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Autore: Temari    09/05/2013    5 recensioni
- [...] aprendo gli occhi a fatica e coprendoli immediatamente con un braccio, per ripararsi dalla luce del sole, Shouta cercò di fare mente locale. Dove diavolo era? Che ore erano? [...]—la stanza in cui si trovava era grande quasi come il suo intero appartamento: era palese che si trovasse in un qualche albergo. -
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouta Kisa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Salve a tutti! =D
Un paio di giorni fa si è concluso un contest a cui ho partecipato ('A Sin for One Word') arrivando, sorprendentemente, prima. Quindi eccomi qui con la storia... ora vorrei specificare questo: la fic che ho spedito al contest è solo l'ultima parte di quello che leggerete di seguito... il fatto è che alla scadenza non riuscivo a vedere la fine della prima 'stesura', così mi sono detta "Al diavolo, parto da un altro punto!". XD
La spiegazione fa schifo, ma pazienza, l'importante è la storia.

Note: Scritta con questi prompt =>
Accidia + Karma.
Se siete persone facilmente influenzabili, non vi consiglio di leggere quando siete di pessimo umore/giù di morale. *cough*
Ho già trattato questo genere di tema, in questo capitolo della raccolta sulla Divina Commedia, quindi la tempistica è più o meno quella...

Disclaimer: Vedi pagina autore.

Ja ne,
Temari

Broken Spirit



{Ricordo come fosse ieri quando, all'ultimo anno di medie, pochi mesi prima della cerimonia di diploma, ci fecero compilare una scheda in cui ci chiedevano dove ci immaginavamo cinque anni più in là. Scrissi qualcosa come 'A studiare grafica pubblicitaria all'università' e come alternativa, perché era volere di mio padre, 'Impiegato in qualche importante azienda'.
Com'è che ora quei propositi e quell'ingenuità sembrano lontane anni luce da dove mi ritrovo adesso?
 
«Sei la vergogna della famiglia!!»
«Non farti più vedere. —Il solo vedere la tua faccia mi disgusta.»
 
Mi domando se si siano resi conto dell'effetto di quelle parole sulla mente di un sedicenne... Un ragazzo che credeva di avere l'affetto incondizionato dei propri genitori, che aveva cercato il loro supporto in un momento in cui era molto insicuro, dopo aver capito di non aver alcun interesse verso le ragazze della sua età o il genere femminile in sé.
Mi hanno abbandonato, senza un posto dove andare o senza il denaro per sopravvivere a lungo da solo.
Non c'è da stupirsi se tutto quello che avevo immaginato di diventare fino ad allora è scomparso come neve al sole... E cosa rimane di me, dopo quattro anni vissuti in quel modo?}
 
-x-
 
        «... Mmn...»
        "Woah... Che pessimo sogno...!" Pensò, aprendo gli occhi a fatica e coprendoli immediatamente con un braccio, per ripararsi dalla luce del sole, Shouta cercò di fare mente locale. Dove diavolo era? Che ore erano? Alzandosi a sedere con cautela, si accorse di essere su un letto e chiaramente non era il suo—la stanza in cui si trovava era grande quasi come il suo intero appartamento: era palese che si trovasse in un qualche albergo.
        «Come ci sono finito qui...?» Si chiese, passando una mano fra le ciocche di capelli neri e sentendoli incrostati ed umidi in diversi punti; con una smorfia di disgusto, decise che per prima cosa aveva bisogno di darsi una ripulita, così si trascinò pesantemente fuori dal letto cercando di ignorare il dolore acuto che gli percorreva il corpo - strano, era un pezzo che non gli succedeva di svegliarsi così indolenzito il giorno dopo una delle sue 'avventure' - e i numerosi lividi che poteva vedere un po' dovunque si posasse il suo sguardo.
        Con chi diavolo aveva fatto sesso?!
        Di solito si assicurava di informare i suoi clienti che baci e succhiotti che lasciassero segni evidenti erano categoricamente fuori questione—quelli però non sembravano normali. Che se ne fosse dimenticato, stavolta? O forse l'altro se n'era fregato e basta... «Ch', tipico.» Lottando con un mal di testa pulsante, Shouta si fece strada attraverso il disordine della stanza: il pavimento e il tavolino da caffè erano quasi completamente ricoperti di lattine e bottiglie di birra ed altri alcolici, quelle che sembravano delle banconote nell'angolo vicino al divano... I suoi vestiti erano sparsi in giro.
        Era uno specchio, quello rotto nell'angolo? Non ricordava nulla della notte precedente, ma era piuttosto sicuro di non essere stato lui a distruggere tutto... Voleva andarsene il prima possibile per evitare di addossarsi tutta la colpa dei danni provocati alla stanza.
        Mentre raccoglieva i boxer neri, Shouta contò, con una smorfia, il quarto preservativo usato gettato a terra sconsideratamente poi, facendo per infilare l'intimo, si accorse di un enorme strappo che partiva dalla cucitura dell'elastico e che lasciava penzoloni una buona metà dei boxer... «Hahaha...! Alquanto focoso, il cliente, eh?» Commentò a mezza voce, capendo che avrebbe dovuto farne a meno e ignorando il nodo allo stomaco e il vago sentore di ansia che per qualche strana ragione gli fecero accelerare il battito del cuore.
        Scrollando le spalle, Shouta si diresse verso l'angolo opposto della stanza: vicino alle grandi vetrate che davano sulla città, c'era il maglioncino blu scuro che ricordava di aver indossato per andare all'università il giorno prima; con un mezzo sorriso ed un sospiro di sollievo, lo prese e lo indossò.
        Afferrando poi una gamba dei pantaloni, gettati poco distante, su un bracciolo del divano, li sollevò a livello del viso per osservare meglio le macchie scure che spiccavano sui jeans chiari e, allo stesso tempo, vide cadere dalle tasche numerosi altri preservativi usati... La sensazione di disagio ed ansia tornò prepotente a serrargli la bocca dello stomaco: quelli erano decisamente troppi per una sola persona... «Cosa—che è.... Successo...?»
        Non ricordava nulla. "Ok, sul serio, che cazzo è successo qui?!" Si ritrovò a pensare, ma non fece in tempo ad investigare oltre che una fitta all'inguine lo fece piegare in due dal dolore, «Merda!» imprecò a denti stretti, gli occhi ridotti a fessure fissi a terra.
        Con la vista leggermente sfocata notò un pezzo di carta, forse caduto dai pantaloni poco prima e, a fatica, allungò un braccio per raccoglierlo ed aprirlo per vedere se ci fisse scritto qualcosa— «Cos... dro... MFFH!» Tappandosi la bocca con una mano per trattenere un conato di vomito, Shouta barcollò in fretta e furia verso il bagno, sbattendosi la porta alle spalle.
 
-x-
 
        Raggomitolato sul pavimento, le ginocchia al petto e la testa gettata all'indietro contro il muro fatto di piastrelle color crema, Shouta non riusciva a smettere di ridere. «Hahahah!! È così assurdo—se lo raccontassi in giro, non mi crederebbero... Hahah!!» Certo, non che avesse davvero qualcuno a cui dire nulla; o qualcuno a cui importasse.
        Aveva mal di pancia a forza di ridere e la gola secca, tanto che ogni respiro gli pareva di avere una spugna abrasiva che gli raschiava la trachea. Alzando lo sguardo annebbiato verso la parete opposta, si vide riflesso sullo specchio enorme... Aveva un aspetto a dir poco orribile, pensò ridacchiando ancora: il labbro inferiore spaccato, un occhio gonfio attorno al quale stava spuntando un dolorosissimo livido nero e viola - segni che gli costellavano parecchie altre zone del corpo -, i capelli corvini così come il viso, il torso e il basso ventre incrostati di sperma... E sangue rappreso.
        «Fufufu—ahia!» Con una smorfia, Shouta strinse un braccio attorno allo stomaco quando i muscoli si ribellarono alle risate che parevano non volerne sapere di smettere. Dopo qualche secondo, si sforzò di alzarsi in ginocchio e, riverso sul water, si ritrovò a rimettere violentemente e tossire per il sapere amaro della bile. «... Ch'.» Gettando lo sguardo verso l'angolo nel quale era seduto poco prima, il ventenne notò la macchia rossastra e sentì lo stomaco contrarsi nuovamente.
        Shouta poteva sentire riverberare nella sua testa la voce carica di disprezzo dei suoi genitori dirgli frasi risalenti ormai a più di quattro anni prima, frasi con le quali l'avevano schiacciato, calpestato e gettato via senza rimorsi... Frasi che nessun figlio dovrebbe mai sentirsi dire dai propri genitori, men che meno ad appena sedici anni.
        «Haha... Sono davvero una vergogna, eh?» Mormorò piano, pulendosi la bocca col dorso della mano mentre un mezzo sorriso cinico gli distorceva le labbra. «Un abominio che vende il proprio corpo ad altri uomini... Mi sta bene, vero?» Chiese a nessuno in particolare, serrando il pugno della mano sinistra, in cui stringeva il biglietto che gli aveva lasciato il cliente della notte precedente, su vi cui aveva letto il messaggio che l'aveva fatto sfrecciare in bagno a vomitare l'anima.
 
        - Spero tu ti sia divertito, Kisa-kun—forse non ti ricorderai molto della nostra notte insieme, temo di aver esagerato un po' con la droga... In ogni caso ti assicuro che io mi sono divertito molto, davvero molto. Così come si sono divertiti i miei amici, haha! Mi spiace che tu non abbia potuto vederli... Eri più di là che di qua. Ma il tuo bel corpicino ci ha davvero soddisfatti tutti. Ti ho lasciato qualche soldo extra per il disturbo e per non averti chiesto il permesso per fare il video. Alla prossima, forse! -
 
        «Hahah!!» Era una risata piatta, che avrebbe distrutto chiunque l'avesse sentita, eppure Shouta nemmeno se ne accorgeva; continuava ad uscire, mentre barcollava verso la vasca e la faceva riempire d'acqua calda, mentre pensava al mucchio di banconote che aveva visto sul tavolino da caffè... «Finire vittima di uno stupro di gruppo, hahah!! Che razza di idiota eh—mi sta bene, no? È quello che mi merito, in fondo cosa sono se non un rifiuto, eh? Pfft!»
        Continuò a ripetere le stesse cose, come un mantra, incessantemente, anche quando si sforzò di entrare in vasca e dovette mordersi il labbro spaccato per non urlare di dolore nel momento in cui l'acqua bollente toccò i tagli e le ferite che gli costellavano il corpo. «Mi... Sta... Bene, eh?» Disse, fra un singhiozzo e l'altro, mentre le lacrime iniziavano a scendere lungo le guance.
        Reclinandosi completamente all'indietro, Shouta lasciò che la testa andasse sotto il pelo dell'acqua e lasciando che le lacrime si mescolassero al resto dell'acqua. Solo allora si permise di urlare con quanto fiato aveva nei polmoni.
        "Sono un abominio, una vergogna per chiunque mi abbia mai conosciuto—questo è il karma che finalmente ha deciso che era il mio turno di pagare il conto... Questa è la vita che ho scelto, questo è quello che mi aspetta d'ora in poi. A nessuno importa. Sono solo, e così resterà."
        Per un momento, Shouta pensò che forse avrebbe fatto meglio a rimanere lì, sott'acqua, finché non avesse smesso di respirare definitivamente... Almeno, non avrebbe più dovuto soffrire.
   
 
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