e il tavolo per uscire fuori dal soggiorno.
«È uscito proprio fuori di testa per le macchine da corsa!» ridacchiò Angelica sporgendo un po' il collo fino a che Abel non fu sparito in una scia rossa oltre la porta della cucina.
«Uh uh!» mugugnò Rocco, seduto ancora a gambe incrociate accanto a lei.
«Mmm direi che non è l'unico fissato!» esclamò sarcastica notando lo sguardo sognate del suo fidanzatino accarezzare devotamente lo stemma giallo-rosso ricamato sul giubbino della tuta. Fortunatamente, in lui sopravviveva ancora un barlume di lucidità tra la massa di neuroni che stava cantando a squarciagola Grazie Roma e riuscì a cogliere la frecciatina sarcastica di Angi.
«Ah-ehm scusa!» ridacchiò arrossendo mentre ricopriva la scatola e la faceva scivolare giù dalle gambe. Angelica accolse quelle scuse imbarazzate con un appena accennata scrollata di spalle, apparentemente interessatissima ad uno strano pacco avvolto in un'altrettanta strana e buffa carta con gli elfi. In realtà, l'attenzione della ragazzina era puntata su un grazioso pacchettino che scintillava nell'ombra nella sua bella carta blu notte. Fece un mezzo giro sulle ginocchia e lo afferrò per un angolo. Quando si girò per allungarlo a Rocco, trovò il ragazzo nella sua stessa posizione che reggeva tra le mani un busta dorata su cui spiccava una larga coccarda dello stesso colore. Si scambiarono uno sguardo divertito, colorato del delizioso rossore che era apparso sulle guance di entrambi.

 
***

Abel aveva aggirato Anna, piantata come una sentinella sull'ingresso della cucina e si era schiantato contro Luca, la confezione con le macchinine tenuta bene in vista al di sopra dell'ingarbugliata massa dei suoi capelli.
«Grazie, grazie, grazie!»
Il bambino lo ripeteva come un mantra in mezzo ad un mucchio di altre cose che Anna nemmeno capiva, a differenza di Luca che gli sorrideva assecondando ognuno degli innumerevoli progetti che stava architettando a velocità folle per quei giocattoli. Anna dubitava che l'uomo avesse davvero afferrato tutto il fiume di parole in cui si era profuso Abel, impegnato com'era a tenere d'occhio il soggiorno e i ragazzi ancora accucciati davanti all'albero. A nulla era servito che lei provasse a stordirlo di chiacchiere su tutto quello che avevano trovato nel cesto, proponendogli continuamente di assaggiare qualcosa. No, Luca era rimasto fisso con lo sguardo oltre di lei, a sbirciare la scena che si stava svolgendo nell'altra stanza.
«Sì, è proprio buono!» le aveva concesso ad un certo punto, interrompendola a metà di quello che gli era sembrato fosse un elogio a dei cioccolatini. Per guadagnare anche qualche prezioso secondo di silenzio le aveva perfino stampato un bacio sulle labbra ma non aveva sentito nulla se non gli urletti eccitati di Abel ai regali e il ridacchiare di Angelica. In compenso, aveva pensato che quel cioccolato che Anna stava tanto accoratamente decantando, fosse davvero buono. O per lo meno, gli era sembrato delizioso mischiato al sapore di lei, in quel bacio - nemmeno troppo casto - che le aveva rubato per zittirla.
Con Abel non poteva certo usare la stessa tattica per ridurlo al silenzio e dargli corda nelle sue fantasie non sembrava essere stata un'idea particolarmente geniale, visto che invece di tranquillizzarsi si era esaltato ancora di più. Risultato? Lui non stava capendo niente di quello che stava accadendo nell'altra stanza e questa non era affatto una cosa buona: primo, perché non aveva il controllo della situazione e secondo, perché in questo modo il rischio di morte per Rocco aumentava di minuto in minuto. Era un bravo ragazzo tutto sommato e in fondo un po' gli dispiaceva doverlo fare fuori ma se la stava cercando. Appartarsi con Angelica lontano dai suoi occhi era una vera e propria provocazione. Non perché fosse geloso eh, le sue erano solo normali apprensioni nei confronti di un'adolescente.
Sì, bravo Luca! si complimentò con sé stesso: messa così le continue accuse di gelosia di Anna e Angelica perdevano ogni senso.
«Le proviamo con la pista che mi ha regalato Elena?» chiese saltellando Abel, ancora con una mano di Luca premuta sulla testa che si arrotolava i suoi riccioli tra le dita. L'uomo portò tutta la sua attenzione sul bambino, gli occhi accesi di un bagliore non proprio rassicurante.
«La pista è di là in soggiorno?» gli domandò interessato.
«Sul divano!» annuì il piccolo e il sorriso di Luca si aprì da orecchio ad orecchio.
«Oh ma certo che le proviamo con la pista! Andiamo!» chiocciò in un tono fastidiosamente zuccheroso. Anna capì immediatamente che il vero obiettivo del compagno era andare ad infastidire Angelica e Rocco, altro che pista e macchinine. Doveva fermarlo!
«Ehi, aspetta!»
Con una mano lo bloccò per un braccio tirandoselo contro e con l'altra afferrò la prima cosa che le capitò a tiro dal cesto sul tavolo.
«Perché non assaggi questo?» gli propose sbattendo languidamente le ciglia, sventolandogli sotto il naso quella che scoprì essere una confezione di salmone affumicato. Luca la guardò a sopracciglia inarcate.
«Non starai dicendo sul serio, vero?»
«Sì sì, invece! In Finlandia ci fanno colazione, non lo sai? Deve essere ottimo accompagnato al caffè!" continuò lei, intanto che con due dita tirava il lembo per aprire la confezione.
«Toh, assaggia Lu'!» chiocciò poi, zuccherosa esattamente come era stato lui prima, mentre gli avvinava alla bocca mezzo filetto di salmone.
«Non ci provare! Stai lontana da me!»
Luca scattò immediatamente all'indietro, tirando Abel davanti a sé a mo' di scudo. «Trova qualcosa per difenderci, avanti!» mormorò al bambino scrollandolo per le spalle.
Abel si ritrovò ad essere una cosa tremolante e ridacchiante, mentre si guardava intorno alla ricerca di qualcosa con cui respingere l'avanzata di Anna armata di salmone. Di usare la sua scatola di macchinine ovviamente non se ne parlava e quindi allungò la mano a prendere la confezione argentata che sporgeva da un lato del cesto e la passò a Luca.
«Il cotechino, Abel? Davvero?» fece Luca perplesso e il bambino si strinse nelle spalle.
«Questo c'era!»
Anna scoppiò a ridere, indecisa se complimentarsi coi due o rifilare uno scappellotto ad entrambi per quel ridicolo spettacolino. Alla fine ne venne fuori una via di mezzo e quando Luca le puntò contro il cotechino, atteggiandolo a mo' di arma, lei lo colpì con un manrovescio su una spalla.
«Idiota!» esclamò, ancora scossa dalla risate.
«Ehi, attenta a come parli: siamo armati!» ribatté lui, il tono da poliziotto marcato all'eccesso, mentre Abel si nascondeva dietro la sua inseparabile confezione di macchinine a ridacchiare.
«Oh... Mi scusi commissario!»
A quel punto, Anna aveva pensato che tanto valeva stare al gioco e divertirsi un po' anche lei. Così, si era calata nel ruolo del delinquentello colto in flagrante e aveva lasciato cadere il salmone sul tavolo per poter alzare le mani in aria.
«Sono disarmata, vede? Cosa vuole che faccia?» pigolò arrendevole mentre avanzava di un paio di passi, gli occhi bassi che lo spiavano da sotto i ciuffi indisciplinati.
A Luca non sfuggì la scintilla di malizia nel tono e nello sguardo e per un attimo fu tentato di risponderle a tono. Gli era balenata per la testa un'immagine - incredibilmente nitida - che comprendeva loro due, i cioccolatini di qualche minuto prima e la loro camera da letto. Poi una nuvola rossa che saltellava all'estremità del suo campo visivo gli riportò alla mente il dove erano e con chi. Sospirò con un pizzico di delusione: non era uno di quei momenti di privatissima intimità in cui potevano provocarsi e quindi dovette accettare che la sua idea si sgonfiasse come un palloncino bucato.
«Andiamo a giocare con la pista! Andiamo a giocare con la pista!» stava intanto proponendo Abel, esagitato. Luca sospirò di nuovo. Non gli sembrava per nulla esaltante come quello che la sua immaginazione gli aveva proposto solo pochi istanti prima. Di contro, doveva ammettere che almeno gli dava la possibilità di andare in soggiorno a controllare quei due. Il suo piano iniziale si stava finalmente compiendo.
«Sì, andiamo a giocare con la pista!» approvò, gli occhi ancora puntati in quelli di Anna, mentre con un mezzo inchino le lasciava il passo verso il soggiorno.

 
***

I ragazzi se ne stavano ancora lì, seduti a gambe incrociate davanti all'albero addobbato, stracci di carta colorata a circondarli. Rocco si stava lasciando scivolare tra le dita un braccialettino di cuoio nero, un sottile delfino d'argento a dividerlo in due perfette metà. Angelica, invece, stava passando ammaliata le dita su un paio di luccicanti orecchini, due piccole sfere – di fili d'argento – lucide, intrecciate come a ricordare vagamente due minuscoli gomitoli.
«Sono bellissimi!» esclamò Angi, inclinando la scatolina affinché le luci dell'albero si riflettessero in un bagliore multicolor sulla superficie degli orecchini.
«Sono proprio una scemenza!» si schernì Rocco, un'alzata di spalle a sottolineare le sue parole. «Mi sono piaciuti perché sono piccoli e non ingombranti o vistosi... così puoi metterli sempre! ...sempre se vuoi metterli eh!» aggiunse in fretta al suo discorso, la testa che si incassava ancora di più nelle spalle. Angi sorrise mentre si affrettava a staccare dal loro supporto prima un orecchino e poi l'altro. Li osservò per un'ultima volta specchiare le luci dell'albero, al centro della sua mano, e poi con un paio di rapidi gesti se li appuntò alle orecchie.
«Li adoro!» chiocciò emozionata mentre tirava indietro i capelli, gli orecchini che spiccavano come gocce di metallo fuso in mezzo a tutto quel nero.
«Ti stanno benissimo!» commentò Rocco, un sorriso un po' ebete sulle labbra. Si era mentalmente complimentato con sé stesso per il regalo, azzeccato ed apprezzato, e poi aveva realizzato che le stavano decisamente meglio di quanto avesse immaginato. I bagliori freddi dell'argento le illuminavano il viso e lei era ancora più bella del solito, anche lì con le gambe ormai addormentate per la scomoda posizione e il suo assurdo pigiama costellato di gattini ancora addosso. Rocco distolse finalmente lo sguardo da lei, che aveva abbassato gli occhi a tormentare la scatolina vuota degli orecchini, forse imbarazzata per le sue insistenti attenzioni. Si era così accorto di avere ancora tra le mani il braccialetto che lei gli aveva regalato.
«Me lo metti?» le domandò allungandole il braccio sinistro perché glielo agganciasse al polso. Le mani piccole e calde di Angelica litigarono per qualche istante con il gancetto, poi il delicato delfino d'argento scivolò leggero al suo polso.
«Sai perché ho scelto il delfino?» chiese lei, il tono di voce che era un pigolio.
«Perché sai che mi piacciono?» provò Rocco, di slancio. E in effetti era così, si poteva tranquillamente dire che i delfini erano i suoi animali preferiti e che, se avesse potuto, sarebbe rinato proprio delfino. Esattamente come Angelica sarebbe rinata gatto, se ce ne fosse stata la possibilità.
«No!» negò però la ragazzina, «Cioè sì, anche perché ti piacciono... ma non solo per quello! Sai qual è uno dei tanti significati simbolici del delfino?» domandò, più a sé stessa che a lui. «Significa protezione!» si rispose infatti da sola, subito dopo. «E io mi sento protetta con te, e sto bene con te e... e ancora non ci credo che tu abbia scelto me!" ridacchiò alla fine, le guance così rosse e calde che ci si sarebbe potuto friggere un uovo.
«Oh Angi...» iniziò lui, colpito dalle sue parole.
«Non devi dire niente, Ro'! Il regalo era solo un pretesto perché IO riuscissi a dirti quanto sono felice di stare con te!» lo bloccò Angelica, gli occhi lucidi e un enorme sorriso a scolpirle il viso.
Quello incredulo adesso era lui, però. Non poteva credere di avere davvero qualche merito per quel sorriso, per quello sguardo allegro, per quell'ombra di paura che scivolava via dai suoi occhi un po' di più ad ogni giorno che stavano insieme. Sapeva che gli artefici maggiori di tutto quello erano i membri dell'improvvisata famiglia in cui era stata catapultata ormai più di anno fa, il loro amore, le loro attenzioni, le loro preoccupazioni. Eppure una vocina sfacciata nella sua testa gli sussurrava che era anche merito suo, che anche lui aveva fatto qualcosa di buono per Angelica, che con il suo amore da adolescente le aveva restituito la sua età con i suoi piccoli problemi da aggirare e le sue scoperte da fare, che la stava aiutando a relegare il suo orrendo passato in un angolino da cui non potesse più farle male. Rocco comprese immediatamente che voleva davvero essere per lei tutto ciò che il delfino rappresentava. Voleva proteggerla, voleva farla stare bene, voleva divertirla. Voleva amarla e non per lo spazio di un'adolescenza ma per qualcosa che durasse di più, tipo per una vita intera.
Oh, Angelica tutto questo doveva saperlo, doveva sentirselo dire!
Gli si era tutto affollato sulla punta della lingua, gli bastava un bel respiro profondo e le parole sarebbero tutte defluite da sole, una dopo l'altra. Il borbottio misto a risa che gli arrivò alle orecchie proveniente da qualche parte alle sue spalle, ruppe però la bolla di magia in cui tutte quelle parole si erano organizzate e gli si impantanarono sul fondo della gola, improvvisamente schiantate dagli occhi intensi di Angi e dalle sue mani strette alle proprie. Era impensabile ora parlarle con Luca che metteva su il suo solito sguardo affilato e glielo puntava addosso, perché lui si figurasse gli altrettanto soliti scenari di morte che lo attendevano a stare troppo vicino ad Angelica.
«Dai, giochiamo!» sentì dire ad Abel e lo vide strappare il cartone della pista da corsa, entusiasta e impaziente. E per non perdere le vecchie abitudini intercettò anche l'occhiataccia di Luca a fulminare le loro mani ancora intrecciate. Ok, era il momento di filarsela e salvarsi la pelle anche quella volta: la dichiarazione ad Angelica avrebbe dovuto aspettare un momento più favorevole.
«È meglio che vada! Mia mamma dovrebbe essere qui a momenti!» annunciò guardando di sfuggita l'orologio e rendendosi conto che davvero sua madre sarebbe passata a recuperarlo di lì a poco.
«Ti accompagno alla porta!» saltò su Luca, divincolandosi dall'accerchiamento di Anna e Abel.
«Lo accompagna Angelica! Tu-stai-qui!» gli sibilò in risposta Anna, con uno spaventoso e minaccioso sorriso.
«Andiamo!»
Angelica non se lo fece ripetere due volte e si alzò tirandosi dietro Rocco. Si ritrovarono schiacciati contro la porta, al riparo da sguardi indiscreti.
«Ci sentiamo dopo?» chiese Angelica e Rocco annuì, solo vagamente consapevole che la ragazza gli si stava avvicinando.
«A più tardi, allora!» lo salutò annullando le distanze e stampandogli un leggero bacio sulle labbra. Rocco la incoraggiò ad approfondire il bacio e, senza neanche sapere come, si scoprì a stringerla a sé per la vita, le braccia di lei incrociate attorno al suo collo.
«Ti amo!» le disse di impulso, un soffio proprio contro il suo orecchio.
«Anche io!» replicò Angelica, un tono di istintività che stupì entrambi. Lei che centellinava le parole e le dimostrazioni d'affetto, lui che cercava di negare almeno a parole quanto si fosse fritto il cervello per quella ragazza. E forse proprio per questo, per loro, quel Ti amo nascosto tra un bacio e un abbraccio strillava proprio come la montagna di parole che galleggiava nella mente di Rocco. In fin dei conti, pensò lui stringendola un'ultima volta, quel saluto si era rivelato un piacevole surrogato a quello che non era riuscito a dirle. Si staccarono di malavoglia e Angelica restò a guardarlo finché non scomparve per le scale. Si richiuse la porta alla spalle col cuore che le batteva affannato come dopo una corsa e con la certezza di avere stampato in faccia un sorriso stupido. Tornò in salotto e si incantò a guardare Anna che cercava di strappare dalle mani di Luca la piccola scatolina di velluto rosso che era il suo regalo di Natale. La sorella aveva sulle labbra lo stesso incontenibile sorriso che sentiva di avere anche lei e non era stupido, era innamorato.
«Buon Natale a tutti!» mormorò tra sé, mentre Investigattore attentava alle macchinine di Abel e Anna conquistava il suo regalo che era una promessa d'amore.
«Buon Natale!» si ripeté e poi si buttò nella mischia di quella sua strana famiglia che sapeva di amore e di certezze.
  
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