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Autore: ChildrenOfTheBarricade    07/05/2013    3 recensioni
Ognuno sceglie il proprio destino, non è così? (Grantaire-wakes-up-too-late)
"Nulla, Enjolras non sapeva nulla.
Non sapeva che i suoi ideali sarebbero stati un motivo sciocco per morire. Per spegnersi così, nel fiore degli anni, inseguendo nulla più che una favola."
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Enjolras non sarebbe morto.
Enjolras non poteva morire.
 
Non in quel modo, non inseguendo un sogno così maledettamente... astratto, irrelizzabile.
Vuoi la libertà, Apollo? Vuoi la giustizia, vuoi la verità, vuoi l'eguaglianza?
Erano belle parole, Grantaire ne prendeva certamente atto. Erano bellissime, splendenti ed audaci parole. Pronunciate da quella voce poi, riuscivano a far penetrare un po' di speranza persino nell'aridità del suo animo.
Ma non erano niente più che questo. Niente più che un ammasso di lettere associate ad un significato tanto grande quanto inconsistente.
Cosa ne poteva sapere quell'angelo del mondo reale? Dello schifo che regnava indisturbato tra la gente che egli difendeva tanto strenuamente, del male che stagnava nei loro cuori?
Nulla, Enjolras non sapeva nulla.
Non sapeva che i suoi ideali sarebbero stati un motivo sciocco per morire. Per spegnersi così, nel fiore degli anni, inseguendo nulla più che una favola.
 
Enjolras non sarebbe morto.
Grantaire non aveva smesso di ripetersi queste parole da quando aveva appreso ciò a cui i les amis sarebbero arrivati. Quello a cui i loro Dei fasulli li avrebbero infine condotti. La rivoluzione a loro tanto cara, altro non sarebbe stata che uno spreco di sangue e vite.
 
Enjolras non poteva morire.
Grantaire aveva tanto riformulato questa frase nella sua mente, che aveva finito per crederci. Ed ecco allora, che il cinico che si illude. Che chi si faceva beffe delle speranze altrui, si riduce ad aggrapparsi alla peggiore di esse: una menzogna.
 
Enjolras, ovviamente, poteva morire.
Quel ragazzo era un Dio agli occhi dei les amis, era marmo agli occhi di molti, ma solo gli occhi innamorati di Grantaire l'avevano visto invincibile.  
Nulla di questo contava, ora. I soldati avevano notato solo un ragazzo ventiduenne fatto di carne e sangue. E in quella carne avevano conficcato i proiettili dei loro fucili. E quel sangue avevano lasciato scorrere sul legno del pavimento.
Se avessero osservato la luce che irradiavano gli occhi di Enjolras, non avrebbe osato spegnerli. Se avessero visto in quell'azzurro tutta la determinazione, tutta la fierezza, tutto l'amore e la fiducia costuditi nella sua anima, non avrebbero osato nemmeno toccarlo.
 
Ma la mente di Grantaire non formulò mai veramente questi pensieri. 
In lui in quel momento non vi era posto per nulla. Non c'era nulla, non mentre il corpo del suo Apollo era steso a terra nel sangue. Non vi  era più nulla nei suoi occhi, e non vi era più nulla nel cuore di Grantaire.
 
Enjolras era morto.
Del resto, il cinico conosceva molto bene la sensazione che si prova passando dall'ubriachezza alla realtà nuda e cruda. Dalla leggerezza dell'inconsapevole alla rassegnazione dettata dall'avere i piedi piantati a terra, in un mondo in cui non vuoi stare, in una giornata in cui non vuoi vivere.
 
Ed altro non era stato che questo: un risveglio. Brusco e orribile. 
Enjolras, con la sua voce decisa, con il suo animo dannatamente puro e sincero, l'aveva catturato. Portandolo all'ebbrezza, permettendogli di librarsi più in alto di quanto avesse mai fatto. La sua luce era meglio dell'alcool, e Grantaire di questa si era nutrito, poichè non era in grado di trovarne dentro di sè.  
 
Ed ora era tutto finito. L'ebbrezza era svanita, l'incantesimo rotto, la luce spenta.
Grantaire era solo, i piedi nuovamente poggiati a terra, ad affrontare una giornata che non avrebbe voluto vivere.
Era dunque questo, il domani di cui Enjolras tanto parlava?
No.
 
Grantaire non riusciva a pensare. Non POTEVA pensare.
Il silenzio rimbombava e l'oscurità si stringeva attorno a lui, mentre prendeva tra le braccia il corpo del suo Apollo. Freddo. Da quanto tempo era morto? Da quanto tempo era solo?
 
"No... no. Ti prego, non... non puoi... Enjolras...no. Non così. No!" La sua voce tremava e si faceva sempre più acuta. Qualcosa si stava infine facendo spazio nel vuoto dentro di lui: la disperazione.
 
"Svegliati... torna, ti prego. Torna da me. Enjolras..."
Un singhiozzo, due, tre, infiniti. Lacrime calde bagnavano il viso e il collo del rivoluzionario, mentre due dita tremanti gli chiudevano gli occhi ormai spenti. 
 
"Ti prego... ti prego." Ripeteva l'altro ragazzo, incapace di fermarsi. Gli parlava guardandolo in volto, osservando quei lineamenti ancora belli, che la morte non aveva saputo rovinare. Piangeva sulle sue labbra. Quanto le aveva desiderate? Dio, quanto aveva desiderato stringere tra le braccia il corpo di Enjolras?  Passare le dita tra i suoi capelli? 
 
Crudele la bottiglia che l'aveva fatto addormentare mentre il suo mondo finiva. Crudele il silenzio che l'aveva svegliato troppo tardi. Crudele il destino che non aveva voluto fargli ottenere altro che un corpo senza vita.
 
Grantaire aveva i vestiti bagnati di sangue rosso e l'anima vuota e nera. Grantaire aveva smesso di parlare. Grantaire aveva smesso di piangere.
 
Poco tempo dopo, Grantaire smise anche di respirare.
 
Per quella volta, lo scettico volle credere. Credette nel destino che si era scelto: Enjolras. 
Seguì il suo Apollo, la sua luce, il suo amore. 
Lo seguì a dispetto della rivoluzione che gliel'avrebbe voluto portare via.
Grantaire non ci aveva neanche mai creduto, in quella rivoluzione.
 
 
 
Per la serie "Odio Hugo per averli uccisi, ma li uccido anch'io perchè è poetico".
Non ha molto senso ed è stata scritta molto di fretta.
Potenzialmente, se siete arrivati fino a qui, vi amo tutti!
  
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