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Autore: trunks94_cs    08/05/2013    7 recensioni
Abbiamo creduto che l'organizzazione nera rappresentasse il pericolo più grande per Shinichi Kudo ed i suoi alleati, sbagliavamo. Lo Sherlock Holmes del nuovo millennio dovrà vedersela con qualcosa mai incontrata e forse la sua strabiliante intelligenza non sarà sufficiente a sconfiggerla, o, se preferite, sconfiggerlo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un’altra giornata era passata, non le restò che rassegnarsi per l’ennesima volta.

Spense il suo portatile con riluttanza, ancora una volta aveva fallito. Eppure sembrava fosse andato tutto per il verso giusto, qual era l’errore?

Di sorpresa, vide sulla parete un’ombra silenziosa avvicinarsi a lei.

 

<< Non credi sia meglio andare a dormire, Ai? Hai lavorato parecchio oggi… >> Esordì una voce nell’angusta stanza opaca illuminata parzialmente da una minuscola lampadina affiancata al computer.

<< Non stia in pensiero per me, professore. Sa bene quanto questo sia importante, recentemente l’ho informata riguardo le ultime novità sull’antidoto; il problema è sempre lo stesso: calcoli esatti, ma effetti per niente vicini a quelli desiderati, eppure dovrei essere molto vicina a realizzarne uno definitivo. >> Sospirò Haibara alzandosi lentamente dalla sedia.

“E’ inutile che ti dica di lasciar perdere, vero? Sei una ragazza molto razionale, ma è impossibile ragionare con te quando sei determinata in qualcosa.” Pensò Agasa mentre osservava Ai dirigersi fuori dalla camera.

<< Dove stai andando? >> Le domandò con accortezza tentando di non far trasparire alcuna preoccupazione dal suo tono. La conosceva, sapeva che l’avrebbe soltanto importunata.

<< A prepararmi un caffè. Spero non sia un problema, professore. >> Dichiarò rivolgendogli lo sguardo. 

Agasa non rispose, si limitò a fissare le iridi glauche della scienziata impegnate a studiare l’espressione del suo viso per poi far cenno di sì qualche secondo più tardi.

<< Bene. Allora a domani professore, le auguro buonanotte. >> Sussurrò la castana accennando un sottile sorriso.

Nessuno era riuscito a percepire quanto il professore tenesse a lei, perfino Shinichi in realtà lo ignorava. Erano passati sei mesi da quando l’aveva trovata priva di sensi davanti il cancello della sua casa in quella sera dominata dall’assiduo piovasco emettitore di una costante catena di rumori battenti ovunque.

La sua vita non era stata affatto semplice, dopo aver perso i genitori all’età di 10 anni a causa di un incidente avvenuto presso l’autostrada dell’isola di Shikoku.

I suoi avevano programmato quella breve vacanza allo scopo di festeggiare il loro decimo anniversario, perciò lo avevano affidato alla sorella del padre, Teiko la quale conviveva con Kurisuke, un giovane assicuratore; si sarebbero sposati l’anno successivo.

Dopo la morte del fratello, fu inevitabile per Teiko accingersi a viziare in ogni modo il piccolo Hiroshi malgrado i tentativi di biasimo da parte di suo marito nel continuare.

Non gli fecero mancare nulla, tuttavia crescendo sviluppò una visibile tendenza all’isolamento nei confronti dei suoi coetanei probabilmente determinata dal carattere mansueto e soggiogabile di cui era in possesso.  

Iniziato l’ultimo anno della scuola elementare la situazione parve degenerare. Cominciò a soffrire di un’accentuata ossessione per il cibo, placatasi solo dopo l’incontro con Fusako, il suo primo amore ritrovato poco tempo prima grazie ad un biglietto decifrato da Conan.

Quest’ultima aveva creduto che i detective boys fossero suoi nipoti, questa fu la motivazione per cui non si dichiarò a lui e finse di avere un marito.

In verità una nipote la aveva: Ai Haibara.

Era in momenti simili che avrebbe voluto solo prenderla e stringerla a sé come un nonno amorevole, le voleva bene, eppure si era ripromesso di non affezionarsi esageratamente a lei; gli uomini dell’organizzazione nera la cercavano da tanto, se avessero scoperto dove si trovava avrebbero posto termine alla sua esistenza senza il minimo scrupolo.

All’improvviso la stanchezza si impadronì di lui, decise di smetterla di rievocare quelle meste reminiscenze andandosene nel suo confortevole letto aspettando con impazienza di addormentarsi.

 

 

<< Professor… Professor Agasa! >> Udì.

 

Il professore si strofinò gli occhi avvolto ancora da quel torpore caratterizzante lo stato di dormiveglia, non poteva essere che lei.

<< Ai… cosa c’è? >> Chiese aprendo lentamente gli occhi. 

 

<< Ce l’ho fatta, l’antidoto è completato. >> Esclamò superba la scienziata provando un ineffabile senso di grandezza.

 

Il professore si destò basito da quella rivelazione, fino alla notte precedente sembravano non esserci speranze, quanto aveva impiegato a prepararlo? Era in gamba, certo, ma abbastanza lenta e meticolosa quando lavorava alla medicina.

Il suo viso venne invaso da un flebile bagliore proveniente dalla finestra di fronte al suo letto, accorgendosi della prossimità dell’alba.

“Straordinaria...” Considerò aprendo del tutto gli occhi.

<< Ai, hai superato te stessa! >> Commentò esultante sedendosi.

<< Non mi era mai successo di ottenere risultati come questo, devo chiamare subito Conan. >> Concluse precipitandosi verso il telefono con impeto.

"Vuoi farlo veramente?"

“Cosa?” Rifletté scioccata.

"Sul serio intendi informare Shinichi?"

Smise di comporre il numero riagganciando a rilento l’apparecchio, allorché posò il suo sguardo verso la grigia parete della stanza non emanando alcun fiato. Per quale ragione si era bloccata? Dopotutto ci stava lavorando da mesi, i suoi sforzi erano stati finalmente premiati, in quel modo sarebbe tornata normale anche lei e la lotta contro i MIB avrebbe subìto una svolta decisiva.

Già, ma quante rinunce?

“Rinunce!?” Urlò nella sua testa contro quella turpe quanto sagace voce penetrata nel suo cervello rimbombante come l’eco di un fosco antro d’una belva sconosciuta.

<< Che ti prende? >> Mormorò qualcuno provocandole un risveglio forzato.

No, non poteva riferirglielo, non avrebbe compreso. Ne era certa.

<< Non è niente professor Agasa, credo solo che non sia il caso di svegliarlo a quest’ora, è ancora troppo presto! >> Si limitò a rispondere con abituale freddezza, sua inossidabile prerogativa.

<< D’accordo, ti va di andare a fare colazione? Preparo una tazza di tè. >> Propose semplicemente.

Haibara annuì.

“Quella ragazza non me l’ha raccontata giusta, sono convinto che mi stia nascondendo qualcosa.” Si disse scendendo le scale.

“Professore, sarà pure un discreto inventore, eppure è alquanto ingenuo nel capire le persone.” Pensò la castana intenta a sistemarsi la frangia lievemente arruffata, non sapendo di star sbagliando del tutto.

Tra un paio d’ore si sarebbe incontrata con Conan e gli altri al solito posto, vicino il parco della scuola. Con quali occhi avrebbe incrociato il ciglio del detective del nuovo millennio? Non sarebbe stato facile raggirare Shinichi, quest’ultimo non avrebbe impiegato molto a scoprire la sua menzogna, anzi vi erano notevoli possibilità che avrebbe capito all’istante quasi ogni cosa.

Forse non voleva abbandonare quella nuova vita perché a conti fatti non si sentiva talmente gratificata da un tempo così lontano che le risultava complicato stabilire con certezza.

Ricordò quando ingerì la pillola del farmaco inventato da lei per sfuggire all’esecuzione programmata da Gin per ordine del capo, per una ragione non ancora stabilita l’APTX4869 in rare occasioni determinava il rimpicciolimento della cavia mantenendo inalterate le sue capacità cerebrali. Fin dall’età di 13 anni era rimasta coinvolta continuamente nelle vicende collegate all’organizzazione non avendo pertanto la possibilità di far nulla di adatto a una bambina, trascorreva giornate intere rintanata in laboratorio a lavorare a quella dannata medicina sotto stretta sorveglianza degli uomini in nero.

Doveva star attenta a qualunque gesto compiesse, quei bastardi avevano installato una videocamera in un imprecisato punto della sua stanza, avrebbero potuto osservarla tutto il giorno se avessero voluto. La sua condizione era paragonabile a quella di Winston Smith, il protagonista di uno dei romanzi preferiti da lei: 1984 di George Orwell. Il GRANDE FRATELLO ti sta guardando, era il motto  affisso nei manifesti di chi deteneva il potere in quella storia distopica. Chiunque apparteneva al partito era costretto volente o nolente ad assumere un atteggiamento consono specialmente nella sua abitazione, altrimenti i soldati sarebbero intervenuti tempestivamente.

Non era nient’altro che un ratto intrappolato in una scomoda tana tenuta sotto controllo da un vigile felino.

Shiho non poteva sapere con esattezza i momenti in cui il membro di turno si sarebbe recato a pisciare o ad ingozzarsi, loro giocavano su questo, e lei non avrebbe potuto fare niente.

 

Erano la sua psicopolizia.

Era in trappola.

  
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